Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12867 del 22/06/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 12867 Anno 2015
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: BARRECA GIUSEPPINA LUCIANA

SENTENZA

sul ricorso 14571-2012 proposto da:
ARCELLA ANDREA RCLNDR51S21F839X, TONDO MARILENA
TNDMLN59R41F839P, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA SILVIO PELLICO 44, presso lo studio dell’avvocato
ANTONIO FERDINANDO DE SIMONE, rappresentati e difesi
dall’avvocato ROBERTO ARCELLA con studio in NAPOLI 2015
856

VIA CINTIA PARCO SAN PAOLO 21, giusta procura a
margine del ricorso;
– ricorrenti contro

ALLIANZ SPA, in persona dei procuratori dott. ANDREA

1

Data pubblicazione: 22/06/2015

CERRETTI e dott.ssa ANNA GENOVESE, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 88, presso lo studio
dell’avvocato GIORGIO SPADAFORA, che la rappresenta e
difende giusta procura in calce al controricorso;
GERMANO ROSARIO, elettivamente domiciliato in 00136,

EGIDIO ROMAGNA, che lo rappresenta e difende giusta
procura a margine del controricorso;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 3607/2011 della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 07/12/2011 R.G.N.
3879/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/04/2015 dal Consigliere Dott.
GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;
udito l’Avvocato ROBERTO ARCELLA;
udito l’Avvocato ANTONIO MANGANIELLO per delega;
udito l’Avvocato EGIDIO ROMAGNA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

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VIA MARIO SAVINI 7, presso lo studio dell’avvocato

Svolgimento del processo

1.

Il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 5709/2009, ri-

gettò la domanda avanzata da Andrea Arcella e Marilena Tondo, nella loro qualità di conduttori dell’appartamento ad
uso di civile abitazione di proprietà del locatore, Rosario
Germano; precisamente, rigettò la domanda, avanzata nei
confronti di quest’ultimo, di risarcimento dei danni, da
quantificarsi

in

lire

240

milioni,

provocati

all’arredamento ed agli oggetti di loro proprietà, che si
trovavano nell’immobile, da un incendio che, secondo gli
attori, si era sviluppato in quanto l’impianto elettrico a
servizio dell’appartamento non sarebbe stato protetto a
norma di legge.
Con la stessa sentenza il Tribunale, accogliendo la domanda
riconvenzionale del Germano, condannò i conduttori Arcella
e Tondo al risarcimento dei danni quantificati nell’importo
di e 18.000,00, oltre interessi, per il ritardato rilascio
dell’immobile locato, ai sensi dell’art. 1591 cod. civ., e
nell’importo di e 1.500,00 per danni all’immobile causati
dall’incendio e non rimborsati dall’assicuratore.
Ancora, accogliendo la domanda riconvenzionale della compagnia di assicurazioni Allianz Subalpina spa, chiamata in
causa dal convenuto, condannò gli Arcella-Tondo al pagamento, in favore di quest’ultima, ai sensi dell’art. 1916 cod.
civ., della somma di E 24.273,47, oltre interessi, pari a

A

quanto pagato all’assicurato Germano per risarcirgli i danni provocati dall’incendio all’immobile di sua proprietà.
Gli attori vennero condannati al pagamento delle spese di
lite in favore del convenuto e della chiamata in causa e le
spese vennero compensate nei rapporti tra questi ultimi.

il 7 dicembre 2011,

sentenza pubblicata

decidendo sull’appello principale di

Arcella e Tondo e sugli appelli incidentali della Allianz
spa e di Germano, ha rigettato l’appello principale e dichiarato inammissibile l’incidentale dell’assicuratore; ha
accolto l’incidentale di Rosario Gemano e, per l’effetto,
ha condannato Arcella e Tondo al pagamento in suo favore, a
titolo di danni ai sensi dell’art. 1591 cod. civ., della
somma di

e

27.344,00, all’attualità, oltre interessi legali

dalla maturazione di ciascuna mensilità al soddisfo, da
calcolarsi mese per mese, sulle somme via via dovute, devalutate secondo gli indici Istat. Ha condannato gli appellanti principali al pagamento delle spese del secondo grado.
3.- Avverso la sentenza, Andrea Arcella e Marilena Tondo
propongono ricorso, affidato a sette motivi, illustrati da
memoria.
Rosario Germano e Allianz S.p.A. si difendono con distinti
controricorsi. La società resistente ha depositato memoria.
~Iva: della decisione

