Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12889 del 22/06/2016

Cassazione civile sez. III, 22/06/2016, (ud. 17/03/2016, dep. 22/06/2016), n.12889

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. AMBROSIO Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24164/2012 proposto da:

F.F., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA CARLO MIRABELLO 19, presso lo studio dell’avvocato

ANNALISA ROSCI, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato MARCO MARIA FERRARI giusta procura speciale a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

ATER TERAMO AZIENDA TERRITORIALE PER L’EDILIZIA RESIDENZIALE

PROVINCIA TERAMO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 613/2012 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 16/06/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/03/2016 dal Consigliere Dott. ANNAMARIA AMBROSIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 87 del 21.01.2011, il Tribunale di Teramo, decidendo sull’opposizione a convalida di sfratto intimata dall’ATER (Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale) della provincia di Teramo, relativamente ad immobile ex IACP sito nella stessa città, nei confronti di B.M., quale originario conduttore, e di F.F., coniuge separato successore nel rapporto di locazione in quanto assegnataria della casa coniugale, ordinava a quest’ultima il rilascio dell’immobile alla data del 30 giugno 2011;

condannava, inoltre, F.F. al pagamento della somma di Euro 1.582,54 a titolo di canoni di locazione, maturati a tutto l’agosto 2010; condannava, quindi, B.M. al pagamento della somma di Euro 2.612,82 e infine compensava le spese processuali.

La decisione, gravata da impugnazione di F.F., era parzialmente riformata dalla Corte di appello di L’Aquila, la quale con sentenza in data 16.06.2012 n. 613, dichiarava non dovuti dall’appellante nei confronti dell’ATEA di Teramo gli oneri condominiali di cui alla sentenza n. 624 del 2011, intervenuta tra le parti a seguito di opposizione a ingiunzione di pagamento di oneri condominiali.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, svolgendo tre motivi.

Nessuna attività difensiva è stata svolta da parte intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5). Al riguardo parte ricorrente lamenta che la Corte di appello abbia rigettato l’eccezione di difetto di procura per mancanza di idonea delibera autorizzativa, ripetendo le stesse argomentazioni del Tribunale e senza spiegare come l’autorizzazione conferita con Delib. n. 15 del 1992 del Consiglio dell’ente, ancorchè facesse testuale riferimento a B.M., potesse valere per tutti “i futuri conduttori” ed essere utilizzata a distanza di ben quattordici anni dal rilascio.

1.1. Il motivo si riferisce al punto della decisione nel quale la Corte di appello ha confermato il rigetto della pregiudiziale eccezione di difetto di procura alle liti, prospettata dall’odierna ricorrente sul presupposto della non riferibilità della delibera autorizzativa del Consiglio di amministrazione dell’Ente all’azione di sfratto e di pagamento esercitata nei suoi confronti. A tal riguardo la Corte territoriale ha evidenziato che la citata Delib., sebbene facesse riferimento alle azioni legali nei confronti del B., quale formale assegnatario dell’alloggio residenziale, non conteneva alcuna limitazione soggettiva in merito all’estensione del mandato stesso, essendo chiaramente volta al recupero giudiziario del credito vantato dall’Ente locatore nei confronti di tutti gli obbligati, anche in solido, al pagamento del canone e al rilascio dell’immobile, laddove il riferimento al nominativo del B., quale parte formale del contratto di locazione, era volto, non già a circoscrivere la portata del mandato, bensì all’individuazione dell’alloggio, cui riferire la morosità da recuperare e le connesse pretese restitutorie.

1.2. Orbene – precisato che la doppia decisione conforme dei giudici di merito in punto di interpretazione della delibera autorizzativa della lite si rivela affidata al coordinamento dei principali canoni ermeneutici e, quindi, non solo al dato letterale (il senso letterale), ma anche al canone della connessione (il senso coordinato) e a quello dell’integrazione (il senso complessivo), sinergicamente legati nel procedimento interpretativo dell’atto collettivo – il Collegio osserva che trattasi di attività di stretto merito, insindacabile in cassazione. Invero la tesi di parte ricorrente, secondo cui si tratta di una motivazione ripetitiva di quella svolta dal giudice di prime cure, si rivela priva di decisività, una volta che siffatta motivazione si rivela, comunque, adeguata e non risulta neppure attinta attraverso la censura di specifica violazione di canoni ermeneutici, opponendovi la ricorrente una lettura rigorosamente restrittiva e, al più, meramente alternativa rispetto a quella svolta dai giudici del merito.

Il motivo va, dunque, rigettato.

2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione o falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 6 e della L.R. Abruzzo n. 96 del 1996, art. 21, comma 3, nonchè violazione dell’art. 2909 c.c. (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3). In particolare si deduce che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto che la F. rispondesse a titolo solidale con l’originario conduttore per il mancato pagamento di canoni pregressi, avuto riguardo alla successione intervenuta ex lege nel rapporto di locazione e considerata, altresì, la norma di cui alla L.R. Abruzzo n. 69 del 1996, art. 21. In contrario senso la ricorrente osserva: che per effetto della successione L. n. 392 del 1978, ex art. 6, il rapporto con il precedente conduttore si estingue; che la norma regionale postula l’appartenenza al medesimo nucleo famigliare e non riguarda dunque i coniugi separati; che, infine, la Corte territoriale non ha tenuto conto che la sentenza n. 624 del 2011 del Tribunale di Teramo, avente efficacia di giudicato tra le parti, ha escluso la solidarietà dell’obbligazione di pagamento degli oneri accessori.

