Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12886 del 09/06/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 12886 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: BANDINI GIANFRANCO

SENTENZA

sul ricorso 7612-2011 proposto da:
GALEOTTI ALBERTO C.F. GLTLRT63H141622X, BERNARDI LAURA
IN

GALEOTTI,

in

proprio,

BRNLRA69P69I622K,

ASSOCIAZIONE LA PERGOLAIA CALCIO 01349540466,
persona

del

legale

in

rappresentante pro tempore,

domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la
2014
1343

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,
rappresentati e difesi dall’avvocato FERRARI PIETRO,
giusta delega in atti;
PIE
– ricorrenti –

Data pubblicazione: 09/06/2014

contro

MARCHI RENZO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 1609/2010 della CORTE D’APPELLO
di FIRENZE, depositata il 31/12/2010 r.g.n. 370/2008;

udienza

del

15/04/2014

dal

Consigliere

Dott.

GIANFRANCO BANDINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 17-31.12.2010, la Corte d’Appello di Firenze

svolte da Marchi Renzo aveva:

accertato che tra il ricorrente e l’Associazione La Pergolaia

Calcio era intercorso un rapporto di lavoro subordinato;

condannato l’Associazione al pagamento delle differenze

retributive;

dichiarato la nullità del licenziamento intimato al Marchi;

condannato l’Associazione alla riassunzione del Marchi o, in

mancanza, a risarcirgli il danno con il pagamento di cinque mensilità
della retribuzione globale di fatto;
la Corte territoriale, in accoglimento del gravame incidentale del
Marchi, condannò inoltre Galeotti Alberto e Bernardi Laura, in solido
con l’Associazione, al pagamento degli importi determinati con la
pronuncia di prime cure.
A fondamento del decisum la Corte territoriale ritenne quanto segue:

sulla scorta delle emergenze istruttorie acquisite, ricorrevano

nella fattispecie tutti gli indici rivelatori della subordinazione elaborati
dalla giurisprudenza: la continuità e personalità della collaborazione,
l’assoggettamento al potere direttivo-organizzativo e di controllo del
presidente dell’Associazione, l’inserimento organico del lavoratore
nella per quanto modesta struttura organizzativa dell’Associazione,
l’obbligo del rispetto di un orario di lavoro funzionale alle esigenze

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confermò la pronuncia di prime cure che, accogliendo le domande

della datrice di lavoro, il ricevimento di un compenso fisso
settimanale, l’assenza di qualsivoglia rischio; in sostanza il Marchi si

a svolgere una prestazione connotata da una sostanziale ripetitività
giornaliera, che non consentiva di apprezzare quegli ambiti di
autonomia che sempre dovrebbero caratterizzare un’attività in
qualche misura collaborativa;

attraverso argomenti di natura logico presuntiva (correlati alla

plausibilità delle rispettive versioni, soprattutto considerando i
riscontri testimoniali circa la sussistenza di un rapporto di lavoro
subordinato), poteva ritenersi che il Marchi, diversamente da quanto
sostenuto dalla parte datoriale, aveva assolto all’onere probatorio
che ad esso faceva capo e, cioè, che il rapporto di lavoro intercorso
con l’Associazione era venuto a cessare per licenziamento verbale
della datrice e, per essa, del legale rappresentante dell’epoca
Galeotti Alberto, in data 20 agosto 2000, essendo tale conclusione in
linea con il principio giuridico secondo cui, in mancanza di prova
delle dimissioni, l’onere della prova concernente il requisito della
forma scritta del licenziamento (prescritta ex lege a pena di nullità)
resta a carico del datore di lavoro;

la domanda giudiziale del Marchi era stata rivolta, in via

principale, nei confronti dell’Associazione La Pergolaia Calcio, la
quale avrebbe dovuto rispondere dei debiti nei confronti del
dipendente con il fondo comune di cui all’art. 37 cc, e, in secondo