2.- La Corte d’appello di Napoli, con

1.- Col primo motivo di ricorso si deduce insufficiente mo-

tivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio – violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.,
al fine di criticare la sentenza che non avrebbe tenuto
conto di fotografie che ritraevano la presa elettrica cui

sere il frigorifero montato ad incasso da vari anni, quindi
in posizione “immobile”) dai quali avrebbe dovuto desumere
che non vi sarebbe stato alcun allentamento dei morsetti,
come invece ritenuto dal CTU.
La motivazione resa sul punto sarebbe inadeguata perché
fondata su tre ipotesi formulate dal CTU, non riscontrate,
ed, a loro volta, inverosimili ed illogiche.
1.1.- Co]. secondo motivo si deduce violazione degli artt.

2727 e 2729 cod. civ., perché la circostanza riportata dal
CTU dell’allentamento dei morsetti del frigorifero, colle
gati alla presa senza spina, sarebbe fondata su mere congetture, smentite dall’ATP. Inoltre, su questo fatto -a
detta dei ricorrenti costituente una presunzione- il consulente ed il giudice di merito avrebbero fondato un’altra
presunzione -lo scintillio come origine delle fiamme- incorrendo nel divieto di presunzioni di secondo grado.
1.2.- Col terzo motivo si deduce insufficiente motivazione,

violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e contraddittoria motivazione.

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era collegato il frigorifero e di un argomento logico (es-

Il motivo si articola in tre censure:
– lacuna motivazionale nella valutazione dell’inadeguatezza
dell’impianto elettrico come concausa dell’incendio: un impianto a norma, secondo i ricorrenti, non avrebbe consentito che i fili, anche in caso di corto circuito o di scin-

scaldamento tale da attivare l’incendio;
– la Corte d’Appello avrebbe omesso di valutare la deduzione
difensiva per cui qualsivoglia ipotizzabile anomalia verificatasi nel frigorifero (o nella presa) non avrebbe potuto
causare l’incendio se l’impianto elettrico fosse stato adeguatamente strutturato, sia relativamente alla sezione dei
fili elettrici che relativamente agli apparati di protezione esistenti su una delle due dorsali dell’impianto; lo
stesso CTU avrebbe concluso per l’inidoneità tecnica
dell’impianto elettrico, in quanto una delle due dorsali
dell’impianto era priva di interruttore magnetotermico: e
proprio su questa si era verificato l’incendio, che avrebbe
avuto causa in un corto circuito. Pertanto, sarebbe incorsa
in vizio di motivazione la Corte d’Appello nell’escludere
questa causa, andando di contrario avviso rispetto al Tribunale, al CTU ed ai Vigili del Fuoco;
il corto circuito risulterebbe sia dalla scheda statistica-rapporto di intervento di questi ultimi, sia dalla relazione di consulenza tecnica d’ufficio. La Corte d’Appello

tillio (o “arco elettrico”), arrivassero ad un grado di ri-

•1

sarebbe incorsa in contraddizione, richiamando quest’ultima
per poi disattenderne le conclusioni sulla causa
dell’incendio.
1.3.- Col quarto motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360

n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione della

artt. l e 2 legge n. 186/1968 in relazione all’art. 2043
cod. civ., violazione dell’art. 2043 cod. civ. in relazione
agli artt. 40 e 41 cod. pen., violazione dell’art. 1223
cod. civ., violazione dell’art. 1227 cod. civ..
Dopo aver riportato i testi degli artt. 1 e 2 della legge
n. 186 del 1968 e delle norme tecniche CEI richiamate, i
ricorrenti ripetono l’argomento di cui al terzo motivo, relativo alla presenza sulla dorsale elettrica, lungo la quale si è sviluppato l’incendio, di un interruttore inidoneo
alla protezione contemporanea dei fenomeni di sovraccarico
e di corto circuito e sostengono che la Corte napoletana
sarebbe incorsa in errore nell’affermare che il termine di
adeguamento degli

