Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12883 del 23/06/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 12883 Anno 2015
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: CHIARINI MARIA MARGHERITA

SENTENZA

sul ricorso 21172-2011 proposto da:
SOPIN SPA 02752800587,

in persona del legale

rppresentante pro-tempore, Amm.re Unico Ing. ALDO
BRAMBILLA, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA
ADRIANA 8, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI
FRANCESCO BIASIOTTI MOGLIAZZA, che la rappresenta e
2014
2417

difende unitamente all’avvocato DANIELA GAMBARDELLA
giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro

UNIVERSITA’ STUDI LA SAPIENZA ROMA 80209930587, in

1

Data pubblicazione: 23/06/2015

persona del Magnifico Rettore pro tempore Prof. LUIGI
FRATI,

elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA

MONTEZEBIO 28 SC.A INT.6, presso lo studio
dell’avvocato GIUSEPPE BERNARDI, che la rappresenta e
difende giusta procura a margine del controricorso;

avverso la sentenza n. 3440/2010 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 06/09/2010 R.G.N.
389/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/11/2014 dal Consigliere Dott. MARIA
MARGHERITA CHIARINI;
udito l’Avvocato DANIELA GAMBARDELLA;
udito l’Avvocato GIUSEPPE BERNARDI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del 1 ° motivo di ricorso e per l’accoglimento
del 2 ° motivo.

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– controrícorrente

Svolgimento del processo

Con sentenza del 6 settembre 2010 la Corte di appello di Roma
ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dalla SOPIN Spa
nei confronti dell’Università degli Studi La Sapienza di Roma e
avverso la sentenza del Tribunale di Roma del 18 luglio 2006

opposizione agli atti esecutivi proposti dalla SOPIN e
concernenti la nullità della procura al difensore del libero
foro conferita dal Rettore dell’ Università e respinto
l’opposizione al pignoramento presso terzi eseguito dalla
medesima Università in base a titoli giudiziali di condanna
della Sopin alla restituzione di somme di danaro.
La Corte d’Appello ha dichiarato inammissibile il gravame
perché, qualificate dal Tribunale le eccezioni di nullità della
procura come opposizione agli atti esecutivi e quelle al
pignoramento come opposizione all’ esecuzione, la sentenza,
presa in decisione il 20 aprile 2006, a norma degli artt. 618 e
616 c.p.c. non era impugnabile, ma soltanto ricorribile per
cassazione ed ha condannato la Sopin alle spese.
(
Ricorre per cassazione la Sopin s.p.a. cui resiste l’Università
degli Studi di Roma “La Sapienza”. Le parti hanno depositato
memoria. All’ adunanza del 7 novembre 2013 la causa è stata
rinviata alla pubblica udienza.
Motivi della decisione

1.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia: “Violazione
degli artt. 323 e 615 616 cod. proc. civ. e segg., nella
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che aveva dichiarato inammissibili, perché tardivi, i motivi di

formulazione ante lege 24 febbraio 2006, n. 52, in relazione
all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3. Falsa applicazione degli
artt. 11 e 15 preleggi, in relazione all’art. 360 cod. proc.
civ., n. 3” e specifica che la sentenza di primo grado ha
deciso sull’ opposizione all’ esecuzione in relazione alla

a recuperare crediti di pertinenza della cessata azienda
Universitaria Policlinico Umberto I e di nullità del
pignoramento e della costituzione del difensore per difetto di
procura nonché di inesistenza del credito, mentre ha deciso
sull’ opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’ art. 617
c.p.c. in relazione all’ eccezione di carenza di potere del
prorettore, firmatario della procura alle liti, a sostituire il
rettore e l’ appello era stato proposto soltanto avverso il
capo di sentenza – pubblicata il 18 luglio 2006 – che aveva
deciso sull’ opposizione all’esecuzione, originariamente
impugnabile con l’ appello e anche dopo l’ entrata in vigore
i
della legge n. 52 del 2006 che era applicabile non ai giudizi
in corso, ma a quelli introdotti successivamente. Infatti è da
rivedere l’orientamento di legittimità secondo il quale alle
sentenze emesse dopo il primo marzo 2006 è applicabile il
novellato art. 616 c.p.c. Erroneamente poi la Corte di merito
ha affermato che il giudizio era già in fase decisoria allorché
è entrata in vigore la precitata legge, mentre invece era
andata in decisione a febbraio del 2006. A aprile 2006 era
andata in decisione altra causa tra le stesse parti, decisa
4

