Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12882 del 26/06/2020

Cassazione civile sez. III, 26/06/2020, (ud. 11/12/2019, dep. 26/06/2020), n.12882

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5352/2017 proposto da:

COMUNE DI PATTADA, in persona del Vice Sindaco, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE B. BUOZZI 19, presso lo studio

dell’avvocato PAOLA POLANO, rappresentato e difeso dall’avvocato

GIOVANNI BATTISTA PINNA;

– ricorrente –

contro

C.T.A., C.L., F.M., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio

dell’avvocato MARIO ANTONINI, rappresentati e difesi dall’avvocato

GEMMA MAURIZI;

– controricorrenti –

e contro

EURO MEC SERVICE SRL, DG ELETTRONICA SNC, UNIPOL SAI ASS SPA;

– intimati –

nonchè da:

EURO MEC SERVICE SRL, in persona del Presidente del CdA,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TARO 35, presso lo studio

dell’avvocato ENZO PARINI, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ERMINIO ARALDI;

– ricorrente incidentale –

contro

UNIPOL SAI ASS SPA, DG ELETTRONICA SNC, C.T.A.,

C.L., F.M., COMUNE DI PATTADA;

– intimati –

sul ricorso 10093/2017 proposto da:

DG ELETTROTECNICA SNC D.D.G., in persona del legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in

R.V.P.1., presso lo studio dell’avvocato ANTONIA DE ANGELIS,

rappresentata e difesa dall’avvocato COSMA DAMIANO NIEDDU;

– ricorrente –

contro

EURO MEC SERVICE SRL in persona del Presidente del CdA, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA TARO 35, presso lo studio dell’avvocato

ENZO PARINI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ERMINIO ARALDI;

– controricorrente –

e contro

F.M., C.L., C.T.A., COMUNE DI

PATTADA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 388/2016 della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI

SASSARI, depositata il 26/07/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/12/2019 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso del

Comune di Pattada, rigetto del ricorso di Elettrotecnica;

udito l’Avvocato GIOVANNI PINNA;

udito l’Avvocato MARCO D’AREZZO;

udito l’Avvocato ERMINIO ARALDI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2012 C.T.A., C.L. e F.M. convennero dinanzi al Tribunale di Sassari il Comune di Pattada, esponendo che:

-) il Comune di Pattada aveva espropriato una porzione di un fondo di loro proprietà, al fine di realizzare di un impianto di depurazione delle acque;

-) la realizzazione di tale opera aveva danneggiato la parte di fondo non espropriata; sia perchè erano rimasti abbandonati sul fondo detriti e materiale di risulta; sia perchè il muro di contenimento del depuratore era stato realizzato con un’altezza insufficiente e senza protezione; sia perchè in alcuni tratti questo muro mancava; sia perchè era stato realizzato un pozzetto di ispezione dell’impianto di dimensioni troppo ridotte, il che favoriva il reflusso delle acque che si spargevano sul fondo degli attori.

Chiedevano perciò la condanna del Comune al risarcimento dei danni patiti in conseguenza dei fatti sopra descritti, e consistiti nella impossibilità di disporre del fondo per uso agricolo.

2. Il Comune si costituì, affermando che la responsabilità dei danni andava ascritta all’impresa cui erano stati appaltati i lavori di realizzazione dell’impianto, ed a quella cui l’appaltatore aveva subappaltato parte di essi: e cioè, rispettivamente, la società Edilver s.r.l. (in seguito, Euro MEC Service s.r.l.) e la società DG Elettrotecnica d.D.G. & C. s.n.c..

Chiamò, di conseguenza, in causa le due suddette società.

3. Risulta dai controricorsi proposti in questa sede dalla Euro MEC e dalla DG Elettrotecnica, ma non dalla sentenza impugnata, che il Comune chiamò in causa anche una terza società, la Jardin Loyd Thompson s.r.l., che nel ricorso incidentale della DG Elettrotecnica è indicata quale “società assicuratrice del comune di Pattada”.

In ogni caso quest’ultima società non è indicata come parte in causa nell’epigrafe della sentenza d’appello, nè in quest’ultima si dà conto della chiamata.

