Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12892 del 23/06/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 12892 Anno 2015
Presidente: CARLEO GIOVANNI
Relatore: PELLECCHIA ANTONELLA

Data pubblicazione: 23/06/2015

SENTENZA
sul ricorso 30744-2011 proposto da:
SALVADORI GIOVANNA SLVGNN37T59D612U, NOLFI DANIELA,
NOLFI CINZIA, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA
CICERONE 49, presso lo studio dell’avvocato MARCO
PASTACALDI, che le rappresenta e difende unitamente
all’avvocato FABIO FANFANI giusta procura a margine
del ricorso;
– ricorrenti contro

PERRONE COMPAGNI GIORGIO PRRGRG24L21D612J, ZANARDI
VELIA ZNRVLE24R59E772T, PERRONE COMPAGNI SIMONETTA

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PRRSNT54B44D612J, UNGARO IMMOBILIARE DI ALTORJAI
ANDREA DAIDONE & C SAS, RIOMAGGIORE DI GIORGIO
PERRONE COMPAGNI & C SAS ;
– intimati Nonché da:
PERRONE COMPAGNI SIMONETTA PRRSNT54B44D612J, ZANARDI

VELIA ZNRVLE24R59E772T, PERRONE COMPAGNI GIORGIO
PRRGRG24L21D612J, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA G. AVEZZANA,1, presso lo studio dell’avvocato
ORNELLA MANFREDINI, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato FRANCO MODENA giusta procura
in calce al controricorso e ricorso incidentale;
– ricorrenti incidentali contro

SALVADORI

GIOVANNA

SLVGNN37T59D612U,

UNGARO

IMMOBILIARE DI ALTORJAI ANDREA DAIDONE & C SAS,
RIOMAGGIORE DI GIORGIO PERRONE COMPAGNI & C SAS ;
– intimati –

avverso la sentenza n. 1713/2010 della CORTE
D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 23/11/2010 R.G.N.
1360/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 06/02/2015 dal Consigliere Dott.
ANTONELLA PELLECCHIA;
udito l’Avvocato FRANCO MODENA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

iv
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Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per
il rigetto del ricorso principale, assorbito il

ricorso incidentale condizionato.

3

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO.
1. In data 2 maggio 1991 Giovanna Salvadori (vedova Nolfi) Daniela e Cinzia

Nolfi da una parte, Giorgio Perrone Compagni con Velia Zanardi e Simonetta
Perrone Compagni dall’altra, stipularono dal notaio vari atti al fine di definire i
rapporti di partecipazione dei due gruppi familiari in alcune società immobiliari.
Gli atti erano diretti a separare gli interessi delle due famiglie concentrando la
partecipazione della prima famiglia nella fretta s.a.s. e della seconda nella

Riomaggiore s.a.s., rimanendo tutti soci solo di altra società. Sempre in pari
data, con altra scrittura privata integrativa, regolarono i loro rapporti anche
finanziari rispetto alle nuove composizioni societarie.
Nel dicembre del 1994, le signore Giovanna Salvadori, Daniela e Cinzia Notti,
convennero in giudizio l’ingegner Giorgio Perrone Compagni, Velia Zanardi e
Simonetta Perrone al fine di sentir dichiarare: a) nulla, per carenza di causa e/o
indeterminatezza dell’oggetto, la scrittura privata sottoscritta il 2 maggio 1991;
b) in via subordinata l’annullamento per dolo e/o errore essenziale oppure, sentir
dichiarare la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta. Oltre, la
condanna dei convenuti alla eventuale restituzione delle somme pagate sulla
base dell’atto impugnato e al risarcimento dei danni subiti.
Le attrici sostennero che gli impegni da loro assunti non trovavano alcuna
ragione giustificatrice nelle corrispondenti obbligazioni poste a carico della
famiglia Perrone. Inoltre l’oggetto dell’obbligazione non risultava comunque
determinato o determinabile, il consenso era stato loro carpito con malafede ed
erano state indotte in errore circa la reale portata dell’atto.
Si difesero i convenuti, chiedendo il rigetto di tutte le domande proposte nei loro
confronti e convennero, a loro volta, con separato giudizio, le attrici per sentirle
condannare al pagamento di una somma risultante dal presunto disavanzo del
credito che la società Riomaggiore vantava verso i soci. La domanda venne
spiegata anche dalla s.a.s. Riomaggiore nei confronti della società Irella, quale
litisconsorte attiva. Nel secondo giudizio si costituiva Daniela Notti. Le cause
vennero riunite.