eccezione di carenza di legittimazione attiva dell’ Università

anch’ essa con sentenza di inammissibilità dell’ appello, e
avverso la quale pende ricorso per cassazione – n. 29497 del
2008 – che dovrebbe esser deciso unitamente al presente
ricorso.
Le ragioni per le quali l’ orientamento di legittimità

seguenti.
La novella del 2006 n. 52 è stata preceduta dalle leggi nn. 80
e 263 del 2005. La disciplina transitoria è stata poi spostata
al primo marzo 2006, ed è stata disposta la non applicabilità
ai processi pendenti, tranne quelli esecutivi. Per la legge n.
52 del 2006 non è stata emanata nessuna disciplina transitoria.
E

poiché per le opposizioni all’ esecuzione la procedura è

stata integralmente riformata, non può valere il principio
tempus regit actum, come argomentabile anche dalla sentenza
della Corte Costituzionale n. 82 del 1988 nel dichiarare
l’infondatezza della questione di costituzionalità dell’ art.
437 c.p.c. in quanto l’ jus novorum, consentito dall’ art. 345
c.p.c. è un effetto già prodotto dalla sentenza che ha definito
il primo grado secondo il rito già abrogato, e perciò è
utilizzabile nell’ udienza di discussione dinanzi al giudice
di appello, fissata a norma dell’ art. 435, primo comma, c.p.c.
Ne consegue l’ atto del processo validamente compiuto non potrà
esser discusso alla luce della legge sopravvenuta e condiziona
l’ applicazione di detta legge ogni volta che intacca l’ unità
del singolo procedimento e i diritti di difesa
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inaugurato da Cass. 20414 del 2006 è da modificare, sono le

costituzionalmente tutelati. Dunque il principio da applicare è
tempus regit processum in modo da non sconvolgere il giudizio
in corso e la coerenza interna
svolta e da svolgere

dell’ attività processuale

sì che la litispendenza determina l’

inapplicabilità del nuovo diritto, che ha reso le opposizioni a

Il motivo è infondato.
Ed infatti costituisce ormai jus receptum di questa Corte, come
ha ben evidenziato la sentenza n. 19155 del 2014 emessa sul
ricorso n. 29497 del 2008 che la ricorrente ha segnalato
chiedendone la riunione a quello in esame, il principio secondo
il quale “le sentenze conclusive in primo grado dei giudizi di
opposizione all’esecuzione pubblicate tra il l marzo 2006 ed il
4 luglio 2009 non sono impugnabili in ragione di quanto
disposto dall’art. 616 cod. proc. civ., ult. inc., nel testo
introdotto dalla L. n. 52 del 2006, art. 14 (abrogato con la L.
n. 69 del 2009, art. 49, comma 2), in quanto ai fini
dell’individuazione del regime di impugnabilità di una
sentenza, occorre avere riguardo alla legge processuale in
vigore alla data della sua pubblicazione. Pertanto, le sentenze
che abbiano deciso opposizioni all’esecuzione pubblicate prima
del primo marzo 2006, restano esclusivamente appellabili; per
quelle, invece, pubblicate successivamente a tale data e fino
al 4 luglio 2009, non è più ammissibile l’appello, in forza
dell’ultimo periodo dell’art. 616 cod. proc. civ., introdotto
dalla L. 24 febbraio 2006, n. 52, con la conseguenza
6

grado unico senza salvaguardare i diritti della difesa.

dell’esclusiva ricorribilità per cassazione ai sensi dell’art.
111 Cost., comma 7”.
9940 del 2009, 1402,

(ex multis Cass. 20414 del 2006; S.U.
9591, 14502, 17321 del 2011).

