Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12877 del 26/05/2010

Cassazione civile sez. I, 26/05/2010, (ud. 27/04/2010, dep. 26/05/2010), n.12877

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.A. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA SESTO RUFO 23, presso lo STUDIO MOSCARINI, rappresentata

e difesa dall’avvocato PETRAROTA VITO, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI BARI;

– intimato –

e sul ricorso n. 8313/2005 proposto da:

COMUNE DI BARI (C.F. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 79, presso

l’avvocato CIOCIOLA ROBERTO, rappresentato e difeso dagli avvocati

AMORUSO LUISA, VERNA RENATO, giusta procura a margine del

controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

M.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 736/2004 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 10/08/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/04/2010 dal Consigliere Dott. GIANCOLA Maria Cristina;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato PETRAROTA che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso principale, rigetto del ricorso

incidentale;

udito, per il controricorrente e ricorrente incidentale, l’Avvocato

CIOCIOLA ROBERTO, per delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso

principale, accoglimento del ricorso incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 17.08.1988, M.A., premesso di essere proprietaria in Bari, del terreno esteso mq 11.080, ricadente nel comparto “(OMISSIS)” dell’approvato Piano di Zona ex L. n. 167 del 1962 del quartiere (OMISSIS), terreno che il Comune di Bari aveva assoggettato a procedimenti di espropriazione e di occupazione d’urgenza quinquennale, questa attuata il 28.07.1980 (in base a decreto sindacale del 19.06.1980), adiva il Tribunale di Bari chiedendo la condanna del citato Comune al risarcimento dei danni subiti a causa dell’occupazione usurpativa del suo bene, precisando che una porzione di detto suo fondo, estesa mq 2.056, era stata irreversibilmente destinata a strade pubbliche, con la creazione di un relitto inutilizzabile di mq 380, che il 25.04.1983 era divenuto inefficace il suddetto Piano di Zona e che non era stato adottato il decreto di espropriazione.

In corso di causa e con riferimento alla porzione di terreno estesa mq 2.056, il Comune di Bari emanava, in data 17.05.1991, un primo decreto di espropriazione, poi annullato dal giudice amministrativo, e successivamente, il 4.06.1993, un secondo decreto di espropriazione.

Con sentenza del 18.09.2001, resa nel contraddittorio delle parti, l’adito Tribunale, condannava il Comune di Bari al risarcimento dei danni derivati all’attrice dall’occupazione usurpativa del suo terreno ed alle spese di lite, liquidandoli sulla base del valore venale del bene al 29.07.1980, data dell’occupazione d’urgenza, rivalutato e maggiorato degli interessi di legge.

Con sentenza del 29.06 – 10.08.2004, la Corte di appello di Bari, in parziale riforma della sentenza di primo grado impugnata dal Comune, condannava tale ente a pagare alla M. la somma di L. 100.000.000 (da convertirsi in euro), determinata in riferimento al valore venale del bene alla data del 4.03.1987, epoca pacifica di presumibile consumazione dell’illecito, posteriore alla scadenza di validita’ del Piano di Zona, valore da rivalutare sino alla data della sua pronuncia e con pari decorrenza, da maggiorare degli interessi legali computati sulla somma via via annualmente rivalutata sino al soddisfo. Condannava, inoltre, il Comune appellante al pagamento in favore degli appellati della quota pari ai due terzi delle spese di lite, che compensava per il residuo, in ragione dell’esito della lite. La Corte territoriale osservava e riteneva tra l’altro e per quanto possa rilevare, che in corso di causa e con riferimento alla porzione di terreno estesa mq 2056, il Comune di Bari aveva emanato, in data 17.05.1991, un primo decreto di espropriazione, poi annullato dal giudice amministrativo, e successivamente, in data 4.06.1993, un secondo decreto di espropriazione, provvedimenti di cui il primo giudice non aveva tenuto conto che inammissibile e comunque infondata era l’eccezione di prescrizione proposta dal Comune;

– che era pacifico (cfr in proposito sia la CTP dell’ing. Me. per il Comune sia quella dell’ing. Mi. per la M., oltre che la CTU dell’ing. G.) che la realizzazione della strada e, quindi, la trasformazione irreversibile del terreno, fosse intervenuta solo nel marzo 1987, data alla quale occorreva fare riferimento per stabilire il momento del passaggio del suolo alla mano pubblica e, conseguentemente, quello d’insorgenza del diritto al risarcimento;

– che la decadenza del Piano di Zona, alla data del 23.04.1983 (riaffermata dal TAR e dal Consiglio di Stato sia pure con riferimento al decreto di esproprio del 17.05.1991), aveva introdotto uno iato insuperabile tra la procedura legittima di esproprio (avviata correttamente nel 1980, epoca dell’occupazione d’urgenza) ed il passaggio del suolo M. alla proprieta’ comunale, intervenuto successivamente, nel marzo 1987 (cfr in proposito le gia’ richiamate relazioni degli ingg. Me. e Mi., oltre che la CTU dell’ing. G.), sicche’ era svincolato dalla precedente occupazione d’urgenza e da qualsiasi legittima procedura espropriativi;

