Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12900 del 23/06/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 12900 Anno 2015
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: AMBROSIO ANNAMARIA

SENTENZA

sul ricorso 28118-2011 proposto da:
PICCHIERRI ANTONIO PCHNTN57D151467N, PELOSI PAOLO
PLSPLA58T19C415X, MAROTTA CONCETTA MRTCCT45M70C342D,
TAFFI RICO TFFRCI61A15C4150, BARLETTANI FRANCESCO
BRLFNC73A13G702B, SPATARO LUCIA ROSANNA
SPTLRS49H66L049P, BIGAZZI FRANCA BGZFNC65A44E625U,
PERRONE MARZIA PRRMRZ66A45C415H, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA CARLO ALBERTO RACCHIA 2,
presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA PALANZONA,
rappresentati e difesi dall’avvocato MAZZINO BARZI
giusta procura speciale a margine del ricorso;

Data pubblicazione: 23/06/2015

- ricorrenti contro

ARNABOLDI FRANCO RNBFNC41D16B639R;
– intimato –

Nonché da:
elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 162, presso
lo studio dell’avvocato LUCIA SCALONE DI MONTELAURO,
che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
LORIANO CECCANTI giusta procura speciale a margine
del controricorso e ricorso incidentale;
– ricorrente incidentale contro

BARLETTANI

FRANCESCO

BRLFNC73A13G702B,

CONCETTA

MRTCCT45M70C342D,

PELOSI

MAROTTA
PAOLO

PLSPLA58T19C415X, PERRONE MARZIA PRRMRZ66A45C415H,
PICCHIERRI ANTONIO PCHNTN57D151467N, SPATARO LUCIA
ROSANNA SPTLRS49H66L049P, TAFFI RICO
TEFRCI61A15C4150, BIGAZZI FRANCA BGZFNC65A44E625U;
– intimati –

avverso la sentenza n. 973/2011 della CORTE D’APPELLO
di FIRENZE, depositata il 10/07/2011, R.G.N.
2010/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/03/2015 dal Consigliere Dott.
ANNAMARIA AMBROSIO;

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ARNABOLDI FRANCO RNBFNC41D16B639R,

udito l’Avvocato LUCIA SCALONE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il

rigetto del principale, assorbito l’incidentale;

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 973 in data 08.06.2011 la Corte di appello
di Firenze, in riforma della sentenza del Tribunale di Livorno
sez. distaccata di Cecina n. 73 del 2006, ha accolto la
domanda di riscatto agrario esercitato da Franco Arnaboldi nei

Pelosi, Marzia Perroni, Antonio Pichierri, Lucia Rosanna
Spataro, Rico Taffi e Franca Bigazzi, tutti acquirenti di
appezzamenti di terreno siti in Cecina loc. Collemezzano ad
essi alienati con quattro distinti contratti dagli eredi
Adorni Braccesi; ha quindi disposto il pagamento da parte
dell’Arnaboldi del prezzo del riscatto dei singoli
appezzamenti, disponendo la trascrizione della sentenza e
condannando gli appellati alle spese del grado.
Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per
cassazione Francesco Barlettani, Concetta Marotta, Paolo
Pelosi, Marzia Perroni, Antonio Pichierri, Lucia Rosanna
Spataro, Rico Taffi e Franca Bigazzi, svolgendo quattro
motivi.
Ha resistito Franco Arnaboldi, depositando controricorso e
svolgendo, a sua volta, ricorso incidentale, affidato a unico
motivo, nonché ricorso incidentale condizionato, articolato in
tre motivi.

E’

stata depositata memoria da parte del resistente e

ricorrente in via incidentale.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte di appello – preliminarmente escluso che le
emergenze processuali consentissero di affermare l’invalidità

