Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12883 del 09/06/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 12883 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: NAPOLETANO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso 4330-2008 proposto da:
GISONDI TOMMASO C.F. GSNTMS77E17F839Z, GISONDI LUCA
C.F. GSNLCU86L23B519H, COLALILLO ANTONETTA C.F.
CLLNNT47E42A930B, tutti già elettivamente domiciliati
in ROMA, PIAZZALE DELLE BELLE ARTI 3, presso lo studio
dell’avvocato TORRESE ALBA, che li rappresenta e
2014
1034

difende unitamente all’avvocato MANFREDI SELVAGGI
ENNIO, giusta delega in atti e da ultimo domiciliati
presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE;
– ricorrenti –

Data pubblicazione: 09/06/2014

contro

I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE
CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO 01165400589, in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE

CRISTOFARO, ROSSI ANDREA, giusta delega in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 395/2006 della CORTE D’APPELLO
di CAMPOBASSO, depositata il 05/02/2007 R.G.N.
188/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/03/2014 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
NAPOLETANO;
udito l’Avvocato CRIPPA LETIZIA per delega ROSSI
ANDREA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

144, presso lo studio degli avvocati TARANTINO

RG 4330-08

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Campobasso,confermando la sentenza del Tribunale di
Campobasso, accoglieva la domanda dell’INAIL, proposta nei confronti della

condanna di quest’ultimo al pagamento di quanto da esso istituto erogato
al lavoratore Adriano Mainella a seguito d’infortunio dallo stesso patito
mentre lavorava alle dipendenze della predetta ditta.

A fondamento del decisum la Corte del merito poneva il rilievo secondo il
quale le emergenze istruttorie

deponevano per la responsabilità del

Gisondi avendo questi incaricato, i due lavoratori, di prelevare le
attrezzature necessarie senza dare opportune direttive circa le misure di
sicurezza a cui gli attrezzi da prelevare dovevano rispondere ed avendo
lasciato soli gli operai sul posto di lavoro senza adeguato controllo e
direzione accettando in tal modo il rischio, poi ? rivelatosi concreto, che
gli stessi ponessero in essere delle manovre pericolose ed in violazione
delle normative antinfortunistiche.

Avverso questa sentenza gli eredi del Gisondi ricorrono in cassazione
sulla base di cinque motivi.

Resiste con controricorso l’INAIL che deposita memoria illustrativa.

MOTIVI DELLA DECISIONE

ditta individuale Edilconfort di Gisondi Michele, avente ad oggetto la

Con il primo motivo i ricorrenti, deducendo

violazione dell’art. 10,

comma 5 0 , del dpr n. 1124 del 1965, assumono, formulando il relativo
quesito, che erroneamente la Corte di appello non ha rilevato d’ufficio
la intervenuta decadenza dell’Inail dall’azione di regresso.

E’ ,infatti, giurisprudenza di questa Corte, cui in questa sede va data
continuità giuridica,che nei rapporti con gli enti pubblici occorre
distinguere tra indisponibilità del diritto da parte dell’amministrazione
e disponibilità da parte del privato: la decadenza dell’amministrazione
dall’esercizio di un potere nei confronti del privato, in quanto stabilita
in favore e nell’interesse esclusivo di quest’ultimo, in materia di
diritti da questo disponibili, non può essere rilevata d’ufficio dal
giudice, mentre la decadenza del privato dall’esercizio di un potere nei
confronti dell’amministrazione, in quanto stabilita in favore di
quest’ultima, ed attinente a situazioni da questa non disponibili, è
rilevabile anche d’ufficio. Lo stesso principio, stante la

eadem ratio

dell’interesse tutelato, va applicato alla decadenza ex art. 112 dpr n.
1124 del 1965, stabilita a carico dell’INAIL e in favore del datore di
lavoro responsabile dell’infortunio, il quale ha la disponibilità
dell’eccezione e la deve proporre nei termini di cui all’art. 416 cpc
(Cass.28 agosto 2006 n. 18610 e Cass. 16 giugno 2009 n.13957).

