Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12865 del 22/06/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 12865 Anno 2015
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: BARRECA GIUSEPPINA LUCIANA

SENTENZA

sul ricorso 1830-2012 proposto da:
FUTURA MARMI 2002 SRL 02241380605, in persona del
legale rappresentante pt., elettivamente domiciliata
in ROMA, PIAZZA MAZZINI 27, presso lo studio
dell’avvocato FRANCESCO MAINETTI, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato CHIARINA IANNI giusta
procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro

GARGANO GIOIA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
TIBULLO 10, presso lo studio dell’avvocato DONATELLA

Data pubblicazione: 22/06/2015

BOTTONI, rappresentata e difesa dagli avvocati NELLO
NACCI, IVAN CASERTA giusta procura a margine del
controricorso;

controricorrente

avverso la sentenza n. 4005/2010 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza

del

09/04/2015

dal

Consigliere

Dott.

GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;
udito l’Avvocato CHIARINA IANNI;
udito l’Avvocato IVAN CASERTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROI che ha conclus per il
rigetto del ricorso.

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di ROMA, depositata il 15/12/2010 R.G.N. 4084/2009;

Svolgimento del processo

1.- Futura Marmi 2002 s.r.l. propose appello avverso la
sentenza del Tribunale di Cassino – sezione distaccata di
Sora, con la quale era stata accolta la domanda di riscatto, avanzata da Gioia Gargano, nella sua qualità di condut-

circa), in cui si trovava il ristorante-bar sito in Sora,
via Costantinopoli, venduto dal locatore, Vincenzo Venditti, alla Futura Marmi 2002 s.r.l.
2.- La Corte d’appello di Roma, con sentenza pubblicata il
15 dicembre 2010,

ha rigettato l’appello, compensando le

spese.
3.- Avverso la sentenza, Futura Marmi 2002 s.r.l. propone
ricorso, affidato ad un motivo, articolato in due censure
ed illustrato da memoria.
Gioia Gargano si difende con controricorso.
Motivi della decisione
l.- Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e

falsa applicazione degli artt. 38 e 39 della legge n.
392/1978 in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cod.
proc. civ. per violazione dell’art. l della legge n.
10/1977, degli artt. 26 e 40 della legge n. 47/1985,
dell’art. 10, comma primo, lett. c) del d.P.R. n. 380/2001,
nonché omessa, insufficiente motivazione in ordine
all’inalienabilità separata dell’immobile compravenduto.

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trice dei locali a piano terra (della superficie di mq. 170

La ricorrente critica l’affermazione della Corte di merito
sulla configurabilità di una vendita plurima piuttosto che
di una vendita in blocco e rileva che il giudice non avrebbe tenuto conto delle peculiarità del caso di specie che lo
farebbero ricadere fra i casi in cui è escluso l’esercizio

siderato che «dalla disamina della documentazione che ha
rappresentato il supporto tecnico delle conclusioni cui è
pervenuto il CTU>> sarebbe emerso che il locale condotto in
locazione dalla Gargano non era suscettibile di alienazione
separata.
La ragione giuridica di siffatta conclusione si rinverrebbe, secondo la ricorrente, nelle disposizioni sulla normativa urbanistica richiamate in rubrica, che comportano la
nullità degli atti di trasferimento di immobili urbani privi di concessione edilizia o di permesso di costruire: nel
caso di specie, la domanda di condono, menzionata nell’atto
di compravendita (con la prova dell’avvenuto pagamento delle prime due rate dell’oblazione), era riferita all’intero
piano terra iscritto al foglio 38, mappale n. 1679, sub 5,
di mq. 425,14, realizzato in assenza di concessione e destinato ad uso commerciale; pertanto, soltanto questo, nel
suo complesso, avrebbe potuto costituire oggetto di compravendita. La Corte d’Appello avrebbe equivocato il tenore
letterale della CTU, laddove fa riferimento alla procedura

4

del diritto di prelazione; in particolare non avrebbe con-

di frazionamento e variazione di destinazione urbanistica
2!

(da magazzino a negozio), che inerisce la divisione
II

dell’originario intero mappale n. 1679 sub 5, in tre subalterni n. 41, 42 e 43, poiché -contrariamente a quanto sostenuto in sentenza- non si trattava di una procedura che

immobiliari, dato che allo scopo era necessaria la regolarizzazione dal punto di vista edilizio-urbanistico, ai sensi delle norme su richiamate. A riscontro di ciò, la ricorrente menziona la concessione edilizia in sanatoria rilasciata in data 25 marzo 2004 (quindi, in epoca successiva
l’atto di compravendita del 22 dicembre 2003) , da cui risulta che l’istanza di condono del 14 aprile 1986 era riferita all’intero piano terra, mentre si erano rese necessarie altre due istanze di sanatoria (prot. 7716 e 7719 del
25 febbraio 2004) presentate dall’acquirente Futura Marmi
2002 s.r.1., in epoca successiva all’atto di compravendita,
cosicché la concessione in sanatoria era stata rilasciata
al Venditti per la parte abitativa ed alla società ricore

rente per il frazionamento del piano terra dalla stessa realizzato, successivamente alla vendita.

