Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12898 del 23/06/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 12898 Anno 2015
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: AMBROSIO ANNAMARIA

SENTENZA

sul ricorso 26094-2011 proposto da:
FUGGETTA LUCIA FGGLCU36E49E493S, FUGGETTA RAFFAELLA
FGGRFL22R71E493W, FUGGETTA MICHELA FGGMHL28E48E493S,
domiciliati ex lege in ROMA presso la CANCELLERIA
DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentate e difese
dall’avvocato PIA ANDREOTTI, GIUSEPPE IACOVIELLO
giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrenti contro

MAZZARELLI INCORONATA MZZNRN69A66E493T, domiciliata
in ROMA ex lege, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI

Data pubblicazione: 23/06/2015

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato
LUIGI LOMIO giusta procura speciale in calce al
controricorso;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 245/2010 della CORTE D’APPELLO

26/10/2010, R.G.N. 483/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/03/2015 dal Consigliere Dott.
ANNAMARIA AMBROSIO;
udito l’Avvocato GIUSEPPE IACOVIELLO;
udito l’Avvocato PIA ANDREOTTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il
rigetto;

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di POTENZA, SEZIONE AGRARIA, depositata il

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 282 del 22.09.2008 il Tribunale di Melfi,
sez. specializzata agraria – per quanto ancora rileva in
questa sede – dichiarava risolto il contratto di affittanza
relativo a un fondo di are 63,99 in Lavello, contrada Coste,

nella conduzione del fondo al defunto genitore Raffaele
Mazzarelli per difetto del requisito soggettivo di
coltivatrice diretta; condannava, dunque, Incoronata
Mazzarelli al rilascio del fondo in favore delle ricorrenti,
le sorelle Raffaella, Michela e Lucia Fuggetta.
La decisione era gravata da impugnazione da parte di
Incoronata Mazzarelli, mentre le sorelle Fuggetta insistevano
sul rilievo di nullità della conversione dell’originario
contratto di colonia parziaria, nonché sulle domande
subordinate di

risoluzione del

contratto al termine

dell’annata agraria 2007 ovvero di risoluzione per
inadempimento.
Con sentenza n.245 in data 26.10.2010 la Corte di appello
di Potenza, sez. specializzata agraria, accoglieva
l’impugnazione e, per l’effetto, rigettava tutte le domande
formulate da Raffaella, Michela e Lucia Fuggetta, compensando
interamente le spese processuali tra le parti.
Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per
cassazione Raffaella, Michela e Lucia Fuggetta, svolgendo tre
motivi.
Ha

resistito

Incoronata

controricorso

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Mazzarelli,

depositando

escludendo il diritto di Incoronata Mazzarelli di subentrare

E’ stata depositata memoria da parte ricorrente.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte di appello – esclusa la fondatezza, in diritto,
dell’assunto difensivo delle odierne ricorrenti in punto di
non convertibilità in affitto, per accordo tra le parti,

fondo non costituente minima unità culturale – ha ritenuto
accertato, in fatto, che tra il dante causa dell’odierna
resistente e una delle sorelle Fuggetta era intervenuto un
accordo comportante la novazione dell’originario rapporto di
colonia parziaria in rapporto di affitto con decorrenza dal
15.01.1990, rinnovatosi in assenza di disdetta sino al
15.0.1.2020; e ciò sul rilievo acquisito sulla scorta della
prova orale espletata in appello, in contrasto con le
conclusioni cui era pervenuto il primo giudice che
Incoronata Mazzarelli aveva i requisiti soggettivi per la
successione al padre nel contratto di affitto del fondo e per
l’ulteriore considerazione, che non sussisteva il grave
inadempimento lamentato dalle odierne ricorrenti a sostegno
della subordinata domanda di risoluzione contrattuale.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione
e falsa applicazione degli artt. 1105, 1230 co. 2, 1362, 1399,
1705 cod. civ., artt. 4, 25, 31 e 59 L. n.203/1982, nonché
vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.
Sostengono le ricorrenti che nessuna novazione era possibile
nell’anno 1990 tra il dante causa dell’odierna resistente e la
defunta Giuseppina Fuggetta perché questa non aveva la
disponibilità del fondo e perchè le altre comproprietarie si