Il Comune di Pattada ha altresì chiamato in causa la società Unipolsai, propria assicuratrice della responsabilità civile.

4. Le due società chiamate in causa si costituirono chiedendo il rigetto della domanda.

5. Con sentenza n. 1305 del 2014 il Tribunale di Sassari accolse la domanda attorea nei confronti delle due società appaltatrici, e la rigettò nei confronti del Comune.

La sentenza venne appellata in via principale dalla Euro MEC Service, ed in via incidentale sia dai tre danneggiati, sia dalla DG Elettrotecnica.

I tre danneggiati, in appello, chiesero espressamente la condanna diretta, oltre che del Comune, anche delle due società chiamate in causa.

6. Con sentenza 26 luglio 2016 n. 388 la Corte d’appello di Cagliari, sezione di Sassari, accolse l’appello principale proposto dalla Euro MEC Service e condannò al risarcimento del danno, in solido con gli altri obbligati, anche il Comune di Pattada.

La Corte d’appello ritenne che:

-) l’atto di citazione introduttivo del giudizio non fosse affetto da alcuna nullità; che in ogni caso la società appellante (Euro MEC) non aveva indicato quale pregiudizio avesse concretamente subito per effetto d’una eventuale nullità; che la Euro MEC, dopo che gli attori avevano integrato a verbale l’atto di citazione, non aveva sollevato obiezioni; in ogni caso il petitum e la causa petendi dell’atto di citazione erano inequivoci;

-) i danni patiti dagli attori erano stati causati sia da un difetto di progettazione dell’opera pubblica, ascrivibile al Comune; sia da un difetto di esecuzione, ascrivibile all’appaltatore e al subappaltatore;

-) in particolare, era ascrivibile al Comune il difetto di progettazione consistito nella previsione d’un fossato sul lato ovest del fondo e la realizzazione di inidonei fori di drenaggio alla base del muro sul lato est dell’impianto, i quali avevano determinato la formazione di solchi lungo il confine del fondo;

-) era, invece, ascrivibile alle due società appaltatrici la mancata asportazione dei materiali di risulta e la realizzazione del muro di contenimento troppo basso;

-) non era luogo a provvedere sul riparto delle quote di responsabilità tra i vari coobbligati, perchè nessuno dei convenuti e dei chiamati in causa aveva domandato il relativo accertamento, per i fini di cui all’art. 2055 c.c., comma 2;

-) corretta doveva ritenersi la liquidazione dei danni compiuta dal primo giudice;

-) l’eccezione sollevata dalla società assicuratrice, secondo cui i danni oggetto del contendere non formarono oggetto della copertura, non era stata contestata dal comune assicurato.

7. La sentenza d’appello è stata impugnata in via principale dal Comune di Pattada, con ricorso fondato tre motivi.

E’ stata altresì impugnata in via incidentale dalla DG Elettrotecnica, con ricorso fondato su quattro motivi.

La Euro MEC ha resistito con controricorso al ricorso principale e proposto ricorso incidentale fondato su cinque motivi.

I tre danneggiati hanno depositato controricorso per resistere all’impugnazione principale.

La Euro MEC ha depositato controricorso per resistere al ricorso incidentale proposto dalla DG Elettrotecnica.

Sia i tre danneggiati sia la Euro MEC hanno depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., in occasione della Camera di consiglio del 25 settembre 2018.

8. La causa, fissata per la decisione in Camera di consiglio il 25 settembre 2018, con ordinanza interlocutoria 7 febbraio 2019 n. 3691 è stata rinviata alla pubblica udienza, sia per consentire la riunione delle due impugnazioni proposte separatamente dalla DG Elettrotecnica e dal Comune di Pattada avverso la medesima sentenza, sia per l’esame della questione concernente la responsabilità del Comune “per fatti imputabili contrattualmente alla responsabilità dell’appaltatore e del subappaltatore”.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo del ricorso principale del Comune di Pattada.

Il primo motivo del ricorso principale, se pur formalmente unitario, contiene due censure.

