Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12872 del 22/06/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 12872 Anno 2015
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: CARLUCCIO GIUSEPPA

SENTENZA

sul ricorso 11469-2012 proposto da:
DANELLI GIANMARIA, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA ARENULA 16, presso lo studio dell’avvocato
STEFANO SBORDONI, rappresentato e difeso
dall’avvocato TEO QUARZO giusta procura speciale in
calce al ricorso;
– ricorrente contro

FONDIARIA SAI SPA, in persona del Procuratore
Speciale pro-tempore dottor GIANMARIO GATTA,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI MONSERRATO

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Data pubblicazione: 22/06/2015

34, presso lo studio dell’avvocato SILVIA GOLINO, che
la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
DONATELLA VICARI giusta procura speciale a margine
del controricorso;
– controricorrente

D’APPELLO di MILANO, depositata il 26/07/2011, R.G.N.
439/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/04/2015 dal Consigliere Dott. GIUSEPPA
CARLUCCIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

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avverso la sentenza n. 2268/2011 della CORTE

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.11 dott. Gianmaria Danelli convenne in giudizio la Fondiaria-SAI
Assicurazioni chiedendone la condanna a corrispondergli quanto da lui
versato (65 mila euro) al Fallimento Cipriani & Raimondi, nel luglio 2004,
a titolo di risarcimento dei danni per responsabilità professionale, nonché
le spese legali sostenute nell’azione giudiziaria subita (euro 15.000,00).
Espose che, quale dottore commercialista aveva svolto l’attività di

dicembre 2000) dalla carica di curatore fallimentare, il curatore del
Fallimento suddetto aveva promosso azione cautelare e, poi, la causa di
merito, per il risarcimento del danno da responsabilità professionale; lite
che aveva transatto con il fallimento (la assicurazione non aveva aderito)
per l’importo ora richiesto all’assicurazione (giudizio dichiarato estinto per
rinuncia agli atti del giudizio). Aggiunse di essere assicurato per la
responsabilità professionale sin dal 1987, che la polizza era stata
sostituita nel 1994 e prorogata sino alla sostituzione prima della scadenza
con la polizza del 2002, che prevedeva espressamente l’attività di
curatore fallimentare.
L’Assicurazione eccepì la non operatività della polizza di assicurazione per
la responsabilità civile.
Il Tribunale di Milano rigettò la domanda e la decisione venne confermata
dalla Corte di appello di Milano, che rigettò l’impugnazione (sentenza del
26 luglio 2011).
2.Avverso la suddetta sentenza, Danelli propone ricorso per cassazione
affidato a tre motivi, esplicati da memoria.
L’Assicurazione resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.In primo luogo, la Corte di merito ha condiviso la conclusione cui era
pervenuto il Tribunale, nell’interpretare la polizza del 1994, nel senso di
ritenere escluse dalla garanzia assicurativa, riferita in generale alla
attività libero professionale di commercialista, le funzioni di curatore
fallimentare, aventi carattere pubblico e natura giudiziale.
Quindi, ha ritenuto di aggiungere delle precisazioni, al fine di rafforzare la
tesi, traendo dalla polizza del 2002 argomenti di conferma e sostenendo,
nel contempo, come il Tribunale, l’esistenza della soluzione di continuità
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curatore fallimentare sino all’anno 2000 e che, dopo essersi dimesso (nel

tra le prime due e la terza polizza del 2002; così escludendo la
prosecuzione della garanzia e l’operatività della terza polizza, che
espressamente prevedeva la copertura per l’attività di curatore e la
validità della garanzia per richieste relative a periodi di validità della
polizza sostituita (Condizioni aggiuntive, clausola C).
Tanto perché:
– la polizza del 2002 aveva ampliato la garanzia, sia per il massimale che

prosecuzione;
– le differenze tra le polizze conferma l’interpretazione che esclude dalla
garanzia delle prime l’attività di curatore, perché altrimenti non si
spiegherebbe per quale motivo con la terza sarebbe stata prevista la
stessa attività con un massimale raddoppiato e una previsione specifica;
– la terza polizza è stata stipulata il giorno dopo il deposito in cancelleria
dell’istanza di sequestro conservativo e dopo l’attribuzione delle
inadempienze al professionista da parte del fallimento; quando già il
commercialista aveva ricevuto lettere contenenti doglianze sullo
svolgimento della procedura; dopo aver rinunciato all’attività di curatore
in alcune procedure;
– la stipulazione della terza polizza è stata strumentale a procurarsi la
copertura per la pregressa attività di curatore come si evince dalla
clausola C) delle condizioni aggiuntive, che estende la garanzia per le
richieste di risarcimento fatte nel nuovo periodo, ma relative a
comportamenti pregressi se il contratto «costituisca sostituzione di un
precedente contratto senza soluzione di continuità».
Prima, la Corte di merito aveva aggiunto (peraltro riferendo la notazione
al Tribunale) che, comunque, anche a voler ipotizzare la continuità tra le
polizze, la terza non avrebbe potuto trovare applicazione risultando la
garanzia esclusa (ai sensi dell’art. 18 lett. p delle condizioni generali) per
danni derivanti da «violazione volontaria da parte dell’assicurato di
leggi, regolamenti e altri atti della pubblica autorità», visto che il
commercialista aveva commesso gravi violazioni di norme imperative di
legge, quali il mancato deposito della relazione ex art. 33 L.F. e del
rendiconto di gestione.

