Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12865 del 26/06/2020

Cassazione civile sez. un., 26/06/2020, (ud. 09/06/2020, dep. 26/06/2020), n.12865

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente di Sez. –

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente di Sez. –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZO Mauro – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22138/2019 proposto da:

DEFENX S.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliatosi in ROMA, VIALE CESARE FRACASSINI 25,

presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO DOMENICO PARLA,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONINO SALSONE;

– ricorrente –

contro

MEDIA WEB COMMERCE S.R.L., MWC S.R.L.S., SAFE ACTIVE S.R.L., in

persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliatisi in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dagli avvocati FRANCESCO

FRADEANI, CATERINA SORICETTI e GIANNI BALDONI;

– controricorrenti –

per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n.

31442/2019 del TRIBUNALE di MILANO.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/06/2020 dal Consigliere Dott. ANGELINA MARIA PERRINO;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIOVANNI GIACALONE, il quale chiede che la Corte, in Camera di

consiglio, dichiari inammissibile il ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La S.A. Defenx, società di diritto svizzero, ha stipulato un accordo transattivo con tre società italiane (s.r.l. Safe Active, s.r.l. Media Web Commerce e s.r.l.c. MWC), il quale prevedeva la c.d. proroga di giurisdizione in favore del foro di Lugano.

Perdurando le contestazioni anche sull’adempimento dell’accordo, la s.r.l. Safe Active ha promosso dinanzi alla pretura di Lugano, nei confronti della Defenx, una procedura di conciliazione a norma dell’art. 202 c.p.c. svizzero, chiedendo che fosse disconosciuto il debito assunto con l’accordo transattivo e che la Defenx fosse condannata a restituire “a titolo di risarcimento” l’importo di Euro 50.000,00, che era stato ad essa corrisposto per acconto, a causa del suo inadempimento degli impegni assunti con l’accordo.

All’istanza di conciliazione ha fatto seguito la notificazione della citazione da parte della Defenx nei confronti delle tre società per mancata conciliazione dinanzi al Tribunale di Milano, con la quale l’attuale ricorrente ha chiesto di accertare il proprio adempimento dell’accordo transattivo e, di contro, l’inadempimento delle tre società e, per l’effetto, di condannarle ad adempiere l’accordo, conseguentemente condannandole a pagare la parte di prezzo ancora da loro non versata, pari ad Euro 850.000, oltre agli interessi moratori.

In seno a questo giudizio, la Defenx ha quindi proposto regolamento preventivo di giurisdizione per sentire confermare la giurisdizione del giudice italiano. Si sono costituite con controricorso le tre società italiane.

La Defenx ha altresì depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Va preliminarmente respinta l’eccezione d’inammissibilità del regolamento per carenza di autosufficienza.

E ciò perchè l’istanza di regolamento di giurisdizione, non essendo un mezzo di impugnazione, ma soltanto uno strumento per risolvere in via preventiva ogni contrasto, reale o potenziale, sulla potestas iudicandi del giudice adito, può anche non contenere specifici motivi di ricorso, ossia l’indicazione del giudice avente giurisdizione o delle norme e delle ragioni su cui si fonda.

Il regolamento è quindi ammissibile qualora esponga in maniera sommaria i fatti di causa, in modo da consentire a questa Corte di ricavare dall’atto gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti, sia pur in funzione della sola questione di giurisdizione da decidere.

Per conseguenza, il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa, stabilito dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, si deve ritenere soddisfatto se e quando, come nel caso in esame, l’atto esponga gli estremi della controversia necessari per la definizione della questione di giurisdizione, indicando le parti, l’oggetto e il titolo della domanda e altresì specificando il procedimento cui si riferisce l’istanza e la fase in cui si trovi, al fine di consentire la verifica del rispetto delle condizioni per la proponibilità del mezzo, imposte dall’art. 41 c.p.c. (tra varie, Cass., sez. un., 18 maggio 2015, n. 10092).