Nella

specie

non è allegato che l’eccezione di decadenza

stata

proposta nei termini di cui all’art. 416 cpc, ma quand’anche fosse stata

2

La censura è infondata.

dedotta su tale punto si sarebbe formato il giudicato implicito, non
risultando tale eccezione riproposta da parte del datore di lavoro in sede
di appello.

Con la seconda censura i ricorrenti denunciando violazione degli artt.

della motivazione, sostengono, nell’unico formulato quesito, che la
motivazione della sentenza impugnata è viziata in quanto l’affermazione
dei fatti addebitati è meramente congetturale perché ipotizzata in
contrasto con il tenore delle testimonianze riportate in motivazione e
date per veritiere dalla stessa motivazione.
Osserva, preliminarmente, il Collegio che il motivo in esamg con il quale
si deducono contemporaneamente violazione di legge e vizi di motivazion9
solo in parte ammissibile.
Infatti la censura non è esaminabile in relazione alla dedotta violazione
di leggi in quanto, a parte ogni considerazione circa l’ammissibilità
della contemporanea deduzione di violazione di legge e di vizio di
motivazione che non si traduce in una pluralità di quesiti-pur negata da
alcune sentenze di questa Corte (Cass. 11 aprile 2008 n.9470 e 23 luglio
2008 n.20355 e ancora nello stesso senso 29 febbraio 2008 n.5471, Cass. 31
marzo 2009 n. 7770 e da ultimo Cass. SU 5 luglio 2011 n. 14661)- vi è di
contro il rilevo assorbente che l’articolato quesito prescinde del tutto
dall’indicazione sia della diversa

regola iuris

posta a base della

sentenza impugnata, sia di quella di cui si chiede l’affermazione (Cass.
SU 30 settembre 2008 n. 24339 e Cass. 19 febbraio 2009 n. 4044).
3

10, comma 5 ° , del dpr n. 1124 del 1965, 2043 e 2087 cc e contraddittorietà

Né, del resto, può demandarsi a questa Corte di estrapolare dai vari
quesiti di diritto e dalla parte argomentativa quali passaggi siano
riferibili al vizio di motivazione e quali alla violazione di leggi,
diversamente sarebbe elusa la

ratio

dell’art. 366

bis

cpc. Tanto,

d’altro canto, corrisponde alla regola della specificità dei motivi del
ex

art. 366 n.4 cpc. Né è consentito a questa Corte di

sostituirsi alla parte nella individuazione concreta della situazione di
fatto sottesa alla censura (Cass. 23 marzo 2005 n. 6225).

Pertanto in difetto della relativa specificazione la denuncia deve
considerarsi limitata alla deduzione del solo vizio di motivazione(Cass. 9
marzo 2009 n. 5624).

Così delimitato l’ambito del

devolutum,

mette conto osservare che la

censura è infondata.

La Corte del merito ha, con motivazione congrua e coerente per aver con
equilibrio esaminato i vari elementi che ne costituiscono la struttura
argomentativa, ritenuto che le risultanze istruttorie deponevano per la
responsabilità del Gisondi avendo lo stesso incaricato i lavoratori di
prelevare le attrezzature necessarie senza dare opportune direttive circa
le misure di sicurezza a cui gli attrezzi da prelevare dovevano rispondere
ed avendo lasciato soli gli operai sul posto di lavoro senza adeguato
controllo e direzione accettando in tal modo il rischio, poi, rivelatosi
concreto che gli stessi ponessero in essere delle manovre pericolose ed
in violazione delle normative antinfortunistiche.

4

ricorso

Né in questa sede di legittimità si può procedere ad una rivalutazione
del materiale istruttorio spettando al giudice del merito, in via
esclusiva, il compito di valutare le prove, di controllarne
l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive
risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare

prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi
tassativamente previsti dalla legge) ( in tal senso per tutte Cass. 12
febbraio 2008 n. 3267 e 27 luglio 2008 n.2049).