Con una prima censura (pagine 6-7 del ricorso principale) l’amministrazione lamenta di essere stata condannata, in solido con gli appaltatori, al risarcimento del danno nonostante la Corte d’appello non avesse “individuato alcun fatto specifico” colposo commesso dal Comune.

Con una seconda censura (pagine 7-9) l’amministrazione lamenta la violazione, da parte della Corte d’appello, dell’art. 2055 c.c..

Sostiene che nel caso di specie la Corte d’appello aveva accertato due diverse tipologie di danni subiti dagli attori: lo spargimento di materiale di risulta sul fondo, e un vizio di progettazione.

Trattandosi di due diversi fatti lesivi, non poteva trovare applicazione la responsabilità solidale prevista dall’art. 2055 c.c., in quanto i suddetti danni costituivano episodi distinti inscindibili, senza nessun vincolo tra loro di interdipendenza.

1.1. La prima censura è infondata.

La Corte d’appello ha individuato una concreta condotta colposa da parte del Comune: l’aver approvato un progetto che aveva avuto per effetto la formazione di un fossato sul lato ovest dell’impianto e la formazione di solchi lungo il confine est, derivanti dalla tracimazione delle acque provenienti dai fori di drenaggio realizzati alla base del muro dell’impianto di depurazione, “evidentemente inidonea ad impedire l’anomalo deflusso dell’acqua” (così la sentenza impugnata, pagine 10-11).

Il giudice di merito, dunque, ha accertato in facto – con valutazione non censurabile in questa sede – che i danni lamentati dagli attori furono causati anche da un deficit progettuale, e tanto bastava per affermare la responsabilità solidale del committente.

Quando, infatti, la realizzazione di un’opera arrechi danni a terzi; quando tali danni siano provocati non da una malaccorta esecuzione, ma da un vizio progettuale; e quando il progetto sia stato fornito dal committente all’appaltatore (tre condizioni accertate nel presente giudizio dal giudice di merito), dei danni suddetti possono essere chiamati a rispondere sia l’appaltatore che il committente.

Il primo sarà tenuto al risarcimento quando, con la diligenza professionale di cui all’art. 1176 c.c., comma 2, si sarebbe potuto avvedere del vizio progettuale, e non l’abbia fatto; il secondo sarà tenuto al risarcimento sempre e comunque rispetto ai terzi, per avere ordinato l’esecuzione d’un progetto malamente concepito (ex multis, in tal senso, Sez. 2, Sentenza n. 8075 del 26/07/1999, Rv. 528972-01; Sez. 2, Sentenza n. 4689 del 12/04/2000, Rv. 535619-01; Sez. 3, Sentenza n. 7515 del 12/04/2005; Rv. 584295-01; la prima decisione di questa Corte in tal senso rimonta a Sez. 1, Sentenza n. 820 del 05/05/1965, Rv. 311563-01).

1.2. Anche la seconda censura è infondata.

Gli attori avevano chiesto il risarcimento del danno da impossibilità di destinare il fondo ad attività agricole. Uno, dunque, era il danno lamentato dagli attori, ed uno di conseguenza era il credito risarcitorio sorto da tale danno, a nulla rilevando che esso, come è d’uso, fosse composto da più voci.

Correttamente, pertanto, la Corte d’appello ha fatto applicazione dell’art. 2055 c.c., avendo accertato in fatto la sussistenza di più condotte colpose che hanno concorso a provocare un danno unitario, rappresentato dalla perduta o diminuita utilizzabilità del fondo di proprietà degli attori.

E’ infatti pacifico, nella giurisprudenza di questa Corte, il principio secondo cui quando un danno sia conseguenza di concorrenti inadempimenti (o fatti illeciti), tutti gli autori ne rispondono in solido, a nulla rilevando che le condotte colpose causative del danno costituiscano autonomi e distinti fatti illeciti, o violazioni di norme giuridiche diverse (ex multis, Sez. 2, Sentenza n. 3651 del 24/02/2016, Rv. 638978-01; Sez. 2, Sentenza n. 20294 del 14/10/2004, Rv. 577706-01; Sez. 2, Sentenza n. 5103 del 10/05/1995, Rv. 492195-01; Sez. 2, Sentenza n. 1406 del 21/03/1989, Rv. 462237-01).