2.- Inoltre, la condotta della ricorrente che, pure, ha mostrato di non dubitare della giurisdizione del giudice italiano in ordine alle domande proposte, quando ha adito il Tribunale di Milano, non determina l’inammissibilità del regolamento di giurisdizione da essa proposto.

Il regolamento preventivo di giurisdizione è difatti strumento utilizzabile anche dallo stesso soggetto che ha scelto il giudice della cui giurisdizione abbia poi avuto motivo di dubitare a seguito delle contestazioni dell’altra parte, oppure di un proprio spontaneo ripensamento (da ultimo, Cass., sez. un., 27 gennaio 2020, n. 1720), al cospetto di ragionevoli dubbi sui limiti esterni della giurisdizione del giudice adito, che fondano l’interesse concreto e immediato a una risoluzione della questione da parte delle sezioni unite, in via definitiva e immodificabile.

2.1.- E ciò al fine di evitare che la relativa soluzione in sede di merito possa essere modificata, così ritardando la definizione della causa e frustrando l’attuazione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo (tra varie, Cass., sez. un., 20 ottobre 2016, n. 21260 e 18 dicembre 2018, n. 32727).

2.2.- Nel caso in esame, l’interesse ad agire è senz’altro ravvisabile, poichè l’individuazione del giudice munito di giurisdizione individuato dalla Defenx è contestata dalle tre società italiane, una delle quali, si è visto, ha per giunta adito la Pretura di Lugano.

3.- Il regolamento, peraltro, è comunque inammissibile.

Con disposizioni di tenore analogo, dapprima la Convenzione di Bruxelles (artt. 21 e 22), poi il regolamento CE n. 44/01 del Consiglio del 22 dicembre 2000 (artt. 25 e 27) e la parallela Convenzione di Lugano concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, firmata il 30 ottobre 2007, approvata a nome della Comunità con decisione 2009/430/CE del Consiglio, del 27 novembre 2008, c.d. Convenzione di Lugano II, o Nuova Convenzione di Lugano (gli artt. 25 e 27 della quale sono di tenore equivalente), e, infine, il regolamento UE n. 1215/12 (artt. 25 e 28) mirano, nell’interesse di una buona amministrazione della giustizia, a evitare processi paralleli dinanzi a diversi Stati e il contrasto di decisioni che potrebbe conseguirne.

3.1.- L’obiettivo di un’interpretazione uniforme delle disposizioni equivalenti della Convenzione di Lugano II e del regolamento n. 44/2001, come successivamente modificato e novellato, emerge, in particolare, dall’ultimo considerando del protocollo 2 relativo all’interpretazione uniforme della Convenzione e al comitato permanente, nonchè dall’art. 1 di esso, secondo i quali i giudici chiamati ad applicare e a interpretare la Convenzione sono tenuti a garantire un’interpretazione convergente delle disposizioni equivalenti dei suddetti strumenti.

Sicchè l’identità di oggetto e di formulazione tra i regolamenti n. 44/2001 e le disposizioni della Convenzione di Lugano II consente di garantire la coerenza tra i due regimi giuridici (v., in tal senso, Corte giust., parere 1/03 (Nuova Convenzione di Lugano), del 7 febbraio 2006, punti 152 e 153).

E queste sezioni unite (da ultimo con sentenza 28 gennaio 2020, n. 1868; in linea, sempre da ultimo, Corte giust. 2 maggio 2019, causa C-694/17, Pillar Securisation, punto 27) hanno coerentemente stabilito che, in virtù della sovrapponibilità di contenuti delle rispettive disposizioni, per l’interpretazione della Nuova Convenzione di Lugano occorre riferirsi alla giurisprudenza della Corte di g iustizia formatasi sulla Convenzione di Bruxelles del 1968 e, quindi, sui successivi Regolamenti (CE) n. 44/01 e n. 1215/12.

