Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12881 del 13/05/2021

Cassazione civile sez. III, 13/05/2021, (ud. 19/01/2021, dep. 13/05/2021), n.12881

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 4666 del ruolo generale dell’anno 2018

proposto da:

4B S.r.l., (P.I.: (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante

pro tempore, B.N., rappresentata e difesa, giusta procura

allegata al ricorso, dall’avvocato Maria Saracino, (C.F.:

(OMISSIS));

– ricorrente –

nei confronti di:

MUSA S.r.l., (C.F.: (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante

pro tempore;

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Perugia n.

569/2017, pubblicata in data 3 agosto 2017;

udita la relazione sulla causa svolta alla Camera di consiglio del 19

gennaio 2021 dal Consigliere Dott. Augusto Tatangelo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

4B S.r.l. ha proposto opposizione all’esecuzione ed agli atti esecutivi, ai sensi degli artt. 615 e 617 c.p.c., avverso l’atto di precetto di pagamento dell’importo di Euro 169.253,57, oltre accessori, ad essa notificato da Musa S.r.l., sulla base di un decreto ingiuntivo non opposto.

L’opposizione è stata rigettata dal Tribunale di Perugia.

La Corte di Appello di Perugia ha confermato la decisione di primo grado.

Ricorre 4B S.r.l., sulla base di cinque motivi.

Non ha svolto attività difensiva in questa sede la società intimata.

E’ stata disposta la trattazione in Camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c..

La società ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 479,480,654 e 647 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c. comma 1 n. 3”.

Il motivo di ricorso ha ad oggetto l’opposizione agli atti esecutivi proposta ai sensi dell’art. 617 c.p.c., dalla società ricorrente, unitamente all’opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c., avverso l’atto di precetto notificatole dalla Musa S.r.l. (per la mancata indicazione, in esso, della data di apposizione della formula esecutiva al decreto ingiuntivo posto a base dell’intimazione).

Trattandosi pacificamente di questione oggetto di un motivo di opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., l’omessa pronuncia del giudice di primo grado (così come una eventuale pronunzia, esplicita o implicita che fosse) avrebbe dovuto essere, per questo aspetto, oggetto di ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. e non avrebbe potuto costituire oggetto di appello (che in caso di opposizioni esecutive di diversa natura proposte contestualmente, la decisione relativa ad ognuna di esse debba essere impugnata con il mezzo che le è proprio, e che tale regola valga anche nell’ipotesi in cui sia omessa la pronunzia in relazione ad una di esse, è principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte: cfr. ad es., ex multis: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 18312 del 27/08/2014, Rv. 632102 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 14661 del 18/07/2016, Rv. 640586 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 3166 del 11/02/2020, Rv. 656752 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 3722 del 14/02/2020, Rv. 657020 – 01).

Dunque, in relazione al motivo di opposizione in esame l’appello non avrebbe potuto essere proposto e la relativa inammissibilità può e deve essere rilevata e dichiarata, anche di ufficio, nella presente sede, ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3, non essendosi il giudice di secondo grado espressamente pronunziato sulla questione (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 15698 del 11/07/2006, Rv. 591243 – 01), il che comporta la cassazione senza rinvio della decisione impugnata, sul punto.

2. Con il secondo motivo si denunzia “Nullità della sentenza impugnata ex art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 118 disp. att., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”.

Il motivo è fondato.

La censura ha ad oggetto la questione della possibilità di dedurre, in sede di opposizione all’esecuzione, i fatti estintivi e/o modificativi del diritto consacrato nel titolo esecutivo costituito da un decreto ingiuntivo non opposto, laddove essi siano intervenuti dopo l’emissione del decreto stesso.

Nella specie, il fatto estintivo/modificativo dedotto con l’opposizione è costituito da una transazione stipulata dalle parti dopo l’emissione del decreto ingiuntivo e dopo la richiesta di notificazione dello stesso da parte della società creditrice, ma prima della ricezione di detta notificazione da parte della società debitrice ingiunta, transazione la cui efficacia risulta peraltro espressamente confermata a quest’ultima dal procuratore della creditrice dopo il completamento del procedimento notificatorìo del decreto.

