Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12876 del 26/05/2010

Cassazione civile sez. I, 26/05/2010, (ud. 27/04/2010, dep. 26/05/2010), n.12876

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – rel. Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

PROJOINT S.R.L., gia’ PROCHIND INTERNATIONAL S.R.L. (c.f.

(OMISSIS)), gia’ S.p.a., in persona dell’Amministratore Unico pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PONTEFICI 3,

presso l’avvocato GIULIANI MARCO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato BORELLI GIORGIO, giusta procura speciale per

Notaio DOTT. GIULIANO FUSCO di MODENA – Rep. n. 80347 del 15.4.2010;

– ricorrente –

contro

TRANSSCANIA N.V., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE G. MAZZINI 6, presso

l’avvocato SCRIVO PASQUALE, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato FLORIDIA GIORGIO, giusta procura speciale per Notaio

MARC JAMART BVBA di KAPELLEN (BELGIO) debitamente legalizzata il

10.12.2007;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2723/2003 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 03/10/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/04/2010 dal Consigliere Dott. CECCHERINI Aldo;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato BORELLI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato FLORIDIA che ha chiesto il

rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La s.p.a. Prochind International cito’ la Transscania V.V., societa’ di diritto (OMISSIS), chiedendo l’accertamento del suo diritto di usare il marchio Prochind sino alla scadenza del contratto d’affitto, con il quale la Techninvest s.a.s., poi fallita, le aveva ceduto per sei anni un ramo d’azienda comprendente, tra i beni immateriali, anche il diritto di utilizzare quel segno distintivo. La convenuta resistette alla domanda, dichiarandosi titolare del segno in forza di una serie consecutiva di cessioni debitamente trascritte ed opponibili ai terzi, e chiedendo a sua volta l’accertamento della contraffazione del marchio, abusivamente utilizzato dall’attrice anche come denominazione sociale, previo accertamento della legittimita’ del suo titolo sul segno per contraddistinguere giunti isolanti.

Con sentenza in data 14 dicembre 2001 il tribunale di Monza accolse le domande della convenuta, avendo accertato che il marchio in questione, gia’ nella titolarita’ della s.a.s. Techninvest di B.L., e poi acquistato dall’avvocato B. medesimo, era stato da questi trasferito alla Trans-scania con atto pubblico trascritto nell’attestato di registrazione, e che conseguentemente questa cessione prevaleva, a norma della L. Marchi, art. 51 sui diritti in relazione allo stesso marchio acquistati dalla Prochind International s.p.a. per effetto di contratto d’affitto di ramo d’azienda, del quale non era stata chiesta l’annotazione nel registro dell’ufficio italiano brevetti e marchi, dovendo il conflitto tra piu’ pretendenti sul medesimo segno risolversi in base al principio della priorita’ della trascrizione, sia con riferimento agli atti di cessione della proprieta’ della privativa e sia con riferimento a quelli attributivi di diritti di godimento. Il tribunale dichiaro’ inoltre tardiva ed inammissibile l’eccezione di decadenza del marchio sollevata in conclusionale dall’attrice, e le inibi’ l’uso del segno anche come denominazione sociale per il rischio di confusione che avrebbe potuto generare nel pubblico, a norma Legge Marchi, art. 13 stante l’identita’ dei prodotti – giunti isolanti – prodotti dalle rispettive aziende.

Contro la sentenza propose appello l’attrice, eccependo il suo difetto di legittimazione passiva in ordine alle riconvenzionali avversarie di declaratoria della proprieta’ del marchio, da proporre invece contro la sua dante causa del diritto di godimento fatto valere, e deducendo che l’eccezione di decadenza non poteva qualificarsi tardiva.

Con sentenza 3 ottobre 2003, la corte d’appello di Milano respinse il gravame, osservando che nella fattispecie la convenuta, mentre aveva resistito alla domanda principale invocando il suo titolo di acquisto debitamente trascritto, aveva proposto una riconvenzionale non avente ad oggetto la rivendica del marchio (istituto regolato dalla Legge Marchi, art. 25, novellato dal D.Lgs. n. 480 del 19929), ma solo la contraffazione, rispetto alla quale l’anteriorita’ della trascrizione del titolo di acquisto del diritto era una questione pregiudiziale.