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11 Tribunale di Firenze, con sentenza n. 3185 del 29 novembre 2000, rigettò le
domande proposte dalla Salvadori e dalle Nolfi e le condannò al pagamento in
favore dei Perrone della somma di lire 91.409.259, oltre interessi.
2. La decisione è stata riformata, con sentenza n. 1083 del 19 giugno 2003, dalla
Corte d’Appello di Firenze. La Corte ha dichiarato la nullità della scrittura
privata del 2 maggio 1991, per indeterminatezza ed indeterminabilità

3. Avverso tale decisione, i Perrone, Zanardi e Riomaggiore, proponevano
ricorso in Cassazione. Con sentenza numero 11673 del 21 maggio 2007, la
Suprema Corte accoglieva il terzo e il quarto motivo e rinviava alla Corte
d’Appello di Firenze.
4. La Salvadori e le sorelle Nolfi riassumevano il procedimento davanti la Corte
di Appello di Firenze che, con sentenza n. 1713 del 23 novembre 2010, rigettava
l’appello principale proposto da Salvadori e le Nolfi, accoglieva l’appello
incidentale proposto dai Perrone e Zanardi disponendo che gli interessi sulla
somma di euro 47. 208,94 decorressero dal 1 giugno 1994, oltre la restituzione
della somma di euro 27.000. 547,96.
5. Avverso tale decisione, Giovanna Salvadori e le sorelle Nolfi propongono
ricorso in cassazione con due motivi.
5.1. Resistono i Perrone e Zanardi con controricorso e la Riomaggiore s.a.s.
propone ricorso incidentale condizionato, con unico motivo, contro la società
UngaroImmobiliare s.a.s. di Altorjai Andrea Daidone & C. (già Irella s.a.s.).
MOTIVI DELLA DECISIONE
6.1. Con il primo motivo, le ricorrenti lamentano “violazione degli artt. 1427,
1429 e 1337 c.c. ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un
fatto controverso decisivo pregiudizio”.
Sostengono innanzitutto che la sentenza è errata laddove ha affermato che le
appellanti, Salvadori e Nolfi, hanno rinunziato alla domanda di nullità della
scrittura privata del 2 maggio1991, dato che si sono limitate a riproporre solo le
domande di annullabilità per vizio del consenso e di risoluzione per eccessiva
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dell’oggetto.

onerosità sopravvenuta. Detto ciò, lamentano che l’ing. Perrone avrebbe taciuto
loro una serie di circostanze decisive, tra cui anche quella di essere soggetto di
inchiesta penale e di avere in corso circa 50 contenziosi, al fine di indurle in
errore e che, su tale punto, la Corte territoriale non abbia speso neanche una
parola.
6.2. Col secondo motivo, si dolgono della “violazione degli artt. 1427, 1428

controverso decisivo pregiudizio”.
Ha errato il giudice d’appello nella parte in cui ha respinto la domanda
subordinata di annullamento della scrittura privata per vizio del consenso,
determinato da errore.
I due motivi possono essere esaminati congiuntamente dato la loro stretta
connessione e sono entrambi infondati.
La sentenza della Corte d’Appello non è incorsa in alcuno dei vizi denunciati.
La sentenza analizza il thema decidendum su cui deve pronunciarsi e lo fa
delimitandolo alla domanda di annullabilità del contratto per vizio del consenso,
dolo o errore, e di risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta.
La Corte d’Appello ha fatto corretta applicazione dei principi in materia di dolo
ed errore evidenziandone i presupposti. E cioè che nel caso del dolo viene in
rilievo la condotta, omissiva o commissiva, tenuta dal deceptor e le conseguenze
prodotte sul deceptus. Mentre nel caso dell’errore deve essere esaminata la
condotta della parte vittima dell’errore.
La Corte d’Appello per escludere il dolo da parte del Perrone ha percorso un iter
motivazionale assolutamente corretto e condividibile, sottolineando in
particolare che la scrittura privata del 2 maggio 1991 si inseriva in un
complessivo disegno di sistemazione patrimoniale perseguito dai due gruppi
familiari e che le altre coeve scritture (nove), che ne costituivano il prologo ed
erano di contenuto anche più complesso della scrittura in questione, non erano
state oggetto di impugnazione da parte delle ricorrenti. Tutti gli atti, comunque,
erano stati stipulati con il consenso di tutti i soci comprese, appunto, la Salvadori
e le Nolfi. Inoltre, la circostanza che le ricorrenti avessero posto fiducia o che si
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1431 ed omessa, insufficiente contraddittoria motivazione circa un fatto

