Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12884 del 22/05/2017

Cassazione civile, sez. VI, 22/05/2017, (ud. 07/04/2017, dep.22/05/2017),  n. 12884

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

L.V., elettivamente domiciliato in Roma Via Alfredo

Casella 43, presso lo studio dell’avv. Nicoletta Mercati (fax n.

06/86200998, p.e.c. nicoletta.mercati.ordineavvocatiroma.org),

rappresentato e difeso, per procura in calce al ricorso, dall’avv.

Domenico Eugenio Sansalone (fax n. 011/7507509; p.e.c.

domenicoeugeniosansalone.pec.ordineavvocatitorino.it);

– ricorrente –

nei confronti di:

A.M.A., domiciliata in Roma, presso la Cancelleria della

Corte di Cassazione, rappresentata e difesa, per procura speciale in

calce al ricorso, dagli avv.ti Giuseppe e Federico Pellerito i quali

dichiarano di voler ricevere le comunicazioni relative al processo

al fax n. 011/5087104 e ai seguenti indirizzi di p.e.c.:

giuseppepellerito.pec.ordineavvocatitorino.it e

federicopellerito.pec.ordineavvocatitorino.it;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1684/2014 della Corte di appello di Torino,

emessa il 16 settembre 2014 e depositata il 19 settembre 2014, n.

R.G. 2375/11.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. L.V. con ricorso del 16 settembre 2009 ha chiesto al tribunale di Torino di pronunciare la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto il 18 luglio 1981 con A.M.A. senza che fosse disposto alcun assegno di mantenimento a suo carico in relazione alle condizioni economiche delle parti e alla raggiunta autosufficienza economica della figlia maggiorenne L.S..

2. Il Tribunale di Torino con sentenza 6170/2011 ha pronunciato la cessazione degli effetti civili e imposto al L. la corresponsione di un assegno divorzile mensile di 220 Euro.

3. La Corte di appello di Torino, con sentenza n. 1684/2014, ha respinto l’impugnazione del L. con la quale aveva insistito per l’esclusione del diritto della A. all’assegno di mantenimento.

4. Ricorre per cassazione L.V. che deduce: a) violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, come modificato dalla L. n. 74 del 1987, art. 10; b) omesso esame di un fatto decisivo della controversia oggetto di discussione fra le parti; c) violazione dell’art. 91 c.p.c..

5. Si difende con controricorso A.M.A..

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

che:

6. Il ricorso è inammissibile in tutti e tre i motivi in cui si articola e che si possono ricondurre alla comune censura per cui la Corte di appello non avrebbe comparato la effettiva ed attuale situazione, economica, reddituale e patrimoniale, delle parti in causa, pervenendo così ad una indebita imposizione di assegno divorzile a carico del ricorrente con conseguente condanna alle spese del giudizio di merito.

7. In realtà il ricorso ripropone le stesse censure contenute nell’appello che sono state specificamente vagliate, e ritenute infondate dalla Corte di appello, che ha pertanto pronunciato il rigetto del gravame e la condanna del L. alle spese anche del giudizio di secondo grado. Specificamente la Corte di appello ha ritenuto la non incidenza sul reddito del ricorrente delle vicende già valutate in sede di giudizio di separazione o in primo grado dal Tribunale (cessazione degli introiti per le consulenze anagrafiche, dispensa dal servizio per inabilità fisica) a fronte del diritto del L. all’assegno di invalidità; il carattere migliorativo della qualità della vita del ricorrente da attribuire alla vendita della casa e all’acquisto di una nuova abitazione in cui convive con la sua nuova compagna; la liberazione per entrambi i genitori di una quota di reddito precedentemente destinata alla figlia S. ormai indipendente; la avvenuta estinzione dei prestiti accesi dal ricorrente per l’acquisto della sua autovettura e per ottenere un finanziamento dall’Inpdap; l’apporto del reddito del partner alla vita in comune.

8. Deve quindi escludersi la dedotta violazione di legge e l’omesso esame di fatti che sono già stati ampiamente considerati e valutati dai giudici del merito. Ne deriva l’inammisibilità del ricorso e la condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi 2.600 Euro di cui Euro 100 per spese. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2017

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