Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12893 del 10/06/2011

Cassazione civile sez. VI, 10/06/2011, (ud. 13/05/2011, dep. 10/06/2011), n.12893

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – rel. Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 13996/2010 proposto da:

S.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avv.

CARPAGNANO DOMENICO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 3521/2009 della CORTE D’APPELLO di BARI del

15.10.09, depositata il 27/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/05/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PIETRO ZAPPIA;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IGNAZIO

PATRONE.

Fatto

IN FATTO ED IN DIRITTO

Con ricorso al Tribunale, giudice del lavoro, di Trani, depositato il 6.7.2006, S.F. chiedeva la condanna dell’Inps al pagamento della differenza fra quanto corrispostogli a titolo di rivalutazione monetaria per il ritardato pagamento del T.F.R. e quanto effettivamente dovuto per il medesimo titolo, in applicazione degli indici ISTAT di rivalutazione relativi al mese di aprile 2006.

Con sentenza n. 3298 in data 1.6.2007 il Tribunale adito accoglieva la domanda.

Avverso tale sentenza proponeva appello l’Inps deducendone la erroneità.

Con sentenza in data 15.10/2.11.2009 la Corte d’appello di Bari dichiarava l’inammissibilità dell’atto di gravame in quanto depositato oltre il termine di trenta giorni dalla notifica della sentenza al procuratore dell’Inps, compensando le spese del giudizio di secondo grado.

Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione lo S. con un motivo di impugnazione.

L’Inps non ha svolto attività difensiva.

Col predetto ricorso il ricorrente lamenta violazione dell’art. 91 c.p.c., e art. 92 c.p.c., comma 2 (ex art. 360 c.p.c., n. 3).

In particolare rileva come la Corte territoriale, disponendo la compensazione delle spese in considerazione “del valore assai esiguo della causa”, aveva violato il disposto dei suddetti artt. 91 e 92 c.p.c., ponendo a fondamento della propria statuizione delle ragioni palesemente erronee che vanificavano l’esito positivo del giudizio.

Il Consigliere relatore ha depositato relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., che è stata comunicata al Procuratore Generale e notificata al difensore costituito.

Il ricorso è fondato.

In proposito rileva innanzi tutto il Collegio che nel caso di specie è applicabile, ratione temporis, la disposizione dell’art. 92 c.p.c., comma 2, come modificato dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, con effetto dal 1 marzo 2006, secondo cui il giudice può compensare, parzialmente o per intero, tra le parti le spese del giudizio se concorrono “giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione”.

La giurisprudenza formatasi sul punto, già con riferimento alla precedente formulazione della norma che non richiedeva la espressa indicazione di tali ragioni, aveva rilevato, per l’ipotesi in cui il decidente avesse comunque esplicitato in motivazione la ragioni della propria statuizione, la necessità che non fossero addotte ragioni illogiche o erronee (Cass. 11.1.1982 n. 115; Cass. sez. 1^, 13.8.1999 n. 8635; Cass. sez. 2^, 23.4.2001 n. 5988; Cass. sez. 3^, 18.11.2003 n. 17424).

La necessità di una coerente e logica motivazione in ordine alla disposta compensazione si appalesa vieppiù cogente avuto riguardo alla nuova formulazione della norma, dovendosi ritenere il vizio di violazione di legge nell’ipotesi in cui le ragioni addotte si appalesino illogiche o erronee.

Siffatta evenienza si verifica nel caso di specie, nel quale l’importo delle spese del giudizio è tale da vanificare in larga parte o in tutto o, addirittura, da superare quello del pregiudizio economico che la parte, poi risultata vittoriosa nei merito, abbia inteso evitare agendo in giudizio al fine di far valere un proprio diritto da altri leso; in tal caso la compensazione delle spese, motivata in considerazione del “valore assai esiguo della causa”, si traduce, in buona sostanza, nella mortificazione del diritto di “agire in giudizio” ed in quello, connesso, di difendersi, a tutti garantito dall’art. 24 Cost.. In siffatta ipotesi deve convenirsi che, per la parte vittoriosa, una totale compensazione delle spese del giudizio, motivata con il “valore assai esiguo della causa”, si risolve in una sostanziale soccombenza di fatto, con ribaltamento del principio di responsabilità che presiede alla disciplina dettata dagli artt. 91 e 92 c.p.c. (Cass. sez. 2^, 26.9.2007 n. 20017).

Si impone pertanto, in accoglimento del suddetto motivo di ricorso, la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio della causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Bari, in diversa composizione, perchè motivi, alla stregua dei principi sopra esposti, in ordine al regolamento delle spese del giudizio di secondo grado.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Bari, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 13 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2011

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