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confronti di Francesco Barlettani, Concetta Marotta, Paolo

del contratto di affitto stipulato dagli eredi Adorni Braccesi
(danti causa degli odierni ricorrenti) e tal Massimo
Fanciullacci relativamente ai terreni per cui l’Arnaboldi ha
esercitato il retratto – ha, tuttavia, ritenuto che non
sussistessero le condizioni in presenza delle quali il diritto

prelazione, su quello del confinante coltivatore diretto, per
la considerazione che il contratto di affitto non supportava
lo stabile insediamento di un’impresa agricola; nel contempo
ha evidenziato che la denuntiatio nei confronti dell’Arnaboldi
era invalida, dal momento che era incompleta in relazione alle
particelle in vendita (mancavano le particelle 377, 378 e 379)
e, quindi, anche con riguardo alla superficie venduta e non
conteneva né l’indicazione della durata del contratto di
affitto, né la specificazione che la vendita non sarebbe stata
unitaria, ma in via parziaria e a prezzi distinti; con la
conseguenza che – non essendo profilabile alcuna rinuncia alla
prelazione da parte dell’Arnaboldi per essersi lo stesso
limitato a chiedere chiarimenti, peraltro mai ricevuti

doveva essere accolta la domanda di riscatto.
2. I ricorsi proposti in via principale, incidentale e
incidentale condizionata avverso detta decisione sono riuniti
ex art. 335 cod. proc. civ.. L’esame deve muovere per ragioni
di ordine logico-giuridico dal ricorso principale.
2.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia ai sensi
dell’art. 360 n.3 cod. proc. civ. violazione e falsa
applicazione degli artt. 112 e 345 cod. proc. civ.. Al
riguardo parte ricorrente lamenta che il Giudice di prime cure

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dell’affittuario è destinato a prevalere, ai fini della

era incorso nella violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.,
per avere esaminato la questione pregiudiziale relativa
all’insediamento dell’impresa agricola sui terreni oggetto di
retratto, sebbene la richiesta di riscatto fosse motivata
unicamente sul presupposto della nullità e/o invalidità e/o
denuntiatio;

deducono, inoltre, la

violazione dell’art. 345 cod. proc. civ. in relazione alla
sentenza di appello, assumendo che la domanda di riscatto,
così come formulata in appello con la richiesta di
accertamento di «tutti i requisiti oggettivi e soggettivi di
legge e non sussistendo alcun impedimento …»,

configurava una

domanda nuova, la cui inammissibilità andava rilevata anche di
ufficio.
2.1.1. Il motivo è, per una parte, inammissibile e, per
altra, manifestamente infondato.
L’inammissibilità discende dal difetto di specificità del
vizio di violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., atteso che
la censura (a prescindere dall’improprio riferimento al n. 3,
anziché al n. 4 dell’art. 360 cod. proc. civ.) è
dichiaratamente rivolta avverso la sentenza di primo grado,
risultando priva di riferibilità alla decisione impugnata.
Il rilievo di manifesta infondatezza riguarda la censura di
violazione dell’art. 345 cod. proc. civ. e consegue alla
considerazione che dalla stessa trascrizione in ricorso delle
conclusioni rassegnate dall’odierno resistente,
rispettivamente, nell’atto introduttivo del giudizio e in
quello di appello, emerge con evidenza che non vi è stato
alcun mutamento della domanda, segnatamente individuandosi,

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inefficacia della

sin dall’originaria citazione, il petitum e la causa petendi,
rispettivamente nel riscatto dei terreni alienati agli odierni
ricorrenti, nella sussistenza dei requisiti soggettivi e
oggettivi a carico della parte istante e nella concorrente
situazione di circostanze, in ragione delle quali la
tamquam non esset.

Ne consegue

che la questione dell’insediamento o meno di un’impresa
agricola nei terreni da riscattare faceva parte a pieno titolo
del

thema decidendum,

in quanto, se sussistente, avrebbe

costituito ragione impeditiva del richiesto riscatto.
In definitiva il motivo va rigettato.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia ai sensi
dell’art. 360 n.3 cod. proc. civ. violazione o falsa
applicazione degli artt. 2697 e 2729 cod. civ., nonché ai
sensi dell’art. 360 n.5 cod. proc. civ. omessa motivazione
circa il possesso dei requisiti oggettivi in capo al
riscattante in difetto di prova. Parte ricorrente si duole che
la Corte di appello non abbia accertato, come sarebbe stato
necessario, anche di ufficio la ricorrenza di siffatti
requisiti, non sussistendo presunzioni che potessero esonerare
dalla prova, limitandosi ad affermare che

«la sentenza di

primo grado ha ritenuto tali requisiti provati e pacifici e le
motivazioni addotte non hanno formato oggetto di appello
incidentale».
2.2.1. Il motivo è inammissibile.
Invero

la censura

di parte

ricorrente

si

rivela

innanzitutto eccentrica rispetto al rilievo del giudicato
interno formulato dalla Corte di appello e, comunque,

