Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12876 del 22/06/2016

Cassazione civile sez. III, 22/06/2016, (ud. 17/02/2016, dep. 22/06/2016), n.12876

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21687-2012 proposto da:

OLMO RESORT SRL 03252250240 in persona del legale rappresentante

pro tempore V.S., domiciliata ex lege in ROMA, presso

la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato PAOLA STELLA giusta procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

R.F., S.M., domiciliati ex lege in ROMA,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e

difesi dagli avvocati EUGENIO TARGA e MASSIMO ZUPPA giusta procura

speciale del Dott. Notaio GIOVANNA MORENA in ROVIGO, IL 30/11/2015,

rep. n. 4768;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1315/2011 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 28/06/2011, R.G.N. 1605/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/02/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito l’Avvocato ALBERTO TUCCI per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 28/6/2011 la Corte d’Appello di Venezia, in accoglimento del gravame interposto dai sigg.ri S.M. e R.F. e in conseguente riforma della pronunzia Trib.

Vicenza n. 598/08, ha rigettato la domanda nei confronti dei medesimi proposta dalla società Olmo Resort s.r.l. di riduzione dell’ammontare del canone mensile della locazione tra di essi stipulata avente ad oggetto un locale ad uso ristorante, determinato “sulla base del bilancio relativo all’anno 2004” laddove il “fatturato effettivo” era successivamente risultato “di gran lunga inferiore rispetto a quanto dichiarato”.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società Olmo Resort s.r.l. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 5 motivi, illustrati da memoria.

Resistono con controricorso la S. e il R..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va anzitutto rigettata l’eccezione di tardività del controricorso sollevata dalla ricorrente, risultando il ricorso notificato a mezzo posta alla S. in data 27/9/2012 (data di ritiro del piego alla posta ove era stato depositato il 21/9 precedente) e il controricorso spedito a mezzo posta il 5/11/2012 e ricevuto dal destinatario in pari data, e pertanto tempestivamente proposto entro il termine di quaranta giorni (nel caso, il trentanovesimo) previsto all’art. 370 c.p.c. (cfr., da ultimo, Cass., 3/12/2015, n. 24639. Cfr. altresì Cass., Sez. Un., 9/12/2015, n. 24822).

Con il 1 motivo la ricorrente denunzia violazione dell’art. 244 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 2 motivo denunzia violazione degli artt. 100 e 246 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 3 motivo denunzia violazione degli artt. 244 e 246 c.p.c., art. 3 Cost., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 4 motivo denunzia violazione degli artt. 244 e 246 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 5 motivo denunzia “contraddittoria motivazione” su punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 6 motivo denunzia “omesso esame” di “fatto decisivo per il giudizio”, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il ricorso è inammissibile.

Esso risulta formulato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che la ricorrente fa riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito es., al “ricorso ex art. 447 bis c.p.c., depositato il 30.1.06 notificato il 16.2.06”, al “contratto di locazione commerciale stipulato tra le parti l’1.9.2005″, all'”attività di somministrazione di alimenti e bevande in Vicenza via Medici 32, nei locali assunti in comodato dall’Hotel Adel srl”, al “bilancio 2004 della ditta Al Vecchio Olmo”, alla “CTU dott. B.”, alla prova testimoniale, alla sentenza del giudice di prime cure, al “pignoramento presso terzi operato nei confronti della Banca di Credito Cooperativo di Quinto Vicentino”, all’atto di appello, alla comparsa e costituzione in grado si appello di controparte, alla “memoria difensiva (doc. 3)”, alle dichiarazioni dei testi C. e P.” limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente – per la parte d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass, 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza pure di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del solo ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle sole deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio di merito (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).

Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso –

apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione, dovendo il ricorrente viceversa porre la Corte di legittimità in grado di orientarsi fra le argomentazioni in base alle quali ritiene di censurare la pronunzia impugnata (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).

Senza sottacersi, con particolare riferimento al 3 motivo, che la ricorrente inammissibilmente si duole essersi nella specie erroneamente interesse”, esclusa ogni predetto e valutazione questione in ordine alla capacità a testimoniare del dalla corte di merito fatto invero luogo alla dell’attendibilità delle dichiarazioni dal medesimo rese (in ordine alla differenza tra incapacità a testimoniare e inattendibilità del teste cfr., da ultimo, Cass., 29/9/2015, n. 19215).

Va sotto altro profilo ribadito che il vizio di motivazione non può essere invero utilizzato per far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte, non valendo esso a proporre in particolare un pretesamente migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice (cfr. Cass., 9/5/2003, n. 7058).

La deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce infatti al giudice di legittimità non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la mera facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, cui in via esclusiva spetta il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, di dare (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge) prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (v. Cass., 7/3/2006, n. 4842; Cass., 27/4/2005, n. 8718).

Il motivo di ricorso per cassazione viene altrimenti a risolversi in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice del merito, id est di nuova pronunzia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di legittimità.

Nè ricorre d’altro canto vizio di omesso esame di questione decisiva qualora la soluzione negativa di una richiesta di parte sia implicita nella costruzione logico-giuridica della sentenza, incompatibile con la detta domanda (v. Cass., 18/5/1973, n. 1433; Cass., 28/6/1969, n. 2355). Quando cioè la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte comporti necessariamente il rigetto di quest’ultima, anche se manchi una specifica argomentazione in proposito (cfr. Cass., 21/10/1972, n. 3190; Cass., 17/3/1971, n. 748;

Cass., 23/6/1967, n. 1537).

Secondo risalente orientamento di questa Corte, al giudice di merito non può infatti imputarsi di avere omesso l’esplicita confutazione delle tesi non accolte o la particolareggiata disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi, giacchè nè l’una nè l’altra gli sono richieste, mentre soddisfa l’esigenza di adeguata motivazione che il raggiunto convincimento come nella specie risulti da un esame logico e coerente, non di tutte le prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie, bensì di quelle ritenute di per sè sole idonee e sufficienti a giustificarlo.

In altri termini, non si richiede al giudice del merito di dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica ed adeguata dell’adottata decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla, ovvero la carenza di esse (v. Cass., 9/3/2011, n. 5586).

Orbene, lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni dell’odierna ricorrente, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, si risolvono in realtà nella mera doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle sue aspettative ( v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).

Per tale via, infatti, in realtà sollecita, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.800,00 di cui Euro 2.600,00 per onorari, come per legge.

Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2016

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