Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12870 del 09/06/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 12870 Anno 2014
Presidente: COLETTI DE CESARE GABRIELLA
Relatore: TRIA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso 20623-2008 proposto da:
CAIOLA GIUSEPPE C.F. CLAGPP55H30D960H, domiciliato in
ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato GUARNACCIA ROCCO, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2014
620

I.N.P.S.

SOCIALE,

C.F.

ISTITUTO NAZIONALE
80078750587,

DELLA PREVIDENZA

in persona

del

suo

Presidente e legale rappresentante pro tempore, in
proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.

Data pubblicazione: 09/06/2014

Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F.
05870001004, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati
CALIULO LUIGI, CORETTI ANTONIETTA, MARITATO LELIO,

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 337/2007 della CORTE D’APPELLO

1di CALTANISSETTA, depositata il

r.g.n.

52/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/02/2014 dal Consigliere Dott. LUCIA
TRIA;
udito l’Avvocato GUARNACCIA ROCCO;
udito l’Avvocato SGROI ANTONINO per delega verbale
CORETTI ANTONIETTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO, che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

giusta delega in atti;

Udienza del 19 febbraio 2014 — Aula A
n. 16 del ruolo—RG n. 20623/08
Presidente: Coletti – Relatore: Tria

1.— La sentenza attualmente impugnata (depositata il 10 novembre 2007 e notificata il 29
maggio 2008) respinge l’appello di Giuseppe Caiola avverso la sentenza del Tribunale di
Caltanissetta n. 920/2006, che ha dichiarato inammissibile l’opposizione del Caiola alla cartella
esattoriale n. 292 2003 00105845 50, notificata il 9 aprile 2003, perché proposta con ricorso
depositato il 3 gennaio 2005 e quindi oltre il termine perentorio di quaranta giorni previsto dall’art.
24 del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.
La Corte d’appello di Caltanissetta, per quel che qui interessa, precisa che:
a) pur non essendo espressamente prevista, non si può dubitare in ordine alla natura perentoria
del termine di cui al citato art. 24 in primo luogo per analogia con quanto stabilito dall’art. 35 della
legge n. 689 del 1981 (per l’opposizione ad ordinanza ingiunzione), dall’art. 2, comma 6, della
legge n. 398 del 1989 (per l’opposizione avverso i ruoli emessi sulla base di titoli esecutivi),
dall’art. 13 della legge n. 448 del 1998 (in tema di cessione e cartolarizzazione dei crediti
dell’INPS);
b) peraltro, anche la giurisprudenza di merito prevalente si è espressa in tal senso, mentre la
Corte costituzionale (ordinanza n. 107 del 2003) e le Sezioni unite della Corte di cassazione (Cass.
SU 3 febbraio 1994, n. 1111) hanno più volte affermato che il carattere perentorio di un termine,
pur non esplicitato, può desumersi dalla funzione del termine stesso;
c) il termine di cui si tratta è un termine di decadenza, volto ad assicurare la certezza delle
situazioni giuridiche, la cui scadenza è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, onde
ha una funzione che ne giustifica il carattere perentorio;
d) del resto, pure la Corte di cassazione nella sentenza 25 giugno 2007, n. 14692, ha precisato
che il carattere perentorio del termine in oggetto può desumersi anche dalla natura perentoria del
termine previsto dalla precedente disciplina della materia, sancita dall’abrogato art. 2 della legge n.
389 del 1989, senza che a ciò sia di ostacolo il fatto che l’iscrizione a ruolo avvenga in mancanza di
un preventivo accertamento giudiziale.
2.— Il ricorso di Giuseppe Caiola domanda la cassazione della sentenza per due motivi; resiste,
con controricorso, l’INPS, in proprio e quale mandatario della SCCI s.p.a.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I — Sintesi dei motivi di ricorso

1

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.— Il ricorso è articolato in due motivi, formulati in conformità dell’art. 366-bis cod. proc.
civ., applicabile nella specie, ratione temporis.

