Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12870 del 26/05/2010

Cassazione civile sez. I, 26/05/2010, (ud. 13/04/2010, dep. 26/05/2010), n.12870

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 20021-2008 proposto da:

P.A. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA NICOLA RICCIOTTI 9, presso l’avvocato COLACINO VINCENZO,

rappresentato e difeso dall’avvocato DONNINI DONNINO, giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositato il

30/04/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/04/2010 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA FIORETTI;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato V. COLACINO (delega) che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso alla Corte d’Appello dell’Aquila, depositato il 24.11.07, P.A. chiedeva la condanna del Ministero della Giustizia ad un’equa riparazione pari ad Euro 10.000,00 per la violazione del termine ragionevole di durata, previsto dall’art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, di un processo per inadempimento contrattuale, iniziato davanti al Tribunale di Ancona con atto di citazione notificato il 29.3.95 e definito in Cassazione con sentenza del 20.3.07.

La Corte adita dichiarava inammissibile il ricorso, della L. n. 89 del 2001, ex art. 4 per intervenuta decadenza, essendo stata la domanda di riparazione proposta oltre sei mesi dal momento in cui la decisione, che ha concluso il processo presupposto, è divenuta definitiva.

Avverso detto decreto P.A. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi. L’intimato Ministero della Giustizia non essendosi costituito nei termini di legge, si è costituito in giudizio tardivamente al solo fine della partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3. – Violazione L. n. 89 del 2001, art. 4.

Deduce il ricorrente che la sentenza della Corte di Cassazione relativa al processo presupposto è stata emessa il 20.3.2007 e depositata il 25.5.2007, che il termine semestrale di decadenza di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 4 non va computato a partire dalla data della emanazione, ma da quella del deposito della sentenza. Ne deriverebbe che la domanda di equa riparazione, proposta in data 24.11.07 era tempestiva, dovendosi il termine di sei mesi, previsto a pena di decadenza per la proposizione della domanda di equa riparazione, computare a partire dal momento del deposito della sentenza definitiva e non da quello della pronuncia relativa al processo presupposto.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 circa il punto decisivo della controversia rappresentato dalla domanda di equa riparazione per mancato rispetto del termine ragionevole di durata del processo.

Deduce il ricorrente che il giudice a quo avrebbe errato nel ritenere non eccessiva la durata di complessivi undici anni dei tre gradi di giudizio del processo presupposto avente ad oggetto un caso non complesso, svoltosi senza espletamento di alcuna istruttoria e senza richiesta di meri rinvii.

Tale decisione, oltre che illogica, si porrebbe in contrasto con i parametri di durata indicati dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, cui il giudice nazionale deve tendenzialmente uniformarsi della determinazione sia della durata ragionevole che della misura dell’indennizzo.

Il primo motivo di ricorso è fondato.

La L. n. 89 del 2001, art. 4 dispone che la domanda di riparazione va proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione, che conclude il procedimento presupposto, è divenuta definitiva.

Detta norma ovviamente deve essere coordinata con il nostro ordinamento processuale ed in particolare con l’art. 133 c.p.c., il quale stabilisce al comma 1 che la sentenza è resa pubblica mediante deposito nella cancelleria del giudice che l’ha pronunciata.

La pubblicazione della sentenza, mediante deposito nella cancelleria del giudice che l’ha pronunciata, è l’atto con cui tale provvedimento acquista la sua efficacia autoritativa di dictum del giudice, è il momento in cui inizia a decorrere il termine (cd.

lungo) di impugnazione di cui all’art. 327 c.p.c. ed è il momento in cui la sentenza passa in giudicato (in senso formale), vale a dire diventa definitiva, se non è più soggetta a mezzi di impugnazione ordinaria.

Ne deriva che il termine semestrale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 4 va computato non a partire dalla data della decisione, ma dalla data della pubblicazione della sentenza (da ritenersi definitiva) del processo presupposto.

Deve escludersi, pertanto, che la domanda di equa riparazione, proposta dall’attuale ricorrente possa ritenersi tardiva, atteso che, essendo stata depositata il 24.11.2007, è stata depositata entro sei mesi dalla data (25.5.07), in cui la sentenza della Corte di Cassazione relativa al processo presupposto è stata depositata in cancelleria. Pertanto il motivo di ricorso in esame deve essere accolto. Conseguentemente il secondo motivo devesi ritenere assorbito. Il decreto impugnato deve essere cassato in relazione al motivo accolto e la causa deve essere rinviata, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di L’Aquila in diversa composizione.

PQM

La corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo;

cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione, alla Corte di Appello di L’Aquila in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2010

 

 

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