Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12895 del 23/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 23/05/2017, (ud. 10/02/2017, dep.23/05/2017),  n. 12895

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16073 – 2016 R.G. proposto da:

FRATELLI R.F. e ARCANGELO s.n.c., – c.f. (OMISSIS) – in

persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e

difesa in virtù di procura speciale in calce al ricorso per

regolamento di competenza dall’avvocato Ignazio Cassaniti ed

elettivamente domiciliata in Roma, alla via Leon Pancaldo, n. 26,

presso lo studio dell’avvocato Silvia Lucarelli.

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) – c.f. (OMISSIS) – in persona dell’amministratore pro

tempore;

– intimato –

Avverso l’ordinanza in data 13.5.2016 assunta dal tribunale di

Messina nella causa iscritta al n. 3711/2014 R.G..

Udita la relazione all’udienza in camera di consiglio del 10 febbraio

2017 del consigliere Dott. Abete Luigi;

Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del sostituto

procuratore generale Dott. SGROI Carmelo, che ha chiesto accogliersi

il ricorso per regolamento di competenza e dichiararsi la competenza

del tribunale di Messina.

Fatto

RAGIONI IN FATTO E DIRITTO

Con atto ricorso ex art. 702 bis c.p.c. al tribunale di Messina la “Fratelli R.F. e Arcangelo” s.n.c. esponeva che in data 23.6.2009 aveva siglato con il condominio “(OMISSIS)”, dello stabile di viale (OMISSIS), contratto di appalto per l’esecuzione di lavori nel complesso condominiale; che era creditrice del condominio per l’importo di Euro 18.631,00 a titolo di penale per ritardato pagamento e per l’importo di Euro 4.075,00 a titolo di ripetizione della ritenuta d’acconto non versata dal condominio nei tempi dovuti.

Chiedeva, tra l’altro, che il condominio resistente fosse condannato a corrisponderle le somme anzidette.

Si costituiva il condominio “(OMISSIS)”.

Eccepiva in via preliminare l’incompetenza del giudice adito alla stregua della convenzione arbitrale di cui all’art. 56 del capitolo 10 del capitolato speciale d’appalto.

Con ordinanza del 13.5.2016 il giudice adito dichiarava improponibile il ricorso per l’esistenza della clausola compromissoria e condannava la s.n.c. ricorrente alle spese.

Reputava il tribunale che la clausola compromissoria che le parti avevano pattuito, era da interpretare in senso ampio ed omnicomprensivo, sicchè la controversia doveva intendersi devoluta alla cognizione degli arbitri; che al contempo, in relazione alla prefigurazione – “per la risoluzione di tutte le controversie non risolvibili in corso d’opera o ad avvenuta ultimazione delle opere, il Foro competente è quello di Taormina” – di cui alla stessa clausola, che “l’avvenuta ultimazione dei lavori non è dato decisivo al fine di ritenere non deferibile la controversia al collegio arbitrale” (così ordinanza, pag. 2).

Avverso tale ordinanza la “Fratelli R.F. e Arcangelo” s.n.c. ha proposto ricorso per regolamento di competenza; ha chiesto annullarsi la medesima ordinanza e dichiararsi la competenza del tribunale di Messina con ogni susseguente statuizione anche in ordine alle spese, da attribuirsi al difensore anticipatario.

Il condominio “(OMISSIS)” non ha svolto difese.

Il pubblico ministero, giusta la previsione dell’art. 380 ter c.p.c., ha formulato conclusioni scritte.

Con ambedue i motivi la ricorrente deduce che la clausola compromissoria è di incerto ed ambiguo significato, sicchè il giudice a quo avrebbe dovuto “ritenere la propria competenza per il principio della prevalenza della competenza del giudice ordinario” (così ricorso, pag. 5); che segnatamente la clausola contrattuale, nella sua globalità, contiene due diverse ed antitetiche opzioni, sicchè il tribunale non avrebbe dovuto dichiarare “la seconda parte della clausola priva di significato” (così ricorso, pag. 4).

Il ricorso per regolamento di competenza va rigettato.

Si evidenzia previamente in ordine al preliminare rilievo del Pubblico Ministero circa “la tempestività dell’eccezione di incompetenza (o di arbitrato)”, e correlato alla mancata acquisizione del “fascicolo processuale d’ufficio”, che la società ricorrente ha esplicitamente dato atto (cfr. ricorso, pag. 2) che il condominio, allorchè si è costituito, ha eccepito “l’incompetenza del Giudice adito in ragione della convenzione arbitrale” (così ricorso, pag. 2).