Si sottolinea che la Corte nissena ha ignorato la rituale deduzione del Caiola in merito al
sopravvenuto (il 21 febbraio 2006) accoglimento parziale del ricorso amministrativo del ricorrente
avverso il verbale ispettivo di accertamento da parte della Commissione centrale per l’accertamento
dei Contributi agricoli unificati dell’INPS. Invece tale elemento era decisivo, visto che ha
comportato una riduzione del debito contributivo, sicché lo stesso INPS, in via amministrativa,
avrebbe dovuto provvedere all’annullamento del ruolo precedentemente formato. Comunque, tale
inerte comportamento dell”Istituto non può esporre il ricorrente al pagamento di somme non
dovute, che poi sarebbero da recuperare.
Per le suesposte ragioni la Corte d’appello avrebbe dovuto annullare la cartella di pagamento
in oggetto insieme con il ruolo opposto.
1.2.— Con il secondo motivo violazione e/o falsa applicazione di legge (art. 24 del d.lgs. n. 46
del 1999).
Si contesta la statuizione della Corte territoriale secondo cui il termine di quaranta giorni
fissato dal citato art. 24 per la proposizione del ricorso in opposizione è perentorio, pur non essendo
qualificato come tale dalla norma e pur non essendo tale qualificazione desumibile dal sistema delle
esecuzioni.
Attribuire al suddetto termine natura perentoria significa ledere i diritti del contribuente
garantiti dagli arti. 3, 23 e 24 Cost.

II — Esame delle censure
2.- Il ricorso non è da accogliere, per le ragioni di seguito esposte.
2.1.- Per quel che riguarda il secondo motivo — da trattare per primo, in ordine logico — si
deve ricordare che, come precisato anche dalla Corte costituzionale (vedi: sentenza n. 291 del 2010
e ordinanza n. 111 del 2007) in base all’art. 24 del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46: 1) contro
l’iscrizione a ruolo operata dall’ente previdenziale il contribuente può proporre opposizione al
giudice del lavoro entro il termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento
(comma 5); 2) inoltre, «il giudizio di opposizione contro il ruolo per motivi inerenti il merito della
pretesa contributiva è regolato dagli articoli 442 e seguenti del codice di procedura civile. Nel corso
del giudizio di primo grado il giudice del lavoro può sospendere l’esecuzione del ruolo per gravi
motivi» (comma 6).
Il Giudice delle leggi, nel dichiarare (ordinanza n. 111 del 2007 cit.) la manifesta infondatezza
della questione di legittimità costituzionale relativa a tale norma, sollevata in riferimento all’art.
111, secondo comma, Cost., ha chiarito che «da un lato, non è irragionevole la scelta del legislatore
di consentire ad un creditore, attesa la sua natura pubblicistica e l’affidabilità derivante dal
procedimento che ne governa l’attività, di formare unilateralmente un titolo esecutivo, e, dall’altro
2

1.1.— Con il primo motivo si denunciano violazione di legge e omessa motivazione circa un
fatto decisivo per il giudizio.

La Corte costituzionale ha, inoltre, sottolineato che soltanto nel giudizio di opposizione alla
cartella esattoriale il destinatario di questa ha la possibilità di far accertare l’inesistenza, o la minore
entità, del proprio debito, sicché tale momento processuale è da considerare centrale, perché in esso
— e solo in esso — è esperibile la tutela cautelare con la sospensione dell’efficacia esecutiva del
titolo.
2.2.- Anche nella giurisprudenza di questa Corte, ormai da tempo, si sono consolidati gli
indirizzi interpretativi — cui il Collegio intende dare continuità — secondo cui:
a) in tema di iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali, il termine previsto dal comma 5
dell’art. 24 del d.lgs. n. 46 del 1999 per proporre opposizione nel merito, onde accertare la
fondatezza della pretesa dell’ente, deve ritenersi perentorio, pur in assenza di un’espressa
indicazione in tal senso, perché diretto a rendere non più contestabile il credito contributivo
dell’ente previdenziale in caso di omessa tempestiva impugnazione ed a consentire una rapida
riscossione del credito iscritto a ruolo (vedi, per tutte: Cass. 15 ottobre 2010, n. 23165; Cass. 5
febbraio 2009, n. 2835; Cass. 1 luglio 2008, n. 17978; Cass. 27 febbraio 2007, n. 4506);
b) alla natura perentoria del suddetto termine non ostano né l’inespressa indicazione in tal
senso, dovendo pur sempre il giudice indagare se, a prescindere dal dettato normativo, un termine,
per lo scopo che persegue e la funzione che adempie, debba essere rigorosamente osservato a pena
di decadenza, né che l’ iscrizione a ruolo avvenga senza un preventivo accertamento giudiziale, non
ignorando l’ordinamento titoli esecutivi formati sulla base di un mero procedimento amministrativo
dell’ente impositore (ex plurimis: Cass. 27 febbraio 2007, n. 4506);
c) in particolare, la perentorietà del termine può desumersi anche dalla natura perentoria del
termine previsto dalla precedente disciplina della materia, sancita dall’abrogato art. 2 della legge n.
389 del 1989, senza che ad essa sia di ostacolo il fatto che l’iscrizione a ruolo avvenga in mancanza
di un preventivo accertamento giudiziale, essendo consolidata nell’ordinamento, come per le
iscrizioni a ruolo delle imposte dirette o indirette, la categoria dei titoli esecutivi formati sulla base
di un mero procedimento amministrativo dell’ente impositore (Cass. 25 giugno 2007, n. 14692);
d) tale disciplina non fa sorgere dubbi di legittimità costituzionale per contrasto con l’art. 24
Cost., poiché rientra nelle facoltà discrezionali del legislatore la previsione dei termini di esercizio
del diritto di impugnazione, come affermato dalla Corte costituzionale nell’ordinanza n. 111 del
2007 (Cass. 5 febbraio 2009, n. 2835).
2.3.- La Corte territoriale si è conformata ai suddetti principi, con congrua e logica
motivazione, sicché la sentenza non merita alcuna censura in ordine alla affermata perentorietà del
termine di quaranta giorni fissato dal citato art. 24 per la proposizione del ricorso in opposizione.
3

