Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12883 del 22/06/2016


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Cassazione civile sez. III, 22/06/2016, (ud. 02/03/2016, dep. 22/06/2016), n.12883

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21481/2013 proposto da:

S.E., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE G. MAZZINI 88, presso lo studio dell’avvocato MAURO

AMICONI, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE DI VITA

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EMILIO DE’

CAVALIERI 11, presso lo studio dell’avvocato ALDO FONTANELLI,

rappresentata e difesa dagli avvocati CARMELO BRUNO, GAETANO

CIRANNA giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1245/2013 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 20/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/03/2016 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI;

udito l’Avvocato GIUSEPPE DI VITA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

S.E. convenne in giudizio B.C. per sentir accertare il proprio diritto all’esercizio della prelazione su un fondo agrario in relazione al quale la convenuta aveva notificato all’attore (prelazionante) un preliminare di compravendita, salvo poi comunicare – a mezzo di successivo telegramma – che il preliminare era stato risolto e che ella non era più intenzionata ad alienare il fondo.

L’attore chiese l’emissione di una sentenza ex art. 2932 c.c. e la condanna della Biffo al risarcimento dei danni.

Il Tribunale di Catania rigettò la domanda, con sentenza che è stata confermata dalla Corte di Appello.

Ricorre per cassazione il S., che deposita anche memoria, mentre l’intimata resiste a mezzo di controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte di Appello ha dato atto che:

– il 22.11.2003, la B. notificò al S. il preliminare di vendita;

– con telegramma del 20.12.2003, la medesima B. comunicò al S. la revoca della proposta, chiarendo che il preliminare era stato risolto e che ella non aveva più interesse a vendere il fondo;

– con comunicazione spedita il 18.12.2003 e pervenuta il successivo 27 dicembre, il S. comunicò alla B. la propria volontà di esercitare la prelazione.

Tanto premesso, la Corte ha rilevato che la revoca della proposta era stata comunicata prima dell’esercizio della prelazione e ha ritenuto tale revoca senz’altro efficace, chiarendo che “della revocabilità della denuntiatio non può dubitarsi… posto che tale atto costituisce una proposta contrattuale rispetto alla quale la dichiarazione di voler esercitare il diritto di prelazione vale come accettazione”.

2. Con l’unico motivo “rescindente”, il ricorrente deduce “omesso ed erroneo esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” e “violazione e falsa applicazione degli artt. 1326, 1328 e 1329 c.c. e della L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8”.

Assume il S. che la Corte non ha considerato che la prelazione era stata esercitata all’atto della spedizione della missiva raccomandata avvenuta il 18.12.2003 e, sotto altro profilo, che il termine di trenta giorni previsto dalla legge per l’esercizio della prelazione è tale da “rendere la proposta irretrattabile, a norma dell’art. 1329 c.c., coinvolgendo specifici interessi pubblici, prima del decorso dei trenta giorni”: il ricorrente sostiene, dunque, che la revoca della denuntiatio era inefficace in quanto intervenuta quando il contratto era stato già concluso (per effetto dell’accettazione inviata il 18.12.2003) prima della comunicazione di revoca e – comunque – perchè la denuntiatio non era revocabile prima della scadenza del termine di trenta giorni.

3. A fronte di una sentenza basata sull’affermazione che la denuntiatio è revocabile in pendenza del termine per l’esercizio della prelazione e che la revoca effettuata prima che la comunicazione di esercizio della prelazione giungesse alla venditrice aveva posto nel nulla gli effetti della proposta, il ricorrente si muove su due distinte linee: assume, per un verso, che la prelazione era stata esercitata già con l’invio della comunicazione del prelazionante (avvenuta il 18 dicembre, prima della revoca della denuntiatio effettuata il 20 dicembre) e, per altro verso, che la denuntiatio non è revocabile per il termine di trenta giorni dalla notificazione.

3.1. Il motivo è infondato quanto al profilo dell’efficacia del mero invio della comunicazione di accettazione, giacchè “la dichiarazione… di voler esercitare la prelazione ai sensi della L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8, integra un atto unilaterale recettizio, di talchè produce effetto solo nel momento in cui giunge a conoscenza del destinatario o in cui deve reputarsi da questi conosciuta perchè pervenuta al suo indirizzo” (Cass. n. 1331/1997).