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denuntiatio doveva ritenersi

generica, posto che la stessa parte neppure assume di avere
formulato contestazioni in ordine ai requisiti ritenuti
«provati e pacifici»

dal giudice di prime cure e di avere

(almeno) reiterato in appello dette contestazioni ai sensi
dell’art. 346 cod. proc. civ.. Invero anche nelle controversie

del convenuto costituisce un comportamento univocamente
rilevante ai fini della determinazione dell’oggetto del
giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà
astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non
contestato acquisito al materiale processuale e dovrà, perciò,
ritenerlo sussistente, in quanto l’atteggiamento difensivo
delle parti espunge il fatto stesso dall’ambito degli
accertamenti richiesti (Cass. 17 aprile 2013, n. 9235).
2.3. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia erronea e/o
falsa applicazione dell’art. 7 L.817/71, art. 8 L. n. 590/1965
in relazione all’art. 360 n. 3 cpc. e agli artt. 1325 e 1326
cod. civ. Al riguardo parte ricorrente deduce che
contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di appello – la
denuntiatio

conteneva tutti gli elementi conoscitivi utili

all’esercizio della prelazione; che nessuna risposta era
dovuta all’Arnaboldi perché la lettera di chiarimenti da
questi inviata non era sottoscritta ed era indirizzata solo ad
uno degli eredi Adorni Braccesi; che, di conseguenza, non si
era formato alcun accordo contrattuale, perché ad una valida
denuntiatio,

non aveva corrisposto una valida e tempestiva

accettazione.
2.3.1. Anche il presente motivo non merita accoglimento.

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in tema di riscatto o prelazione agrari la non contestazione

Innanzitutto

costituisce

principio

acquisito

nella

giurisprudenza di questa Corte che, in materia di prelazione
agraria, perché l’avente diritto sia assoggettato ai termini,
agli adempimenti ed alle correlative decadenze, che la legge
ricollega in serie successiva alla notificazione della

è necessario che tale proposta contenga tutti i dati
essenziali della fattispecie, senza alcuna incertezza, in modo
da offrire all’avente diritto tutti gli elementi per
esercitare il suo diritto con una semplice dichiarazione di
adesione. In tale prospettiva, ad es. si è ritenuto che quando
un solo preliminare contenga pattuizioni relative a due o più
poderi concessi a diversi coltivatori, la comunicazione di
questo atto può rappresentare verso ciascun coltivatore una
valida denuntiatio solo in quanto il prezzo di ciascun fondo
sia specificato in modo non equivoco o, che siano venduti per
un prezzo globale, sia anche indicato che per il prezzo va
rapportato alla estensione dei diversi fondi (cfr., ad
esempio, Cass. 29 agosto 2013, n. 19862; Cass. 22 gennaio
2004, n. 1103; Cass. 26 marzo 1990, n. 2424). Inoltre in
ipotesi di incompletezza della

denuntiatio i termini per il

valido esercizio della prelazione (nei confronti del
promittente

venditore) rimangono sospesi fino a quando non

intervenga

l’atto definitivo di vendita, perfezionatosi il

quale (con la parte indicata nel contratto preliminare o con
altro soggetto)

il titolare del diritto di prelazione ha

titolo per agire in retratto (contro l’acquirente), dovendosi
la

denuntiatio

invalida equiparare alla fattispecie della

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proposta di alienazione ed alla trasmissione del preliminare,

denuntiatio totalmente omessa di cui all’art. 8, quinto comma,

della legge n. 590 del 1965 (cfr. Cass. n. 1103 del 2004
cit.).
La decisione impugnata si colloca perfettamente nell’alveo
dei principi indicati, evidenziando come, nella specie, la
presentasse tanti e tali dati incompleti e/o

errati da prefigurare nella sostanza un’operazione economica
completamente diversa da quella effettuata.
Escluso

l’error in

iudicando,

si

osserva

che

le

argomentazioni di parte ricorrente svolgono temi che rendono
necessari apprezzamenti riservati al giudice di merito e
sindacabili in sede di legittimità sotto l’esclusivo profilo
del vizio di motivazione, qui neppure prospettato.
2.4. Con il quarto motivo di ricorso si denuncia erronea e
falsa applicazione dell’art. 7 L. 817/1971 in relazione
all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., nonchè omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360
n.5 cod. proc. civ. omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il
giudizio . Al riguardo parte ricorrente deduce che la Corte di
appello, affrontando la questione dell’esistenza o meno
dell’insediamento di un’impresa agricola sui terreni di cui si
controverte – oltre ad incorrere in violazione dell’art. 112
cod. proc. civ. come già esposto in precedenza – sia incorsa
in una contraddizione, avendo escluso che il contratto di
affitto fosse in frode alla legge; inoltre le deposizioni
testimoniali non sarebbero state correttamente valutate,