lato, è rispettosa dei diritti di difesa e dei principi del giusto processo la possibilità, concessa al
preteso debitore di promuovere, entro un termine perentorio ma adeguato, un giudizio ordinario di
cognizione nel quale far efficacemente valere le proprie ragioni, sia grazie alla possibilità di
ottenere la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo e/o dell’esecuzione, sia grazie alla
ripartizione dell’onere della prova in base alla posizione sostanziale (e non già formale) assunta
dalle parti nel giudizio di opposizione».

Quanto all’art. 23 Cost. la sua invocazione è palesemente ultronea, visto che la norma in
questione è di carattere processuale — come sembra riconoscere lo stesso ricorrente, quando
richiama l’art. 24 Cost. — mentre il suddetto art. 23, sancisce la riserva di legge per la imposizione di
prestazioni (sostanziali) personali o patrimoniali.
3 0-0-0A)
2.4.- L’infondatezza del pfiffte-motivo comporta l’inammissibilità, per difetto di rilevanza, del
motivo, perché il mancato rispetto del suindicato termine decadenziale, rendendo
inammissibile l’opposizione — come esattamente ritenuto dalla Corte d’appello — impedisce, anche
in questa sede, l’esame di ogni questione proposta al fine di ottenere l’annullamento della cartella di
pagamento in oggetto e del ruolo opposto, nella specie avanzata — peraltro, senza neppure un
adeguato rispetto del principio di specificità dei motivi del ricorso per cassazione — per una
prospettata sopravvenuta riduzione del debito contributivo.
Infatti, la correttezza della decisione sulla intempestività dell’opposizione del ricorrente è
assorbente rispetto ad ogni altra censura.

III

Conclusioni

3.- In sintesi, il ricorso deve essere respinto. Le spese del presente giudizio di cassazione —
liquidate nella misura indicata in dispositivo — seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio di cassazione, liquidate in euro 100,00 (cento/00) per esborsi, euro 3000,00 (tremila/00)
per compensi professionali, oltre accessori come per legge.
C ‘ deciso in Rorja, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 19 febbraio 2014.

Né tale statuizione può considerarsi lesiva degli artt. 3, 23 e 24 Cost., richiamati dal
ricorrente, in quanto, la conformità della disposizione in oggetto agli artt. 3 e 24 Cost. è già stata
affermata dalla Corte costituzionale, nelle citate decisioni, nelle quali: a) da un lato, è stata esclusa
l’irragionevolezza della scelta del legislatore di consentire all’ente previdenziale creditore di
formare unilateralmente un titolo esecutivo, in considerazione della natura pubblicistica dell’ente
stesso e dell’affidabilità derivante dal procedimento che ne governa l’attività; b) tale scelta è stata
ritenuta rispettosa anche dei diritti di difesa e dei principi del giusto processo, essendo concessa al
preteso debitore la possibilità, di promuovere un giudizio ordinario di cognizione nel quale far
efficacemente valere le proprie ragioni, in un termine che benché perentorio, il Giudice delle leggi
ha considerato “adeguato”.

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