– che, quindi, si verteva in ipotesi di c.d. occupazione usurpativa, ragione per cui il risarcimento non poteva essere liquidato secondo i criteri di cui (all’art. 5 bis, comma 7 bis) della L. n. 359 del 1992, ma secondo il valore di mercato del suolo illegittimamente sottratto;

– che giustamente il primo giudice aveva limitato la vicenda acquisitiva alla porzione di terreno estesa mq 2056 trasformati in strada ed ai 380 mq costituenti relitto non piu’ utilizzabile (e sul punto non vi era stato gravame);

– che per la liquidazione del risarcimento dovevano essere recepite le del tutto condivisibili valutazioni del CTU, il quale con riferimento al marzo 1987 aveva attribuito al suolo il valore venale unitario di L. 41.103 a mq., a cui il Comune si era sostanzialmente attestato e che, invece, la M. aveva contestato, richiamando la valutazione di L. 100.000 al mq riferita al 1988 ed indicata dal suo perito, scarsamente ancorata a dati concreti di riferimento ed efficacemente contrastata dalla relazione del consulente di controparte, con richiamo anche alla valutazione di L. 91.200 al mq resa dall’UTC nel 1991.

Contro questa sentenza la M. ha proposto ricorso per Cassazione notificato il 15.02.2005, affidato a due motivi. Il Comune di Bari ha resistito con controricorso notificato il 14.09.2004 ed ha, a sua volta, proposto ricorso incidentale. La M. ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve essere preliminarmente disposta ai sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi principale ed incidentale, proposti avverso la medesima sentenza. A sostegno del ricorso principale la M. denunzia:

1. “Violazione di legge (art. 2043 c.c.) D.Lgs 31 marzo 1998, n. 80, art. 35.” 2. “Difetto di motivazione”.

Con i due motivi, che strettamente connessi consentono esame unitario, la ricorrente sostiene in sintesi:

che indubbiamente si verte in ipotesi di occupazione usurpativa – che il suo compendio ha subito un depauperamento totale per conseguita inutilizzabilita’ a fini edificatori, da indennizzare ex art. 2043 c.c., non solo per l’estensione considerata dai giudici di merito ma anche per la parte residua estesa mqc 9.024, destinata ad opere di urbanizzazione primaria e vincolata che i suoi terreni ricadevano in zona residenziale di espansione tipizzata dal locale strumento urbanistico come “(OMISSIS)”, con indice di fabbricabilita’ pari a 1,75, secondo il dato inequivocamente acquisito nel giudizio svoltosi dinanzi al Tar Puglia, definito con l’annullamento del primo decreto di espropriazione, dato dal Comune non contestato nel successivo grado d’appello svoltosi dinanzi al C.d.S. che la Corte di appello ha liquidato il risarcimento con criteri erronei, dal momento che:

a) ha riferito l’illecito e quindi il valore venale del suo fondo al marzo 1987, in luogo del 28.07.1980, data dell’occupazione, considerata dal primo giudice;

b) ha recepito immotivatamente ed acriticamente l’indice di fabbricabilita’ dell’1,36 mc/mq assegnato ai suoli ricadenti nel piano di zona ed indicato dal CTU;

c) che in diversa pronuncia inerente a suoli adiacenti la medesima Corte distrettuale aveva attribuito il valore venale di L. 287.000 al mq alla data del 26.07.1983 mentre in relazione ad altro terreno con indice di fabbricabilita’ dell’1,75 mc/mq e venduto nel 1989, l’Amministrazione finanziaria aveva rettificato il valore indicato dai contraenti portandolo a L. 149.143;

d) che, quindi, era piu’ probabile il valore di L. 200.000 al mq indicato dal proprio consulente per l’anno 1992, epoca in cui il TAR Puglia aveva annullato il Piano di Zona e dichiarato inefficace la dichiarazione di P.U. ed alla quale occorreva fare riferimento;

e) che il proprio consulente di parte aveva sollevato gli specifici trascritti rilievi critici, inerenti anche all’inutilizzabilita’ ed illegittimita’ dei valori indicati dall’UTC per la determinazione dell’indennita’ di espropriazione;

f) che la sentenza gravata e’ priva di motivazione in ordine alla determinazione della reale potenzialita’ edificatoria del terreno in relazione agli indici edilizi fissati dall’art. 51 delle NTA del PRG, secondo cui l’indice di fabbricabilita’ territoriale era pari ad 1,75 mc/mq per le zone tipizzate “espansione (OMISSIS)” e consentiva l’edificazione di volumi maggiori rispetto a quelli dell’approvato P.d.Z., assunti dai giudici di merito;

g) che la stima del CTU era stata non correttamente condotta secondo il metodo comparativo considerando inattendibili valori immobiliari fiscali e non secondo il metodo applicato dal proprio consulente;

h) che il proprio consulente aveva con le trascritte argomentazioni puntualmente ed efficacemente contrastato i rilievi critici della controparte, favorevolmente, invece, apprezzati dalla Corte di merito;

i) che le spettava anche l’indennita’ di occupazione da calcolarsi negli indicati importi.