La medesima sentenza n. 191555 del 2014 ha quindi affermato che
nessun mutamento del rito ha introdotto la legge n. 52 del

all’esecuzione, ha modificato soltanto le modalità di passaggio
dalla fase sommaria – che si svolge dinanzi al giudice
dell’esecuzione e si conclude con l’adozione dei provvedimenti
di cui all’art. 616 cod. proc. civ. – al giudizio di meritoche si svolge dinanzi al giudice competente secondo gli
ordinari criteri di riparto della competenza e secondo le
modalità previste in ragione della materia e del rito. Ne
deriva – prosegue la sentenza in esame – che il giudizio di
merito sull’opposizione all’esecuzione continua ad essere
regolato dalle norme del libro 2^ del codice di rito sul
processo di cognizione, fatta salva la peculiarità dovuta al
necessario collegamento col già pendente processo esecutivo,
peraltro, già preso in considerazione dal testo originario
dell’art. 616 cod. proc. civ., senza che si fosse mai dubitato
che, comunque, il processo proseguiva secondo la disciplina del
giudizio ordinario di cognizione ovvero secondo le norme
previste per le controversie individuali di lavoro in quanto
applicabili (arg. ex art. 618 bis cod. proc. civ.).
Quanto poi alle ragioni dell’ inapplicabilità del

brocardo

tempus regit processum, la sentenza n. 19155 del 2014 richiama
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2006 che, per quanto riguarda i giudizi di opposizione

le ampie argomentazioni di Cass.

3688 del 2011 secondo le

quali “il principio dell’immediata applicabilità della legge
processuale, in linea con quanto affermato anche dalla Corte
costituzionale (sentenza n. 155 del 1990), ha riguardo soltanto
agli atti processuali successivi all’entrata in vigore della

cui effetti restano regolati, secondo il fondamentale principio
tempus regit actum, dalla legge sotto il cui imperio sono stati
posti in essere e tanto sia in applicazione delle regole
stabilite dall’art. 11 preleggi, comma 1, che dall’art. 15
preleggi, concernenti la successione delle leggi anche
processuali – nel tempo, spettando soltanto al legislatore
stabilire la retroattività della legge processuale con norme
transitorie. Pertanto, deve esser ribadito che la modifica del
regime impugnatorio della sentenza è da considerare in sé e per
sé e non nel contesto di un inesistente “passaggio da una
normativa più permissiva ad altra più rigorosa”, su cui insiste
il ricorso, essendo ragionevole la scelta del legislatore di
assimilare il regime impugnatorio delle opposizioni
all’esecuzione a quelle agli atti esecutivi, a prescindere
quindi dall’epoca (anteriore o posteriore alla novellazione) di
introduzione del giudizio definito dalla sentenza da impugnare;
l’eliminazione del secondo grado, effettuata con norma avente
carattere eminentemente processuale, è quindi applicabile
secondo il principio tempus regit actum a tutti gli atti del
processo, e pertanto anche all’atto conclusivo dello stesso,
8

legge stessa, non incidendo su quelli anteriormente compiuti, i

formato dalla data di entrata in vigore della legge n.52/2006.
Logico corollario è perciò che il regime di impugnazione di una
sentenza – e cioè la facoltà di impugnativa, i modi ed i
termini per esercitarla – è regolato dalla legge processuale in
vigore alla data della sua pubblicazione, e senza che tali

