Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12866 del 06/06/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 12866 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: SAN GIORGIO MARIA ROSARIA

SENTENZA
sul ricorso 20813-2012 proposto da:
GUIDO PATRIZIA CARLA GDUPRZ61T64F101C, GUIDO
GERARDO GDUGRD21D14D862D, GUIDO VIVIANA
GDUVNN58M64F101R,in proprio e quali eredi legittimi della Signora
Urso Maria Rosaria, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
OVIDIO 26, presso lo studio dell’avvocato AMENTA MAURIZIO,
rappresentati e difesi dall’avvocato PETRUCCI NICOLE giusta
procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti contro

Data pubblicazione: 06/06/2014

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587, in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

contro
GUIDO PATRIZIA CARLA GDUPRZ61T64F101C, GUIDO
GERARDO GDUGRD21D14D862D, GUIDO VIVIANA
GDUVNN58M64F101R,in proprio e quali eredi legittimi della Signora
Urso Maria Rosaria, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
OVIDIO 26, presso lo studio dell’avvocato AMENTA MAURIZIO,
rappresentati e difesi dall’avvocato PETRUCCI NICOLE giusta
procura speciale a margine del ricorso;

– controricorrend al ricorso incidentale
I- ricorrenti incidentoli
avverso il decreto n. 94/2012 della CORTE D’APPELLO di
POTENZA, depositata 1’08/03/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
04/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ROSARIA SAN
GIORGIO;
è presente il P.G. in persona del Dott. IGNAZIO PATRONE che ha
concluso per il rigetto del ricorso.

Ric. 2012 n. 20813 sez. M2 – ud. 04-10-2013
-2-

– controricorrente e ricorrente incidentale –

R.g. 20813/2012
Ritenuto in fatto
Gerardo Guido, Viviana Guido, Patrizia Carla Guido e Franca (o Francesca) Urso, con
ricorso alla Corte d’appello di Potenza depositato il 22 luglio 2010, hanno proposto
domanda di equa riparazione, ai sensi della L. n. 89 del 2001, del danno non patrimoniale
sofferto a causa della non ragionevole durata di un procedimento promosso con atto di

quali innanzi al Tribunale di Lecce, che aveva emesso due sentenze non definitive il 21
aprile 1987 e il 3 maggio 2004, il secondo innanzi alla Corte d’appello di Lecce, definito
con sentenza depositata il 26 aprile 2010, per una durata complessiva di 46 anni.
Si trattava di una controversia promossa da Lucia Pellegrino contro i fratelli Marcellino,
Giovanni, Luigina, Antonietta e Livia, avente ad oggetto la domanda di apertura della
successione del padre Francesco Pellegrino, di accertamento di lesione dei suoi diritti di
legittima, di riduzione delle disposizioni testamentarie e donative eccedenti la quota di
legittima, di restituzione dei beni e dei relativi frutti. Nel corso di detta controversia
erano decedute l’attrice il 23 giugno 1972 e sua figlia, Maria Rosaria Urso, il 16 luglio
2004, per cui il 6 dicembre 2005 si erano costituiti in giudizio in proprio e nella qualità di
eredi rispettivamente della Urso Gerardo, Viviana e Patrizia Carla Guido, e della
Pellegrino Franca o Francesca Urso.
La Corte territoriale, ritenuto che la durata ragionevole del procedimento presupposto
andasse stimata in 20 anni, e che, quindi, l’eccedenza temporale valutabile ai fini indenni
tari dovesse essere quantificata in 26 anni, e considerato che la domanda proposta dai
ricorrenti (dOVig-Z) iure proprio dovesse essere respinta per essersi gli stessi costituiti in
giudizio solo il 6 dicembre 2005, e cioè in grado di appello, la cui durata di anni 4 e mesi
7 era stata congrua avuto riguardo alle peculiarità del caso, rigettò, con il decreto in
epigrafe, tale domanda. Quanto a quella proposta iure haereditatis da Gerardo, Viviana e
Patrizia Carla Guido, essa fu accolta limitatamente al periodo di durata del procedimento
fino alla morte di Maria Rosaria Urso, determinandosi l’indennizzo in euro 1000 per
ognuno dei venti anni di durata irragionevole dal 1984, per un importo di euro 20000,00,
da dividersi tra gli eredi pro quota. Fu, invece, rigettata la domanda di Urso Francesca in
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citazione notificato 1’11 agosto 1964, e articolatosi in due gradi di giudizio, il primo di

quanto al momento della morte di Lucia Pellegrino, sua dante causa, non era ancora
maturato in capo alla stessa il diritto all’indennizzo.
Per la cassazione di tale decreto hanno proposto ricorso Gerardo, Viviana e Patrizia
Carla Guido sulla base di quattro motivi. Resiste il Ministero della Giustizia, che ha
proposto altresì ricorso incidentale, cui resistono con controricorso i ricorrenti principali.
Considerato in diritto

