Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12885 del 09/06/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 12885 Anno 2014
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: AMENDOLA FABRIZIO

SENTENZA

sul ricorso 14440-2011 proposto da:
FIAT GROUP AUTOMOBILES S.P.A. (già FIAT AUTO S.P.A.)
C.F. 07973780013, in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA
CAVOUR 19, presso lo studio (TOFFOLETTO – DE LUCA
TAMAJO RAFFAELE), rappresentata e difesa dagli
2014
1252

avvocati DE LUCA TAMAJO RAFFAELE, FONTANA GIORGIO,
PERLINI ITALICO;
– ricorrente contro

o

USB – UNIONE SINDACALE DI BASE LAVORO PRIVATO – (già

Data pubblicazione: 09/06/2014

denominata SDL – SINDACATO LAVORATORI INTERCATEGORIALE
e già S.IN. COBAS), domiciliato in ROMA, PIAZZA
CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
MARZIALE GIUSEPPE, DI FOLCO LOREDANA, giusta delega in

controricorrenti

avverso la sentenza n. 8422/2009 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 24/05/2010 r.g.n. 2187/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/04/2014 dal Consigliere Dott. FABRIZIO
AMENDOLA;
udito l’Avvocato FONTANA GIORGIO;
udito l’Avvocato MARZIALE GIUSEPPE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO, che ha concluso per
l’inammissiblità in subordine rigetto del ricorso.

atti;

Corte Suprema di Cassazione
Sezione lavoro

Pubblica udienza dell’otto aprile 2014
n. 13 del ruolo – R.G. n. 14440/2011
Presidente Miani Canevari – Relatore Amendola

1.— Il Tribunale di Cassino respingeva l’opposizione della Fiat Auto Spa
avverso il decreto ex art. 28 della 1. n. 300 del 1970 con il quale era stata
dichiarata l’antisindacalità della condotta dell’azienda consistita nell’avere
impedito la partecipazione di dirigenti esterni del sindacato S.In.Cobas
all’assemblea indetta dalla componente di quest’ultimo della rappresentanza
sindacale unitaria presso lo stabilimento di Piedimonte San Germano.
La Corte di Appello di Roma, con sentenza del 24 maggio 2010,
confermava la pronuncia di primo grado.
Respingeva la preliminare eccezione sollevata dalla società di difetto di
legittimazione attiva del S.In.Cobas ritenendo che tale sigla sindacale, sulla
base delle circostanze di fatto dedotte ed accertate in giudizio, fosse dotata
del requisito della “nazionalità” di cui all’art. 28 della 1. n. 300 del 1970.
Disattendeva anche l’altro motivo di appello con cui si censurava il
primo giudice per aver riconosciuto il diritto di convocare l’assemblea ex art.
20 della 1. n. 300 del 1970 al rappresentante del S.In.Cobas nella R.S.U.,
piuttosto che alla R.S.U. unitariamente intesa. Argomentava la Corte
distrettuale che la società aveva essa stessa autorizzato l’assemblea e che,
comunque, sulla base dell’Accordo interconfederale del dicembre del 1993, il
diritto di convocare l’assemblea spettava anche alla singola componente delle
rappresentanze sindacali unitarie.
2.— Il ricorso di Fiat Group Automobiles Spa (già Fiat Auto Spa) ha
domandato la cassazione della sentenza per sei motivi, illustrati da memoria.
Ha resistito l’USB – Unione Sindacale di Base Lavoro Privato – già Sindacato
dei Lavoratori Intercategoriale con controricorso.

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Corte Suprema di Cassazione
Sezione lavoro
MOTIVI DELLA DECISIONE