impianti alla legge n. 46/90 non fosse

ancora scaduto, in quanto sarebbe stata comunque in vigore
sin dal 1968 la norma che richiamava le prescrizioni CEI.
Pertanto, l’inosservanza di queste da parte del proprietario dell’appartamento avrebbe implicato la sua responsabilità per colpa specifica, quanto meno ai sensi dell’art.
2043 cod. civ.

norma CEI 64-8, art. 432.1, 432.2 e 432.3, richiamati dagli

L’errore di diritto si rinverrebbe altresì nella mancata
considerazione dell’efficienza causale del fatto omissivo
del proprietario dell’immobile secondo lo schema delineato
dagli artt. 40 e 41 cod. pen., anche come fattore escludente la risarcibilità del danno ex art. 1223 cod. civ. o tale

1.4.- Col quinto motivo si deduce carenza assoluta di moti-

vazione in merito al nesso causale tra inosservanza di norme da parte del proprietario dell’immobile e l’eventoincendio, poiché la Corte d’Appello si sarebbe adagiata
sulle riflessioni del CTU, senza procedere alla verifica
controfattuale invocata dai ricorrenti, allora appellanti.
2.- I

motivi, che vanno esaminati congiuntamente perché

consequenziali, sono in parte inammissibili ed in parte infondati.
In merito alla causa dell’incendio la motivazione non è né
perplessa né basata su prove presuntive: essa è individuata
-sulla scorta della CTU e dell’ATP- nel collegamento del
frigorifero alla presa di corrente «in modo anomalo e cioè
non riconosciuto idoneo dalle norme CE1″..”>>,

che viene det-

tagliatamente spiegato in sentenza, con l’aggiunta che
«risalendo dalla suddetta presa verso il contatore e proseguendo oltre la presa verso il frigorifero, I conduttori
erano risultati bruciati per un tratto di circa dieci centimetri da ogni lato».

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da limitarlo ex art. 1227 cod. civ.

Non vi è pertanto alcun dubbio, manifestato in sentenza,
sull’origine dell’incendio e le ipotesi alternative di cui
è detto nei primi due motivi di ricorso non hanno nulla a
che vedere con la prova presuntiva. Esse sono state indicate dal CTU soltanto al fine di spiegare -dal punto di vista

quale i contatti della presa-spina si sono allentati. E’
l’irregolare allacciamento del frigorifero all’impianto elettrico con conseguente allentamento dei contatti il dato
certo da cui il consulente tecnico ha preso le mosse per
individuare la dinamica dell’evento, collegandolo all’altro
dato certo, riportato in sentenza, della bruciatura dei
conduttori per un tratto di circa dieci centimetri per ogni
lato,

nonché

al

ulteriore

dato

dell’ubicazione

dell’elettrodomestico. Il collegamento tra questi dati è
stato effettuato dal consulente d’ufficio secondo criteri
tecnici e di verosimiglianza scientifica, che non possono
certo soggiacere alle regole della prova presuntiva.
2.1.- Entrambi i motivi sono inammissibili.

Non vi può essere violazione degli artt. 2727 e 2729 cod.
civ. poiché non vi è stato ricorso alla prova presuntiva;
il vizio dedotto in riferimento alla motivazione non è riconducibile al paradigma dell’art. 360 n. 5 cod. proc.,
civ., nel testo applicabile ratione temporis.

