Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12880 del 22/06/2016

Cassazione civile sez. III, 22/06/2016, (ud. 26/02/2016, dep. 22/06/2016), n.12880

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10847/2014 proposto da:

GESTIONE LIQUIDATORIA AZIENDA OSPEDALIERA VERONA, AZIENDA OSPEDALIERA

UNIVERSITARIA INTEGRATA DI VERONA, in persona del Direttore Generale

Dott. C.S., elettivamente domiciliate in ROMA, VIA F.

CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato ANDREA MANZI, che

le rappresenta e difende unitamente agli avvocati LUCIA POLI,

ROBERTA SARDOS ALBERTINI giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

BANCA POPOLARE DELL’EMILIA ROMAGNA SCARL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 633/2013 del TRIBUNALE di VERONA, depositata

il 19/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/02/2016 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO;

udito l’Avvocato FEDERICA MANZI per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

per il rigetto del ricorso.

Fatto

I FATTI

Nel 2010, la Banca Popolare dell’Emilia Romagna iniziò una azione risarcitoria nei confronti della Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, chiedendone la condanna al risarcimento del danno a causa delle condotte colpose tenute dalla Azienda, integrate dalla omessa indicazione, all’interno di una dichiarazione di terzo positiva resa all’interno di una procedura di pignoramento presso terzi, di aver già ricevuto la notifica di un precedente pignoramento presso terzi da parte della banca, creditore procedente;

sollevata dall’Azienda eccezione di carenza di legittimazione passiva, la banca chiamò in causa la Gestione Liquidatoria dell’Azienda Ospedaliera.

Il giudizio si concluse in primo grado con sentenza del Tribunale di Verona n. 633 del 2013, che rigettava le domande nei confronti della Azienda, con compensazione delle spese, e condannava la Gestione a risarcire il danno alla banca, nella misura di Euro 35.780,20 oltre rivalutazione monetaria dal 15.10.2008, interessi compensativi sull’importo annualmente rivalutato ed interessi legali dalla data della sentenza al saldo effettivo, con condanna alle spese.

Sia l’Azienda che la Gestione proponevano appello, mentre la Banca proponeva appello incidentale, chiedendo che le istituzioni ospedaliere fossero condannate al pagamento di una somma maggiore.

La Corte d’Appello di Venezia dichiarava inammissibili, ex art. 348 ter c.p.c., entrambi gli appelli.

L’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona nonchè la Gestione Liquidatoria dell’Azienda Ospedaliera di Verona propongono congiuntamente ricorso nei confronti della Banca Popolare dell’Emilia Romagna s.c.a r.l. per la cassazione della sentenza n. 633/2013 depositata dal Tribunale di Verona in data 19.3.2013, notificata il 12.6.2013, atteso che con ordinanza depositata in data 17.2.2014 la Corte d’Appello di Venezia ha dichiarato inammissibile l’appello principale proposto dalle odierne ricorrenti compensando le spese di lite; formulano motivi di ricorso autonomi: un unico motivo per l’Azienda, quattro motivi per la Gestione Liquidatoria.

L’intimata non ha svolto attività difensiva.

Diritto

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

La posizione della Azienda Ospedaliera.

Con l’unico suo motivo di ricorso, l’Azienda ospedaliera deduce la nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 132, comma 2, art. 118 disp. att. c.p.c., nonchè artt. 91 e 92 c.p.c..

Critica la decisione impugnata laddove, a fronte dell’accoglimento della eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dall’Azienda, ha compensato le spese legali tra l’azienda e la banca attrice, adducendo come ragione della compensazione la complessità del quadro normativo, ad avviso della ricorrente mera formula di stile ed inidonea ad integrare quelle “gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione” che sole, sulla base del testo dell’art. 92 c.p.c., come modificato dalla L. n. 69 del 2009, consentono di disporre legittimamente la compensazione.

La posizione della Gestione Liquidatoria.

Per quanto concerne invece la posizione della Gestione liquidatoria, essa con il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ed anche la nullità della sentenza in relazione agli artt. 524, 550, 615, 6127 e 619 c.p.c..