Secondo la società ricorrente, la decisione sul punto sarebbe fondata su una motivazione insanabilmente contraddittoria sul piano logico e sostanzialmente incomprensibile nel suo senso complessivo. La corte di appello avrebbe infatti dapprima affermato di volere dare seguito ai principi di diritto espressi in uno specifico precedente di questa Corte sul tema (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 6337 del 19/03/2014, Rv. 629906 – 01, secondo cui “il passaggio in giudicato della sentenza che dichiari l’inammissibilità, per ragioni di rito, di un’opposizione a decreto ingiuntivo, al pari dell’estinzione del giudizio incardinato dall’opposizione, la quale riguarda solo l’opposizione al decreto in quanto accertativo del credito al momento della sua pronuncia, non precludono al debitore ingiunto di far valere – con un’azione di accertamento negativo o, se sia minacciata o iniziata l’esecuzione sulla base del decreto, attraverso gli strumenti, secondo i casi, dell’opposizione al precetto o all’esecuzione – eventuali fatti modificativi, impeditivi o estintivi del diritto azionato in via monitoria verificatisi tra l’emissione del decreto ingiuntivo ed il termine per proporre opposizione, ovvero sopravvenuti nel corso del giudizio ex art. 645 c.p.c., ancorchè gli stessi fossero stati introdotti in tale sede senza formare oggetto di una specifica domanda di accertamento”), ma poi avrebbe deciso nel senso esattamente contrario a quello espresso da detti principi (dichiarando quindi inammissibile la deduzione, da parte della società intimata, del fatto sopravvenuto costituito dalla transazione, in sede di opposizione all’esecuzione).

Orbene, effettivamente la motivazione della sentenza impugnata sulla questione in esame è insanabilmente contraddittoria sul piano logico e sostanzialmente non comprensibile nel suo senso complessivo logico e giuridico, sia con riguardo alle argomentazioni svolte che alle relative conclusioni.

La corte di appello afferma di intendere conformarsi ai principi di diritto espressi nel richiamato precedente di legittimità, costituito da Cass. n. 6337 del 2014, in base ai quali dovrebbe ritenersi ammessa la deducibilità in sede di opposizione all’esecuzione dei fatti estintivi e/o modificativi intervenuti come la transazione per cui è causa – tra l’emissione del decreto ingiuntivo e la scadenza del termine per la relativa opposizione.

Poi però conclude esattamente nel senso contrario a quello che deriverebbe dell’applicazione di tali principi, cioè nel senso che, essendo la transazione intervenuta prima della notificazione del decreto ingiuntivo, essa non poteva essere dedotta a fondamento dell’opposizione all’esecuzione.

Infine, pur avendo negato che si potessero dedurre in sede di opposizione all’esecuzione i fatti estintivi e/o modificativi anteriori alla notificazione del decreto ingiuntivo e pur avendo ritenuto tale (da un punto di vista cronologico) la transazione conclusa dalle parti, non solo prende in esame il contenuto dell’accordo transattivo (sia con riguardo alla sua natura, ritenendola non novativa, sia con riguardo al corretto adempimento delle relative obbligazioni, ritenendole correttamente adempiute dalla società creditrice e non da quella debitrice), ma addirittura tiene comunque conto, nel decidere sul merito dell’opposizione, del pagamento effettuato dalla società ingiunta in adempimento della predetta transazione, cioè di un fatto sopravvenuto (parzialmente) estintivo verificatosi lo stesso giorno della transazione.

E’ evidente che non è assolutamente possibile ricostruire il senso logico del percorso argomentativo alla base di una siffatta contraddittoria decisione.