1.1.- Il Consulente Tecnico d’Ufficio avrebbe dato conto
della situazione anzidetta, attribuendo carattere unitario
dal punto di vista strutturale al bene compravenduto, men-

avrebbe consentito la vendita separata delle singole unità

tre la Corte d’Appello sarebbe incorsa in errore nel censurare questa conclusione del proprio ausiliario.
Inoltre, la Corte non avrebbe tenuto conto del prezzo unitario, pattuito per l’intero, e della condizione cui il
Venditti aveva subordinato il conferimento dell’incarico

«vendita totale degli immobili».
La motivazione pertanto non sarebbe sufficiente e la decisione sarebbe in contrasto con le norme di legge richiamate
in rubrica.
Inoltre, la motivazione sarebbe stata omessa su di un fatto
decisivo della controversia: vale a dire sulla accertata
inalienabilità separata della porzione del locale commerciale condotto in locazione dalla Gargano, poiché priva di
concessione edilizia o di permesso di costruire.
2.- Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infonda-

to.
La circostanza di fatto su evidenziata (mancanza di concessione o di permesso di costruire riferibile all’unità immobiliare condotta in locazione), con la relativa conseguenza
giuridica (inalienabilità separata dell’unità immobiliare
locata), non risulta aver formato oggetto, nei pregressi
gradi di merito, di specifica deduzione della Futura Marmi
2002 s.r.1., relativa a quel fatto, che si assume, soltanto
in sede di legittimità, come impeditivo dell’esercizio del

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di mediazione all’Agenzia Tecnocasa, riferendolo alla

diritto di prelazione (e quindi di riscatto) da parte della
4A

conduttrice.
Ed invero risulta dagli atti che la società odierna ricorrente pose a fondamento dei motivi d’appello i seguenti due
fatti:

rectius della titolarità del diritto di prelazione, per essersi risolto il contratto di locazione alla data del 2 dicembre 2003, prima dell’atto di compravendita (questione
non più rilevante, comunque disattesa sia dal Tribunale che
dalla Corte d’Appello);
b) la carenza dei presupposti oggettivi per l’esercizio del
diritto di prelazione, avendo le parti configurato la vendita dell’intero piano terra come vendita in blocco, sottratta perciò alla prelazione del conduttore. Si legge in
sentenza che l’appellante dedusse

«che la

conferma

dell’unicità dei beni venduti, considerati nel loro complesso, sarebbe evidente alla luce della disposta c.t.u.>>.
2.1-

Riguardo a questo motivo di impugnazione, la Corte

d’Appello ha esposto i seguenti dati rivelatori, a suo giudizio, dell’esistenza di una vendita cumulativa; quindi,
..

dell’esistenza di un atto traslativo “ad oggetto plurimo” :
– tenore e contenuto dell’atto di compravendita per notaio
Labate in Sora, in data 22 dicembre 2003 rep. n. 261.788,
che individua ed elenca dalla lettera a) alla lettera e)

a) la carenza di legittimazione attiva in capo alla Gargano,

cinque singole porzioni immobiliari, «tutte descritte come
unità distinte, dotate di individualità, caratteristiche e
destinazioni proprie>>,

tra cui il locale condotto in loca-

zione dalla Gargano; quindi:
– autonomia strutturale delle unità immobiliari vendute con

– non smentita dalla «formale indicazione di un prezzo unitario>>,
– confermata dalla «planimetria prodotta in atti, che evidenzia la divisione dei locali rimasta invariata anche successivamente alla vendita>>;
– mantenimento dei contratti di locazione dopo la vendita;
– non configurabilità, anche in riferimento alla condotta
anteriore e successiva delle parti in esecuzione del contratto di compravendita, di

«un interesse dei contraenti

all’alienazione di un complesso di beni da

destinare nel

suo insieme, sotto il profilo imprenditoriale e della strategia commerciale, ad un’unica finalità».
2.2.- La questione dell’impossibilità giuridica della ven-

dita della singola unità immobiliare locata non figura in
sentenza così come figura posta col presente ricorso.
E’ vero che nella sentenza è detto che l’appellante si avvalse, per supportare la propria impugnazione, della clausola di cui al n. 4 del contratto di compravendita, la quale raccoglie la dichiarazione della parte alienante secondo

l’unico atto,

cui

non ricorrevano i presupposti per richiedere

un’ulteriore sanatoria edilizia. Tuttavia, il tenore della
sentenza è chiaro nell’evidenziare che questo argomento
venne utilizzato dall’appellante, non per sostenere
l’impossibilità giuridica della vendita separata di una u-

assunto circa la considerazione unitaria del bene venduto
costituito dall’intero piano terra.
Pertanto, la motivazione della Corte d’Appello, che ne segue, è del tutto coerente con questo contenuto attribuito
all’argomentazione dell’appellante: il giudice d’appello si
preoccupa di dimostrare che non vi

fosse affatto un’unità

strutturale delle porzioni componenti l’intero piano terra,
dato che questo, pur avendo una destinazione commerciale
(unica), da molti anni era diviso in tre unità

<>.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza
e si liquidano come da dispositivo.
Per questi motivi

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida, in favore della resistente, nell’importo complessivo di

e 7.400,00, di cui E 200,00 per esborsi, oltre rimborso
spese generali, IVA e CPA come per legge.
Così deciso in Roma, il 9 aprile 2015.

di valutazione, rispetto a quello sollecitato al giudice di

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