2.1. Il motivo accorpa una serie di censure eterogenee, che non giovano alla necessaria chiarezza e specificità del ricorso, denunciando: vuoi l’errata interpretazione e applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 6, in tema di successione nel rapporto di locazione in forza di assegnazione della casa coniugale in sede di separazione; vuoi la violazione della L.R. n. 96 del 1996, art. 21, comma 3 (in ragione del quale “i componenti del nucleo famigliare sono obbligati in solido con l’assegnatario ai fini di quanto dovuto all’ente gestore per la conduzione dell’alloggio assegnato”); vuoi ancora la violazione del giudicato esterno in punto di ritenuta (in)sussistenza del rapporto di solidarietà.

2.2. Tutte le ridette censure devono, però, confrontarsi con l’assorbente considerazione che nel presente giudizio non risulta esservi stata condanna, in solido, dell’odierna ricorrente “per le obbligazioni pregresse facenti riferimento all’ex coniuge”, come assertivamente postulato nel motivo di ricorso, posto che – per quanto testualmente riportato nella parte espositiva del medesimo ricorso (oltre che nella sentenza impugnata) – con la sentenza di primo grado sono state pronunciate distinte statuizioni di condanna a carico di F.F. e di B.M., rispettivamente, per Euro 1.582,54 e per Euro 2.612,82 a titolo di pagamento di canoni di locazione. E la sentenza di appello, pur discorrendo di una responsabilità solidale della F. con il coniuge originario assegnatario per il pagamento dei canoni, non ha certo modificato in parte qua la decisione di prime cure.

Il motivo si rivela, dunque, privo di decisività, risultando inidoneo a supportare l’eccezione di difetto di legittimazione passiva ad esso sottesa, dal momento che la condanna al rilascio risulta emessa nei confronti della (sola) F. in forza del pacifico subingresso nel rapporto di locazione e della detenzione dell’immobile al momento dell’intimazione e considerato, altresì, che, avuto riguardo alla genericità, se non nebulosità delle allegazioni difensive, neppure vi è ragione di ritenere che la statuizione di condanna al pagamento dei canoni possa riferirsi a canoni anteriori a tale subingresso (anche tenuto conto dell’eccezione di prescrizione quinquennale, accolta dal Tribunale esclusivamente con riguardo alla posizione dell’odierna ricorrente, cfr. pag. 3 della sentenza impugnata). Si svuota, in tal modo, di significato anche l’eccezione di giudicato esterno che, peraltro, non risulta prospettata negli esatti termini in appello.

In definitiva il motivo è, sotto tutti i profili di censura, inammissibile.

3. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5). Al riguardo parte ricorrente lamenta che la Corte di appello al pari del Tribunale, abbia travisato l’estratto conto depositato in corso di causa dall’ATEA; osserva, in contrario senso, che da tale documento appariva evidente che la somma di Euro 2.651,30, che il primo giudice aveva già detratto, sulla base dei pagamenti, pervenendo all’asserito debito della F. di Euro 1.582,54, non si riferiva ai canoni, bensì agli oneri accessori su cui era intervenuto il giudicato esterno, costituito dalla già citata sentenza n. 624/2011; in particolare deduce che la Corte di appello, pur avendo dato atto dell’esistenza del giudicato esterno, rappresentato dalla sentenza di accoglimento dell’opposizione a ingiunzione di pagamento di oneri condominiali, ha contraddittoriamente confermato la sussistenza della morosità, laddove, tenuto conto di n. 90 ricevute di vaglia postali attestanti il pagamento canoni e del giudicato sugli oneri accessori, la Corte di appello avrebbe dovuto accogliere integralmente l’appello.

3.1. Anche il presente motivo non merita accoglimento.

Trattasi all’evidenza di censure che, quando non si risolvono, inammissibilmente, in meri apprezzamenti di fatto contrari a quelli manifestati dal giudice di merito, lamentano un preteso travisamento della documentazione, come tale concretante errore di fatto, da porre a base non di un ricorso per cassazione, bensì di una revocazione, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4. Peraltro il motivo stesso difetta anche di specificità, stante la frammentaria documentazione riprodotta in ricorso e la nebulosità dei riferimenti contabili.

Resta il fatto, accertato dai giudici del merito, che lo sfratto è stato intimato per la morosità nel pagamento dei canoni e non degli oneri accessori (oggetto dell’altro giudizio), sicchè nessuna contraddizione è dato ravvisare nella conferma della decisione di prime cure in punto di risoluzione del rapporto.

In conclusione l’esame complessivo dei motivi comporta il rigetto dello stesso.

Nulla deve disporsi in ordine alle spese del giudizio di legittimità non avendo parte intimata svolto attività difensiva.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 17 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2016

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