fossero disinteressate della gestione della società non poteva integrare ex se il
dolo richiesto per l’annullamento del negozio, secondo l’orientamento
giurisprudenziale di questa Corte, correttamente citata dai giudici del merito
secondo cui in tema di vizi del consenso, il dolo, a norma dell’art. 1439 cod. civ.,
è causa di annullamento del contratto quando i raggiri usati da una parte abbiano
determinato la volontà a contrarre del “deceptus”, avendo ingenerato in lui una
rappresentazione alterata della realtà, che abbia provocato nel suo meccanismo

il “dolus malus” solo se, in relazione alle circostanze di fatto e personali del
contraente, il mendacio sia accompagnato da malizie ed astuzie volte a realizzare
l’inganno voluto ed idonee in concreto a sorprendere una persona di normale
diligenza e sussista, quindi, in chi se ne proclami vittima, assenza di negligenza
o di incolpevole ignoranza (Cass. n. 14628/2009). 0 ancora, a norma dell’art.
1439 cod. civ., il dolo è causa di annullamento del contratto quando i raggiri
usati siano stati tali che, senza di essi, l’altra parte non avrebbe prestato il proprio
consenso per la conclusione del contratto, ossia quando, determinando la volontà
del contraente, abbiano ingenerato nel “deceptus” una rappresentazione alterata
della realtà, provocando nel suo meccanismo volitivo un errore da considerarsi
essenziale ai sensi dell’art. 1429 cod. civ. Ne consegue che a produrre
l’annullamento del contratto non è sufficiente una qualunque influenza
psicologica sull’altro contraente, ma sono necessari artifici o raggiri, o anche
semplici menzogne che abbiano avuto comunque un’efficienza causale sulla
determinazione volitiva della controparte e, quindi, sul consenso di quest’ultima
(Cass. n. 20792/2004).
Elementi, questi ultimi, la cui sussistenza è stata correttamente esclusa dal
giudice dell’Appello ed è appena il caso di sottolineare come tale valutazione
costituisca un giudizio di fatto che, in quanto tale, è sottratto al sindacato di
legittimità, qualora il ragionamento posto dal giudice di merito, a base delle
raggiunte conclusioni, sia caratterizzato, così come è avvenuto nella specie, da
completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico.
Ad analoga conclusione deve pervenirsi in relazione alla denunciata sussistenza
del vizio di consenso determinato da errore. A riguardo, si deve evidenziare
come il ragionamento svolto dalla Corte di merito meriti di essere pienamente
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volitivo un errore essenziale ai sensi dell’art. 1429 cod. civ. In particolare, ricorre

condiviso laddove deduce che le ricorrenti sbagliano nel porre a base del motivo
di censura l’ignoranza, da parte loro, della effettiva situazione patrimoniale. Ed
invero, in tal modo, le ricorrenti — così continua la Corte di merito- avevano
trascurato che nella specie la loro ignoranza fu certamente colpevole, essendosi
entrambe disinteressate della gestione della società.
La considerazione della Corte territoriale è valida e convincente in quanto la

esse ben potevano partecipare alla conduzione della società direttamente o per
interposta persona, acquisendo tutte le informazioni previa nomina di un
professionista di fiducia.. Ciò, senza trascurare che merita di essere debitamente
valorizzata l’ulteriore circostanza, pur richiamata dalla Corte territoriale, la quale
ha opportunamente evidenziato come, sia pure ex post, dalle risultanze della
scrittura contabile non fosse emersa prova alcuna che, alla data della
sottoscrizione del patto parasociale, la situazione patrimoniale della società
Riomaggiore fosse gravemente compromessa e che ciò esponesse le odierne
ricorrenti ad una responsabilità patrimoniale. Considerazioni che di per sé
valgono ad escludere, anche in punto di fatto, l’ipotesi del dolo e dell’errore e
che in ogni caso non sono state fatte oggetto di specifica censura.
7. Rimane assorbito dal rigetto del ricorso principale il ricorso incidentale
condizionato spiegato dalla società Riomaggiore s.a.s. di Giorgio Perrone
Compagni &C. contro la società Ungaro Immobiliare s.a.s..
8. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito l’incidentale
condizionato, e condanna le ricorrente al pagamento del presente giudizio di
legittimità in favore dei controricorrenti che liquida in complessivi 7.800 Euro,
di cui 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della
Corte suprema di Cassazione in data 6 febbraio 2015.

tutela della legge non può estendersi al punto di coprire la negligenza dato che

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