Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12899 del 26/05/2010

Cassazione civile sez. II, 26/05/2010, (ud. 28/01/2010, dep. 26/05/2010), n.12899

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 7621/2007 proposto da:

COMUNE DI TORRE ANNUNZIATA in persona del Commissario Prefettizio,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.G. PORRO 8, presso lo Studio

Associato degli Avvocati ZIMATORE-ABBAMONTE, rappresentato e difeso

dall’avvocato FREGA DAVIDE (dell’Avvocatura Municipale), giusta

Delib. Commissariale 20 febbraio 2007, n. 20, e giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 150/2006 del Giudice di Pace di TORRE

ANNUNZIATA del 19.1.06, depositata il 20/01/2006;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. IPPOLISTO PARZIALE;

E’ presente il P.G. in persona del Dott. GIAMPAOLO LECCISI, che si

riporta alle conclusioni scritte.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. – Il Comune di Torre Annunziata impugna la sentenza n. 150 del 2006 del Giudice di Pace di Torre Annunziata, pubblicata il 20 gennaio 2006 e mai notificata, con la quale veniva accolta la domanda di risarcimento danni avanzata dall’odierno intimato, C. F., nei suoi confronti in relazione ad una contravvenzione al Codice della Strada ritenuta illegittima, ma regolarmente pagata. Al riguardo l’odierno intimato osservava che solo successivamente al pagamento dell’oblazione aveva avuto notizie della irregolarità dell’apparecchiatura utilizzata dal Comune per accertare la violazione (FhotoRed F17A senza omologazione utilizzato per presidiare un impianto semaforico non assistito da personale).

2. – Il Giudice di Pace accoglieva la domanda, ritenendo, da un lato che il pagamento della somma portata dall’ordinanza ingiunzione non comportava di per sè l’acquiescenza allo stesso (citando all’uopo Cass. 2004 n. 3735) e, dall’altro, che il provvedimento sanzionatorio risultava illegittimo, poichè l’apparecchiatura in questione non poteva essere utilizzata senza operatore prima della sua omologazione avvenuta soltanto il 18 marzo 2004. Esaminato l’atto sanzionatorio, il Giudice di Pace riteneva che sussistevano tutti i requisiti richiesti per configurare la responsabilità dell’amministrazione per aver utilizzato in modo anomalo l’apparecchiatura. Riconosceva così il danno richiesto nell’importo versato per la sanzione, oltre interessi e spese.

2. – L’amministrazione ricorrente formula due motivi di ricorso.

3. – Nessuna attività in questa sede ha svolto l’intimato.

4. – Attivata procedura ex art. 375 c.p.c., il Procuratore Generale invia requisitoria scritta nella quale conclude con richiesta di accoglimento del ricorso per manifesta fondatezza.

5. I motivi del ricorso.

5.1 – Con il primo motivo di ricorso si deduce: “violazione delle norme procedimentali di cui agli articoli 22 e 23 della legge 1981 n. 689 e agli artt. 203, 204 e 204 bis C.d.S.. Omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia”. Lamenta l’Amministrazione che il Giudice di Pace non ha tenuto conto che la scelta dell’odierno intimato di non impugnare il provvedimento sanzionatorio, pagando la relativa sanzione, escludeva ogni altra possibilità d’impugnazione del provvedimento in questione, stante la specificità della disciplina d’impugnazione dei provvedimenti in questione dettata dalla L. n. 689 del 1981, artt. 22 e 23. Il verbale era quindi ormai divenuto inoppugnabile.

5.2 – Col secondo motivo di ricorso viene dedotta: “pretesa disapplicazione dell’atto amministrativo con l’effetto concreto della disapplicazione della legge processuale e sostanziale. Falsa applicazione di norme di diritto (artt. 4 e 5, della legge 1865 n. 2248, allegato E). Insufficiente, erronea e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia”.

5.3 – Con il terzo motivo di ricorso viene dedotto: “effetto preclusivo del pagamento della sanzione. Insufficiente motivazione in relazione ad un punto decisivo della controversia. Violazione e falsa applicazione di norme di diritto”.