affidamento e con il diritto costituzionale alla difesa (Corte
Cost. n. 351/07, Cass. n. 976/08 e n. 3688/11, cit.,) ovvero
con il giusto processo (Cass. n. 17902/12).
Il motivo è perciò da rigettare.
2.- Col secondo motivo di ricorso, subordinato al rigetto del
primo, la Sopin lamenta: “Violazione degli artt. 56 R.D. 31
agosto 1933, n. 1952 (T.U. sull’istruzione superiore) e 43 del
R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611 (T.U. sulla rappresentanza e
difesa in giudizio dello Stato), come modificato dall’ art. 11
della legge 3 aprile 1979, n. 103, in combinato disposto con
l’art. 75 cod. proc. civ.. Sulla violazione dell’ art. 112 ?e3
c.p.c. e per l’ effetto sulla violazione dell’ art. 91 c.p.c.
in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3 e 4 c.p.c.”,
avendo la Sopin riproposto in appello la nullità dell’ atto di
conferimento della procura al difensore dell’ Università dal
Rettore, non autorizzato dal consiglio di amministrazione
dell’ente a conferire procure ad un difensore del libero foro,
sì che il difensore ex lege era l’Avvocatura dello Stato, e il
predetto

difensore

si

è

costituito

senza

autorizzazione, insistendo per la non necessità di essa.
9

nessuna

principi possano esser in contrasto con il principio di

Invece la legge n. 168 del 1989 non aveva abrogato l’ art. 56
del T.U. 1592 del 1933 e perciò il rettore, se poteva nominare
in via di urgenza un avvocato del libero foro, doveva poi
ottenere la ratifica del consiglio di amministrazione nella
prima adunanza successiva. Ne consegue che la Corte di merito

contumacia dell’ Università e non provvedere sulle spese.
La censura è inammissibile per preclusione da giudicato
interno.
Ed infatti dalla narrativa della sentenza impugnata emerge che
il Tribunale, con la sentenza n. 16181 del 2006, aveva
qualificato opposizione agli atti esecutivi “le domande
relative alla nullità della procura in favore del difensore del
creditore esecutante”. Ne consegue che non avendo la ricorrente
proposto ricorso per cassazione, secondo la normativa di cui
all’ art. 618, ultimo comma, cod. proc. civ., non modificato
dalla legge n. 52 del 2006, la censura concernente
l’inefficacia della procura perché il conferimento da parte del
rettore non era stato ratificato dal consiglio di
amministrazione era preclusa da giudicato espresso interno
sulla tardività del rilievo e poiché va ribadito il principio
(Cass. 3089 del 2001, 10569 del 2002, 24092 del 2009, 10813 del
2010, 7117 del 2015, specie in motivazione) secondo il quale la
procura conferita dal creditore per il compimento di un atto
del processo esecutivo abilita il difensore a compiere, oltre
agli atti di esso in senso stretto, anche quelli inerenti agli
10

avrebbe dovuto dichiarare la nullità della procura e la

eventuali giudizi di opposizione che possono frapporsi tra la
pretesa esecutiva e la soddisfazione del credito, non solo
limitatamente al primo grado, ma anche per l’appello, restando
così superata la presunzione di cui all’art. 83, quarto comma,
cod. proc. civ., secondo cui la procura si presume conferita

volontà diversa – nella fattispecie è da rilevare infatti che
l’ avv. Bernardi è stato nominato anche per il giudizio di
cassazione il rilievo di ufficio della mancanza della
ratifica del consiglio di amministrazione del conferimento del
mandato ad un difensore del libero foro era precluso alla Corte
di merito.
Così integrata la motivazione della sentenza impugnata ai sensi
dell’ art. 384, ultimo comma, cod. proc. civ., il motivo va
respinto.
Concludendo il ricorso va rigettato.
La ratifica del conferimento della procura al difensore del
libero foro da parte del consiglio di amministrazione
dell’Università intervenuta dopo l’udienza di discussione in
appello costituisce motivo per compensare le spese del
giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di
cassazione.
Così deciso in Roma il 20 novembre 2014.

per un determinato grado del processo se non è espressa una

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