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dell’originario contratto di colonia parziaria relativo a un

erano opposte; che, di conseguenza, neppure sarebbe possibile
postulare una ratifica con efficacia retroattiva dell’atto
posto in essere dal

falsus procurator;

che il contratto di

colonia parziaria era, quindi, scaduto nel 1993 e che,
essendosi verificata l’estinzione del precedente contratto,

il contratto di affitto intercorso nel 1990 tra il Mazzarelli
e Giuseppina Fuggetta non avrebbe potuto comportare la
conversione retroattiva della colonia parziaria, in fatto
preclusa dall’art. 31 della L. n. 1982/230; donde la nullità
del contratto.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia:
violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 49 L. n.
203/1982, difetto di motivazione su

punti

decisivi della

controversia, vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione su punti
petendi

decisivi della controversia, la

causa

dell’azione di rilascio proposta dalle ricorrenti,

l’utilizzo da parte di Mazzarelli Raffaele di numerosa
manodopera estranea negli anni precedenti il suo decesso, la
nullità

ex

art. 244 cod. proc. civ. dei capitoli i prova

testimoniale articolati da controparte sia in primo grado che
in appello, la preclusione all’esercizio della prova contraria
delle ricorrenti, l’introduzione nel giudizio di appello di
circostanze di prova nuove non dedotte in primo grado, la
nullità della prova testimoniale raccolta

ex

art. 416 cod.

proc. civ..
1.3 Con il terzo motivo di ricorso si denuncia violazione e
falsa applicazione dell’art. 5 L. n. 203 del 1982, artt. 99,

5

non era neppure profilabile una novazione; che, in ogni caso,

115 e 116 cod. proc. civ. Al riguardo parte ricorrente lamenta
che non sia stata disposta una c.t.u. e contesta la
correttezza delle valutazioni svolte dalla Corte di appello
sull’inidoneità dei dati emergenti dal materiale fotografico e
dalla prova orale in ordine alle inadempienze contestate

2. Nessuno dei motivi di ricorso supera il preventivo
vaglio di ammissibilità.
2.1. Relativamente al primo motivo si rileva la mancata
ottemperanza dell’onere dell’autosufficienza del ricorso per
cassazione, che, secondo una consolidata elaborazione
giurisprudenziale, costituisce il corollario del requisito di
specificità dei motivi di impugnazione e che risulta ora
tradotto nelle più puntuali e definitive disposizioni
contenute negli artt. 366, co.1, n.6 e 369, co. 2, n. 4 cod.
proc. civ. (cfr. SS.UU. 22 maggio 2012, n.8077 in
motivazione). In particolare la norma di cui all’art. 366 n.6
cod. proc. civ., ponendo come requisito di ammissibilità

«la

specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e
del contratti o accordi collettivi sui quali 11 ricorso si
fonda»,

letta in correlazione con il disposto del n. 4

dell’art. 369 cod. proc. civ., che impone a pena di
improcedibilità, il deposito, unitamente al ricorso de

«gli

atti processuali, i documenti, i contratti o accordi
collettivi sui quali il ricorso si fonda»,

richiede la

specificazione dell’avvenuta produzione in sede di
legittimità, accompagnata dalla doverosa puntualizzazione del
luogo all’interno di tali fascicoli, in cui gli atti o

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all’affittuaria.

documenti evocati sono rinvenibili (cfr. SS.UU. 2 dicembre
2008, n. 28547; SS.UU. 25 marzo 2010, n. 7161). In particolare
le SS.UU. (sentenza 3 novembre 2011, n. 22726) – intervenendo
sull’esegesi del diverso onere di cui all’art. 369 cod. proc.
civ. co . 2, n. 4 – hanno precisato che resta ferma, in ogni

inammissibilità

ex

art. 366, n. 6, cod. proc. civ., del

contenuto degli atti e dei documenti sui quali il ricorso si
fonda, nonché dei dati necessari al loro reperimento.
In altri termini, il ricorrente per cassazione, ove intenda
dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da
parte del giudice di merito, ha il duplice onere – imposto
dall’art. 366 cod. proc. civ. co . l, n. 6 in correlazione con
il n. 4 dell’art. 369 cod. proc. civ. – di produrlo agli atti
e di indicarne il contenuto. Il primo onere va adempiuto
indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale e
in quale fascicolo di parte si trovi il documento in
questione; il secondo deve essere adempiuto trascrivendo o
riassumendo nel ricorso il contenuto del documento. La
violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il
ricorso inammissibile.
Invero «indicare» un documento significa, necessariamente,
oltre che specificare gli elementi che valgono ad
individuarlo, dire dove é rintracciabile nel processo e tale
specifica indicazione, quando riguardi un documento prodotto
in giudizio, postula che si individui dove sia stato prodotto
nelle fasi di merito, e, in ragione dell’art. 369 cod. proc.
civ. co . 2, n. 4, anche che esso sia prodotto in sede di