2. Il secondo motivo del ricorso principale del Comune.

Col secondo motivo il Comune lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Sostiene che la Corte d’appello, “pur riscontrando che l’illecito extracontrattuale oggetto del presente giudizio è articolato in una pluralità di azioni poste in essere dall’appaltatore e dal subappaltatore, non ha dato conto in motivazione di quale sia stato l’apporto del Comune di Pattada alla causazione del fatto”.

Nella illustrazione del motivo si sostiene che la Corte d’appello, dopo aver accertato l’autonomia dell’appaltatore e la sua esclusiva responsabilità per i danni arrecati agli attori, è pervenuta alla “improbabile ed implausibile” conseguenza della condanna del Comune di Pattada.

2.1. Il motivo è infondato.

In primo luogo, esso non censura affatto l’omesso esame di un fatto decisivo, ma lamenta una sorta di contraddittorietà della decisione, per aver condannato il Comune nonostante fosse stata accertata la responsabilità esclusiva dell’appaltatore.

Tuttavia nella motivazione della sentenza impugnata non c’è alcuna contraddizione: la Corte d’appello ha accertato che il danno era stato causato da un vizio progettuale; che il progetto era stato realizzato dal Comune; che di conseguenza il Comune doveva rispondere dei danni causati dall’esecuzione di quel progetto.

In questa sequenza logica non vi è alcuna contraddittorietà.

3. Il terzo motivo del ricorso principale del Comune.

Col terzo motivo di ricorso il Comune, formalmente invocando il vizio

di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un “difetto assoluto di motivazione o motivazione apparente”.

Nella illustrazione del motivo si sostiene che la Corte d’appello si è limitata ad affermare che alla produzione del danno ha concorso un vizio di progettazione dell’opera pubblica, senza individuare in cosa sia consistito tale errore progettuale. Per tale ragione, secondo la ricorrente, la sentenza sarebbe affetta da un difetto assoluto di motivazione.

3.1. Il motivo è infondato. La Corte d’appello ha affermato (a pagina 11, terzo capoverso, della sentenza impugnata) che sul lato ovest del fondo di proprietà degli attori era stato realizzato un fossato (previsto dalle tavole grafiche di progetto, come incontestatamente precisato dalla Euro MEC a p. 15, nota 1, del proprio controricorso) di altezza variabile e non sicuro per cose e persone, e che la formazione di tale fossato “è senz’altro riconducibile alla progettazione”.

Ha, poi, aggiunto che anche la formazione di solchi lungo il confine est del fondo di proprietà degli attori era dipesa dalle dimensioni dei fori di drenaggio realizzati alla base del muro dell’impianto di depurazione, “inidonea ad impedire l’anomalo deflusso dell’acqua”.

La motivazione della sentenza impugnata dunque non manca ne è apparente; la circostanza, poi, che essa possa dirsi “insufficiente” non può più, dopo la riforma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, costituire motivo di ricorso per cassazione.

4. Il primo motivo del ricorso incidentale Euro MEC.

Col primo motivo di ricorso incidentale la Euro MEC lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 2043 e 2055 c.c..

Nella illustrazione del motivo si sostiene che:

-) la Euro MEC aveva realizzato l’opera pubblica attenendosi strettamente alle prescrizioni di progetto, nè le era stata mai addebitata la realizzazione di opere in difformità;

-) per contratto la Euro MEC aveva l’obbligo di attenersi strettamente alle prescrizioni progettuali, senza nessuna discrezionalità, ed aveva con ciò rinunciato “all’autonomia organizzativa nell’esecuzione dell’opera”;

-) nella specie, per effetto di tali patti, era venuto ad esistenza un contratto di appalto “a regia”, per effetto del quale l’appaltatore era ridotto a mero nudus minister della volontà del committente, e che perciò di tutti i danni derivati ai terzi dall’esecuzione dell’opera non poteva che rispondere quest’ultimo.