Con la terza critica i ricorrenti, allegando violazione degli artt. 40,
43, 590 cp, 52, 3 ° c.,e 24, 1 ° c., del dpr n.164 del 1965 chiedono
affermarsi il principio secondo il quale:”le condotte volontarie del
,

lavoratore adottate in contrasto con le direttive del datore di lavoro
non sono idonea fonte di causalità, responsabilità, colpevolezza
addebitabili al datore di lavoro”.

La critica non è fondata.

Invero la sentenza della Corte del merito accerta, come già sottolineato
nel corso dell’esame del motivo precedente, che il datore di lavoro non
ha dato istruzioni precise circa le attrezzature da utilizzare sì che
queste rispondessero alle prescritte norme antinfortunistiche ed ha
lasciato soli gli operai sul posto di lavoro senza adeguato controllo e
direzione.

5

la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente

Tanto comporta che il principio di diritto, in ragione del quale si
chiede l’annullamento della sentenza impugnata, non corrispondendo ad una
contraria

ratio decidendi

di detta decisione non può comportare la

cassazione della relativa pronuncia.

dell’art. 112 cpc, assumono che la Corte del merito “ha negato risposta
alle questioni centrali dell’accertamento dei fatti costitutivi ed
impeditivi dell’azione di regresso prospettati con l’atto di appello”.

Il motivo è infondato.

Invero, oltre alla considerazione che la censura andava piuttosto posta
deducendo il vizio di motivazione e non quello di violazione dell’art.
112 cpc, vi è il rilievo che la Corte del merito, come già sottolineato,
dà conto, contrariamente a quanto assunto dai ricorrenti, della
sussistenza dei fatti costitutivi dell’azione di regresso esercitata
dall’INAIL.

Con l’ultima censura i ricorrenti, denunciando,

ex art. 360 n.5 cpc,

omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine al “fatto”
inerente l’efficacia probatoria dell’attestazione di notorietà del
Direttore dell’INAIL del credito fatto valere in via di regresso a fronte
di una sentenza penale di non doversi procedere a carico del datore di
lavoro.

La censura è infondata.

6

Con il quarto motivo del ricorso i ricorrenti, deducendo violazione

Questa Corte , difatti, ha più volte precisato che in tema di prova della
congruità dell’indennità corrisposta dall’INAIL al lavoratore nel
giudizio di regresso intentato nei confronti del datore di lavoro, poiché
l’Istituto svolge la sua azione attraverso atti emanati a conclusione di
procedimenti amministrativi, tali atti, come attestati dal direttore

propria di tutti gli atti amministrativi, che può venir meno solo di
fronte a contestazioni precise e puntuali che individuino il vizio da cui
l’atto in considerazione sarebbe affetto e offrano contestualmente di
provarne il fondamento; pertanto, in difetto di contestazioni specifiche,
deve ritenersi che la liquidazione delle prestazioni sia avvenuta nel
rispetto dei criteri enunciati dalla legge, e che il credito relativo
alle prestazioni erogate sia esattamente indicato in sede di regresso
sulla base della certificazione del direttore della sede ( Cfr Cass. 13
maggio 2010 n.11617, Cass. 2 luglio 2010 n. 15716 e Cass. 15 ottobre 2007
n. 21540). Tanto, ovviamente, a prescindere dalla circostanza che sia
stata o meno accertata la responsabilità penale del datore di lavoro.

Orbene non essendo allegato o dedotto che sono state svolte
contestazioni precise e puntuali circa l’attestazione, da parte
direttore della sede erogatrice delle somme corrisposte per l’infortunio
subito dal lavoratore, il fatto in ordine al quale si lamenta la carenza
di motivazione non è decisivo.

Sulla base delle esposte considerazioni, pertanto, il ricorso va
rigettato.

7

della sede erogatrice, sono assistiti dalla presunzione di legittimità

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza
P.Q.M.
La Corte rigetta

il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento

delle spese del giudizio di legittimità liquidate in E. 100,00 per

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 25 marzo 2014
Il Presidente

esborsi ed E. 3500,00 per compensi oltre accessori di legge.

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