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tecnico- la possibile ragione (in sé, irrilevante) per la

La

motivazione

sull’individuazione

della

causa

dell’incendio è completa e consente agevolmente di comprendere l’iter logico giuridico seguito dal giudice, nel condividere le conclusioni raggiunte dal CTU, così come sono
ben esplicitate le ragioni per le quali la Corte ha ritenu-

nuto riscontrata da dati oggettivi la relativa ricostruzione della dinamica dell’incendio.
Le considerazioni dei ricorrenti sul significato da attribuire ai dati di fatto vagliati in sede di merito si traducono in un’inammissibile istanza di revisione del convincimento del giudice di merito, estranea al giudizio di legittimità (cfr., da ultimo Cass. S.U. n. 24148/13).
2.2.- A tutto quanto sin qui detto, va aggiunto che, come

rilevato dalle parti resistenti, il caso è disciplinato
dall’art. 1588 cod. civ., per cui, anche ove vi fossero
profili di dubbio in ordine all’individuazione della causa
dell’incendio, questi ridonderebbero a danno dei conduttori, sui quali incombe l’onere della prova, positiva e concreta, della non imputabilità nei loro confronti di detta
causa (cfr., da ultimo, Cass. n. 11972/10).
3.-

Nel caso di specie, gli originari attori, odierni ri-

correnti, non sono riusciti nell’intento di provare, in sede di merito, il fatto del proprietario, dotato di efficacia causale rispetto all’evento, né al fine di superare la

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to queste conclusioni condivisibili e per le quali ha rite-

presunzione di colpa dell’art. 1588 cod. civ. né al fine di
riscontrare profili di colpa del Germano, sì da ascrivere a
quest’ultimo la responsabilità del sinistro, come preteso
sin dall’atto introduttivo del giudizio.

I motivi terzo, quarto e quinto si riferiscono, appunto,

rio e locatore dell’appartamento.
Quanto al terzo motivo, va rilevato che la sentenza ha escluso, con motivazione adeguata, congrua e per nulla contraddittoria, cause dell’incendio alternative a quella come
sopra delineata («surriscaldamento della presa del frigo _
verificato a causa di falsi contatti causati dalla cattiva
esecuzione del collegamento tra i conduttori _ rimasto localizzato nella zona della presa»).
In specie, ha escluso sia il sovraccarico che il corto circuito. In merito, a quest’ultimo non si rinviene la contraddizione denunciata dai ricorrenti, dal momento che la
Corte si è avvalsa della spiegazione fornita dal CTU proprio per escludere il corto circuito.
Inoltre, si è avvalsa degli accertamenti del tecnico anche
in merito ai profili di inadeguatezza dell’impianto elettrico e delle sue conclusioni circa il fatto che
l’esistenza di un adeguato impianto di protezione contro i
sovraccarichi e contro i corto circuiti (nella specie non
verificatisi) non avrebbe evitato il surriscaldamento ed il

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all’individuazione di una siffatta condotta del proprieta-

successivo sprigionarsi delle fiamme. Pertanto, non vi è
alcuna lacuna motivazionale nella valutazione
dell’inadeguatezza dell’impianto elettrico come concausa
dell’incendio.
A quest’ultimo proposito, va ribadito che, qualora abbia

risultati, il giudice non è tenuto ad esporre in modo specifico le ragioni del suo convincimento, atteso che la decisione di aderire alle risultanze della consulenza implica
valutazione ed esame delle contrarie deduzioni delle parti,
mentre l’accettazione del parere del consulente, delineando
il percorso logico della decisione, ne costituisce motivazione adeguata, non suscettibile di censure in sede di legittimità (cfr. Cass. n. 3881/06 ed altre).
La motivazione supporta coerentemente la conclusione della
sentenza circa l’addebitabilità ai conduttori della causa
dell’incendio, con correlata, dichiarata, esclusione di attribuzione di qualsivoglia efficacia causale o concausale a
comportamenti (omissivi) del locatore.
3.1.- In merito a questi ultimi, la motivazione va immune

dalle censure di cui al terzo ed al quinto motivo e la decisione non incorre affatto nel vizio di violazione di legge di cui al quarto motivo.
La Corte d’Appello si è preoccupata di compiere la valutazione c.d. controfattuale. Ha infatti riconosciuto che, co-

