Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12889 del 09/06/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 12889 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: NAPOLETANO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso 17851-2008 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZA MAZZINI 27, presso lo
studio dell’avvocato STUDIO TRIFIRO’ & PARTNERS,
rappresentata e difesa dall’avvocato TRIFIRO’
2014

SALVATORE, giusta delega in atti;
– ricorrente –

1473

contro

BIANCO LINO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
GERMANICO 172, presso lo studio dell’avvocato GALLEANO

Data pubblicazione: 09/06/2014

SERGIO NATALE EDOARDO, che lo rappresenta e difende
giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 586/2007 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 26/06/2007 r.g.n. 1657/2005;

udienza del 29/04/2014 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
NAPOLETANO;
udito l’Avvocato GIVA LORENZO pper delega TRIFIRO’
SALVATORE;
udito l’Avvocato RIZZO ROBERTO per delega GALLEANO
SERGIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

RG 17851-08 n.4

,SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Milano, confermando la sentenza del Tribunale di Milano,
accoglieva la domanda di Lino Bianco, proposta nei confronti della società Poste

oggetto l’impugnativa della sanzione disciplinare della sospensione dal lavoro
per dieci giorni tagli per non aver ritirato tutti i dispacci dagli
uffici dell’itinerario di sua competenza.
A base del decisum la Corte del merito poneva il rilievo secondo il quale il
primo giudice aveva ridimensionato

il fatto di cui alla contestazione non

ritenendo che il lavoratore si era astenuto dal ritiro di tutti i dispacci.
Pertanto, secondo la Corte territoriale, così ridimensionato il fatto/ ed avuto
riguardo al contesto in cui lo stesso era stato posto in essere – era in atto
una vertenza sindacale sull’esatta definizione dei compiti dell’agente unico – e
all’elemento psicologico/ considerava sproporzionata la comminata sanzione.
Avverso questa sentenza la società ricorre in cassazione sulla base di due
motivi, illustrati da memoria.
Resiste con controricorso la parte intimata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con le due censure la società ricorrente deduce vizio di motivazione.
Rileva la Corte che il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 366 bis
cpc.
lInfatti secondo giurisprudenza unanime di questa Corte è

inammissibile, ai

sensi dell’art. 366 bis cpc, per le cause ancora ad esso soggette,quale è la

1

Italiane di cui era dipendente con la qualifica di agente unico, avente ad

presente, il motivo di ricorso per omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione qualora non sia stato formulato il c.d. quesito di fatto, mancando
la conclusione a mezzo di apposito momento di sintesi, anche quando
l’indicazione del fatto decisivo controverso sia rilevabile dal complesso della
formulata censura, attesa la

ratio

che sottende la disposizione indicata,

deve essere posta in condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito,
quale sia l’errore commesso dal giudice di merito (per tutte V. Cass.S.U. 16
luglio 2012 n.12104, Cass. 18 novembre 2011 n. 24255, Cass. S.U. 5 luglio 2011
n. 14661 e Cass. S.U. 31 marzo 2009 n. 7770).

D’altro canto non può ritenersi soddisfi la prescrizione di cui all’art. 366 bis
cpc la mera indicazione del fatto su cui si appunta la critica concernente il
vizio di motivazione, atteso che oltre al mero fatto il ricorrente deve
indicare, in una sintesi riassuntiva simile al quesito di diritto, le ragioni
che rendono, in caso d’insufficienza, inidonea la motivazione a giustificare la
decisione, in caso di omissione, decisivo il difetto di motivazione e in caso
di contraddittorietà, non coerente la motivazione ( cfr. Cass. 25 febbraio 2009
n. 4556, Cass. S.U. 18 giugno 2008 n. 16528 e Cass. S.U. 1 ° ottobre 2007 n.
2063).

Né ratione temporis è applicabile l’art. 47, comma 1 ° , lett. d) della legge 18

giugno 2009 n. 69 che ha abrogato il precitato art. 366 bis cpc, trovando tale
norma, ai sensi dell’art. 58, comma 5 ° , della predetta legge 18 giugno 2009 n.
69,applicazione relativamente alle controversie nelle quali il provvedimento
‘impugnato con il ricorso per cassazione è stato pubblicato successivamente (

2

associata alle esigenze deflattive del filtro di accesso alla S.C., la quale

ossia dal 4 luglio 2009) alla data di entrata in vigore della stessa legge n.69
: ;del 2009 ( Cass. 24 marzo 2010 n. 7119).

Nella specie difettando del tutto i c.d. quesiti di fatto, il ricorso va
dichiarato inammissibile.

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in e. 100,00 per
esborso ed E. 4000,00 per compensi oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 29 aprile 2014
Il Presidente

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

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