Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12887 del 09/06/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 12887 Anno 2014
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 20509-2008 proposto da:
PIRROTTA FILIPPO, domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,
presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
GATTO VINCENZO, giusta delega in atti;
– ricorrente 2014
1443

contro

TRENITALIA S.P.A. C.F. 05403151003, – Società con
socio unico, soggetta all’attività di direzione e
coordinamento di Ferrovie dello Stato S.p.A.

in

persona del legale rappresentante pro tempore,

Data pubblicazione: 09/06/2014

elettivamente domiciliata in ROMA VIA L.G. FARAVELLI
22, presso lo studio dell’avvocato MORRICO ENZO, che
la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– controri corrente –

avverso la sentenza n. 284/2008 della CORTE D’APPELLO

1223/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/04/2014 dal Consigliere Dott. ADRIANO
PIERGIOVANNI PATTI;
udito l’Avvocato COSENTINO VALERIA per delega MORRICO
ENZO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso, in subordine rigetto.

di MESSINA, depositata il 23/04/2008 R.G.N.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza 23 aprile 2008 la Corte di appello di Messina, in riforma della sentenza 6
giugno 2005 del Tribunale di Messina (che aveva respinto la domanda, proposta da Trenitalia
s.p.a. con ricorso 1 dicembre 2000, di accertamento della legittimità della sanzione
disciplinare della sospensione dal servizio per due giorni con privazione della retribuzione,

ottobre 2000 al treno da Palermo a Messina, contestatogli con lettera 13 ottobre 2000 ed
invece accolto la domanda riconvenzionale del lavoratore sanzionato di condanna della
società datrice alla corresponsione della retribuzione dei due giorni di sospensione illegittima,
oltre rivalutazione e interessi), ne dichiarava la legittimità e rigettava la domanda
riconvenzionale di Pirrotta.
Rilevato l’evidente equivoco in cui incorso il primo giudice (di ininfluenza del ritardo causato
dal capotreno, sull’erroneo presupposto del suo servizio come scorta sul treno 1941 in arrivo a
Palermo da Milano con cento minuti di ritardo e pertanto alle ore 13,25, anziché sul treno
1940 in partenza alle ore 13,28 da Palermo e destinazione Torino), la Corte territoriale
riteneva, in esito ad argomentato scrutinio logico del materiale istruttorio, l’intenzionale ed
ingiustificato comportamento di Pirrotta di pregiudizio al servizio con grave disagio per
l’utenza (partenza del treno da Palermo con trentadue minuti di ritardo per la sua pausa pranzo
in mensa, preclusagli dai superiori con offerta di cestino da viaggio, rifiutata: con violazione
della circolare TV 11.1.12.2 del 24 settembre 1983, di inammissibilità di alcun ritardo per i
treni viaggiatori a causa della refezione del personale, a lui certamente nota), con la
conseguente legittimità della sanzione disciplinare irrogatagli.
Filippo Pirrotta ricorre per cassazione con unico motivo, cui resiste con controricorso
Trenitalia s.p.a., illustrato da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con unico motivo, il ricorrente deduce insufficiente e contraddittoria motivazione, in
relazione all’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., sul fatto controverso e decisivo per il giudizio
dell’effettiva offerta o meno del cestino da viaggio sostitutivo della pausa pranzo in mensa
(così come previsto dal CCNL e da prassi aziendale, secondo quanto anche riferito dal teste
Gaetano De Francesco, Capo servizio personale viaggiante sovrintendente di Trenitalia s.p.a.

irrogata al capotreno Filippo Pirrotta il 31 ottobre 2000 per il colpevole ritardo causato il 7

e distributore della giornata del 7 ottobre 2000), così da giustificare il ritardo causato dal
capotreno Pirrotta, in assenza di alternativa concreta alla consumazione del pasto in mensa,
determinante il ritardo sanzionato. E ciò sulla base di una valutazione delle dichiarazioni
testimoniali dei colleghi Cannata e Roccamotisi (presenti alle telefonate dei capotreni in
servizio Pirrotta e Rizzo, i quali hanno escluso di aver sentito parlare di una tale offerta) di