10

denuntiatio

deponendo in senso contrario a quello assunto dai giudici di
appello.
2.4.1. Il motivo, pur denunciando congiuntamente violazione
di legge e vizio motivazionale, è, al pari del precedente,
surrettiziamente funzionale ad una rivisitazione del merito

Si rammenta che il vizio di violazione di legge consiste
nella deduzione dell’erronea ricognizione, da parte del
provvedimento impugnato, della fattispecie astratta prevista
da una disposizione, e quindi, implica necessariamente
questioni interpretative, laddove l’allegazione dell’erronea
ricostruzione della fattispecie concreta, a mezzo delle
risultanze di causa, è esterna all’ermeneutica normativa,
attenendo piuttosto alle valutazioni proprie del giudice del
merito, valutazioni la cui censura è possibile, in sede di
legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione.
Orbene parte ricorrente – pur formalmente lamentando
violazione dei principi in materia di prelazione agraria profila nella sostanza come

error in indicando

l’asserito

malgoverno dei risultati delle prove raccolte, malgoverno
denunciabile, in sede di legittimità solo sotto il profilo del
vizio motivazionale.
Nel caso di specie la Corte territoriale ha ritenuto che,
pur a fronte di un formale contratto di affitto, non
sussisteva

di fatto,

quantomeno all’epoca del frazionamento

del fondo, un insediamento agricolo stabile ed operativo
interessante l’area confinante con la proprietà Arnaboldi, la
cui conservazione potesse giustificare il sacrificio del

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della vicenda.

diritto di prelazione di quest’ultimo che era, invece, in
possesso di tutti i requisiti previsti dalla legge per
assicurare la ricomposizione fondiaria e la continuità della
gestione agricola, costituenti le finalità perseguite dal
legislatore. E tale decisione non si discosta da principi

costituisce condizione impeditiva del sorgere del diritto del
proprietario-coltivatore diretto del fondo confinante la
presenza, sul fondo oggetto del trasferimento, di un
insediamento che tragga origine da un rapporto agrario
qualificato, nel senso cioè di un rapporto agrario, sia pure
atipico, che presupponga la qualità di coltivatore diretto.
L’insediamento non deve essere precario, ma effettivo e
stabile – e tale verifica è rimessa all’apprezzamento del
giudice di merito – sicché non vale a concretare tale
condizione ostativa la formale stipula di un contratto di
affitto del fondo (cui non corrisponda l’effettivo
insediamento dell’affittuario sul fondo stesso, bensì una
temporanea presenza predisposta ed attuata per escludere
l’altrui diritto di prelazione), ovvero la presenza
provvisoria di un conduttore sul fondo dopo che questi abbia
rinunciato ad avvalersi del diritto di continuazione del
rapporto. Mentre, non è necessario che l’insediamento abbia
una durata minima, da rapportarsi al biennio previsto per il
riconoscimento del diritto di prelazione da parte del
proprietario confinante, essendo diverse le due posizioni e
dovendo il coltivatore diretto insediato sul fondo ricevere
una tutela autonoma, differenziata e poziore rispetto al

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consolidati in tema di prelazione agraria, secondo cui

diritto riconosciuto al proprietario confinante (cfr. Cass. 04
giugno 2007, n. 12934).
2.4.2.