5.4 – Col quarto motivo infine si deduce: “insufficiente, contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Travisamento del thema decidendi”.

5.5 – Col quinto motivo di ricorso si lamenta la disposta condanna alle spese in un procedimento che ha avuto inizio in conseguenza delle infrazioni commesse dall’intimato.

6. Il ricorso è fondato e va accolto.

6.1 – Occorre osservare in primo luogo che la sentenza impugnata è stata resa dal Giudice di Pace ai sensi dell’art. 113 c.p.c., e, come tale, è impugnabile con ricorso per cassazione, oltre che per le violazioni e i motivi previsti dall’art. 360 c.p.c., nn. 1 e 2, solo – con riferimento al n. 3 dello stesso articolo – per violazioni della Costituzione, delle norme di diritto comunitario sovranazionali, della legge processuale, nonchè, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 206 del 2004, dei principi informatori della materia, restando pertanto escluse, anche dopo tale pronuncia, le altre violazioni di legge; tale pronuncia inoltre è soggetta a ricorso per cassazione – in relazione allo stesso art. 360 c.p.c., n. 4 – per nullità attinente alla motivazione, solo ove questa sia assolutamente mancante o apparente, ovvero fondata su affermazioni contrastanti o perplesse o, comunque, inidonee ad evidenziare la “ratio decidendi”. Nel caso in questione, come del resto già affermato in un caso identico (Cass. 2007 n. 6382), vengono dedotte violazione delle norme processuali e dei principi informatori della materia. Si tratta, infatti, di controversia originata da una domanda di risarcimento danni ex art. 2043 c.c., proposta da un privato nei confronti di un Comune per l’assunta illegittimità di un verbale di accertamento elevato a suo carico per un’infrazione stradale, rispetto al quale aveva già provveduto al pagamento in misura ridotta.

6.2 – Il ricorso è fondato e va accolto. I motivi proposti possono essere trattati congiuntamente. Questa Corte, sempre al riguardo di identica fattispecie, ha già avuto occasione di affermare che: “In materia di violazioni al codice della strada, il c.d. pagamento in misura ridotta di cui all’art. 202 C.d.S., corrispondente al minimo della sanzione comminata dalla legge, da parte di colui che è indicato nel processo verbale di contestazione come autore della violazione, implica necessariamente l’accettazione della sanzione e, quindi, il riconoscimento, da parte dello stesso, della propria responsabilità e, conseguentemente, nel sistema delineato dal legislatore anche ai fini di deflazione dei processi, la rinuncia ad esercitare il proprio diritto alla tutela amministrativa o giurisdizionale, quest’ultima esperibile immediatamente anche avverso il suddetto verbale ai sensi dell’art. 204 bis C.d.S., qualora non sia stato, effettuato il suddetto pagamento. L’intervenuta acquiescenza da parte del contravventore conseguente a tale sopravvenuto rituale pagamento preclude, inoltre, allo stesso l’esercizio di eventuali pretese civilistiche, quali la condictio indebiti e l’actio damni riconducibili all’avvenuta contestazione delle violazioni al C.d.S. per le quali si sia proceduto a siffatto pagamento con effetto estintivo della correlata pretesa sanzionatoria amministrativa” (Cass. 2007 n. 6382).

Il Giudice di Pace non si è attenuto agli indicati principi.

Il ricorso va accolto e il provvedimento impugnato cassato.

Sussistendone i presupposti, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., questa Corte può pronunciare sul merito, rigettando l’opposizione originariamente proposta.

7. – Le spese seguono la soccombenza.

P.T.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa senza rinvio il provvedimento impugnato e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione originariamente proposta dalla parte intimata.

Condanna la parte intimata alle spese di giudizio, liquidate in 250,00 Euro per onorari e 50,00 Euro per spese per il giudizio di merito, nonchè in 400,00 Euro per onorari e 200,00 Euro per le spese del giudizio di legittimità, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2010

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