4.1. Il motivo è inammissibile per estraneità alla ratio decidendi.

La Corte d’appello ha ritenuto in punto di fatto che “sono immediatamente attribuibili all’azione esecutiva dell’appaltatore il riporto dei materiali di risulta (rectius, la mancata asportazione di essi) e la realizzazione del muro di contenimento troppo basso (…) per effetto dell’aumentata altezza del terreno ricoperto di tali materiali, così che, in luogo dei sei metri di altezza previsti progetto, si hanno altezze variabili tra i 3,50 e 5,50”.

La Corte d’appello dunque ha accertato in punto di fatto, con valutazione non sindacabile in questa sede, che l’appaltatore sì è discostato dalle prescrizioni di progetto.

Il motivo è dunque inammissibile perchè si fonda sull’assunto che nella sentenza impugnata siano contenute affermazioni (la conformità dell’opera alle prescrizioni di progetto) che invece la sentenza non contiene affatto.

5. Il secondo motivo del ricorso incidentale Euro MEC.

Col secondo motivo la ricorrente incidentale Euro MEC lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame d’un fatto decisivo. Nella illustrazione del motivo si sostiene che la Corte d’appello avrebbe trascurato di prendere in esame sia il contenuto del contratto di subappalto stipulato tra la Euro MEC e la DG Elettrotecnica; sia altri documenti depositati in atti, dai quali emergeva che era stata la DG Elettrotecnica ad obbligarsi a rimuovere dal fondo degli attori il materiale di risulta; e che in base al contratto di subappalto quella società aveva assunto unicamente su di sè l’onere di effettuare la pulizia finale, con rimozione, ricarico ed allontanamento a pubblica discarica di tutti i materiali di risulta.

5.1. Il motivo è inammissibile per difetto di rilevanza.

Come accennato, la Corte d’appello ha ritenuto che l’appaltatore ed il subappaltatore hanno concausato il danno patito dagli originari attori (terzi rispetto tanto al contratto di appalto, quanto a quello di subappalto) in due modi: sia trascurando di rimuovere il materiale di risulta; sia realizzando un muro di contenimento troppo basso.

Non è mai stato in contestazione nel presente giudizio che la seconda delle suddette condotte sia ascrivibile alla Euro MEC.

Orbene, il danno del quale gli attori hanno domandato il risarcimento è rappresentato dalla perduta possibilità di utilizzare il proprio fondo per uso agricolo: ed alla produzione di tale danno unitario hanno ovviamente concorso sia l’omessa rimozione dei materiali di risulta, sia l’imperfetta esecuzione dell’opus sopra descritto.

Ne discende che, dovendosi ritenere unitario il danno del quale gli attori hanno domandato il risarcimento, ciascuno dei soggetti che ha concorso alla produzione di tale unitario e complessivo danno è tenuto a risponderne per l’intero, ai sensi dell’art. 2055 c.c., salvo il regresso nei confronti degli altri coobbligati.

Pertanto, anche se la Corte d’appello avesse preso in esame le pattuizioni contenute nel contratto di subappalto; ed anche se avesse applicato il pacifico principio secondo cui “caratteristica propria del contratto di appalto come di quello di subappalto è l’autonomia dell’imprenditore nell’esecuzione delle opere a lui commesse, sicchè, in caso di subappalto, la responsabilità del subcommittente per i danni derivati ai terzi dall’attività esecutiva dell’opera commessa al subappaltatore può essere affermata solo nel caso che il primo abbia esercitato sull’attività del secondo una ingerenza siffattamente penetrante da averlo reso mero esecutore dei suoi ordini” (Sez. 3, Sentenza n. 5690 del 12/06/1990, Rv. 467671-01), la decisione non sarebbe potuta essere diversa, dal momento che l’accertata sussistenza di un contributo causale fornito dalla Euro MEC per fatto proprio alla produzione del danno finale complessivo, obbligava quest’ultima, in solido con gli altri corresponsabili, al risarcimento dell’intero pregiudizio.

6. Il terzo motivo del ricorso incidentale Euro MEC.

Col terzo motivo la ricorrente incidentale Euro MEC lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, la violazione degli artt. 115,167 c.p.c., art. 2697 c.c..