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C;)-91

caso, l’esigenza di specifica indicazione, a pena di

legittimità.
E’ evidente, dunque, che tali adempimenti non possono
ritenersi assolti con la mera richiesta di acquisizione del
fascicolo d’ufficio dei gradi di merito, nè, eventualmente,
col deposito di tale fascicolo e/o del fascicolo di parte (che

tempi e nei modi di cui al citato art. 369 cod. proc. civ. e
se non si specifica che il fascicolo è stato prodotto,
indicando la sede in cui il documento è rinvenibile.
Nel caso all’esame parte ricorrente fa ripetuti riferimenti
a diversi documenti (preliminare di vendita, scrittura privata
del gennaio 1990, varia corrispondenza ecc.), contestando ora
la rilevanza assegnata a detto materiale probatorio, ora la
valutazione che ne ha fatto la Corte di appello, senza
indicare se l’uno o l’altro documento sia stato prodotto in
giudizio e se sia stato allegato anche in questa sede di
legittimità, ma limitandosi a riportarne una propria personale
sintesi o al più brevi stralci. In tal modo la Corte non è
messa in grado di scrutinare i motivi sulla base delle
allegazioni del ricorso.
Merita aggiungere che l’esigenza di specifica indicazione
degli atti sui quali il ricorso si fonda, lungi dal rispondere
a vuoto formalismo, non può che positivamente circoscrivere
l’ambito d’inevitabile soggettività della correlativa
valutazione

(cfr.

Cass.11

febbraio

2011

n.

3522

in

motivazione).
2.2. Sussiste un’ulteriore ragione di inammissibilità che
investe sia il primo che il secondo motivo di ricorso.

8

in ipotesi tali atti contenga), se esso non interviene nei

Invero i suddetti motivi propongono una congerie di
questioni dai profili oggettivamente diversi, che non giova
alla comprensione delle ragioni delle doglianze e, in
definitiva, alla specificità delle censure stesse.
Valga considerare che – sebbene in via di principio la

del difetto di motivazione, non determina, di per sé, una
preclusione della impugnazione – occorre, comunque, che le
censure si mantengano distinte (in tal senso sulla questione,
in rapporto ai quesiti di diritto, S.U. 31 marzo 2009,
n.7770), esibendo sufficiente specificità, cioè la
caratteristica che principalmente contraddistingue
l’impugnazione in sede di legittimità. In tale prospettiva è
stato affermato che in tema di ricorso per cassazione, è
inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi
d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse
ipotesi contemplate dall’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5,
cod. proc. civ., non essendo consentita la prospettazione di
una medesima questione sotto profili incompatibili, quali
quello della violazione di norme di diritto, che suppone
accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve
decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e
del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende
precisamente rimettere in discussione; o quale l’omessa
motivazione, che richiede l’assenza di motivazione su un punto
decisivo della causa rilevabile d’ufficio, e l’insufficienza
della motivazione, che richiede la puntuale e analitica
indicazione della sede processuale nella quale il giudice

9

contestuale deduzione nei motivi, della violazione di legge e

d’appello sarebbe stato sollecitato a pronunciarsi, e la
contraddittorietà della motivazione, che richiede la precisa
identificazione delle affermazioni, contenute nella sentenza
impugnata, che si porrebbero in contraddizione tra loro.
Infatti, l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni

processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice
di legittimità il compito di isolare le singole censure
teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi
d’impugnazione enunciati dall’art. 360 cod. proc. civ., per
poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero
utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente,
al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto
giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere
successivamente su di esse (Cass. 23 settembre 2011, n.
19443).
Orbene, nei motivi di ricorso all’esame,

i profili

attinenti la ricostruzione del fatto non risultano chiaramente
distinti dalle doglianze relative all’interpretazione o alla
applicazione della o delle norme appropriate alla fattispecie.
In particolare l’impropria commistione tra le diverse
tipologie di vizio e, in genere, la loro inesatta
individuazione trova conferma, con specifico riguardo al
secondo motivo di ricorso, nella deduzione del vizio
motivazionale su una serie di punti ritenuti decisivi, anziché
di

fatti

decisivi della controversia, come testualmente

richiesto dal n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. (nel testo
antecedente alla novella di cui al d.l. n. 83/2012 conv. in L.