Passando poi a scrutinare i pretesi

vulnera

motivazionali, a giudizio del collegio, nessuna lacuna o
incongruenza è rinvenibile nel tessuto argomentativo della

Non vi è alcuna contraddizione nell’avere escluso che fosse
stata acquisita la prova della frode alla legge del contratto
di affitto e nell’avere affermato che all’epoca in cui vennero
stipulati i contratti di compravendita, in relazione ai quali
è stato esercitato il retratto, non risultava insediata, sui
terreni che ne costituivano oggetto, una stabile e
continuativa impresa agricola; e ciò in quanto trattasi,
all’evidenza, di valutazioni che si collocano su piani
diversi.
Per il resto il motivo di ricorso postula una lettura
alternativa e non esclusiva rispetto a quella assunta dal
Giudice di appello rispetto alle risultanze probatorie. Si
rammenta che ogni giudizio implica l’analisi di una più o meno
ampia mole di elementi di segno non univoco e che
l’individuazione, nel loro ambito, di quei dati che – per
essere obiettivamente più significativi, coerenti tra di loro
e convergenti verso un’unica spiegazione – sono in grado di
superare obiezioni e dati di segno contrario, di fondare il
convincimento del giudice e di consentirne la
rappresentazione, in termini chiari e comprensibili è compito
esclusivamente riservato al giudice del merito. In tale
prospettiva non rileva che alcuni elementi emergenti nel

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sentenza impugnata.

processo e invocati da parte ricorrente siano in contrasto con
alcuni accertamenti e valutazioni del giudice o con la sua
ricostruzione complessiva e finale dei fatti: ciò in quanto il
controllo in sede di legittimità sul giudizio di fatto del
giudice di merito non può spingersi fino alla rielaborazione

rispetto a quella ragionevolmente raggiunta, da sovrapporre,
quasi a formare un terzo grado di giudizio di merito, a quella
operata nei due gradi precedenti, magari perchè ritenuta la
migliore possibile, dovendosi viceversa muovere esclusivamente
nei limiti segnati dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. (cfr.
Cass. 21 aprile 2009 n. 9477; Cass. 6 marzo 2008 n. 6064).
Ciò posto, ritiene il Collegio che anche il presente motivo
di ricorso sollecita in definitiva una nuova valutazione delle
risultanze fattuali del processo ad opera di questa Corte,
inconciliabile con la natura del giudizio di legittimità.
Il ricorso principale va, dunque, rigettato, risultando
assorbito il ricorso incidentale condizionato.
3. Va esaminato anche l’unico motivo di ricorso incidentale
che non è formulato in forma condizionata.
3.1. Con il suddetto motivo di ricorso si denuncia ai sensi
dell’art. 360 n.4 cod. proc. civ. violazione dell’art. 122
(rectius

112) cod. proc. civ. Al riguardo parte ricorrente

lamenta che la Corte di appello non abbia esaminato la domanda
di rilascio, già formulata nella memoria ex art. 183 cod.
proc. civ. e reiterata in appello.
3.1.1. Il motivo è fondato.
Invero,

poichè

la

domanda

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giudiziale

deve

essere

dello stesso alla ricerca di una soluzione alternativa

interpretata dal giudice non solo nella sua letterale
formulazione ma anche nel suo sostanziale contenuto e con
riguardo alle finalità perseguite dalla parte, in modo da
. comprendere le domande che si trovino in rapporto di
connessione necessaria con il petitum e la causa petendi della

nella domanda di riscatto del proprietario del fondo
confinante avente diritto di prelazione ai sensi dell’art. 7
1. 14 agosto 1971 n. 817 deve ritenersi implicita anche la
richiesta di rilascio del terreno oggetto di causa che può
essere, conseguentemente, espressamente formulata dalla parte
in appello senza incorrere nel divieto di domande nuove
stabilito dall’art. 445 cod. proc. civ. (cfr. Cass. 29
settembre 1995, n. 10272).
Ciò posto e considerato che nella fattispecie, la domanda
di rilascio risultava, effettivamente, esplicitata nell’atto
di appello, senza che la Corte di appello l’abbia esaminata,
ricorre il denunciato vizio di omessa petizione.
La causa si presta ad essere decisa nel merito, in quanto
non occorrono accertamenti di fatto per ritenere che la
domanda di rilascio va accolta, atteso il riconoscimento del
diritto di riscatto.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in
dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M. n. 55
del 2014, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte, decidendo sui ricorsi riuniti, rigetta il ricorso
principale,

accoglie

quello

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incidentale,

assorbito

domanda proposta senza estenderne l’ambito di riferimento,

l’incidentale condizionato e, decidendo nel merito, condanna i
ricorrenti al rilascio dei fondi retrattati in favore di
Franco Arnaboldi, nonchè al rimborso delle spese del giudizio
di cassazione, liquidate in E 5.400,00 (di cui E 200,00 per
esborsi) oltre accessori come per legge e contributo spese

Roma 20 marzo 2015

generali.

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