Nella illustrazione del motivo si sostiene che la Corte d’appello avrebbe trascurato di tenere conto delle ammissioni compiute dalla DG Elettrotecnica, sia prima dell’introduzione della lite, sia nel corso del giudizio, con le quali aveva ammesso di avere sparso il materiale di risulta sul fondo dei proprietari, e di non averlo tempestivamente asportato.

6.1. Il motivo è inammissibile per le medesime ragioni già indicate con riferimento al terzo motivo del ricorso incidentale.

Infatti, poichè il danno finale lamentato dagli attori è stato il frutto di più azioni ed omissioni, l’autore di ciascuna di esse era obbligato a risponderne per l’intero, e le eventuali confessioni od ammissioni della DG Elettrotecnica avrebbero potuto rilevare solo nel rapporto fra questa e gli altri coobbligati, ma non già nel rapporto fra i danneggiati e la società appaltatrice.

7. Il quarto motivo del ricorso incidentale Euro MEC.

Col quarto motivo la ricorrente incidentale Euro MEC lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 2043 e 2055 c.c..

Nella illustrazione del motivo si sostiene che la Corte d’appello avrebbe violato gli articoli sopraindicati perchè, pur avendo accertato una condotta colposa unicamente a carico della DG Elettrotecnica, ha pronunciato condanna anche nei confronti della Euro MEC.

7.1. Il motivo è infondato per le ragioni già indicate: la Corte d’appello ha individuato sia una condotta colposa a carico del Comune, sia una condotta colposa a carico dell’appaltatore, sia una condotta colposa a carico del subappaltatore. Sicchè, avendo correttamente reputato essere unico ed unitario il danno causato da tali condotte (e cioè l’impossibilità di godimento del fondo) ha condannato tutti e tre i suddetti soggetti in solido, ex art. 2055 c.c., al risarcimento del danno.

8. Il quinto motivo di ricorso incidentale della Euro MEC.

Col quinto motivo la ricorrente incidentale Euro MEC lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, la violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c.. L’illustrazione del motivo contiene una censura riassumibile come segue:

-) il Comune di Pattada, nel costituirsi in primo grado, chiese che, in caso di accoglimento della domanda attorea, la società Edilver (poi Euro MEC) fosse condannata a tenerlo indenne “da tutti i danni che il Comune fosse condannato a pagare agli attori per lo stoccaggio nel loro terreno di materiale di risulta non conferito in discarica”; chiese, invece, nei confronti di una terza società, la Jardin Lloyd Thompson s.r.l., di essere da essa tenuto indenne “dei danni causati al terreno degli attori in conseguenza del riversamento delle acque del depuratore nel terreno di loro proprietà, in occasione delle piogge cadute nelle giornate del 27 e 28 agosto 2009”;

-) l’amministrazione comunale, pertanto, non aveva affatto domandato di essere tenuta indenne dalla Edilver (poi Euro MEC) per le somme che fosse stato costretto a pagare agli attori in conseguenza del riversamento delle acque del depuratore nel terreno di loro proprietà;

-) la Corte d’appello, tuttavia, aveva condannato la Edilver al risarcimento direttamente in favore degli attori, ritenendo che la sua chiamata in causa da parte del Comune aveva determinato l’automatica estensione della domanda attorea anche nei confronti della società appaltatrice;

-) il principio di estensione automatica della domanda nel caso di chiamata in causa del terzo, tuttavia, nella specie non poteva operare, giacchè il Comune non aveva affatto individuato nella Edilver “l’unica diretta responsabile di ogni pretesa attorea”, ma, per quanto già detto, aveva individuato una ulteriore società, la Jardin Lloyd Thompson quale corresponsabile del danno.

8.1. Il motivo è inammissibile, e comunque sarebbe anche infondato nel merito.

In primo luogo il motivo è inammissibile, perchè dalla sentenza d’appello risulta che in grado di appello gli originari attori chiesero espressamente la condanna della Edilver.