Entrambi i motivi non hanno pregio.

In primo luogo si rivela inammissibile la censura con cui la ricorrente deduce che l’area acquisita dal Comune era maggiore di quella considerata nella sentenza impugnata, dal momento che la Corte distrettuale ha affermato che tale aspetto non potesse essere riesaminato e ridiscusso, in quanto sull’estensione del suolo apprezzata in primo grado era intervenuto un giudicato interno, rilievo che e’ rimasto non impugnato.

Del pari inammissibile, perche’ nuova, e’ la censura inerente alla mancata determinazione dell’indennita’ di occupazione legittima, dal momento che la relativa domanda non risulta proposta (o riproposta) dinanzi alla Corte di merito, funzionalmente competente a deciderla.

Infondate, invece, sono le censure inerenti:

a) alla datazione dell’evento dannoso al 1987 in luogo del 1980, data dell’occupazione d’urgenza, o del 1992, poiche’ il fenomeno della cosiddetta occupazione appropriativa, secondo cui la trasformazione irreversibile del fondo, con destinazione ad opera pubblica o ad uso pubblico, determina l’acquisizione della proprieta’ alla mano pubblica si consuma al momento della trasformazione del suolo, in cui l’ingerenza nella proprieta’ privata ha gia’ carattere abusivo (in tema, tra le numerose altre, cfr. cass. SU 200306853) e poiche’ a questa regola la Corte distrettuale si e’ ineccepibilmente attenuta, rilevando anche che era pacifico (cfr in proposito sia la CTP dell’ing. Me. per il Comune sia quella dell’ing. Mi. per la M., oltre che la CTU dell’ing. G.) che la realizzazione della strada e, quindi, la trasformazione irreversibile del terreno, era intervenuta solo nel marzo 1987 b) ai criteri di liquidazione del risarcimento dal momento che:

– in tema di espropriazione per pubblica utilita’, la determinazione del valore del fondo puo’ avvenire sia con metodi analitico – ricostruttivi, tesi ad accertare il valore di trasferimento del fondo stesso; sia con metodi sintetico-comparativi, volti invece a desumere dall’analisi del mercato il valore commerciale del bene. L’adozione di uno di tali metodi rende superflua l’analisi degli elementi su cui si fonda l’altro, con la conseguenza che nel caso, nella specie avveratosi, di adozione di un metodo sintetico – comparativo, che si avvale di una serie di riferimenti costituiti dal prezzo pagato per immobili omogenei, e dunque di indicazioni di mercato, si rivela di per se’ sola non decisiva la questione dell’indice di fabbricabilita’ da applicare, che puo’ assumere diretto rilievo ai soli fini dell’applicazione dei metodi analitico – ricostruttivi;

che per altri versi e posto anche che si doveva accertare il danno in concreto patito dalla M., la congruita’ della liquidazione e l’attendibilita’ degli atti comparati vengono avversati con inammissibili censure, nuove o non decisive, o implicanti rilievi critici di merito, ed involgenti anche alla natura fiscale di detti atti, che viene apoditticamente affermata e che in ogni caso non ne avrebbe precluso la valutazione.

A sostegno del ricorso incidentale il Comune deduce: 1) “Violazione e falsa applicazione di legge – L. n. 2359 del 1865, art. 13;

Principi generali in tema di occupazione acquisitiva ed occupazione usurpativa anche in relazione alla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis;

Violazione dell’art. 112 c.p.c. e segg.;

Violazione dei principi in tema di poteri del giudice”.

Censura la qualificazione della vicenda in termini di occupazione usurpativa in luogo dell’acquisitiva.

Il motivo, quand’anche non inammissibile per difetto d’interesse, alla luce del mutato quadro normativo conseguente alla pronuncia d’incostituzionalita’ dei pregressi criteri risarcitori del danno da occupazione acquisitiva, e’ infondato.

In tema di cosiddetta occupazione appropriativa, l’acquisizione della proprieta’ alla mano pubblica – che opera per effetto della trasformazione irreversibile del fondo ad opera pubblica o ad uso pubblico – postula una dichiarazione di pubblica utilita’ formale o connessa ad un atto amministrativo che, per legge, produca tale effetto; pertanto, esulano dall’ambito operativo dell’istituto i comportamenti della P.A. non collegati ad alcuna dichiarazione formale di pubblica utilita’ (cosiddetta occupazione usurpativa), perche’ mai intervenuta o per essere essa venuta meno a seguito di annullamento o scadenza del termine di efficacia dell’atto in cui era contenuta (cfr. tra le altre, cass. 200700869).

Conclusivamente i ricorsi riuniti devono essere respinti.

La reciproca soccombenza legittima la compensazione delle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

LA CORTE riunisce i ricorsi e li rigetta, compensando le spese del giudizio di cassazione.

Cosi’ deciso in Roma, il 27 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2010

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