Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12878 del 09/06/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 12878 Anno 2014
Presidente: COLETTI DE CESARE GABRIELLA
Relatore: MANNA ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 19228-2009 proposto da:
– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE C.F. 80078750587, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso
l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e
2014
972

difeso dagli avvocati RICCIO ALESSANDRO, VALENTE
NICOLA, PATTERI ANTONELLA, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

POTI’ GRAZIATA, POTI’ CESARE, quali eredi di COSIMA

Data pubblicazione: 09/06/2014

SANTORO;
– intimati –

avverso la sentenza n. 1070/2009 della CORTE
D’APPELLO di LECCE, depositata il 04/06/2009 R.G.N.
2975/2007;

udienza del 19/03/2014 dal Consigliere Dott. ANTONIO
MANNA;
udito l’Avvocato PATTERI ANTONELLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

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R.G. n. 19228/09
Ud. 19.3.14
INPS c. Poti

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata il 4.6.09 la Corte d’appello di Lecce rigettava il gravame
interposto dall’INPS contro la pronuncia n. 280/06 del Tribunale della stessa sede
che aveva accolto la domanda di Graziata e Cesare Potì, quali eredi di Cosima

Santoro, intesa ad ottenere l’integrazione al trattamento minimo sulla pensione di
reversibilità in applicazione della sentenza n. 314/85 della Corte cost., sui ratei
relativi al periodo settembre 1945 — settembre 1983.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre l’INPS affidandosi ad un solo motivo.
Gli intimati sono rimasti tali.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1- Con unico motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione degli
artt. 47 d.P.R. n. 639/70 e 6 d.l. n. 203/91, convertito in legge n. 166/91, per avere i
giudici di merito rigettato l’eccezione di decadenza decennale sollevata dall’INPS,
atteso che, a fronte di una domanda amministrativa inoltrata — nel caso di specie — il
4.2.86, il relativo ricorso al Comitato provinciale era stato presentato soltanto il
9.1.02, con la conseguenza che dovevano ritenersi estinti per decadenza i ratei della
prestazione richiesti per il periodo settembre 1945 — settembre 1983 in quanto
maturati oltre un decennio prima della domanda giudiziale, proposta il 15.5.02.

2- Il motivo è fondato, dovendosi ribadire le considerazioni già svolte da
giurisprudenza ormai consolidata di questa S.C. (v. Cass. n. 18838/11, 6018/05 e
20715/04).
L’art. 47 del d.P.R. 30 aprile 1970, a 639 dispone, al primo comma, che, esauriti i
ricorsi in via amministrativa, può essere proposta l’azione dinanzi all’autorità
giudiziaria ai sensi degli artt. 459 ss. c.p.c. (ora art. 409 e ss. c.p.c.) e, al secondo
comma, che l’azione giudiziaria può essere proposta entro il termine di dieci anni
dalla data di comunicazione della decisione definitiva del ricorso pronunciata dai
competenti organi dell’istituto o dalla data di scadenza del termine stabilito per la
decisione medesima, se trattasi di controversie in materia di trattamenti
pensionistici.
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R.G. n. 19228/09
Ud. 19.3.14
INPS c. Potì

L’interpretazione fornita dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema in ordine al
termine decennale stabilito nella citata norma, dopo differenti posizioni circa la sua
natura prescrizionale o decadenziale, si era orientata nel senso che esso avesse
natura meramente procedimentale: non produceva, cioè, effetti sostanziali