Con il primo motivo del ricorso principale si lamenta violazione e falsa applicazione
dell’art. 2, primo e secondo comma, della legge n. 89 del 2001, dell’art. 6, paragrafo 1,
della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dell’art. 111 Cost. nonché insufficiente
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. La Corte di merito, nel
considerare ragionevole la durata di venti anni del procedimento presupposto, si sarebbe
immotivatamente discostata dai parametri europei attraverso un generico richiamo alle
peculiarità del caso, così sterilizzando radicalmente il dato temporale.
La doglianza merita accoglimento.
Se è pur vero che i parametri standard di durata ragionevole del processo individuati in
sede europea non hanno carattere assolutamente rigido, richiedendo un adattamento al
caso di specie, tale adattamento non può comunque superare la soglia della
ragionevolezza.
Nella fattispecie all’odierno esame, la Corte lucana ha ritenuto congrua una durata del
processo presupposto di ben venti anni, che non può trovare giustificazione in nessun
caso, e, quindi, neppure in considerazione delle due sentenze non definitive, delle
molteplici c.t.u., con relativi supplementi, del notevole numero delle parti, della pluralità
e delicatezza delle questioni trattate, ragioni tutte, codeste, sulle quali è stata fondata la
decisione impugnata.
Resta assorbito dall’accoglimento della prima censura l’esame del secondo motivo, con il
quale si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 6, paragrafo 1, della CEDU,
dell’art. 2, secondo comma, della legge n. 89 del 2001 e dell’art. 81 disp.att. c.p.c. per
essere stato addebitato alle parti il ritardo di tre anni nella definizione del procedimento
presupposto in relazione ai rinvii richiesti e per essere stata la causa ritenuta
2

Il Collegio ha deliberato l’adozione della motivazione in forma semplificata.

particolarmente complessa, oltre ad insufficiente motivazione circa un fatto controverso
e decisivo per il giudizio.
Parimenti assorbito è l’esame del terzo motivo, con il quale si denuncia ancora la
violazione e falsa applicazione dell’art.6, paragrafo 1, della CEDU, dell’art. 2, comma 3,
della legge n. 89 del 2001 e dell’art. 2056 cod.civ. in relazione all’ammontare
dell’indennizzo liquidato a titolo di danno non patrimoniale per ogni anno eccedente la

controverso e decisivo per il giudizio.
Con il quarto motivo si deduce violazione dell’art. 112 cod.proc.civ., per non avere la
Corte di merito liquidato a ciascuno dei ricorrenti la somma spettante, anziché liquidare
un’unica somma da dividere tra loro. Inoltre, risulterebbe omessa la pronuncia specifica
sulla domanda dei ricorrenti di indennizzo per la durata di quattro anni subita dalla
Pellegrino, danno trasmesso iure successionis alla loro dante causa comune Maria Rosaria
Urso, ma esplicitamente rigettata dalla Corte solo nei confronti di quest’ultima.
Il motivo è privo di fondamento, poiché, secondo il consolidato orientamento di questa
Corte, il diritto all’equa riparazione richiesto iure successionis spetta pro quota agli eredi.
Quanto al rilievo relativo alla asserita mancata pronuncia sulla domanda di indennizzo, le
ragioni, implicite, del mancato riconoscimento della parte di indennizzo richiesta sono da
ravvisarsi, secondo quanto chiarito nel decreto impugnato con riguardo alla posizione di
Urso Maria Rosaria, nel fatto che, al momento del decesso di Pellegrino Lucia, non era
ancora maturato in capo alla stessa il diritto a detto indennizzo.
Passando all’esame del ricorso incidentale, con esso si denuncia la violazione dell’art. 2,
comma 3, lettera a), della legge n. 89 del 2001. Il periodo indennizzabile a titolo
successorio sarebbe solo quello dal 1993 al 2004, poiché quello di durata ragionevole,
pari a vent’anni secondo la valutazione della Corte di merito, decorrerebbe dal 1973,
anno di entrata in vigore della legge di ratifica della CEDU.
Ciò posto, deve rilevarsi che l’esame del ricorso incidentale è assorbito dall’accoglimento
del primo motivo del ricorso principale.
Infatti, il ricorso incidentale muove dal presupposto della non contestazione, da parte dei
ricorrenti principali, del periodo di durata ragionevole del processo presupposto quale
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durata ragionevole del processo, nonché la insufficiente motivazione circa un fatto

individuato dalla Corte di merito (venti anni), per giungere alla conclusione che,
dovendosi computare, ai fini che qui rilevano, la sola durata del processo a decorrere dal
1 agosto 1973, il solo periodo indennizzabile sarebbe quello, successivo al primo
ventennio di durata del processo, intercorrente tra il 1993 e il 2004, anno del decesso
della dante causa dei ricorrenti.
Ma, una volta esclusa la correttezza della individuazione della durata ragionevole di detto

indennizzabile.
Pertanto, deve essere accolto il primo motivo del ricorso principale, assorbiti il secondo
ed il terzo ed il ricorso incidentale, e deve essere rigettato il quarto motivo del ricorso
principale. Il decreto impugnato deve essere cassato in relazione al motivo accolto, e la
causa deve essere rinviata ad un diverso giudice – che viene individuato nella Corte
d’appello di Potenza in diversa composizione, cui è demandata altresì la
regolamentazione delle spese del presente giudizio – che riesaminerà la questione della
determinazione del periodo di durata ragionevole del processo presupposto facendo
applicazione del principio di diritto sopra enunciato al riguardo.
P. Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti il secondo ed il terzo
motivo dello stesso ed il ricorso incidentale, rigetta il quarto motivo del ricorso
principale. Cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto, e rinvia, anche per
le spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Potenza in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Sesta — II Civile della Corte
Suprema di Cassazione, il 4 ottobre 2013.

processo in venti anni, ne risulta la necessità di una rideterrninazione anche del periodo

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