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disposto una consulenza tecnica d’ufficio e ne condivida i

sì come accertato dal CTU, effettivamente l’impianto elettrico non fosse dotato di dispositivi idonei ad interrompere il passaggio sia di sovracorrenti sia di correnti di
corto circuito, ma ha precisato che questi dispositivi
«non intervengono nel caso in cui si abbiano riscaldamenti

La conclusione circa la mancanza di qualsivoglia condotta
del proprietario dotata di efficacia causale rispetto
all’evento è retta già dalla pregiudiziale individuazione
della causa dell’incendio nel riscaldamento localizzato di
cui si è detto sopra.
Comunque la Corte di merito ha esplicitato il ragionamento,
richiamando gli accertamenti dell’ausiliario d’ufficio
sull’inadeguatezza dell’impianto, ma ribadendo che tale aspetto non è rilevante ai fini della decisione, non dovendo
essere valutata in astratto la rispondenza o meno
dell’impianto alle norme vigenti quanto in concreto la causa dell’incendio. Ha quindi espressamente esaminato tutti i
rilievi degli appellanti -sostanzialmente coincidenti con
quelli riproposti in sede di legittimità- escludendone ogni
rilevanza. Ha risposto al quesito riproposto col ricorso,
escludendo che l’adozione di uno degli interruttori prescritti dalle norme CEI sulla dorsale su cui si è innescato
l’incendio avrebbe potuto impedire che si verificasse o che
si propagasse.

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localizzati o guasti meccanici».

.1. W!

~IIMME

Ha così motivato sulla mancanza di efficacia causale, sia
ai sensi degli artt. 2043-1223 che ai sensi dell’art. 1227
cod. civ., della condotta omissiva del proprietario
dell’appartamento.
I primi cinque motivi di ricorso vanno perciò rigettati.

dei motivi d’appello principale, violazione dell’art. 112
cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 n. 4 cod. proc.
civ.
I ricorrenti sostengono che la Corte d’Appello non si sarebbe pronunciata sul loro terzo motivo d’appello col quale
avevano censurato la decisione del Tribunale di Napoli,
che, ai fini del riconoscimento del danno da occupazione
illegittima, aveva fatto dichiaratamente uso dei poteri equitativi sia in ordine al quantum che in ordine all’an de-

beatur.

Rilevano di avere dedotto, quanto a quest’ultimo,

che l’obbligo di risarcire il maggior danno ai sensi
dell’art. 1591 cod. civ. presuppone che il locatore abbia
fornito la prova specifica di una effettiva lesione del suo
patrimonio. La Corte d’Appello non avrebbe esaminato la
censura, e sarebbe passata ad esaminare direttamente il motivo di appello incidentale, col quale il Germano aveva lamentato l’insufficiente quantificazione dei riconosciuti
dal Tribunale.

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4.- Col sesto motivo si denuncia omessa pronuncia su uno

4.1.- Col settimo motivo si denuncia violazione del princi-

pio di cui all’art. 2697 cod. civ., nonché degli artt. 2729
e 1591 cod. civ., in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc.
civ.
In via subordinata al sesto motivo, i ricorrenti lamentano

dell’onere della prova, specificamente in punto di onere,
gravante sul locatore, di provare il danno, ai sensi
dell’art. 1591 cod. civ., nella sua esistenza e nel suo
preciso ammontare. La Corte d’Appello si sarebbe discostata
dalla giurisprudenza di legittimità richiamata in ricorso,
anche in riferimento alla prova presuntiva, in quanto si
sarebbe avvalsa di parametri generici, non confortati da
precise risultanze processuali, privi dei requisiti della
gravità e della precisione, nonché di quello della concordanza (non essendo stati considerati elementi dissonanti,
quali la vetustà, il piano basso e l’inadeguatezza
dell’impianto elettrico dell’appartamento, che non avrebbero consentito al locatore una locazione ad un canone superiore a quello corrisposto dai ricorrenti).
5.- I motivi vanno esaminati congiuntamente, per evidenti

ragioni di connessione.
Il primo è infondato perché, nel pronunciarsi sull’appello
incidentale del Germano volto a censurare l’ammontare della
liquidazione del danno effettuata dal primo giudice, la

