Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12885 del 22/05/2017

Cassazione civile, sez. VI, 22/05/2017, (ud. 07/04/2017, dep.22/05/2017),  n. 12885

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

G.G., elettivamente domiciliato in Roma Via Antonio

Baiamonti 10, presso lo studio dell’avv. Rosa Patrizia Santoro,

dalla quale è rappresentato e difeso unitamente all’avv. Maria De

Cono, giusta procura speciale in calce al ricorso che dichiarano di

voler ricevere le comunicazioni relative al processo a nn. di fax n.

06/37514986 e 0541/968080 e alla p.e.c.

rosapatriziasantoro.ordineavvocatiroma.org ovvero

maria.decono.ordineavvocatirimini.it;

– ricorrente –

nei confronti di:

B.G., elettivamente domiciliata in Roma, Via Mondragone

10, presso l’avv. Paola Mastrangeli, rappresentata e difesa

dall’avv. Franca Renzi, giusta procura speciale in margine al

controricorso, che dichiara di voler ricevere le comunicazioni

relative al processo al fax n. 0541/783962 e alla p.e.c.

franca.renzi.ordineavvocatirimini.it;

– controricorrente –

e sul ricorso incidentale proposto da:

B.G., come sopra rappresentata e difesa;

– ricorrente incidentale –

nei confronti di:

G.G., come sopra rappresentato e difeso;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 1906/14 della Corte di appello di Bologna,

emessa il 4 luglio 2014 e depositata il 18 agosto 2014, n. R.G.

263/2014.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. Il Tribunale di Rimini, con sentenza definitiva n. 1730/2013, ha fissato in 1.400 Euro mensili il contributo dovuto da G.G. per il mantenimento dei due figli maggiorenni, non ancora indipendenti economicamente, e in 800 Euro l’assegno divorzile in favore di B.G..

2. La Corte di appello di Bologna, accogliendo parzialmente il gravame del G., ha ridotto l’ammontare dell’assegno divorzile a 500 euro mensili, restando ferme le altre statuizioni della sentenza impugnata.

3. Ricorre per cassazione G.G. con cinque motivi di impugnazione.

4. Si difende con controricorso B.G. e propone ricorso incidentale affidato a tre motivi.

5. Entrambe le parti depositano memorie difensive.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

che:

6. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione alla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6 (e successive modificazioni) in combinato disposto con l’art. 2697 c.c.. Secondo il ricorrente la Corte di appello non ha tenuto conto degli elementi probatori forniti dalle parti in particolare ha attribuito ai coniugi un tenore di vita eccessivo rispetto alla realtà sulla base di elementi indiziari non rilevanti e senza tenere conto della condizione del G. di dipendente della società di famiglia, condizione mutata solo successivamente dopo 16 anni dalla separazione e quando la attività commerciale ha subito una grave contrazione ed è entrata in crisi. Al contrario la Corte di appello avrebbe sottovalutato le condizioni economiche della B. che usufruisce della casa familiare di proprietà della suocera, è proprietaria di un altro immobile ceduto in locazione, percepisce un reddito da lavoro dipendente.

7. Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c., con riferimento al mancato assolvimento dell’onere della prova da parte della B. in ordine al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio; con riferimento alla ritenuta inattendibilità delle dichiarazioni dei redditi del G., al rigetto della richiesta di CTU contabile sui redditi di entrambi gli ex coniugi che avrebbe fatto emergere i redditi reali della B. e con riferimento alla interpretazione non prudente, contraddittoria, illogica, circa la attuale condizione economica del G. in relazione a congetture relative alle disponibilità della famiglia di origine e in relazione all’attribuita rilevanza economica della fruizione di un ombrellone, noleggiato in estate dalla madre del G., nella popolare ed economica spiaggia di Rimini.

