Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12897 del 09/06/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 12897 Anno 2014
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: SESTINI DANILO

SENTENZA

Ud. 03/04/2014

sul ricorso 21031-2008 proposto da:

PU

ASCIA EMMA LUCIA SCAMLC82P68B428J, TALLARITA MARIA
ANTONIETTA TLLMNT53S58D960H, domiciliate ex lege in
ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentate e difese dall’avvocato
SANTAGATI ANTONIO con studio in GELA, VICO IMPERIA 4
giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti contro

ASSITALIA LE ASSICURAZIONI D’ITALIA
SAVERIO;

GIOCONDO

Data pubblicazione: 09/06/2014

- intimati –

avverso la sentenza n. 181/2008 del TRIBUNALE di
GELA, depositata il 21/05/2008, R.G.N. 1196/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 03/04/2014 dal Consigliere Dott. DANILO

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per
il rigetto;

SESTINI;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il 4.11.2001, in Gela, si verificava un
sinistro

stradale

che

vedeva

coinvolte

un’autovettura Fiat Punto condotta dal
proprietario Saverio Giocondo e un’autovettura
Toyota Yaris di proprietà di Maria Antonietta

La Ascia e la Tallarita assumevano che
l’incidente si era verificato per esclusiva
responsabilità del Giocondo e lo convenivano in
giudizio avanti al Giudice di Pace di Gela,
unitamente alla sua assicuratrice Assitalia-Le
Assicurazioni d’ Italia s.p.a.; quest’ultima
resisteva alla domanda, mentre il Giocondo
rimaneva contumace.
Avverso la sentenza del Giudice di Pace, che
aveva rigettato integralmente la domanda, l’Ascia
e la Tallarita proponevano appello, cui la
compagnia assicuratrice resisteva, proponendo -a
sua volta- appello incidentale per conseguire il
pagamento delle spese di lite
Il Tribunale di Gela rigettava il gravame con
sentenza n. 181/08 del 28.4.2008, avverso la quale
ricorrono per cassazione l’Ascia e la Tallarita,
affidandosi a tre motivi; gli intimati non
svolgono attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è soggetto al regime dei
quesiti (ex art. 366 bis C.P.C.) in quanto la
sentenza è stata depositata il 21.5.2008.
3

Tallarita, condotta da Emma Lucia Ascia.

2. Col primo motivo, le ricorrenti deducono
“violazione e falsa applicazione di legge, degli
artt. 111 Costituzione; 10-61-201 e 196 cod. proc.
civ e vizi motivazionali con riferimento all’art.
360 n. 3-4-5 C.P.C.”, dolendosi del fatto che il
giudice dell’appello abbia acriticamente fondato

schizzo planimetrico redatto dai Carabinieri
intervenuti sul luogo del sinistro e sulle
conclusioni della C.T.U. che su tali risultanze si
è basata, senza considerare che -come ampiamente
evidenziato dal c.t.p. di parte attrice- “lo
schizzo planimetrico redatto dagli inquirenti è
totalmente differente da quello che si ricava, in
opportuna scala di rappresentazione, utilizzando i
dati metrici da loro accertati”.
2.1. Il motivo è assistito da un quesito di
diritto (“poteva il giudice di merito in presenza
di rilevi tecnici, precisi e circostanziati che il
consulente di parte aveva mosso agli argomenti ed
alle conclusioni del consulente d’ufficio -basate
sull’infedele schizzo planimetrico, in quanto
completamente diverso e contrastante con quello
risultante dalle rilevazioni metriche rilevate dai
C.C.- totalmente prescindere da tali rilievi,
senza alcuna motivazione o doveva invece indicare
le ragioni per le quali non riteneva condivisibili
le conclusioni tecniche cui era pervenuto il geom.
Burgio attraverso la restituzione grafica delle
misurazioni metriche eseguite dai Carabinieri?”)
4

la propria decisione sulle risultanze di uno

nonché da una “indicazione del fatto controverso
che rende la motivazione inidonea a giustificare
la decisione” che sviluppa, per oltre tre pagine,
le censure già svolte nell’illustrazione del
motivo in merito alla mancata considerazione delle
risultanze della relazione del c.t.p..

prospettare violazioni di norme di diritto o
errores in procedendo, che -nonostante la diversa
indicazione contenuta nella rubrica del motivonon risultano effettivamente dedotte.
2.3. In ordine alla censura attinente al vizio
di motivazione, deve rilevarsi che (a prescindere
dalla considerazione che -sia per l’anomala
estensione che per il contenuto argomentativoquello formulato dalle ricorrenti è tutt’altro che
un “momento di sintesi” rispondente alle finalità
sottese all’art. 366 bis C.P.C.) le doglianze in
merito alla ricostruzione della dinamica del
sinistro si risolvono nella prospettazione di una
diversa valutazione degli elementi emersi
dall’istruttoria, cui le ricorrenti pervengono
attribuendo rilievo prevalente ai dati delle
misurazioni effettuate dai Carabinieri (come
elaborati dal c.t.p. delle ricorrenti).
Atteso che l’apprezzamento del giudice di
merito in ordine alla ricostruzione delle modalità
di un incidente e al comportamento delle persone
alla guida dei veicoli in esso coinvolti si
concreta in un giudizio di mero fatto che resta
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2.2. Il quesito è del tutto inidoneo a

insindacabile in sede di legittimità, quando sia
adeguatamente motivato e immune da vizi logici e
da errori giuridici (ex multis, Cass. n.
3803/2004), il motivo risulta infondato, a fronte
di una motivazione del giudice di appello che
appare ampia e logicamente coerente con gli

tracce di frenata e la posizione assunta dai
veicoli dopo lo scontro, come rilevate dai
Carabinieri intervenuti).
3. Col secondo motivo

