Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12875 del 09/06/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 12875 Anno 2014
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: VENUTI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 30161-2011 proposto da:
D’ANGELO LEONE C.F. DNGLNE49C30H425Y, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA G. PISANELLI 2, presso lo
studio

dell’avvocato

rappresenta

e

DI NEO

difende

STEFANO,

unitamente

che

lo

all’avvocato

SARTORELLI GIUSTINO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2014
contro

768

MINISTERO PUBBLICA ISTRUZIONE C.F. 80185250588 in
persona

del

Ministro

pro

tempore,

ISTITUTO

COMPRENSIVO “B. CROCE” di SAN VALENTINO IN ABRUZZO in

Data pubblicazione: 09/06/2014

persona del dirigente pro tempore, rappresentati e
difesi dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i
cui Uffici domiciliano, in ROMA, alla VIA DEI
PORTOGHESI n. 12;
– controri correnti –

DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 21/02/2011
R.G.N. 17577/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/03/2014 dal Consigliere Dott. PIETRO
VENUTI;
udito l’Avvocato CIUTI DANIELE per delega DI NEO
STEFANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 4142/2011 della CORTE SUPREMA

R.G. n. 30161/11
Ud. 4.3.2014

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
n. 4142, in accoglimento del ricorso proposto dal Ministero della
Pubblica Istruzione, ha cassato la sentenza n. 302/07 della
Corte d’appello di L’Aquila e, decidendo nel merito, ha rigettato
la domanda proposta da D’Angelo Leone.
Questi, appartenente al personale ATA (Amministrativo,
Tecnico, Ausiliario) e inquadrato nel nuovo profilo professionale,
Area D2, di direttore dei servizi generali e amministrativi (DSGA)
con decorrenza 1 settembre 2000 secondo la previsione del
CCNL 26 maggio 1999, aveva agito in giudizio per ottenere il
riconoscimento della maggiore retribuzione per effetto del
computo dell’intera anzianità di servizio utile prestato
anteriormente all’indicata data di inquadramento e non secondo
l’anzianità convenzionale e il sistema della atemporizzazione
previsti dall’art. 8 CCNL 15 marzo 2001.
La Corte di appello aveva giudicato fondata la pretesa
essenzialmente perché il trattamento retributivo dovuto per
effetto del nuovo inquadramento doveva essere quello derivante
dall’applicazione non dell’art. 8 CCNL del 2001, ma del D.P.R. n.
399 del 1988, art. 4, comma 13, norma rimasta in vigore in base
alle disposizioni della contrattazione collettiva e che impone la
valutazione, in sede di inquadramento contrattuale, del servizio
preruolo comprensivo dell’eventuale servizio di ruolo in carriera
inferiore.
Nel respingere la domanda del dipendente, la Corte di
Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto: “La
specifica norma di cui all’art. 8 del CCNL 9 marzo 2001 – relativo
al secondo biennio economico 2000-2001 del personale del

La Corte di Cassazione, con sentenza del 21 febbraio 2011

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comparto scuola – regola il trattamento economico spettante
dall’ 1 settembre 2000 al personale ATA inquadrato nel profilo
professionale di “direttore dei servizi generali e amministrativi” in
sede di prima applicazione, ai sensi dell’art. 34 CCNL comparto
scuola 26 maggio 1999, escludendo che operi, per detto
personale, la regola generale, più favorevole, in tema di computo
inquadramento in qualifica superiore, senza che sia
configurabile contrasto con norme imperative, atteso che il
contratto collettivo non è sindacabile sotto il profilo
dell’opportunità delle scelte operate dai contraenti”.
Avverso questa sentenza propone ricorso per revocazione il
dipendente, sulla base di due motivi. Il Ministero resiste con
controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente deduce che la sentenza
impugnata è l’effetto di un errore di fatto risultante dai
documenti di causa (art. 395, primo comma, n. 4, cod. proc.
civ.).
1.1. Rileva che la Corte di Cassazione ha ritenuto legittima
l’applicabilità dell’art. 8 CCNL del 2001, in quanto
“all’inquadramento nel nuovo profilo professionale, sia pure con
effetto dall’1.9.2000, si perviene in sede di prima applicazione, ai
sensi del comma 2 dell’art. 34 CCNL del 1999, , valutazione finale richiesta anche all’esito dei
percorsi formativi abbreviati per il personale in possesso di una
determinata esperienza professionale. Pertanto, è soltanto dalla
valutazione finale che sorge il diritto all’inquadramento, pur con
effetti da epoca precedente, e diventa esigibile il diritto alla
maggiore retribuzione: nella controversia in oggetto non si allega
la maturazione del diritto in epoca anteriore all’entrata in vigore
del CCNL del 2001″.