Deve dedursene perciò, viepiù in assenza di qualsivoglia prospettazione di segno diverso della s.n.c. ricorrente, che l’eccezione sia stata ritualmente e tempestivamente sollevata.

Si evidenzia altresì che l’indagine sulla portata di una clausola compromissoria rientra senza dubbio nei poteri di questa Corte di legittimità, che in tale materia è anche giudice di fatto (cfr. Cass. (ord.) 30.9.2015, n. 19546).

Su tale scorta si rappresenta quanto segue.

Per un verso, che la pattuizione negoziale che riveste valenza nella fattispecie, è articolata in due previsioni, la prima (“Le parti convengono di deferire ad arbitri qualsiasi controversia o contestazione dovesse sorgere per l’interpretazione del presente contratto, per la sua esecuzione e per la liquidazione dell’importo, nonchè in sede di verifica o collaudo e di riconsegna delle opere. A tal fine ciascuna parte nominerà un arbitro (…)”) reca prefigurazione della competenza arbitrale, la seconda (“Per la risoluzione di tutte le controversie non risolvibili in corso d’opera o ad avvenuta ultimazione delle opere, il Foro competente è quello di Taormina”) reca prefigurazione della competenza dell’ufficio giudiziario di Taormina.

Per altro verso, che in tema di interpretazione delle clausole contrattuali, ai sensi degli art. 1362 c.c., comma 1, e art. 1363 c.c., il giudice non può limitarsi a considerarle atomisticamente, pur ove le une e le altre possano apparire rappresentative d’una manifestazione di volontà di senso compiuto, ma deve procedere secondo un “iter” che, partendo dall’accertamento del senso letterale di ciascuna, questo poi verifichi nel confronto reciproco e infine le armonizzi razionalmente nella valutazione unitaria dell’atto (cfr. Cass. 14.11.2002, n. 16022; cfr. Cass. 11.6.1999, n. 5747, secondo cui, in tema di interpretazione del contratto, anche quando l’interpretazione di ciascuna delle clausole che concorrono alla formazione del testo negoziale è compiuta sulla base del “senso letterale delle parole” e conduca a risultati di certezza, il giudice è tenuto ad applicare il criterio dell’interpretazione sistematica, posto dall’art. 1363 c.c., riferendo le varie espressioni adoperate all’intero testo in modo da ricavarne il senso complessivo e nel contempo intendere la singola espressione in funzione del testo, di cui è parte integrante).

Per altro verso ancora, che il principio di conservazione del contratto ex art. 1367 c.c., non comporta solo che esso – o le sue singole clausole – vengano interpretate nel senso in cui possano avere un qualche effetto, ma richiede che il contratto non risulti neppure in parte frustrato e che la sua efficacia potenziale non subisca alcuna limitazione (cfr. Cass. 1.9.1997, n. 8301).

Alla luce del riscontro dapprima operato e dei principi dipoi enunciati si reputa quanto segue.

Innanzitutto, che il tenore letterale della prima previsione rende patente ed incontrovertibile la volontà compromissoria dei contraenti.

Altresì, che il dettato letterale della prima previsione (“qualsiasi controversia o contestazione”, “per l’interpretazione del presente contratto, per la sua esecuzione e per la liquidazione dell’importo”) è di amplissimo spettro.

Inoltre, che alla stregua di un’esegesi combinata della prima e della seconda previsione, che ambisca ad armonizzarle razionalmente, appare ragionevole e plausibile opinare nel senso che la menzione del foro di Taormina quale foro competente non è incompatibile con l’espressa volontà delle parti “di deferire ad arbitri qualsiasi controversia o contestazione dovesse sorgere”.

Più esattamente, che con la seconda previsione le parti hanno inteso concordare la competenza ratione loci del foro di Taormina per tutte le controversie non compromettibili eventualmente insorte “in corso d’opera o ad avvenuta ultimazione delle opere”: la seconda previsione ossia dà ragione della impregiudicata operatività della iurisdictio statuale limitatamente agli ambiti istituzionalmente sottratti alla cognizione arbitrale.