8. Con il terzo motivo di ricorso si deduce l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per contraddittorietà della motivazione laddove le prove accertano che vi è crisi economica (peraltro riconosciuta dal collegio) ed documentata in atti, con i bilanci in perdita, la grave crisi aziendale in cui versa la società del G. e tuttavia la Corte di appello ha confermato l’onere a carico del G. di versare un assegno divorzile alla B..

9. Con il quarto motivo di ricorso si deduce error in iudicando ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione agli artt. 91 e 92 c.p.c., quanto alla condanna alle spese legali del primo grado come deciso dalla Corte di appello.

10. Con il quinto motivo di ricorso si deduce omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per motivazione apparente e contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili. Il ricorrente si riferisce al riconoscimento da parte della Corte di appello della attendibilità dei bilanci, in perdita, della società e nello stesso tempo della mancata valorizzazione delle dichiarazioni dei redditi del ricorrente ai fini di escludere l’obbligo alla corresponsione dell’assegno. Inoltre rileva che la Corte di appello non ha considerato che anche il patrimonio immobiliare pervenuto per successione al ricorrente ha subito la grave riduzione di valore conseguente alla perdurante crisi del mercato.

11. I cinque motivi di ricorso appaiono inammissibili in quanto sono intesi a una riedizione del giudizio di merito compiuto dalla Corte di appello sulla base della valutazione di tutti gli elementi menzionati nei motivi di ricorso. In particolare la Corte di appello ha tenuto conto dell’attuale crisi del mercato in cui opera la società del ricorrente e ha ridotto di quasi il 40% l’ammontare dell’assegno divorzile.

12. Con il primo motivo del ricorso incidentale si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 345 c.p.c., commi 1 e 3, con le restrizioni apportate dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. La ricorrente rileva che la Corte di appello non solo ha statuito sulla riduzione dell’assegno divorzile in presenza di domanda nuova sul punto – che era stata spiegata in via subordinata e gradata che avrebbe dovuto preliminarmente dichiarare inammissibile ma ha altresì fondato e motivato la propria determinazione di ridurre detto assegno basandosi sui bilanci della società W.G. s.r.l. del 2011 e 2012 ovverosia su documenti introdotti per la prima volta in appello.

13. Il motivo è palesemente infondato. La richiesta subordinata di riduzione dell’assegno non può non ritenersi contenuta nella richiesta di rigetto della domanda di assegno divorzile. L’acquisizione di documenti idonei a una puntuale ricostruzione del reddito dei coniugi ai fini della determinazione dell’assegno non incontra la rigida preclusione del procedimento ordinario (cfr. Cass. civ. sez. 1, n. 11329 del 27 maggio 2005 secondo cui nel giudizio di divorzio in appello – che si svolge secondo il rito camerale, ai sensi della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 4, comma 12 (nel testo sostituito ad opera della L. 6 marzo 1987, n. 74, art. 8) – l’acquisizione dei mezzi di prova, e segnatamente dei documenti, è ammissibile sino all’udienza di discussione in camera di consiglio, sempre che sulla produzione si possa considerare instaurato un pieno e completo contraddittorio, che costituisce esigenza irrinunciabile anche nei procedimenti camerali).

14. Con il secondo motivo del ricorso incidentale si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. La ricorrente censura la decisione di riduzione dell’assegno basata sulla ricognizione di un unico elemento probatorio.

15. Il motivo è inammissibile perchè, come i motivi del ricorso principale, è inteso a una riedizione del giudizio di merito compiuto dalla Corte di appello sulla base della valutazione di tutti gli elementi menzionati nei motivi di ricorso.

16. Con il terzo motivo del ricorso incidentale si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e per nullità in parte qua della sentenza. Il motivo palesemente infondato perchè la Corte di appello nel regolare le spese dei due gradi del giudizio di merito si è attenuta al criterio della soccombenza.

17. I ricorsi vanno pertanto dichiarati inammissibili; l’incidentale manifestamente infondato, il principale va rigettato, con conseguente composizione delle spese processuali.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e rigetta quello incidentale. Compensa le spese del giudizio di cassazione. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2017

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