dell’intera anzianità di servizio maturata per il caso di

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Così opinando, aggiunge il ricorrente, la Corte ha supposto
l’inesistenza di un fatto la cui verità era invece positivamente
stabilita. Ed infatti sin dal ricorso introduttivo egli aveva dedotto
di avere diritto, ai sensi dell’art. 66, comma 6, del CCNL del 1995
al riconoscimento dei servizi prestati anteriormente al 10
settembre 2000, data di attribuzione dell’attuale profilo

circostanza della maturazione del diritto da epoca anteriore al
contratto collettivo del 2001 era stata dunque allegata e risultava
provata attraverso i documenti, allegati al ricorso, provenienti
dall’Amministrazione.
1.2. Inoltre, rileva ancora il ricorrente, la Corte ha compiuto
un altro errore di fatto nel ritenere che il trattamento economico
spettantegli dovesse essere regolato dal contratto collettivo del
2001. Viceversa, essendo stato inquadrato nel ruolo di direttore
dei servizi generali e amministrativi, agli effetti economici, con
decorrenza dal 1° settembre 2002, a quest’ultima data il
contratto collettivo applicabile era quello del 24 luglio 2003, che
ha regolato il quadriennio normativo 2002/05 e il primo biennio
economico 2002/03. Di conseguenza, “avendo l’accordo collettivo
del 2003 abrogato incontestabilmente l’art. 8 del CCNL 2001,
come riconosciuto anche dal Ministero dell’Istruzione, la
retribuzione del signor D’Angelo non può che essere stabilita alla
stregua dell’art. 66, sesto comma, del CCNL 1995”.
2. Con il secondo motivo il ricorrente chiede la revocazione
della sentenza impugnata per essere stata questa pronunciata
per effetto del dolo dell’Amministrazione (art. 395, primo comma,
n. 1 cod. proc. civ.), la quale, nel ricorso per cassazione poi
deciso con la sentenza qui impugnata, ha sostenuto che in fase
di prima applicazione del contratto, la nuova qualifica di
direttore dei servizi generali e amministrativi è stata attribuita a
tutti i dipendenti che ricoprivano il ruolo di responsabile
amministrativo a condizione di aver frequentato un corso di
formazione, peraltro non selettivo e non subordinato al possesso

professionale di direttore dei servizi generali e amministrativi. La

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di specifici titoli o requisiti, “laddove per l’accesso al profilo di
Direttore dei servizi generali e amministrativi sarebbero richiesti
il diploma di laurea (pag. 9) e il concorso pubblico”.
Aggiunge il ricorrente che, contrariamente a quanto
sostenuto dal Ministero, la ricostruzione della carriera è stata
“negata soltanto ai D.S.G.A. nominati 1’1/9/2000 (come il
a tutti gli altri, sebbene continuino ad essere immessi in ruolo
senza concorso e senza titolo di laurea”; che, in concreto,
l’Amministrazione scolastica riconosce ai direttori dei servizi in
questione nominati dopo il 24 luglio 2003 il diritto alla
ricostruzione della carriera, senza che costoro posseggano il
diploma di laurea e siano stati assunti mediante concorso
pubblico; che l’Amministrazione nel “contenzioso con i D.G.S.A.
nominali 1’1/9/2000, per contro, sostiene falsamente che la
ricostruzione della carriera sarebbe attribuita ai dipendenti
nominati dopo il 24/7/2003 poiché laureati assunti con
concorso. Con questa consapevole e perciò dolosa falsificazione
della realtà, trae in inganno la Corte, inducendola a credere che
la disparità di trattamento dipenda appunto dal criterio di
assunzione nel ruolo (concorso + laurea) e sia in conseguenza
giustificata”.
La prova della falsità della tesi dell’Amministrazione, rileva
infine il ricorrente, è data dal D.P.C.M. del 21 aprile 2011, con il
quale, su conforme richiesta del Ministero dell’Istruzione, è stata
per la prima volta autorizzato il reclutamento mediante concorso
di n. 450 direttori dei servizi generali e amministrativi della
scuola.
3. Il primo motivo è inammissibile.
3.1. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte
l’errore di fatto previsto dall’art. 395, primo comma, n. 4 cod.
proc. civ., idoneo a determinare la revocazione delle sentenze,
comprese quelle della Corte di cassazione, deve consistere in un
errore di percezione risultante dagli atti o dai documenti della

ricorrente), in quanto essa viene invece pacificamente attribuita

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causa direttamente esaminabili dalla Corte, errore che ricorre
quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la
cui verità è incontestabilmente esclusa, oppure quando è
supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente
stabilita, sempre che il fatto del quale è supposta l’esistenza o
l’inesistenza non abbia costituito un punto controverso sul quale