L’eccezione di decadenza della Transscania per non uso del marchio era stata sollevata solo in comparsa conclusionale, ne’ a cio’ poteva opporsi che era stato tempestivamente allegato l’uso indisturbato del marchio da parte dell’appellante sin dall’inizio dell’affitto, sia perche’ l’uso indisturbato di un marchio e’ cosa diversa dal non uso da parte del titolare, e sia perche’ la decadenza costituisce l’oggetto di una specifica eccezione, e non e’ ravvisabile nell’allegazione dell’uso legittimato dal titolo di provenienza e dal pacifico godimento del segno. Del pari tardiva era, in appello, la deduzione del decreto di rinvio a giudizio del B. per bancarotta – decreto del 2001 – doveva essere dedotta nel giudizio di primo grado (per essere apprezzabile Legge Marchi, ex art. 22).

Per la cassazione di questa sentenza, non notificata, ricorre la societa’ soccombente, con atto notificato il 16 novembre 2004, affidato a otto motivi, illustrati anche con ricorso.

La Transscania resiste con controricorso notificato il 27 dicembre 2004.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la ricorrente censura l’affermazione, nell’impugnata sentenza, che la domanda di contraffazione postula l’accertamento della proprieta’ del bene immateriale, e che pero’, contraddittoriamente, la domanda di accertamento della proprieta’ non deve ascriversi alle norme dettate a difesa della proprieta’, bensi’ alla domanda di contraffazione.

Con il secondo motivo si deduce la violazione del contraddittorio in ordine alla medesima domanda riconvenzionale che, siccome concernente l’accertamento della proprieta’ di un bene, doveva essere proposta non gia’ nei confronti suoi, essendo essa titolare in un mero diritto di godimento derivato, bensi’ del suo dante causa, titolare del diritto.

Con il terzo motivo si deduce che come aveva precisato la stessa corte d’appello, la controversia aveva ad oggetto il diritto all’uso del marchio, e che invece la convenuta aveva introdotto, con la sua riconvenzionale una domanda di rivendica della proprieta’ del marchio, e, siccome fondata su causa petendi diversa da quella della domanda principale, inammissibile.

I tre motivi devono essere esaminati congiuntamente, essendo accomunati dal medesimo vizio, costituito dal sostanziale misconoscimento dei termini della controversia. Occorre muovere dalla considerazione preliminare che, secondo quanto accertato nel giudizio di merito e pacifico in causa, i diritti di proprieta’ della Transscania e di godimento della Prochind si fondano su acquisti derivativi da un comune dante causa, vale a dire dalla societa’ che, dopo aver stipulato con l’odierna ricorrente un contratto di affitto d’azienda, comprendente secondo l’assunto l’uso del marchio per cui e’ causa, vendette poi il medesimo marchio all’ingegner B., che a sua volta lo trasferi’ alla Transscania. Cio’ consente di escludere che nella fattispecie possa configurarsi un conflitto tra titoli originari di proprieta’, e che si ponga il problema, per la parte interessata, di provare il suo diritto, trattandosi nella specie soltanto di dirimere un conflitto tra piu’ aventi causa dal medesimo autore. In secondo luogo si deve considerare che Transscania, nel giudizio, ha allegato la trascrizione del suo acquisto dall’ingegner B., e dell’acquisto del B. dalla comune dante causa, e ha eccepito l’inopponibilita’ nei suoi confronti, R.D. 21 giugno 1942, n. 929, ex art. 51 del contratto di affitto – in forza del quale l’odierna ricorrente sostiene di aver acquistato il suo diritto di godimento – perche’ non trascritto, o trascritto successivamente alle trascrizioni degli atti sui quali essa fonda il suo diritto all’uso del marchio. Il giudice di merito, pronunciandosi sul punto, ha correttamente applicato la norma contenuta nel R.D. n. 929 del 1942 cit., art. 51 per il quale gli atti tra vivi che costituiscono modificano o trasferiscono diritti personali di godimento (tale deve qualificarsi il contratto di affitto d’azienda), indicati nel R.D. n. 929 del 1942, art. 49, comma 1 finche’ non siano trascritti non hanno effetto di fronte ai terzi, che, come la Transscania, hanno acquistato e legalmente conservato diritti sul marchio. A cio’ deve aggiungersi che, non allegando la ricorrente di aver a sua volta trascritto il suo titolo, non puo’ neppure porsi il problema della corretta applicazione della norma contenuta nel R.D. n. 929 del 1942 cit., art. 51, comma 2, che nel conflitto tra piu’ aventi causa dal medesimo titolare assegna la prevalenza sulla base dell’anteriorita’ della trascrizione. Ne’ occorre qui occuparsi della questione sollevata nella memoria di parte ricorrente, della mancanza di continuita’ delle trascrizioni, perche’ l’annotazione della trasformazione da Prochind s.p.a. in Prochind Ecoline Anticorrosion s.p.a sarebbe stata eseguita dopo le annotazioni dei trasferimenti del marchio fatte valere dalla Transscania, essendo assorbente il rilievo che l’eccezione di mancanza di continuita’ delle trascrizioni doveva essere sollevata nel giudizio di merito, e la relativa pronuncia, o omissione di pronuncia, del giudice di merito, doveva costituire oggetto di apposito mezzo d’impugnazione, ma non poteva la medesima questione essere sollevata con la memoria depositata a norma dell’art. 378 c.p.c. Infine, la domanda riconvenzionale di contraffazione, proposta in causa dalla Transscania, postula l’accertamento del diritto di utilizzazione del marchio in capo alla parte richiedente – diritto acquistato in modo mediato dal medesimo dante causa della ricorrente, e a questa opponibile perche’ trascritto – e non richiede accertamenti in merito alla proprieta’ nel senso stretto dell’espressione, vale a dire fondata su un titolo originario valevole erga omnes.