Nè può trovare applicazione la regola della diversa decorrenza degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario, giacchè (fatte salve le eccezioni individuate da Cass., S.U. n. 24822/2015 per le ipotesi in cui il diritto non possa essere fatto valere che con un atto processuale) tale regola “si applica solo agli atti processuali e non a quelli sostanziali” che “producono i loro effetti sempre e comunque dal momento in cui pervengono all’indirizzo del destinatario” (Cass. n. 9303/2012 in tema di tempestività dell’esercizio del riscatto; cfr. anche Cass. n. 15671/2011).

3.2. Il motivo è invece fondato in punto di irrevocabilità della denuntiatio per l’intera durata del termine di trenta giorni previsto dalla L. n. 590 del 1965, art. 8.

Erroneamente la Corte di Appello ha ritenuto applicabile il principio (della revocabilità) affermato da Cass. n. 2427/1988, senza considerare che esso era stato enunciato in relazione alla diversa ipotesi di prelazione urbana e che era stato poi superato da Cass., S.U. n. 5359/1989, secondo cui, in relazione alla denuntiatio prevista dalla L. n. 392 del 1978, art. 38, la “comunicazione del proprietario non è revocabile, in pendenza del termine entro il quale il conduttore può manifestare la volontà di rendersi acquirente”, atteso che, “se per l’esercizio di tale diritto la legge concede al conduttore un certo termine, è logico ritenere che in pendenza dello stesso il proprietario resti vincolato in attesa della determinazione del titolare del diritto”.

Peraltro, nella specifica materia della prelazione agraria non è mai stata posta in dubbio l’irrevocabilità della denuntiatio per l’intero termine concesso al prelazionante per l’accettazione.

La stessa Cass. n. 2427/1988 aveva rimarcato la differenza esistente fra i due istituti della prelazione urbana e della prelazione agraria, rilevando che sussisteva una “evidente… diversità di situazioni giuridiche, in relazione alla diversa limitazione dell’autonomia negoziale e della stessa struttura della comunicazione, che, nel caso di affitto di fondi rustici, non si esaurisce in un obbligo di interpello, ma nella creazione di una situazione soggettiva passiva a carico del proprietario e di una attiva a carico dell’affittuario, che viene a godere del diritto potestativo di subentrare al terzo”.

Il principio della (temporanea) irrevocabilità è stato peraltro ribadito expressis verbis da Cass. n. 10429/1991, con affermazione che “il diritto di prelazione agraria… si esercita secondo lo schema normativo dettato dagli artt. 1326 e1329 c.c., cioè attraverso lo scambio di una proposta (irrevocabile per legge per un certo periodo) e della accettazione della stessa” (con “schema” analogo a quello previsto dall’art. 732 c.c., in materia di prelazione fra coeredi, e dall’abrogato art. 966 c.c., in materia di prelazione del concedente in caso di vendita del diritto dell’enfiteuta).

Tale principio va qui ribadito, sottolineandosi come la trasmissione del preliminare (rispetto al quale il prelazionante è chiamato ad esprimere la propria volontà) abbia evidentemente tutti i connotati della proposta contrattuale e, altresì, come la possibilità di revoca mal si concilierebbe con la natura della denuntiatio, “quale atto unilaterale di adempimento di obbligo legale destinato a rendere attuale l’altrui dirittosoggettivo” (Cass., S.U. n. 5359/1989), e rischierebbe di sottrarre al destinatario che fosse esposto all’eventualità della revoca la possibilità di utilizzare l’intero termine stimato congruo dal legislatore per valutare la proposta e determinarsi in ordine all’eventuale accettazione.

3.3. Il ricorso va dunque accolto in relazione al profilo sopra individuato, con cassazione della sentenza e rinvio alla Corte di merito, che dovrà rivalutare la vicenda alla luce del seguente principio di diritto: “il diritto di prelazione agraria si esercita secondo lo schema normativo di cui agli artt. 1326 e 1329 c.c. e la denuntiatio non è revocabile durante il termine di trenta giorni previsto per l’accettazione della proposta”.

4. La Corte di rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

PQM

la Corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia, anche per le spese di lite, alla Corte di Appello di Catania, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 2 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2016

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