Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12869 del 26/05/2010

Cassazione civile sez. I, 26/05/2010, (ud. 13/04/2010, dep. 26/05/2010), n.12869

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17101-2008 proposto da:

S.G. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA LUNIGIANA 6, presso il dott. D’AGOSTINO

GREGORIO, rappresentato e difeso dall’avvocato INTILISANO MARIO,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA,

depositato il 08/10/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/04/2010 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA FIORETTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

S.G. con ricorso alla Corte d’Appello di Reggio Calabria, chiedeva la condanna del Ministero della giustizia al pagamento di un’equa riparazione per il mancato rispetto del termine ragionevole, di cui all’art. 6, par. 1 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, in relazione alla durata di una procedura esecutiva iniziata con atto di pignoramento presso terzi in data 1 marzo 1996 e tuttora in corso.

Deduceva il ricorrente che detta procedura era stata sospesa in data 27 novembre 1997, a seguito di opposizione alla esecuzione del debitore esecutato e che con l’ordinanza di sospensione, era stata assegnata al creditore procedente la somma di L. 14.269.612, oltre interessi e rivalutazione, della quale lo stesso esecutato si era riconosciuto debitore. L’opposizione era stata definita in primo grado con sentenza 16 maggio 2002 ed, in grado di appello, con sentenza 28 marzo 2006, con la quale la Corte d’Appello aveva ridotto la somma di L. 72.827.151, oggetto del precetto, a L. 15.831.151. La Corte adita rigettava la domanda, osservando che la mancata conclusione del processo esecutivo nel termine da ritenersi ragionevole, non era in alcun modo addebitabile a carenze organizzative e strutturali del servizio-giustizia, essendo ascrivibile alla condotta processuale delle parti e al fatto che il processo stesso aveva subito una necessaria sospensione per via dell’opposizione (peraltro quasi in toto fondata) proposta dal debitore esecutato.

Avverso detto decreto S.G. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo illustrato con memoria. Il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 in relazione alla violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della L. 4 agosto 1955, n. 848, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all’art. 6, paragrafo 1, dovendo essere computato, al fine di determinare la durata del processo esecutivo, anche il tempo richiesto dalla causa di opposizione alla esecuzione.

Il ricorso è fondato.

Nel caso in cui il giudice dell’esecuzione, a seguito dell’opposizione del debitore esecutato, sospenda ai sensi dell’art. 624 c.p.c. l’esecuzione, come avvenuto nel caso di specie, dal periodo di durata del processo esecutivo, al fine di stabilirne la ragionevole durata, non può essere scomputato il periodo di durata del giudizio di opposizione.

Se è vero che il processo esecutivo si distingue per funzione e struttura dal giudizio di cognizione, atteso che, a differenza del processo di cognizione, il processo esecutivo deve assicurare la compiuta attuazione di diritti, non già decidere controversie, è pur vero che il processo di opposizione all’esecuzione non è a tal punto distinto dal processo di esecuzione da giustificare una separata ed autonoma considerazione dei due processi.

La opposizione alla esecuzione si innesta, infatti, nel processo esecutivo come una parentesi cognitiva volta all’accertamento negativo dell’azione esecutiva ed è, quindi, funzionalmente collegata con il processo esecutivo in considerazione delle ricadute che l’esito del giudizio di opposizione può avere su detto processo.

Ne deriva che, qualora venga proposta opposizione all’esecuzione, ed il giudice, dell’esecuzione, ravvisando la sussistenza di giusti motivi, proceda alla sospensione dell’esecuzione stessa, il giudice, cui venga chiesto un indennizzo per la eccessiva durata del processo, nella durata complessiva del processo esecutivo dovrà ricomprendere, in considerazione del collegamento funzionale tra i due processi, anche il tempo impiegato per la conclusione del giudizio di opposizione all’esecuzione, potendo la fase contenziosa di contestazione del diritto a procedere ad esecuzione forzata essere valutata dal giudice dell’equa riparazione nell’ambito della considerazione della complessità del caso ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2.

Per quanto precede il ricorso deve essere accolto, il decreto impugnato deve essere cassato e la causa deve essere rinviata, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Reggio Calabria in diversa composizione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Reggio Calabria in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2010

 

 

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