Con il quarto motivo si deduce l’incompatibilita’ delle statuizioni assunte nell’impugnata sentenza con i provvedimenti di aggiudicazione e di trasferimento a terzi dell’azienda della societa’ fallita, emessi dagli organi della procedura fallimentare della societa’ locatrice del ramo d’azienda, nel quale il marchio era compreso.

Detti provvedimenti, in quanto provvedimenti giudiziari anteriori, avrebbero autorita’ di giudicato nel presente procedimento, or se qualificabili semplicemente come atti pubblici, farebbero prova sino a querela di falso, non proposta nel corso del giudizio.

Con il quinto motivo si sostiene che la Transscania avrebbe dovuto promuovere il giudizio di rivendica del suo diritto di proprieta’ del marchio nei confronti del fallimento a norma della L. Fall., art. 103.

I due motivi possono essere esaminati insieme. Si puo’ qui prescindere dal noto principio per il quale i provvedimenti di aggiudicazione e di trasferimento trasferiscono all’acquirente i diritti che sulla cosa spettavano a colui che ha subito l’espropriazione forzata, ma non pregiudicano i diritti dei terzi, sempre che opponibili ai creditori (art. 2919 c.c.). I motivi, infatti, sono inammissibili, perche’, in difetto di specifiche allegazioni sul punto, deve ritenersi che la presenza del marchio nell’inventario del fallimento, la sua aggiudicazione e il suo trasferimento a terzi sono elementi nuovi prospettati nel giudizio di cassazione.

Con il sesto motivo si deduce la nullita’ del contratto di cessione del marchio dalla societa’ che ne era titolare al signor B. R., dante causa della Transscania, perche’ compiuto il (OMISSIS), nell’imminenza del fallimento (dichiarato il 19 dicembre 1996) per sottrarre il bene alla massa: la cessione era stato oggetto d’imputazione per bancarotta fraudolenta a carico del signor B.R..

Il mezzo e’ male impostato. Il titolo di acquisto utilizzato dalla societa’ convenuta, odierna resistente, non e’ quello che, secondo il mezzo di ricorso in esame, sarebbe affetto da nullita’, bensi’ l’atto successivo, con il quale l’acquirente dalla societa’ insolvente ha trasferito la proprieta’ alla Transscania. Conseguentemente la rilevazione d’ufficio del giudice, di cui la ricorrente denuncia l’omissione, non avrebbe riguardato la nullita’ del titolo costitutivo del titolo, in forza del quale la convenuta fa valere il suo diritto ad accertare ed inibire la contraffazione, ma un titolo diverso, che del suo era solo presupposto di efficacia. Ora, l’inefficacia del titolo e’ oggetto di eccezione, e non puo’ essere rilevata d’ufficio.