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era limitato a mettere a disposizione le proprie energie lavorative ed

luogo, nei confronti di quei soggetti, il Galeotti e la Bernardi, che, per
avere gestito il rapporto negoziale fonte dei debiti dell’Associazione,

solidale, senza beneficio di escussione;
– nel caso in esame era emerso, in maniera univoca (sulla base
delle risultanze istruttorie e dell’impostazione difensiva della stessa
Associazione), che l’attività negoziale relativa al rapporto di lavoro
del Marchi era stata posta in essere parimenti dal Galeotti, all’epoca
dei fatti legale rappresentante dell’Associazione, e dalla di lui moglie
Bernardi, legale rappresentante all’atto dell’introduzione della
controversia.
Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, l’Associazione
La Pergolaia Calcio, Bernardi Laura e Galeotti Alberto hanno
proposto ricorso per cassazione fondato su cinque motivi.
L’intimato Marchi Renzo non ha svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, denunciando violazione di plurime norme di
legge, nonché vizio di motivazione, i ricorrenti rilevano che, con il
ricorso introduttivo di primo grado, non era stata richiesta la
condanna di Bernardi Laura in proprio, né era stata dedotta la natura
di associazione non riconosciuta, onde non avrebbe dovuto essere
pronunciata la condanna in solido della stessa Bernardi e del
Galeotti.

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erano chiamati, ex art. 38 cc, a rispondere in via personale e

Con il secondo motivo i ricorrenti, denunciando violazione di plurime
norme di legge, nonché vizio di motivazione, deducono che la

rappresentanza dell’associazione, ma avrebbe potuto fondarsi
soltanto sulla prova, nella specie non fornita, di un’attività negoziale
idonea alla costituzione di un rapporto obbligatorio con il Marchi;
erroneamente la Corte territoriale aveva quindi ritenuto che le
generiche direttive impartite dal Galeotti e dalla Bernardi
integrassero un’attività negoziale tale da legittimare la loro condanna
in solido; in subordine, stante il contenuto della testimonianza
valorizzata dalla Corte territoriale, la loro responsabilità solidale
avrebbe dovuto essere limitata al periodo di tempo a cui la
testimonianza stessa si era riferita.
Con il terzo motivo i ricorrenti, denunciando violazione di plurime
norme di legge, nonché vizio di motivazione, deducono che il
lavoratore non aveva provato di essere stato licenziato e che la
Corte territoriale aveva basato il suo convincimento al riguardo su di
una prova presuntiva non caratterizzata da una pluralità di elementi
caratterizzati da gravità, precisione e concordanza.
Con il quarto motivo i ricorrenti, denunciando violazione di plurime
norme di legge, nonché vizio di motivazione, si dolgono che la Corte
territoriale abbia ritenuto la sussistenza di un rapporto di lavoro
subordinato.

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responsabilità ex art. 38 cc non si riconnette alla mera titolarità della

Con il quinto motivo si dolgono della intervenuta condanna alle
spese, in conseguenza dei vizi dedotti con i precedenti motivi.
In via di priorità logica andranno esaminati prima il quarto motivo e

quindi il terzo.
2. In ordine al quarto motivo deve osservarsi che, secondo
l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, ai fini della
qualificazione del rapporto di lavoro come autonomo o subordinato,
è censurabile in sede di legittimità soltanto la determinazione dei
criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre
costituisce accertamento di fatto, come tale incensurabile in detta
sede, se sorretto da motivazione adeguata ed immune da vizi logici
e giuridici, la valutazione delle risultanze processuali che hanno
indotto il giudice del merito ad includere il rapporto controverso
nell’uno o nell’altro schema contrattuale (cfr, ex plurimis, Cass., nn.
4220/1992; 6919/1994; 326/1996; 5981/2001; 9256/2009;
23455/2009; 9808/2011).
Nel caso di specie la Corte territoriale ha correttamente individuato i
criteri generali ed astratti da applicare al caso all’esame, alla luce del
principio, reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità,
secondo cui, ove l’assoggettamento del lavoratore alle direttive altrui
non sia agevolmente apprezzabile a causa della peculiarità delle
mansioni, occorre fare riferimento a criteri complementari e
sussidiari, come quelli della collaborazione, della continuità delle
prestazioni, dell’osservanza di un orario predeterminato, del

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/

versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, del
coordinamento dell’attività lavorativa all’assetto organizzativo dato

minima struttura imprenditoriale, che, privi ciascuno di valore
decisivo, possono essere valutati globalmente come indizi probatori
della subordinazione (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 379/1999; Cass.,
nn. 11182/2000; 14071/2002; 9256/2009).
Il motivo all’esame non può essere pertanto accolto.
3. Il terzo motivo non può trovare accoglimento, posto che, secondo

la giurisprudenza di questa Corte, in tema di prova per presunzioni
(la quale rappresenta uno strumento, normativamente concesso al
giudice, che permette di arrivare alla conoscenza di un fatto per il
quale non sia possibile dare una diretta dimostrazione, attraverso un
procedimento logico), il convincimento del giudice può fondarsi
anche su una sola presunzione (cfr,

ex plurimis, Cass., nn.