Dunque non vi fu alcuna “automatica estensione della domanda” attorea, ma una estensione espressa ed esplicita. Nè la ricorrente ha fatto questione, nella presente sede, circa la ritualità della domanda in tal senso formulata dagli attori.

Una volta accertato che gli attori estesero espressamente la loro domanda nei confronti della Edilver, diventano irrilevanti le ragioni per le quali il Comune abbia chiesto a suo tempo di essere tenuto indenne dalla Edilver: ed infatti tale domanda di manleva è stata ritenuta dalla corte d’appello mai proposta (con statuizione non impugnata in questa sede) e di conseguenza non è stata esaminata. E’ dunque evidente che non può nemmeno concepirsi un vizio di ultrapetizione, rispetto ad una domanda che il giudice di merito ha ritenuto mai proposta.

Ne discende che:

-) rispetto alla domanda di manleva formulata dal Comune non può esservi ultrapetizione, perchè su tale domanda la Corte d’appello non si è pronunciata;

-) rispetto alla domanda attorea non vi è stata ultrapetizione, perchè gli attori in appello formularono una espressa domanda di condanna della Edilver in solido con gli altri coobbligati per tutti i danni patiti.

9. Il primo motivo del ricorso incidentale della DG Elettrotecnica.

Col primo motivo la ricorrente incidentale DG Elettrotecnica lamenta il giudizio di omesso esame del fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nonchè la “violazione del diritto al contraddittorio ex art. 101 c.p.c.”.

Nella illustrazione del motivo si sostiene che l’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado era nullo perchè incomprensibile; che il giudice di primo grado aveva rifiutato di concedere il termine per l’integrazione dell’atto nullo; che tale rifiuto aveva impedito alla DG Elettrotecnica “di difendersi nei due gradi di giudizio”.

9.1. Il motivo è inammissibile per due indipendenti ragioni.

Innanzitutto è inammissibile perchè in violazione di quanto imposto, a pena d’inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 6, non trascrive, nè riassume, le parti dell’atto di citazione che sostiene essere state inintelligibili.

In secondo luogo è inammissibile perchè non indica per quali ragioni le allegate carenze dell’atto di citazione (che non è dato sapere in cosa consistettero) avrebbero impedito alla società DG Elettrotecnica l’esercizio del diritto di difesa, nè quali difese decisive avrebbe potuto svolgere se l’atto di citazione fosse stato completo.

In ogni caso, e nel merito, la Corte d’appello ha ritenuto (p. 10 della sentenza) che l’atto di citazione era chiaro ed esaustivo per quanto concerneva le cause del danno lamentato ed il risarcimento richiesto, e tale valutazione non risulta validamente censurata, essendosi la ricorrente incidentale limitata a ribadire che l’atto era nullo, ma senza indicare per quali ragioni la valutazione compiuta dalla Corte d’appello circa la esaustività dell’atto di citazione sarebbe stata erronea.

10. Il secondo motivo del ricorso incidentale della DG Elettrotecnica.

Col secondo motivo di ricorso incidentale la DG Elettrotecnica lamenta il vizio di difetto assoluto di motivazione o motivazione apparente.

Sostiene che, dal momento che l’atto di citazione “non conteneva alcuna numerazione” delle pagine, la Corte d’appello non poteva affermare, come invece fece, che “l’integrazione delle due righe mancanti tra la prima e la seconda pagina effettuata a verbale dagli attori non aggiungeva nulla di più”.

10.1. Il motivo è manifestamente infondato.

In primo luogo, la Corte d’appello ha affermato che l’atto di citazione era chiaro ed esaustivo, anche al netto di qualsiasi integrazione compiuta a verbale, e questo giudizio di “chiarezza dell’atto di citazione a prescindere da qualsiasi integrazione” non è stato impugnato dalla DG Elettrotecnica.

Nulla rileva, pertanto, se la Corte d’appello abbia fatto riferimento in modo esatto alle pagine, alla numerazione o ad altre strutture grafiche dell’atto di citazione, dal momento che tali eventuali inesattezze non infirmano il giudizio di comprensibilità dell’atto di citazione.