1.— Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa
applicazione dell’art. 378 c.p.c. e 437 c.p.c., ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3,
avrebbe introdotto elementi nuovi e diversi rispetto a quelli proposti con il
ricorso in appello, sia in ordine alla eccepita necessità di verificare l’esistenza
di un vertice nazionale dell’organizzazione capace di filtrare le varie istanze
locali, sia quanto all’esigenza che l’effettività dell’azione sindacale a livello
nazionale debba essere riscontrata con la stipulazione di un contratto
collettivo di livello nazionale.
Con il secondo motivo si sostiene la violazione e falsa applicazione
dell’art. 28 della 1. n. 300 del 1970 e dell’art. 39 della Cost. perché la Corte
territoriale avrebbe ritenuto sussistente il requisito della “nazionalità” su
elementi che attenevano alla mera articolazione territoriale
dell’organizzazione sindacale, che riguardavano iniziative di natura
propagandistica, che si basavano sulle risultanze dello statuto interno o su
sporadici accordi aziendali senza rilievo nazionale.
Con il terzo mezzo si afferma la violazione delle medesime norme di
legge e di Costituzione, per avere la Corte romana ritenuto la legittimazione
attiva del sindacato istante ai sensi dell’art. 28 della 1. n. 300 del 1970 , pur
in presenza di una organizzazione di tipo intercategoriale senza la prova di
una effettiva sintesi e coordinamento nazionale dei diversi interessi collettivi.
Con il quarto ed il quinto motivo si lamenta insufficiente, erronea e
contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia per avere il
giudice di appello ritenuto la prova della “nazionalità” su elementi di fatto del
tutto insuscettibili di far derivare la natura effettiva dell’azione sindacale
svolta dal S.In.Cobas o, comunque, “limitati ed evanescenti”.
Con l’ultimo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art.
20 della 1. n. 300 del 1970 perché la sentenza impugnata avrebbe

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c.p.c., per aver la sentenza impugnata erroneamente affermato che la società

Corte Suprema di Cassazione
Sezione lavoro
erroneamente statuito che il diritto ad indire l’assemblea non è della RSU
unitariamente considerata bensì del singolo componente, in forza dell’art. 4
dell’Accordo interconfederale del 1993.

Con esso si prospetta una violazione della legge processuale,
censurando specificamente un passo della sentenza impugnata a pagina 7
in cui si sarebbe erroneamente affermato che la società avrebbe introdotto
elementi nuovi e diversi rispetto a quelli proposti con il ricorso in appello.
In realtà il passaggio denunciato è parte del testo della sentenza n.
13240 del 2009 della Cassazione riportato integralmente dalla Corte
territoriale con un virgolettato aperto a pagina 5 e chiuso a pagina 8 della
sentenza.
Sicché non è in alcun modo riferibile alla concreta vicenda processuale
sottoposta al vaglio dei giudici di appello, non costituendo dunque ragione
della decisione censurabile.

3.— Il secondo, terzo, quarto e quinto mezzo di gravame, attenendo al
requisito della “nazionalità” che consente l’accesso al peculiare procedimento
per la repressione della condotta antisindacale, requisito contestato dalla
società ricorrente, possono essere esaminati congiuntamente per la loro
reciproca connessione.
Il Collegio, in continuità con un orientamento anche di recente espresso
da questa Corte (v., per analoga fattispecie, Cass. n. 21941 del 2012), ritiene
che tali motivi non possano essere accolti.
Ai fini della legittimazione a promuovere l’azione prevista dall’art. 28
dello Statuto dei lavoratori, per “associazioni sindacali nazionali” devono
intendersi le associazioni che abbiano una struttura organizzativa articolata
a livello nazionale e che svolgano attività sindacale su tutto o su ampia parte
del territorio nazionale, mentre non è necessaria la sottoscrizione dei

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2.— Il primo motivo di ricorso è infondato.

Corte Suprema di Cassazione
Sezione lavoro
contratti collettivi nazionali (Cass. n. 6206 del 2012; Cass. n. 16787 del
2011; Cass. n. 13240 del 2009; Cass. SS.UU. n. 28269 del 2005) che
rimane, comunque, un indice tipico – ma non l’unico – rilevante ai fini della
individuazione del requisito della “nazionalità”.