4.- In particolare, l’art. 27 della Nuova Convenzione di Lugano (o Convenzione di Lugano II) stabilisce che “1. Qualora davanti a giudici di diversi Stati vincolati dalla presente convenzione e tra le stesse parti siano state proposte domande aventi il medesimo oggetto e il medesimo titolo, il giudice successivamente adito sospende d’ufficio il procedimento finchè sia stata accertata la competenza del giudice adito in precedenza.

2. Se la competenza del giudice precedentemente adito è accertata, il giudice successivamente adito dichiara la propria incompetenza a favore del primo”.

4.1.- Questa norma, in virtù del parallelismo dei meccanismi per la risoluzione dei casi di litispendenza istituiti dalla Convenzione di Lugano II e i regolamenti n. 44/2001 e n. 1215/2012 e dell’obiettivo di un’interpretazione uniforme, riveste carattere oggettivo e automatico e si basa sull’ordine cronologico in cui i giudici di cui trattasi sono stati aditi (Corte giust. 20 dicembre 2017, causa C467/16, Schlómp, punto 49).

5.- Ed essa è applicabile nel caso in esame perchè, diversamente da quanto sostiene la ricorrente, v’è litispendenza tra il giudizio promosso dinanzi alla Pretura di Lugano e quello instaurato dinanzi al Tribunale di Milano.

5.1.- La Corte di giustizia ha avuto occasione di stabilire che, per quanto riguarda i requisiti previsti dal paragrafo 1 dell’art. 27, relativi all’identità delle parti, di causa e di oggetto delle domande proposte dinanzi a giudici di diversi Stati, una domanda volta a far dichiarare che il convenuto è responsabile di un danno ha la stessa causa e lo stesso oggetto di un’azione di accertamento negativo proposta dal medesimo convenuto volta a far accertare che questi non è il responsabile del predetto danno (v., in tal senso, Corte giust. 19 dicembre 2013, causa C-452/12, NIPPONKOA Insurance, punto 42 e 20 dicembre 2017, in causa C-467/16, cit., punto 51).

5.2.- Questo principio, e la ratio che vi è sottesa, senz’altro si attagliano al caso in questione, poichè, come si è esposto in narrativa, nel giudizio introdotto con l’istanza di conciliazione dinanzi alla Pretura di Lugano la s.r.l. Safe Active ha addotto l’inadempimento dell’accordo transattivo da parte della Defenx a fondamento della domanda di restituzione di parte dell’importo convenuto corrisposto in acconto, sia pure adducendovi il titolo risarcitorio, mentre, in quello promosso dinanzi al Tribunale di Milano, la Defenx ha affermato il proprio adempimento di quell’accordo e l’inadempimento delle tre società dinanzi indicate a fondamento della richiesta di adempimento di costoro e di consequenziale condanna al pagamento della somma residua di 850.000, convenuta come corrispettivo.

I due giudizi tendono, quindi, a ottenere risultati tra essi incompatibili, di modo che la sussistenza della litispendenza emerge anche in base ai parametri della giurisprudenza di queste sezioni unite richiamata dalla stessa ricorrente, che la ravvisa, appunto, facendo leva, oltre che sull’identità delle parti, sull’identità dei risultati pratici perseguiti dalle domande, a prescindere dall’identità del loro petitum immediato e del titolo specifico che esse fanno valere.

Difatti, hanno osservato queste sezioni unite, la L. n. 218 del 1995, art. 7, interpretato alla luce del successivo art. 64, lett. e), mira ad evitare inutili duplicazioni di attività giudiziaria e ad eliminare il rischio di conflitto tra giudicati, obiettivi che sarebbero frustrati ove il giudizio nazionale e quello straniero potessero determinare risultati pratici fra loro incompatibili (Cass., sez. un., 28 novembre 2012, n. 21108).