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la violazione della legge sostanziale sul riparto

Corte d’Appello ha finito per pronunciarsi anche sul motivo
di appello principale dei conduttori concernente
l’insussistenza di danni risarcibili, rigettandolo implicitamente.
Infatti, ad integrare gli estremi della omessa pronuncia

dice, essendo necessario che sia completamente omesso il
provvedimento che si palesa indispensabile in riferimento
alla soluzione del caso concreto: il che non si verifica
quando la decisione adottata, in contrasto con la pretesa
fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto, anche se
manchi in proposito una specifica argomentazione (Cass. n.
10696/07).
Nel caso di specie, la decisione di accoglimento del motivo
di appello incidentale sul

quantum,

adottata in contrasto

con il motivo di appello principale, che censurava il riconoscimento dell’an, comporta evidentemente il rigetto di
quest’ultimo, con la conseguenza che va escluso il vizio di
omessa pronuncia denunciato col sesto motivo (cfr. anche
Cass. n. 4079/05).
5.1.- Nemmeno il settimo motivo merita di essere accolto.
Il giudice del merito ha ritenuto provato che il locatore
avrebbe potuto locare a terzi l’immobile occupato sine ti-

tulo dagli originari conduttori a condizioni più favorevoli. I ricorrenti non censurano l’accertamento in fatto cir-

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non basta la mancanza di una espressa statuizione del giu-

ca la possibilità di ricollocare l’immobile nel mercato
delle locazioni. Piuttosto, lamentano la violazione delle
regole sulla prova presuntiva in merito all’ulteriore affermazione del giudice circa la possibilità di locazione a
condizioni più favorevoli.

le di dati certi (caratteristiche dell’appartamento, ubicazione in zona signorile e ben collegata, sostituzione del
regime dell’equo canone con quello della libera contrattazione), per pervenire alla conclusione del rialzo dei canoni nel mercato dell’affitto, rispetto a quello pagato dai
conduttori, commisurato alla legge non più in vigore.
I dati predetti sono precisi e certi (e non validamente
contestati dai ricorrenti, poiché le lacune della sentenza,
sulle fonti di prova delle quali il giudice si è avvalso
per stabilire le caratteristiche dell’appartamento, sostenute alla pag. 25 del ricorso, integrerebbero tutt’al più
vizio di motivazione -che non è denunciato ai sensi del n.
5 dell’art. 360 cod. proc. civ.), gravi e concordanti (dal
momento che la concordanza richiesta dall’art. 2729 cod.
civ. attiene ai fatti considerati dal giudice, e non a
quelli ulteriori che avrebbe dovuto considerare; l’omessa
considerazione di fatti ulteriori, se decisivi, potrebbe
tutt’al più rilevare come vizio motivazionale, qui non dedotto).

17

Quanto a queste ultime, il ragionamento presuntivo si avva-

La regola di esperienza tratta dal superamento del regime
dell’equo canone, considerata in relazione alle caratteristiche dell’immobile, appare dotata dell’inferenza probabilistica riconosciuta dalla Corte di merito, al fine di ritenere adempiuto da parte del locatore l’onere della prova

Ed invero, in tema di responsabilità del conduttore per il
ritardato rilascio di immobile locato, il maggior danno, di
cui all’art. 1591 cod. civ., deve essere provato in concreto dal locatore secondo le regole ordinarie, e, quindi, anche mediante presunzioni (così, tra le tante, Cass. n.
29202/08, n. 1372/12).
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Per questi motivi

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del giudizio di cassazione,
che liquida, in favore di ciascuno dei resistenti,
nell’importo di C 5.200,00, di cui

e 200,00 per esborsi,

oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge per
ognuno.
Così deciso in Roma, il 9 aprile 2015.

su di lui gravante.

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