sentenza n. 231 del 2013 della Corte Costituzionale prospettata da parte
ricorrente, la legittimazione ai fini dell’art. 28, con i requisiti richiesti dall’art.
19 della medesima legge per la costituzione di rappresentanze sindacali
titolari dei diritti di cui al titolo terzo: l’art. 19, a questo specifico fine,
richiede la sottoscrizione di contratti collettivi nazionali (o anche provinciali o
aziendali, purché applicati in azienda); l’art. 28 non prevede analogo
requisito, implicante il consenso della controparte datoriale, ma richiede
esclusivamente che l’associazione sia nazionale (Cass. n. 16787 del 2011;
Cass. n. 5209 del 2010; Cass. n. 13240 del 2009; Cass. n. 29257 del 2008).
L’accertamento di fatto relativo al requisito di rappresentatività
necessario per l’accesso alla tutela prevista dall’art. 28 dello Statuto
costituisce indagine demandata al giudice di merito e, pertanto, è
incensurabile, in sede di legittimità, ove assistita da sufficiente motivazione
(Cass. n. 21941 del 2012; Cass. n. 3545 del 2012; Cass. n. 3544 del 2012;
Cass. n. 16787 del 2011; Cass. n. 15262 del 2002),
Orbene, la Corte di merito ha fatto corretta applicazione dei principi
sopra richiamati in quanto ha ritenuto sussistente il requisito della
“nazionalità” nel sindacato istante sulla scorta non solo dello statuto dello
stesso, ma, soprattutto, avuto riguardo ad una serie di circostanze
sintomatiche dello svolgimento di “attività sindacale in gran parte del
territorio nazionale e con riguardo a varie categorie di lavoratori, attraverso
le proprie articolazioni provinciali, facenti capo alla struttura centrale”.
Ha ritenuto infatti provato, perché fatti allegati in ricorso non oggetto di
specifica contestazione e in gran parte anche documentati, che il S.In.Cobas
era attivamente presente in numerose province e regioni, che aveva

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Non deve confondersi, anche per la pretesa incidenza della recente

Corte Suprema di Cassazione
Sezione lavoro
promosso e partecipato ad innumerevoli manifestazioni nazionali, che aveva
presentato proprie liste in tutte le elezi( ni per il rinnovo delle RR.SS.UU.
ottenendo l’elezione di propri membri, che il Dipartimento della Funzione
Pubblica aveva preso atto della formalizzazione di esso sindacato nel settore

organizzato e promosso numerosissime vertenze legali e contrattuali su tutto
il territorio nazionale.
Il ricorso per cassazione propone una diversa valutazione del quadro
probatorio che non è consentita in sede di legittimità, quando, come nel caso
in esame, la motivazione sia adeguata (cfr. Cass. n. 13886 del 2012, tra le
stesse parti).
4.— Con il sesto motivo si lamenta violazione e falsa applicazione
dell’art. 20 della 1. n. 300 del 1970 perché la sentenza impugnata avrebbe
erroneamente statuito che il diritto ad indire l’assemblea non è della RSU
unitariamente considerata bensì del singolo componente, in forza dell’art. 4
dell’Accordo interconfederale del 1993.
Premesso che il motivo non è rispettoso del combinato disposto dell’art.
366, co. 1, n. 6, c.p.c. e dell’art. 369, co. 2, n. 4, c.p.c., in quanto la società
ricorrente, pur riproducendo il contenuto dell’articolo dell’Accordo
interconfederale, non indica in quale sede tale documento sia stato prodotto,
né se sia presente e dove tra gli atti prodotti nel giudizio di legittimità (cfr., in
fattispecie analoga, Cass. n. 17958 del 2011), il Collegio ritiene in ogni caso
la censura infondata per irrilevanza.
Invero, come constatato dalla Corte distrettuale, l’assemblea indetta dal
S.In.Cobas era stata autorizzata dalla società, per cui oggetto del contendere
era la partecipazione di dirigenti esterni all’assemblea oramai autorizzata e
non se la stessa fosse stato o meno convocata da soggetto titolato.
5.— Alla stregua delle motivazioni esposte il ricorso deve essere

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pubblico, che aveva partecipato a scioperi a carattere nazionale, che aveva

Corte Suprema di Cassazione
Sezione lavoro
respinto.
Le spese seguono la soccombenza lig iidate come in dispositivo.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società al pagamento delle
spese del giudizio di legittimità liquidate in euro 4.500,00 per compensi
professionali, euro 100,00 per esborsi, oltre accessori.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell’otto aprile 2014
Il Presidente

Il Con igliere estensore

P.Q.M.

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