(prospettato in

relazione all’art. 360 nn. 3, 4 e 5 C.P.C.), le
ricorrenti deducono “violazione e falsa
applicazione di legge, degli artt. 75, 77 e 182
C.P.C., difetto di legittimazione processuale;
nullità ed inammissibilità dell’atto di appello
incidentale per mancato deposito della procura
notarile e difetto di motivazione”.
Rilevano che l’Assitalia ha proposto appello
incidentale in persona dell’avv. Marco Cavicchi,
che ha dichiarato di agire in forza di procura
notarile rilasciata dalla società e che, in tale
veste, aveva conferito il mandato al difensore
(avv. Francesco Panepinto) in calce alla copia
notificata dell’atto di citazione, senza tuttavia
mai depositare tale procura, di talché il giudice
dell’appello “avrebbe dovuto dichiarare la nullità
ed inammissibilità dell’atto di appello
incidentale”, tanto più che “nel corso del secondo
grado di giudizio alla 1^ udienza era stata
6

elementi ritenuti maggiormente rilevanti (le

sollevata

l’eccezione

di

inammissibilità”;

censurano pertanto la sentenza impugnata per non
aver pronunciato sull’eccezione di inammissibilità
e per aver considerato validamente proposta
l’impugnazione incidentale.
Sulla questione della verifica dei poteri di

agire in nome e per conto di una persona giuridica
esiste un orientamento largamente maggioritario di
questa Corte che esclude la necessità di
verificare gli effettivi poteri rappresentativi
del procuratore in difetto di una specifica e
tempestiva contestazione della controparte;
l’indirizzo è stato fatto proprio da Cass. S.U. n.
20596/2007, secondo cui “in tema di rappresentanza
processuale

delle persone giuridiche, la persona

fisica che ha conferito il mandato al difensore
non ha l’onere di dimostrare tale sua qualità,
neppure nel caso in cui l’ente si sia costituito
in giudizio per mezzo di persona diversa dal
legale rappresentante e l’organo che ha conferito
il potere di rappresentanza processuale derivi
tale potestà dall’atto costitutivo o dallo
statuto, poiché i terzi hanno la possibilità di
verificare il potere rappresentativo consultando
gli atti soggetti a pubblicità legale e, quindi,
spetta a loro fornire la prova negativa. Solo nel
caso in cui il potere rappresentativo abbia
origine da un atto della persona giuridica non
soggetto a pubblicità legale, incombe a chi agisce
7

rappresentanza in capo a colui che dichiari di

l’onere di riscontrare l’esistenza di tale potere
a condizione, però, che la contestazione della
relativa qualità ad opera della controparte sia
tempestiva, non essendo il giudice tenuto a
svolgere di sua iniziativa accertamenti in ordine
all’effettiva esistenza della qualità spesa dal

soggetto che ha dichiarato di agire in nome e per
conto della persona giuridica abbia anche asserito
di farlo in una veste astrattamente idonea ad
abilitarlo alla rappresentanza processuale della
persona giuridica stessa”.
A tale indirizzo si contrappone un orientamento
-minoritario- in base al quale il giudice è tenuto
in ogni caso a verificare d’ufficio la mancata
produzione dell’atto attributivo del potere di
rappresentanza, ribadito -di recente- da Cass. n.
23786/2013, che ha affermato che “in caso di
appello proposto a nome di una persona giuridica o
di un ente (nella specie, l’INPS), deve essere
dichiarata l’inammissibilità del gravame, per
difetto di idonea procura alle liti, nel caso in
cui la stessa sia stata rilasciata, in nome e per
conto dell’Istituto, da soggetto che si qualifichi
come legale rappresentante, specificando di essere
“procuratore” dell’appellante come da atto
notarile di cui siano indicati gli estremi ma che
non sia stato prodotto, attesa l’impossibilità di
verificare il potere rappresentativo del soggetto
e di accertare che la rappresentanza processuale
8

rappresentante, dovendo egli solo verificare se il

non sia conferita disgiuntamente a quella
sostanziale; né assume rilievo la mancata
eccezione della parte avversaria dovendo il
giudice d’appello rilevare d’ufficio la mancata
produzione dell’atto abilitante” (conforme a Cass.
n. 1017/2001, ma non anche a Cass. 19922/2007 che,