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per le fattispecie di rischio e, quindi, non poteva essere considerata una

2. La decisione che, per comodità espositiva si è sintetizzata, è censurata
con tre motivi. Logicamente preliminare è il terzo motivo di ricorso, nel
quale si censura la sentenza impugnata per aver ritenuto non compresa
nella assicurazione per responsabilità professionale del commercialista
l’attività dallo stesso svolta quale curatore fallimentare, costituendo
questa ultima una funzione di carattere pubblico e di natura giudiziale.
Invece, il primo e secondo motivo censurano quella parte della

ritenuta esistente dalla sentenza impugnata, della mancanza della
interruzione della continuità rispetto al contratto del 2002.
3. Con il terzo motivo, si deduce la violazione degli artt. 1362, 1363,
1374, 2236, 2043 cod. civ., dell’art. 1 del d.l.g.c.p.s n. 153 del 1946,
dell’art. 1 del d.p.r. n. 1067 del 1953, oltre che omessa e contraddittoria
motivazione, in riferimento alla interpretazione delle assicurazioni del
1994, nel senso di escludere dalla copertura assicurativa i danni cagionati
dal commercialista nello svolgimento dell’attività di curatore fallimentare.
Il terzo motivo va accolto.
3.1. La Corte ha già avuto modo di pronunciarsi sulla questione posta
all’attenzione della Corte.
E’ stato affermato il seguente principio di diritto: «Qualora il curatore
fallimentare, commercialista, sia responsabile, ai sensi del combinato
disposto degli artt. 38, comma primo, legge fall. ed art. 2043 cod. civ.,
del risarcimento di un danno ingiusto cagionato nell’espletamento della
sua attività di ausiliare di giustizia, l’assicuratore della responsabilità
civile per la sua attività professionale deve tenerlo indenne (salvo che il
rischio sia espressamente escluso dal contratto), atteso che l’attività di
curatore fallimentare rientra tra le possibili attività professionali
specificamente previste per i commercialisti dalla legge, in quanto il
professionista intellettuale non esaurisce la sua attività professionale
nell’ambito tratteggiato dalle disposizioni codicistiche (art 2227 – 2230
cod. civ.) relative al contratto di prestazione d’opera intellettuale, ma
continua a restare un professionista privato anche quando nell’ambito di
tale attività espleta un incarico giudiziario (curatore fallimentare, notaio
delegato allo scioglimento delle divisioni, consulente tecnico d’ufficio), in

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motivazione che è meramente ipotetica per l’ipotesi, non concretamente

relazione al quale svolge pubblici poteri. (Cass. n. 15030 del 2005,
successivamente confermata da n. 2460 del 2009).
Il principio di diritto, ha trovato conferma anche in riferimento alla
copertura assicurativa dell’attività professionale di avvocato che svolga le
funzioni di curatore fallimentare (Cass. n. 3468 del 2007).
La Corte condivide il principio suddetto, oltre che le argomentazioni che lo
sorreggono espresse nella decisione richiamata del 2005, cui intende

3.2. La sentenza impugnata, invece, viola il principio in argomento.
Infatti, erra in diritto – rispetto alle disposizioni del codice civile e di
quelle che regolamentano le professioni con leggi speciali – quando ritiene
che il carattere pubblicistico della funzione e quella di ausiliare del giudice
di curatore impedisca la qualificazione della attività dello stesso come
attività professionale coperta da copertura assicurativa. Invece, proprio
per via della disciplina legislativa, l’attività di curatore rientra a pieno
titolo tra quelle che la legge riserva alla professione di commercialista
iscritto all’albo. Naturalmente, il contratto di assicurazione può
espressamente escluderla, ma non è questo il caso rilevante per la specie
perché i primi contratti non la escludono espressamente, e può
esplicitarla, come è accaduto nel contratto del 2002.
3.3. I profili diversi enunciati nel terzo motivo, che censurano la decisione
per difetti motivazionali in riferimento a quelle argomentazioni della
sentenza della Corte di merito che vorrebbero rafforzare la tesi della non
inclusione nell’attività professionale del commercialista di quella del
curatore sulla base di argomenti tratti dalla assicurazione del 2002, che la
prevedeva espressamente, restano assorbiti.
4. Con il primo motivo, si deduce la violazione degli artt. 345 c.p.c. e 183
c.p.c. in riferimento alla introduzione da parte dell’Assicurazione,
tardivamente e solo nella comparsa di risposta in appello, di una “nuova
eccezione”, costituita dalla non operatività della polizza del 2002, per via
dell’art. 18, lett. p).
Con il secondo motivo si deduce omessa e contraddittoria motivazione,
violazione degli artt. 1362, 1363, 1364, 1366, 1367, 1370, nonché
dell’art. 1917 e 1341 cod. civ., sempre con riferimento alla clausola
contenuta nell’art. 18, lett. p) della polizza del 2002.
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dare continuità.

Dall’accoglimento del terzo motivo discende l’assorbimento dei primi due
che concernono il contratto assicurativo del 2002.
5. In conclusione, in accoglimento del terzo motivo di ricorso la sentenza
è cassata con rinvio alla Corte di merito che deciderà la controversia
applicando il principio di diritto enunciato e liquiderà anche le spese
processuali del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

accoglie il terzo motivo di ricorso e dichiara assorbiti il primo e secondo;
cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente
giudizio, alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 23 aprile 2015.

LA CORTE DI CASSAZIONE

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