Ancora, che nel segno dell’art. 1367 c.c., l’opzione ermeneutica patrocinata dalla ricorrente, secondo cui “le parti, sottoscrivendo la clausola nella sua interezza, non hanno optato per nessuna delle due modalità di definizione delle controversie” (così ricorso, pag. 4), sicchè il giudice a quo “avrebbe dovuto dare prevalenza alla competenza del giudice ordinario” (così ricorso, pag. 5), frustra e svuota di significato la volontà compromissoria categoricamente palesata dalla prima previsione.

Ulteriormente, che appieno da condividere è l’affermazione del primo giudice a tenor della quale “l’avvenuta ultimazione dei lavori non è dato decisivo” (così ordinanza, pag. 2), atteso che, siccome aggiuntivamente e correttamente ha rimarcato il tribunale di Messina, non sono deferibili, expressis verbis, alla cognizione arbitrale “anche le controversie non risolvibili insorte in corso d’opera” (così ordinanza, pag. 2). Cosicchè non possono essere recepite le prospettazioni del Pubblico Ministero secondo cui “una volta ultimati i lavori (…) si riespanda pienamente la “normale” competenza dell’autorità giudiziaria ordinaria” e secondo cui quindi “la strada alternativa alla giurisdizione” è destinata ad operare “solo entro il limite temporale della conclusione esecutiva del programma contrattuale dell’appalto”.

Infine, che la controversia de qua è da reputar senz’altro “devoluta al giudizio del collegio arbitrale” (così ordinanza, pag. 2).

Si evidenzia da ultimo, in ordine alla qualificazione della clausola compromissoria de qua agitur, se contemplante un’ipotesi di arbitrato rituale ovvero di arbitrato irrituale, che questa Corte non può che ribadire il complesso della argomentazioni di cui al suo più recente insegnamento, a tenor delle quali, in tema di interpretazione del patto compromissorio, anche con riferimento alla disciplina applicabile prima della introduzione dell’art. 808 ter c.p.c., ad opera del D.Lgs. n. 40 del 2006, il dubbio sull’interpretazione dell’effettiva volontà dei contraenti va risolto nel senso della ritualità dell’arbitrato, tenuto conto della natura eccezionale della deroga alla norma per cui il lodo ha efficacia di sentenza giudiziaria (cfr. Cass. 7.4.2015, n. 6909; cfr. altresì Cass. 21.11.2013, n. 26135, secondo cui, al fine di determinare se si verta in tema di arbitrato rituale o irrituale, occorre interpretare la clausola compromissoria alla stregua dei normali canoni ermeneutici ricavabili dall’art. 1362 c.c., e, dunque, fare riferimento al dato letterale, alla comune intenzione delle parti, e al comportamento complessivo delle stesse, anche successivo alla conclusione del contratto, senza che il mancato richiamo nella clausola alle formalità dell’arbitrato rituale deponga univocamente nel senso dell’irritualità dell’arbitrato, ovvero possa essere invocato il criterio, residuale, della natura eccezionale dell’arbitrato rituale, dovendosi tenere conto delle maggiori garanzie offerte da tale forma di arbitrato quanto all’efficacia esecutiva del lodo, al regime delle impugnazioni, alle possibilità per il giudice di concedere la sospensiva).

In dipendenza del rigetto del ricorso va dunque ribadita la competenza del collegio arbitrale (cfr. Cass. sez. un. (ord.) 25.10.2013, n. 24153, secondo cui l’attività degli arbitri rituali, anche alla stregua della disciplina complessivamente ricavabile dalla L. 5 gennaio 1994, n. 25 e dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, ha natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario, sicchè lo stabilire se una controversia spetti alla cognizione dei primi o del secondo si configura come questione di competenza, mentre il sancire se una lite appartenga alla competenza giurisdizionale del giudice ordinario e, in tale ambito, a quella sostitutiva degli arbitri rituali, ovvero a quella del giudice amministrativo o contabile, dà luogo ad una questione di giurisdizione).

Il condominio intimato non ha svolto difese.

Nessuna statuizione pertanto va assunta in ordine alle spese del presente giudizio.

Si dà atto che il ricorso è stato notificato in data 11.6.2016.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (comma 1 quater introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, a decorrere dall’1.1.2013), si dà atto altresì della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della s.n.c. ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso per regolamento di competenza; dichiara la competenza del collegio arbitrale; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente “Fratelli R.F. e Arcangelo” s.n.c., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 23 maggio 2017

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