Essa, pertanto, non sfugge alla regola in forza della quale i giudici di merito hanno dichiarato tardiva ed inammissibile la deduzione dell’odierna ricorrente.

Con il settimo motivo si denuncia la violazione della Legge Marchi, art. 60, per non avere i giudici di merito sospeso il procedimento in attesa della comunicazione dall’ufficio italiano brevetti e marchi, a cura della parte convenuta, che aveva introdotto una domanda di accertamento del diritto esclusivo di proprieta’ del marchio.

Al riguardo la controricorrente eccepisce che la norma riguarda “l’atto introduttivo di ogni giudizio civile in materia di marchi registrati… a cura di chi promuove il giudizio”; che l’unico effetto dell’omissione dell’adempimento e’ la sospensione del giudizio in attesa del suo adempimento; che non si sa se la ricorrente abbia a suo tempo eseguito la comunicazione, ma che a cio’ ha provveduto essa stessa per evitare la sospensione del giudizio di cassazione.

Al riguardo, premesso che nella sentenza impugnata la questione non e’ trattata e non risulta essere stata sollevata, e’ sufficiente osservare che il motivo e’ insufficiente, perche’ non chiarisce se la comunicazione in questione sia stata fatta, dalla stessa societa’ ricorrente, che vi sarebbe stata tenuta per aver promosso il giudizio in materia di marchio registrato, nel qual caso l’adempimento della societa’ convenuta, attrice in via riconvenzionale, sarebbe assorbito; ne’ indica le ragioni per le quali la violazione della norma richiamata determinerebbe la nullita’ della sentenza o del procedimento, come si richiede per l’error in procedendo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, al quale il vizio denunciato dovrebbe in ogni caso essere ricondotto.

Con l’ultimo motivo di ricorso si censura la dichiarazione di tardivita’ dell’eccezione di decadenza della Transscania dal marchio per non uso. Si sostiene che l’eccezione in parola non sarebbe un’eccezione in senso tecnico, e che essa sarebbe ravvisabile nell’allegazione dei motivi di fatto o di diritto a giustificazione della domanda principale, riguardante il diritto di utilizzare il marchio, e nell’eccezione alla domanda riconvenzionale avversaria.

L’eccezione, in ogni caso, non poteva essere proposta prima della maturazione del quinquennio di non uso, che sarebbe posteriore all’udienza di precisazione delle conclusioni in primo grado.

Il motivo e’ infondato. La formulazione della domanda o dell’eccezione costituisce la condizione della rilevanza dell’allegazione, giacche’ questa consiste non gia’ nella mera enunciazione di fatti, bensi’ nell’esposizione di fatti a titolo di ragione della domanda o dell’eccezione proposta. Nella fattispecie i fatti allegati a fondamento della domanda di accertamento proposta avevano ad oggetto la stipulazione del contratto costituente il titolo del diritto, e il successivo uso senza opposizione della controparte. Ora, allegare, a difesa del diritto all’uso del marchio, che l’uso era avvenuto fino a quel momento senza opposizione del titolare del marchio, non equivale ad eccepire l’estinzione del diritto della controparte sul marchio per decadenza, e neppure ad allegare un fatto potenzialmente produttivo di un tale effetto, giacche’ l’uso indisturbato di un marchio altrui non equivale al non uso da parte del titolare.

Inammissibile, perche’ nuova in cassazione, e’ da ultimo l’allegazione della circostanza che la decadenza si sarebbe verificata in una data posteriore all’udienza di precisazione delle conclusioni in primo grado, e che pertanto l’eccezione poteva essere proposta in appello. Non vi e’ dubbio che il momento nel quale giunge a compimento il quinquennio di non uso di un marchio e’ una circostanza di fatto, che deve essere sottoposta al giudice di merito, e non puo’ essere allegata per la prima volta nel giudizio di cassazione.

In conclusione il ricorso deve essere respinto. Le spese del giudizio di legittimita’ sono a carico della parte ricorrente, e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso, e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate in complessivi Euro 10.200,00, di cui Euro 10.000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Cosi’ deciso a Roma, nella Camera di consiglio della sezione prima della Corte suprema di cassazione, il 27 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2010

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