La corte di appello avrebbe dovuto decidere, in primo luogo, se dare effettivamente seguito ai principi di diritto affermati nel precedente di legittimità richiamato (in base al quale è ammessa in sede di opposizione all’esecuzione la deducibilità dei fatti estintivi e/o modificativi intervenuti tra l’emissione del decreto ingiuntivo e la scadenza del termine per l’opposizione), ovvero se applicare diversi principi di diritto (ammettendo cioè la deducibilità in sede di opposizione all’esecuzione dei soli fatti estintivi e/o modificativi intervenuti dopo la notificazione del decreto ingiuntivo o, addirittura, negando in radice tale deducibilità con riguardo a tutti i fatti successivi all’emissione del decreto stesso).

Avrebbe inoltre dovuto eventualmente valutare, in fatto (ove necessario), con riguardo alla fattispecie concreta, se la transazione stipulata dopo il momento perfezionativo della notificazione del decreto ingiuntivo per il creditore, ma prima del momento perfezionativo della stessa per il debitore ingiunto, dovesse intendersi collocata sul piano temporale a monte o a valle della notificazione del decreto ingiuntivo e se sotto questo aspetto potesse avere rilievo la espressa conferma della stessa da parte del procuratore della società creditrice, in epoca successiva alla notificazione.

Solo laddove avesse ritenuto la transazione deducibile in sede di opposizione all’esecuzione, in ragione della sua collocazione temporale, avrebbe poi dovuto esaminarne la natura ed il contenuto e valutare il suo corretto adempimento, ai fini della decisione del merito dell’opposizione. E altrettanto avrebbe dovuto fare con riguardo al pagamento effettuato dalla società creditrice contestualmente alla stipula della transazione, laddove avesse ritenuto deducibili i fatti estintivi e/o modificativi avvenuti in quella data (ma, eventualmente, non l’accordo transattivo in quanto tale, perchè non novativo e già risolto per inadempimento della società debitrice).

Negare la deducibilità dei fatti estintivi e/o modificativi avvenuti prima della notificazione del decreto ingiuntivo (peraltro dopo avere affermato chiaramente di volere invece aderire all’indirizzo interpretativo favorevole a tale deducibilità), ritenere la transazione stipulata dalle parti anteriore a tale notificazione e, come tale, non deducibile a fondamento dell’opposizione della società ingiunta, ma poi tener conto sia della transazione, sia, soprattutto, del pagamento effettuato nella medesima data, comporta l’insanabile contraddittorietà logica della decisione impugnata, che va pertanto cassata affinchè, in sede di rinvio, si provveda a rivalutare integralmente la fattispecie, sia in fatto che in diritto, sulla base di un percorso argomentativo logico coerente.

3. Con il terzo motivo si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 100,615 e 645 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Con il quarto motivo si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1965,1976 e 1362,1363 e 1366 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c. comma 1 n. 3”.

Con il quinto motivo si denunzia “Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5)”.

Gli ulteriori motivi del ricorso, avendo ad oggetto le questioni di diritto e di fatto relative al merito dell’opposizione all’esecuzione, restano assorbiti, in considerazione della indicata necessità di un integrale riesame della fattispecie, sia in fatto che in diritto, in sede di rinvio.

4. In definitiva:

– con riguardo all’opposizione agli atti esecutivi proposta dalla ricorrente ai sensi dell’art. 617 c.p.c., di cui al primo motivo del ricorso, la decisione impugnata è cassata senza rinvio, ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3, perchè l’appello della ricorrente stessa non poteva essere proposto;

– con riguardo all’opposizione all’esecuzione proposta dalla ricorrente ai sensi dell’art. 615 c.p.c., di cui ai successivi motivi del ricorso, è accolto il secondo motivo, assorbiti gli altri, e la sentenza impugnata è cassata in relazione, con rinvio alla Corte di Appello di Perugia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte:

– cassa senza rinvio la decisione impugnata, perchè l’appello non poteva essere proposto, con riguardo all’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c., di cui al primo motivo del ricorso;

– accoglie, con riguardo all’opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c., il secondo motivo del ricorso, assorbiti gli altri; cassa in relazione la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Perugia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 19 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2021

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