10

concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al

n. 134/2012 qui applicabile), sovrapponendo e confondendo
questioni prospettabili

sub specie di violazione della legge

sostanziale o processuale, con questioni attinenti alla
ricostruzione del fatto.
Invero la parte che denuncia il vizio motivazionale deve

relazione al quale la motivazione si assume carente,
intendendosi per “fatto” non una “questione” o un “punto”
della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto
principale,

ex

art. 2697 cod. civ., od anche un fatto

secondario, purchè controverso e decisivo, anche perché la
conformità della decisione alle norme giuridiche può
sussistere indipendentemente dalla compiutezza e
dall’ortodossia della motivazione in diritto, operando a
quest’ultimo riguardo il potere correttivo di cui all’ art.
384 cod. proc. civ..
2.3. Anche l’ultimo motivo di ricorso è inammissibile, vuoi
per difetto di specificità, vuoi perché attinge valutazioni di
stretto merito.
Premesso, in via di principio, che le parti non possono
sottrarsi all’onere probatorio a loro carico invocando, per
l’accertamento dei propri diritti, una consulenza tecnica di
ufficio, si osserva innanzitutto che parte ricorrente si duole
in termini del tutto assertivi della decisione della Corte di
appello di non ammettere una c.t.u., senza neppure indicare
quale avrebbe dovuto essere l’oggetto dell’indagine tecnica,
le ragioni addotte a fondamento della propria richiesta e
quelle del contestato diniego.

11

specificamente indicare il “fatto” controverso o decisivo in

Sotto il secondo profilo si osserva che le assunte
violazioni di legge si basano e presuppongono una diversa
ricostruzione delle risultanze di causa (in ordine alla prova
del grave inadempimento), censurabile se del caso sotto il
profilo del vizio motivazionale. Invero la violazione del

valutazione delle prove è denunciabile in cassazione, ai sensi
dell’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., solo se il giudice di
merito valuta una prova e in genere una risultanza probatoria,
non già secondo il suo prudente apprezzamento, ma sulla scorta
di altri e diversi valori ovvero attribuisca ad essa un valore
legale tipico che il legislatore preveda per una diversa
risultanza probatoria (Cass. 20 dicembre 2007, n. 26965) (o
viceversa disconosca il valore legale che è riconosciuto dal
legislatore), posto che, altrimenti, la censura che investe la
valutazione della prova può essere fatta valere ai sensi del
numero 5 del medesimo art. 360 cod. proc. civ. (cfr. Cass. 17
giugno 2013, n. 15107) che deve emergere direttamente dalla
lettura della sentenza, non dal riesame degli atti di causa,
inammissibile in sede di legittimità (v. Cass., 20/6/2006, n.
14267; Cass., n. 24755 del 2007; Cass., 12/2/2004, n. 2707).
Inoltre, ai fini della adeguata motivazione della sentenza,
secondo le indicazioni desumibili dal combinato disposto
dell’art. 132 cod. proc. civ., comma 2, n. 5, degli artt. 115
e 116 cod. proc. civ., è necessario che il raggiunto
convincimento del giudice risulti da un esame logico e
coerente di quelle che, tra le prospettazioni delle parti e le
emergenze istruttorie, siano state ritenute di per sè sole

12

principio di cui all’art. 116 cod. proc. civ. sulla

idonee e sufficiente a giustificarlo, mentre non si deve dare
conto dell’esito dell’esame di tutte le prove prospettate o
comunque acquisite (in termini, ad esempio, Cass. 4 marzo
2011, n. 5241 nonchè Cass. 12 aprile 2011, n. 8294; Cass. 28
ottobre 2009, n. 22801; Cass. 27 luglio 2006, n. 17145).

termini adeguati delle conclusioni cui è pervenuto in punto di
insussistenza dei presupposti della risoluzione per
inadempimento dell’affittuaria, segnatamente evidenziando

prima ancora che l’inadeguatezza del materiale fotografico a
rappresentare il cattivo stato del fondo e, comunque,
l’esistenza di elementi emergenti dalla prova orale in
contrasto con la tesi delle concedenti – l’inidoneità della
stessa prospettazione difensiva (sostanzialmente risolventesi
nel rilievo del parziale essiccamento di due mandorli) a
rappresentare una condotta, suscettibile di ledere in modo
rilevante la produttività di un terreno.
Le valutazioni espresse sono di stretto merito e non sono
sindacabili, come tali, in questa sede, giacchè i motivi di
cui all’art. 360 cod. proc. civ. non possono consistere nella
difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dati dal
Giudice del merito rispetto a quello previsto dalla parte.
In definitiva il ricorso è inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in
dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M. n.55 del
2014, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte

13

Nel caso di specie il Giudice di appello ha dato conto in

ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione,
liquidate in C 3.000,00 (di cui C 200,00 per esborsi) oltre
accessori come per legge e contributo spese generali.

Roma 20 marzo 2015

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