16993/2007; 8484/2009) e non occorre che i fatti su cui si fonda la
presunzione siano tali da far apparire l’esistenza del fatto ignoto
come l’unica conseguenza possibile dei fatti accertati in giudizio, ma
è sufficiente che il fatto ignoto sia desunto alla stregua di un canone
di probabilità, con riferimento ad una connessione di avvenimenti
possibile e verosimile secondo un criterio di normalità; e, a tal
riguardo, l’apprezzamento del giudice di merito circa l’esistenza degli
elementi assunti a fonte della presunzione e circa la rispondenza di
questi ai requisiti di idoneità, gravità e concordanza richiesti dalla

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dal datore di lavoro, dell’assenza in capo al lavoratore di una sia pur

legge, non è sindacabile in sede di legittimità, salvo che risulti viziato
da illogicità o da errori nei criteri giuridici (cfr, ex plurimis, Cass., SU,
n. 9961/1996; Cass., nn. 2700/1997; 26081/2005).

rispettive versioni dei fatti e sulle circostanze dedotte
dall’Associazione, siccome immune da elementi di illogicità, non è
pertanto scalfita dalla censura svolta, tanto più che la valutazione
conclusiva tiene espressamente conto della plausibilità delle
rispettive versioni alla luce delle acquisite risultanze testimoniali in
ordine alla sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, laddove
l’Associazione, come evidenziato nella sentenza impugnata, aveva
dedotto che si era verificata un’interruzione dei rapporti di amicizia
fra le parti e che il Marchi aveva smesso di andare “a giocare” a
calcetto sui campi dell’Associazione stessa.
4. Quanto al primo motivo, va considerato che, nel caso di specie la

Corte territoriale ha specificamente ritenuto che la domanda era
stata rivolta anche nei confronti di quei soggetti, il Galeotti e la
Bernardi, che, per avere gestito il rapporto negoziale fonte dei debiti
dell’Associazione, erano chiamati, ex art. 38 cc, a rispondere in via
personale e solidale, senza beneficio di escussione.
A fronte di tale valutazione, i ricorrenti svolgono la doglianza
riportando le conclusioni assunte dal ricorrente in prime cure (da cui
peraltro emerge l’awenuta domanda di condanna in solido) e un
brevissimo e non decisivo brano del ricorso introduttivo.

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La valutazione resa dalla Corte territoriale, fondata sul raffronto delle

Né può avere rilievo che, sempre nel ricorso introduttivo, non fosse
stato precisato che si trattava di una associazione non riconosciuta,
sia perché, in difetto di ulteriori specificazioni, tale doveva ritenersi la

in tal senso effettuata nella memoria autorizzata di prime cure aveva
costituito una mera precisazione della domanda, sia perché
trattavasi all’evidenza di una qualificazione giuridica
necessariamente nota ai soggetti evocati in giudizio.
Infine deve rilevarsi che le obbligazioni di cui all’art. 38 cc
conseguono ex lege all’attività svolta nell’ambito dell’associazione ed
è pertanto irrilevante che tale norma non fosse stata espressamente
invocata nel ricorso introduttivo.
Il motivo all’esame va pertanto disatteso
5. Il secondo motivo non può essere accolto poiché, nell’ambito di
un rapporto di durata, quale quello lavorativo, l’attività negoziale della
parte datoriale (e, quindi, di chi per essa effettivamente agisce) non
si esaurisce nella stipulazione del contratto di lavoro, ma si realizza
anche negli atti di gestione del rapporto medesimo e, in particolare,
nell’esercizio dei poteri direttivi e di controllo sulla prestazione
dell’attività lavorativa, in tal modo indirizzando e definendo
concretamente il contenuto dell’obbligazione del prestatore.
Costituisce poi mera valutazione di fatto, riservata al Giudice del
merito, l’apprezzamento della portata delle risultanze istruttorie,
dovendo peraltro rilevarsi che la Corte territoriale ha valorizzato, ai

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H

natura giuridica dell’associazione medesima, sia perché l’indicazione

fini de quibus, oltre alla testimonianza richiamata, anche la stessa
impostazione difensiva dell’Associazione.
6. Il quinto motivo, stante l’inaccoglibilità dei precedenti, resta

7. In definitiva il ricorso va rigettato.
Non è luogo a pronunciare sulle spese, in carenza di attività
difensiva della parte intimata.
P. Q. M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.
Così deciso in Roma il 15 aprile 2014.

assorbito.

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