l’errore possa riguardare la violazione o la falsa applicazione di
norme giuridiche, o l’interpretazione e la valutazione dei fatti
data dalla Corte, o le argomentazioni logico-giuridiche che ne
sorreggono la decisione, o pretesi vizi motivazionali della
sentenza impugnata; occorre altresì che l’errore presenti il
carattere della assoluta evidenza, ossia della rilevabilità sulla
scorta del mero raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti o
documenti del giudizio, tale da non imporre una ricostruzione
interpretativa degli atti medesimi (cfr., tra le altre, Cass.
2713/07; Cass. 9396/06; Cass. 13915/05; Cass. 12283/04).
Nella specie, la Corte di Cassazione, nell’accogliere, con
ampie argomentazioni, il ricorso del Ministero dell’Istruzione, ha
tra l’altro affermato che era destituita di fondamento la tesi
secondo cui il diritto al superiore inquadramento, siccome
decorrente dal 10 settembre 2000, doveva essere regolato dalla
norma generale di computo dell’anzianità effettiva e non dalla
(pretesa) norma speciale del CCNL del 2001, art. 8, che, secondo
il dipeMnte, non avrebbe potuto incidere retroattivamente sulla
consistenza di un diritto già acquisito. Ciò in quanto, ha
aggiunto, all’inquadramento nel nuovo professionale, sia pure
con effetto dal settembre 2000, si perviene in sede di prima
applicazione, ai sensi del comma 2 dell’art. 34 CCNL del 1999,
“previa regolare frequenza di apposito corso modulare di
formazione con valutazione fmale”, valutazione richiesta all’esito
dei percorsi formativi abbreviati per il personale in possesso di
una determinata esperienza professionale. Pertanto, ha concluso
sul punto la Corte, soltanto dalla valutazione finale sorge il

la sentenza ebbe a pronunziare, restando invece escluso che

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diritto all’inquadramento, pur con effetti da epoca precedente, e
diventa esigibile il diritto alla maggiore retribuzione, mentre nella
controversia in oggetto non era stata allegata la maturazione del
diritto in epoca anteriore all’entrata in vigore del CCNL del 2001.
Sostiene il ricorrente che sin dal ricorso introduttivo egli
aveva allegato e provato, attraverso i documenti prodotti, la
contratto collettivo del 2001 e che quindi aveva diritto, ai sensi
dell’art. 66, comma 6, del CCNL del 1995, al riconoscimento dei
servizi prestati anteriormente al 1° settembre 2000, data di
attribuzione dell’attuale profilo professionale di direttore dei
servizi generali e amministrativi.
Ma, a prescindere dalla allegazione di tale circostanza, resta
il fatto che la valutazione in ordine all’asserito diritto acquisito
anteriormente alla stipula del contratto collettivo del 2001, è
questione giuridica che è fuori dal campo di applicazione del
vizio revocatorio, questione peraltro affrontata dalla stessa Corte
di Cassazione, la quale ha rilevato che “soltanto” dalla
valutazione finale richiesta all’esito dei percorsi formativi
(regolare frequenza di apposito corso modulare di formazione)
sorge il diritto all’inquadramento nel nuovo profilo professionale,
sia pure con effetto dal settembre 2000.
3.2. Parimenti inammissibile è l’altro rilievo del ricorrente
(v. supra, § / .2.), secondo cui, essendo stato egli inquadrato nel
ruolo di direttore dei servizi generali e amministrativi, agli effetti
economici, con decorrenza dal 1° settembre 2002, a quest’ultima
data il contratto collettivo applicabile non era quello del 2001,
bensì quello del 2003, che, abrogando l’art. 8 del precedente
contratto, ha fatto sì che la retribuzione non poteva che essere
stabilita “alla stregua dell’art. 66, sesto comma, del CCNL 1995”.
Anche qui deve escludersi la sussistenza del vizio
revocatorio, trattandosi di questione che attiene alla violazione o
falsa applicazione di contratti collettivi.
4. Inammissibile, infine, è il secondo motivo.

circostanza della maturazione del diritto da epoca anteriore al

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Questa Corte ha più volte affermato che il dolo
processuale di una delle parti in danno dell’altra in tanto può
costituire motivo di revocazione della sentenza, ai sensi dell’art.
395, n. 1, cod. proc. civ., in quanto consista in un’attività
deliberatamente fraudolenta, concretantesi in artifici o raggiri
tali da paralizzare o sviare la difesa avversaria ed impedire al
situazione diversa da quella reale. Di conseguenza, non sono
idonei a realizzare la fattispecie descritta la semplice allegazione
di fatti non veritieri favorevoli alla propria tesi, il silenzio su fatti
decisivi della controversia o la mancata produzione di
documenti, che possono configurare comportamenti censurabili
sotto il diverso profilo della lealtà e correttezza processuale, ma
non pregiudicano il diritto di difesa della controparte, la quale
resta pienamente libera di avvalersi dei mezzi offerti
dall’ordinamento al fine di pervenire all’accertamento della verità
(Cass. n. 23866/08; Cass. n. 4936/10; Cass. n. 3488/13).
Nella specie, i fatti allegati dall’Amministrazione non solo
non risultano aver pregiudicato il diritto di difesa dell’odierno
ricorrente, ma nemmeno sono stati assunti dalla Corte di
Cassazione alla base della decisione, essendo questa fondata
sulla interpretazione di norme giuridiche e di contratti collettivi.
5. Il ricorrente, per il criterio legale della soccombenza va
condannato al pagamento delle spese del presente, liquidate
come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che
liquida, a favore del Ministero resistente, in 100,00 per esborsi
ed 3.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di
legge.
Così deciso in Roma in data 4 marzo 2014.

giudice l’accertamento della verità, facendo apparire una

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