delimitando unicamente l’efficacia temporale della condizione di procedibilità della
domanda giudiziale La scadenza del termine, pertanto, comportava esclusivamente
il difetto di dettat procedibilità, rendendosi necessaria la ripetizione della procedura
amministrativa, per poi adire il giudice. Sul piano sostanziale dovevano ritenersi
prescritti i ratei anteriori ai dieci anni precedenti la presentazione della nuova
domanda amministrativa, alla quale andava riconosciuta efficacia interruttiva della
prescrizione decennale (Cass. sez. un. 21 giugno 1990 a 6245 e, nello stesso senso
Corte cost. 26 marzo 1991 n. 126).
A fronte di tale interpretazione veniva emanato il d.l. 29 marzo 1991, n. 103
convertito nella legge 1 giugno 1991 a 166, il cui art. 6 dispone: “I termini previsti
dall’art. 47, commi 2 e 3, d p. r. 30 aprile 1970 n. 639″ sono posti a pena di
decadenza per l’esercizio del diritto alla prestazione previdenziale. La decadenza
determina l’estinzione del diritto ai ratei pregressi delle prestazioni previdenziali e
l’inammissibilità della relativa domanda giudiziale; in caso di mancata
proposizione del ricorso amministrativo, i termini decorrono dall’insorgenza del
diritto ai singoli ratei.
Le disposizioni di cui al 1″ comma hanno efficacia retroattiva, ma non si
applicano ai processi che sono in corso alla data di entrata in vigore del presente
decreto”.
Il legislatore è poi intervenuto nuovamente (con l’art. 4 del d.l. 19 settembre 1992
n. 384, convertito sul punto, senza modificazioni, in legge 14 novembre 1992 a
438), sostituendo, tra l’altro, al termine decennale un t -infine triennale, ma
escludendo espressamente, l’applicazione dei nuovi termini

“ai procedimenti

instaurati anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto ancora
in corso alla medesima data”.
La giurisprudenza della Corte ha chiarito (v., ex aliis, Cass. 9 gennaio 1999, n.
152) che l’applicabilità della nuova ipotesi di decadenza presuppone la
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R. G. n. 19228/09
Ud. 19.3.14
INPS c. Potì

presentazione della richiesta di prestazione dopo l’entrate in vigore del D L a 384
del 1992.
Nella specie, quindi, essendo stata proposta la domanda amministrativa di
integrazione al minimo il 4.2.86, deve trovare applicazione il termine decennale.

La citata norma, nel dettare un nuovo testo del secondo comma dell’art. 47 del
d.P.R. a 639 del 1970, non solo sostituiva, come si è detto, al termine decennale
quello triennale, ma individuava altresì un’ulteriore possibilità di decorrenza del
termine di decadenza con riguardo alla “data di scadenza dei termini prescritti per
l’esaurimento del procedimento amministrativo, computati a decorrere dalla data
di presentazione della richiesta di prestazione”.
Questo intervento sostitutivo pone il problema se sia ancora attuale la previsione,
introdotta, come si è detto, nel 1991, della decorrenza del termine decadenziale
“dall’insorgenza del diritto ai singoli ratei”, per il caso in cui non siano stati
presentati ricorsi amministrativi, potendo sembrare che il riferimento alla scadenza
dei termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo,
contestualmente ed alternativamente alla previsione del dies a quo costituito dalla
comunicazione della decisione sul ricorso ovvero del termine per renderla, assorba
proprio l’eventualità della mancata proposizione di ricorsi.
È avviso della Corte che al suindicato problema debba darsi soluzione
affermativa, sulla scorta di altri propri precedenti (cfr., e pluribus, Cass. n.
6018/05).
Depongono in tal senso la lettera e la ratio della novella.
Quanto alla prima, è agevole rilevare, in primo luogo, che la scadenza dei termini
complessivamente previsti per il procedimento amministrativo è legata alla
previsione delle due precedenti evenienze (decisione sul ricorso o termine per
provvedervi) dalla medesima relazione disgiuntiva che intercorre tra queste, sicché
appare difficilmente sostenibile che essa esprima un’eventualità estranea al comune
denominatore delle altre, costituito dall’avvenuta presentazione di un ricorso.
In secondo luogo, deve osservarsi che l’art. 4 del d.l. n. 384/92 espressamente
sostituisce i commi secondo e terzo dell’art. 47 d.P.R. n. 639 del 1970, ossia
disposizioni che, come si è riferito dianzi, non si occupavano dell’ipotesi della
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R.G. n. 19228/09
Ud. 19.3.14
INPS c. Poti