Critica il punto della sentenza impugnata in cui il tribunale ha ravvisato un errore colposo della ricorrente nel fatto di non aver precisato, nel rendere la dichiarazione nel secondo pignoramento intrapreso dalla società Scaligera, di aver già ricevuto la notifica di un pignoramento presso terzi da parte della banca odierna intimata, in violazione dell’art. 550 c.p.c., errore fonte di danno per la banca in quanto il credito del terzo è stato assegnato anzichè alla banca, primo pignorante, alla Scaligera, secondo pignorante.

Sostiene che fosse compito dell’ufficiale giudiziario, che trova un pignoramento già compiuto, inserire il verbale relativo al secondo pignoramento nel fascicolo formato in base al primo pignoramento, il che avrebbe consentito di accertare l’esistenza di due pignoramenti relativi agli stessi beni. Inoltre, denuncia che il giudice dell’esecuzione, pur a fronte di una istanza di rettifica della propria dichiarazione depositata dal terzo dichiarante, non abbia revocato l’ordinanza di assegnazione. Infine, deduce che il giudice non ha tenuto conto del concorso di colpa del creditore che avrebbe fatto in tempo ad intervenire, seppur tardivamente, nella seconda procedura, proponendo opposizione agli atti e chiedendo la sospensione dell’esecuzione.

Con il secondo motivo, la Gestione Liquidatoria denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto nonchè la nullità della sentenza in relazione agli artt. 547 e 617 c.p.c. e art. 2732 c.c..

Critica il punto della sentenza impugnata laddove ha giudicato colposo il comportamento della Gestione senza considerare che successivamente all’udienza fissata per la sua dichiarazione questa ha depositato una istanza di rettifica in cui riconosceva l’errore nella dichiarazione e chiedeva di poterla rettificare.

Con il terzo motivo, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto nonchè la nullità della sentenza in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c., art. 11 Cost. e art. 2056 c.c..

Critica il punto della sentenza impugnata laddove il giudice di merito ha liquidato il danno in misura pari alla percentuale spettante all’attrice in forza della par condirlo, assumendo che il criterio di ripartizione è inesatto e che il punto è sostanzialmente privo di motivazione. Sostiene che la somma che avrebbe dovuto caso mai percepire l’istituto di credito era pari al 50% del suo credito, detratto quanto ha comunque percepito in virtù della ordinanza di assegnazione.

Infine, con l’ultimo motivo di ricorso, la Gestione denuncia la nullità della sentenza in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 4, art. 118 disp. att. c.p.c. e art. 91 c.p.c., laddove ha posto a suo carico integralmente, senza compensare neppure in parte, le spese di lite sostenute dalla banca pur avendo accolto solo in parte la domanda della banca stessa, cioè per un importo di molto inferiore a quanto richiesto in primo grado.

Il ricorso va dichiarato complessivamente inammissibile, il che preclude l’esame della fondatezza nel merito dei singoli motivi, in quanto la ricorrente, pur avendo proposto un ricorso per saltum, ovvero direttamente avverso la sentenza di primo grado, atteso che la Corte d’Appello di Venezia, giudice di appello, ha dichiarato inammissibile il ricorso per carenza di ragionevole probabilità di accoglimento, ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., comma 1, non ha riprodotto nel ricorso i motivi di appello (a pag. 9 vengono solo richiamate le conclusioni), attività necessaria ai fini di consentire a questa Corte di verificare nè se attraverso i motivi di ricorso siano state veicolate censure non introdotte nei gradi di merito, e neppure se sulle questioni sollevate dai motivi si sia formato il giudicato interno, essendo state introdotte con la domanda di primo grado ma non riproposte con l’atto di appello.

Deve infatti ribadirsi il principio già affermato da questa Corte secondo il quale in caso di ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., comma 3, si applicano le disposizioni di cui agli artt. 329 e 346 del medesimo codice, sicchè la parte deve fornire l’indicazione che la questione sollevata in sede di legittimità sia già stata devoluta, sia pure nella forma propria dei motivi di appello, al giudice del gravame, dichiarato inammissibile ex art. 348 bis c.p.c. (Cass. n. 2784 del 2015).

Nulla sulle spese non avendo l’intimata svolto attività difensiva.

Atteso che il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, ed in ragione della soccombenza del ricorrente, la Corte, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, il 26 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2016

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