poi de relato da questi), per un vizio di aprioristica supposizione del suddetto dato da
dimostrare (ossia intenzione di fruire comunque della pausa pranzo presso la mensa, come poi
fatto), oltre che di non corretto criterio logico giuridico di valutazione probatoria e di
credibilità del teste (per la palese contraddizione, nella dichiarazione di De Francesco, di
rifiuto del cestino da viaggio per la scarsa qualità della mensa di Palermo, presso cui
preparato, per poi consumare il pranzo proprio in essa stessa); senza, infine, fondato riscontro
nella prova logica formulata dalla Corte in via meramente retorica (astratta mancanza di
interesse datoriale a richiedere al lavoratore una prestazione continuativa di oltre otto ore
senza possibilità di pasto, non mettendo in conto le reazioni sindacali o comunque con
minima considerazione del dipendente) piuttosto che concreta (sulla circostanza di fatto della
reale offerta del cestino da viaggio da De Francesco, di ciò responsabile, a Rizzo e Pirrotta).
Il motivo è ammissibile per la chiara sintesi del fatto decisivo e controverso (a pg. 6 del
ricorso), omologo del quesito di diritto ai sensi dell’art. 366bis c.p.c. (Cass. s.u. 12 maggio
2008, n. 11652; Cass. s.u. 1 ottobre 2007, n. 20603), come mostra di avere bene inteso la
società controricorrente (a pg. 6 del suo atto), sia pure per contestarne, contraddittoriamente
con il ragionamento poi svolto, la decisività.
Esso è tuttavia infondato.
Non è, infatti, contestato che: a) il ritardo in partenza del treno da Palermo sia stato
determinato dall’assenza dei capitreno Pirrotta e Rizzo, personale di scorta, recatisi alla mensa
aziendale; b) una specifica direttiva aziendale non ammetteva ritardi nella partenza dei treni
viaggiatori a causa della refezione del personale (TV 11.1.12.2 del 24 settembre 1983).
A fronte di tali circostanze non può, ad avviso di questa Corte, ritenersi il comportamento del
ricorrente giustificato dalla mancata predisposizione da parte dell’azienda del cestino da
viaggio. Prima ancora che per l’effettiva prova di ciò, su cui Filippo Pirrotta ha
esclusivamente incentrato la propria doglianza, per mancata dimostrazione di una espressa

minor rilevanza rispetto a quelle del predetto De Francesco (la deposizione del teste Polizzi

previsione del CCNL di categoria e di una prassi aziendale in tale senso, cui egli fatto
specifico riferimento (in particolare, a pg. 17 del ricorso).
Ed infatti, né ha prodotto il CCNL, senza neppure sua specifica indicazione (per il richiamo
assolutamente generico a quanto “previsto dalla contrattazione collettiva”, alla pagina
suindicata), né ha provato la “costante prassi aziendale” (sempre ivi), esigente una rigorosa

da assumere carattere di uso aziendale rientrante nel novero delle fonti sociali (tra le quali
considerati pure i contratti collettivi ed il regolamento d’azienda e definite tali perché, pur non
costituendo espressione di funzione pubblica, neppure realizzano meri interessi individuali, in
quanto dirette a conseguire un’uniforme disciplina dei rapporti con riferimento alla collettività
impersonale dei lavoratori di un’azienda) così da agire sul piano dei singoli rapporti
individuali alla stesso modo e con la stessa efficacia di un contratto collettivo aziendale (Cass.
28 luglio 2009, n. 17481; Cass. s. u. 13 dicembre 2007, n. 26107). Essa, in particolare, non
potendo certamente essere desunta dalle generiche deposizioni dei testi al riguardo: in ogni
caso, non pertinendo a questa Corte una (nuova) valutazione del materiale probatorio sotto il
profilo della sua esistenza o meno, per la sua natura di accertamento in fatto indeferibile al
giudice di legittimità. Ad esso non è, infatti, conferito il potere di riesaminare e valutare
autonomamente il merito della causa, bensì solo quello di controllare, sotto il profilo logico e
formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione compiuti dal giudice del merito,
cui è riservato l’apprezzamento dei fatti (Cass. 11 luglio 2007, n. 15489).
Dalle superiori argomentazioni discende allora coerente la reiezione del ricorso con condanna
di Filippo Pirrotta alla rifusione delle spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, in
favore di Trenitalia s.p.a., secondo il regime di soccombenza.

P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso e condanna Filippo Pirrotta alla rifusione, in favore di Trenitalia s.p.a., delle
spese del giudizio, che liquida in € 100,00 per esborsi e E 2.000,00 per compenso
professionale, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 24 aprile 2014

dimostrazione della reiterazione costante e generalizzata di un comportamento datoriale, tale

Il P sidente

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