5.3.- E il rischio di conflitto si configura anche se nel primo giudizio non sono presenti tutte le parti del secondo: va quindi anche in questo caso ribadito il principio, affermato in relazione alla litispendenza nazionale, secondo cui si ha litispendenza quando tra più cause vi è identità dei soggetti, del petitum e della causa petendi, che non viene meno per il fatto che in una delle cause vi sia la presenza anche di altre parti (Cass. 12 febbraio 2018, n. 3608).

Principio, questo, che vale anche qualora si configuri, come prospetta la Defenx in memoria, un’ipotesi di litisconsorzio necessario: proprio in tali cause, in cui il contraddittorio dev’essere integrato nei confronti del litisconsorte pretermesso, sussiste litispendenza anche quando la prima domanda sia stata proposta solo in confronto di taluni dei soggetti necessari contraddittori e quella successiva nei confronti di tutti (in termini, in relazione alla litispendenza nazionale, Cass. 26 aprile 2000, n. 5343).

6.- Le disposizioni in questione, ha ammonito la Corte di giustizia, devono costituire oggetto di ampia interpretazione (Corte giust. 27 giugno 1991, causa C-351/89, Soc. Overseas Union Insurance ltd., punto 16, relativa alla Convenzione di Bruxelles).

6.1.- Per conseguenza, in una situazione di litispendenza, il giudice successivamente adito deve sospendere d’ufficio il procedimento finchè sia stata accertata la competenza giurisdizionale del giudice previamente adito e, in tal caso, deve dichiarare la propria incompetenza a favore di quest’ultimo.

In particolare, ha ancora puntualizzato quella Corte (punto 26 della sentenza da ultimo citata), quando la competenza giurisdizionale del giudice adito per primo è contestata, il giudice adito per secondo può solo sospendere il procedimento, qualora non si dichiari incompetente, e non può accertare egli stesso la competenza del giudice adito per primo, a meno che il giudice adito per secondo abbia una competenza esclusiva contemplata dalla convenzione.

Nè, ha ulteriormente precisato, il giudice adito per secondo è più qualificato di quello adito per primo a pronunciarsi sulla competenza di quest’ultimo.

6.2.- La competenza giurisdizionale è difatti determinata direttamente dalle disposizioni dinanzi richiamate della Convenzione di Lugano, che valgono per entrambi i giudici e che possono essere interpretate e applicate con pari autorità da ciascuno di essi. Sicchè, al cospetto di una clausola attributiva di competenza giurisdizionale, è il giudice preventivamente adito a dover verificare l’esistenza della clausola e a verificare se le parti abbiano effettivamente pattuito la sua competenza giurisdizionale esclusiva (arg. da Corte giust. in seduta plenaria 9 dicembre 2003, causa C-116/02, Erich Gasser GmbH c. s.r.l. Misat).

7.- La natura della clausola, sulla quale insiste la ricorrente, è quindi oggetto di una valutazione di merito rimessa al giudice preventivamente adito, che si pone a valle, e non già a monte della determinazione della competenza giurisdizionale.

7.1.- Coerentemente, queste sezioni unite hanno chiarito che non è esperibile e deve essere dichiarato inammissibile il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione nel caso di conflitto fra clausole di proroga della giurisdizione che attribuiscano la competenza a giudici di diversi paesi dell’Unione Europea, relativamente a controversie in cui sussista una ipotesi di litispendenza o connessione, qualora il giudice straniero sia stato preventivamente adito in base a una clausola di attribuzione esclusiva della giurisdizione rispetto al giudice italiano successivamente adito anch’esso in base a una clausola attributiva in via esclusiva della giurisdizione (Cass., sez. un., 13 maggio 2019, n. 12638).

In questo caso, come in quello oggetto dell’odierno giudizio, difatti, la decisione sulla giurisdizione vanificherebbe l’operatività del principio di prevenzione sul quale si regge il sistema.

8.- Il regolamento preventivo di giurisdizione va quindi dichiarato inammissibile e le relative spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il regolamento preventivo di giurisdizione e condanna la ricorrente a pagare le spese, che liquida in Euro 8000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, al 15% a titolo di spese forfetarie, e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2020

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