mancata proposizione del ricorso, la quale venne autonomamente introdotta con il
d.l. n. 103/91, così da non potersi considerare travolta per effetto stesso della detta
sostituzione.
In ordine alla ratio della norma si tenga presente che l’effetto congiunto

dell’irrilevanza (ai fini della procedibilità dell’azione giudiziaria) delle decadenze
verificatesi nel corso del procedimento amministrativo e della previsione di un dies
a quo del termine di decadenza per l’azione giudiziale correlato all’ipotesi di
presentazione del ricorso presentava il rischio non remoto di vanificazione del
sistema, potendo indurre ad escludere la decadenza quante volte, avvenuta tale
presentazione anche oltre la scadenza del termine per ricorrere, l’azione giudiziaria
risultasse tempestiva rispetto alla comunicazione della decisione sul ricorso od alla
scadenza del termine per pronunciarla (se ne veda la conferma in Cass. 21
settembre 2000 n. 12508).
Il senso e la funzione della novella sta appunto nel porre riparo a questo rischio: la
scadenza dei termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo
individua la soglia oltre la quale la presentazione di un ricorso tardivo, pur restando
rilevante ai fini della procedibilità dell’azione giudiziaria, non può essere recuperata
a fini di determinazione del dies a quo del termine di decadenza per il successivo
inizio di quest’ultima e dello spostamento in avanti di esso, ottenibile ormai nel solo
limite dello sbarramento costituito della scadenza dei termini prescritti per
l’esaurimento del procedimento amministrativo.
Riepilogando: a) la scadenza dei termini complessivamente previsti per
l’esaurimento del procedimento non individua una nuova ed autonoma ipotesi di
decadenza, ma completa la gamma delle diverse eventualità di decorrenza del
termine in presenza del comune presupposto costituito dall’avvenuta presentazione
del ricorso amministrativo; b) ove sia mancato qualsiasi ricorso, la situazione è
tuttora disciplinata dalla seconda parte del primo comma dell’art. 6 del d.l. n. 103
del 1991, operando, quindi, il dies a quo costituito dal dì della maturazione dei
singoli ratei di prestazione; c) la scadenza suddetta, costituendo il limite estremo di
utilità di ricorsi proposti tardivamente, ma pur sempre anteriormente al suo
verificarsi, determina anche l’effetto dell’irrilevanza di un ricorso proposto solo
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INPS c. Poti

successivamente (v. Cass. 25 marzo 2002 n. 4247), rispetto al quale potrà semmai
porsi il problema se esso sia identificabile come nuova domanda amministrativa; d)
la scadenza stessa, in assenza di ricorsi anteriormente presentati e nonostante la

termine di decadenza dall’azione giudiziaria, operando il relazione alle descritte
eventualità la diversa ipotesi della decadenza introdotta dall’art. 6 del d.l. del 1991,
ossia quella decorrente dalla maturazione dei singoli ratei.

2- In conclusione, il ricorso è da accogliersi e la sentenza impugnata da cassarsi.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, ex art. 384 co. 2° c.p.c.,
decidendo nel merito, questa S.C. rigetta la domanda dei Potì.
Non va emessa pronuncia sulle spese del processo, ricorrendo i presupposti di cui
all’art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo anteriore alla novella di cui all’art. 42 co. 11 0
d.l. 30.9.03 n. 269, convertito, con modificazioni, in legge 24.11.03 n. 326 (novella
inapplicabile ratione temporis nel caso di specie, atteso che il ricorso introduttivo di
lite è stato depositato il 15.5.02).
P.Q.M.
La Corte
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la
domanda dei Potì. Nulla per spese per l’intero processo.
Così deciso in Roma, in data 19.3.14.

presenza di ricorsi proposti successivamente ad essa non determina il dies a quo del

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