11. Il terzo motivo del ricorso incidentale della DG Elettrotecnica.

Col terzo motivo la ricorrente incidentale lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, sia l’illegittimità della propria chiamata in causa da parte del Comune, sia l’erroneità della propria condanna al risarcimento del danno.

Nella illustrazione del motivo è contenuta una serie di affermazioni frammiste, di non facile dipanamento.

La ricorrente afferma infatti in sequenza:

a) che il contratto di subappalto le impediva qualsiasi autonomia, e la obbligava invece ad attenersi alle indicazioni del subcommittente;

b) che l’opera era stata regolarmente collaudata;

c) di essere sfornita di legittimazione passiva rispetto alla pretesa del Comune;

d) che i danni lamentati dagli attori non erano stati causati dalle opere progettuali, ma da “opere fuori progetto”.

11.2. Il motivo è innanzitutto inammissibile, perchè non contiene alcuna ragionata e chiara censura alla decisione d’appello, ma solo la giustapposizione di affermazioni e principi uno via l’altro, apparentemente non legati da alcun filo conduttore.

Un ricorso per cassazione così concepito viola i principi ripetutamente affermati da questa Corte, a partire da Sez. 3, Sentenza n. 4741 del 04/03/2005, Rv. 581594-01, sino a Sez. un., Sentenza n. 7074 del 20/03/2017, secondo i quali il ricorso per cassazione è un atto nel quale si richiede al ricorrente di articolare un ragionamento sillogistico così scandito:

(a) quale sia stata la decisione di merito;

(b) quale sarebbe dovuta essere la decisione di merito;

(c) quale regola o principio sia stato violato, per effetto dello scarto tra decisione pronunciata e decisione attesa.

Questa Corte, infatti, può conoscere solo degli errori correttamente censurati, ma non può di norma rilevarne d’ufficio, nè può pretendersi che essa intuisca quale tipo di censura abbia inteso proporre il ricorrente, quando questi esponga le sue doglianze con tecnica scrittoria oscura, come si è già ripetutamente affermato (da ultimo, in tal senso, Sez. 3, Sentenza n. 21861 del 30.8.2019; Sez. 3, Ordinanza n. 11255 del 10.5.2018; Sez. 3, Ordinanza n. 10586 del 4.5.2018; Sez. 3, Sentenza 28.2.2017 n. 5036).

11.3. Ad abundantiam, reputa comunque il Collegio opportuno rilevare che:

dilunga a descrivere il concetto di associazione temporanea d’imprese e gli obblighi che ne scaturiscono, senza mai precisare se nella specie l’appalto fu eseguito da un’associazione temporanea d’imprese; chi ne facesse parte; quale ruolo avesse in quella associazione temporanea la Edilver. Ma soprattutto non censura convenientemente l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, a pagina 7, penultimo capoverso, ove si afferma che l’appello è stato proposto dalla “Euro MEC Service s.r.l., già Edilver s.r.l.”.

La Corte d’appello, pertanto, in modo stringato ma esplicito, ha qualificato la società appellante come successore della società chiamata in causa nel primo grado di giudizio, e tale valutazione non è stata confutata.

13. Le spese.

Le spese del presente giudizio di legittimità vanno così regolate:

(a) nei rapporti reciproci tra il Comune di Pattada, la Euro MEC e la DG Elettrotecnica, vanno interamente compensate per effetto della reciproca soccombenza;

(b) il Comune di Pattada, la Euro MEC e la DG Elettrotecnica vanno condannati in solido alle rifusione delle spese in favore di F.M., C.L. e C.T.A..

13.1. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico delle parti ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

P.Q.M.

la Corte di Cassazione:

(-) rigetta il ricorso principale e quelli incidentali;

(-) compensa integralmente le spese del presente giudizio di legittimità tra il Comune di Pattada, la Euro MEC e la DG Elettrotecnica;

(-) condanna il Comune di Pattada, la Euro MEC e la DG Elettrotecnica, in solido, alla rifusione in favore di F.M., C.L. e C.T.A., in solido, delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 8.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di il Comune di Pattada, la Euro MEC e la DG Elettrotecnica, in solido, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 11 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2020

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