ricorso, si colloca nell’alveo dell’opposto
orientamento).
Ritiene il Collegio che non sussistano ragioni
per discostarsi dall’indirizzo espresso da S.U. n.
20596/2007, che ha avuto continuità di
applicazione (cfr., Cass. n. 28401/2008; Cass. n.
3541/2009, che ha precisato che “la parte che
contesti che la persona fisica, la quale assume di
rivestire la qualità di
persona

giuridica,

rappresentativo,

deve

rappresentante

manca

del

sollevare

di una
potere
siffatta

contestazione nella prima difesa, restando così
onere dell’altra parte documentare la pretesa
qualità”; Cass. n. 22287/2009; Cass. n.
22605/2009; Cass. n. 19824/2011) e che non appare
superato da Cass. S.U. n. 24179/2009 (secondo cui
l’accertamento circa il potere rappresentativo
della persona giuridica “può essere compiuto in
ogni stato e grado del giudizio e quindi anche in
sede di legittimità, con il solo limite del
giudicato sul punto, e con possibilità di diretta
valutazione degli atti attributivi del potere del
potere rappresentativo”) che, senza farsi carico
9

nonostante il tenore della massima riportata in

di confutare i principi affermati dalle Sezioni
Unite del 2007, ha affrontato la peculiare
questione della possibilità di produrre in sede di
legittimità, ex art. 372 C.P.C., “documenti
diretti a dimostrare l’esistenza del potere
rappresentativo del soggetto in nome del quale la

riferimento ad un caso in cui era pacifico che il
procuratore nominato da un istituto bancario
necessitava di espressa “autorizzazione della
direzione centrale … per l’attivazione di
qualsiasi gravame o qualsiasi altra azione o
ricorso oltre il giudizio di primo grado” (ipotesi
in cui non sussisteva, dunque, un’astratta
idoneità della qualità spesa dalla persona fisica
ad abilitano alla rappresentanza processuale
della persona giuridica, ma ricorreva la necessità
di verificare in concreto la corrispondenza fra la
rappresentanza sostanziale e quella processuale).
Ciò premesso, deve rilevarsi che, nel caso in
esame, la stessa prospettazione contenuta in
ricorso evidenzia come la contestazione del potere
rappresentativo in capo all’avv. Cavicchi possibile già dalle prime battute del giudizio di
primo grado- sia avvenuta tardivamente, in quanto
effettuata soltanto nel giudizio di appello.
Anche a voler ritenere che l’interesse a
contestare tale potere rappresentativo sia sorto
soltanto a seguito dell’appello incidentale
dell’Assitalia (volto a conseguire la condanna
10

persona giuridica è presente nel giudizio”, con

della Ascia e della Tallarita al pagamento delle
spese di primo grado), l’esame della questione
risulterebbe comunque precluso per un evidente
difetto di autosufficienza del ricorso, che non
trascrive il contenuto del verbale in cui sarebbe
stata sollevata la contestazione né fornisce le

non consentendo alla Corte di procedere alla
verifica della circostanza dell’effettiva
contestazione e della sua tempestività in
relazione al giudizio di appello.
Ne deriva che, non ricorrendo (o non
risultando, comunque, accertabile) il presupposto
dell’onere della Assitalia di fornire la prova dei
poteri rappresentativi del proprio procuratore
(operante, come detto, solo in caso di tempestiva
contestazione ad opera della controparte) e del
consequenziale dovere del giudice dell’appello di
procedere alla verifica della sussistenza degli
anzidetti poteri rappresentativi, il motivo
risulta infondato.
4. Col terzo motivo (“violazione e falsa
applicazione di legge, dell’art. 83 C.P.C. in
relazione all’art. 360, n. 3-4-5 C.P.C., e nullità
ed inammissibilità dell’appello incidentale”) si
assume che, essendo stato conferito in calce alla
copia notificata dell’atto di citazione relativa
al primo grado, il mandato abilitava il “difensore
esclusivamente … a contrastare le doglianze
11

indicazioni necessarie al reperimento dell’atto,

dell’appellante”, ma non anche a proporre appello
incidentale.
Il motivo è infondato in quanto il difensore
poteva proporre l’impugnazione incidentale senza
necessità di munirsi di procura ad hoc, ulteriore
rispetto a quella rilasciata per il giudizio di

principio per cui, “secondo un’interpretazione
costituzionalmente orientata della normativa
processuale e di tutela del diritto di azione e di
difesa stabiliti dagli artt. 24 e 111 Cost.”, il
difensore deriva “la facoltà di proporre tutte le
domande ricollegabili all’interesse del suo
assistito e riferibili all’originario oggetto
della causa … direttamente dall’art. 84” del
codice di rito “e non dalla volontà della parte
che conferisce la procura alle liti,
rappresentando tale conferimento non
un’attribuzione di poteri, ma semplicemente una
scelta ed una designazione, con la conseguenza che
la natura dell’atto col quale o all’interno del
quale viene conferita, o la sua collocazione
formale, non costituiscono elementi idonei a
limitare l’ambito dei poteri del difensore”
(Cass., S.U. n. 19510/2010).

la Corte rigetta il ricorso.
Roma, 3.4.2014

primo grado; deve richiamarsi, al riguardo, il

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