Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12864 del 26/05/2010
Cassazione civile sez. I, 26/05/2010, (ud. 25/03/2010, dep. 26/05/2010), n.12864
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ADAMO Mario – Presidente –
Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –
Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –
Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –
Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da
N.G. ((OMISSIS)), domiciliato in Roma, viale
delle Milizie 38, presso lo studio legale Perrotta – Casagrande,
rappresentato e difeso dall’avv. Anzisi M., come da mandato a margine
del ricorso;
– ricorrente –
contro
Consorzio CO.RE.CA., domiciliato in Roma, piazza Bernini 12, presso
l’avv. C. De Curtis, rappresentato e difeso dagli avv. Allodi G. e A.
Starace, come da mandato a margine del controricorso e ricorso
incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
Presidenza del Consiglio dei ministri, domiciliato in Roma, via dei
Portoghesi 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che per
legge la rappresenta e difende;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 3537/2003 della Corte d’appello di Napoli,
depositata il 10 dicembre 2003;
Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Aniello Nappi;
uditi i difensori, avv. Anzisi per il ricorrente, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso, e avv. Giacobbe, per la Presidenza del
Consiglio dei ministri, che ne ha chiesto il rigetto, insistendo per
l’accoglimento del ricorso incidentale;
Udite le conclusioni del P.M., PRATIS Pierfelice che ha chiesto il
rigetto del ricorso principale; L’accoglimento del ricorso
incidentale della Presidenza del Consiglio dei ministri e
l’assorbimento del ricorso incidentale CORECA.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Napoli, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda proposta da N.G. per il risarcimento dei danni derivatigli dall’occupazione di un fondo di sua proprietà destinato alla costruzione di una strada pubblica. Hanno ritenuto i giudici d’appello che, contrariamente a quanto affermato dall’astore, l’occupazione del suo fondo era legittima, non essendone ancora scaduti i termini, sicchè era infondata la domanda di risarcimento dei danni.
Contro la sentenza d’appello ricorre ora per cassazione N. G. e propone tre motivi d’impugnazione, cui resistono con distinti controricorsi il Consorzio CO.RE.CA. e la Presidenza del Consiglio dei ministri, che hanno altresì proposto ricorso incidentale.
I ricorsi proposti contro la stessa sentenza vanno riuniti.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente principale deduce violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c..
Lamenta un’erronea interpretazione della domanda, che era stata proposta non per l’illegittimità dell’occupazione, bensì per l’illegittimo abbattimento di fabbricati che, benchè abusivi, non erano espropriabili, in quanto solo gli edifici, da demolire per cause diverse e anteriori all’intervento ablativo erano soggetti all’espropriazione regolata calla L. n. 219 del 1981.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 219 del 1981, art. 80, comma 1 e art. 84 ter. Sostiene che possono essere espropriate solo aree sulle quali esistano edifici da demolire perchè danneggiati dal terremoto.
Sicchè l’azione risarcitoria era stata proposta per l’illegittimità del l’oggetto della procedura.
Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dei principi generali in teme di espropriazione per pubblica utilità ed eccepisce l’illegittimità costituzionale, in relazione agli artt. 24 e 42 Cost., del D.Lgs. n. 354 del 1999, art. 9, comma 2, del D.L. n. 390 del 2001, art. 1 convertito nella L. n. 444 del 2001, del D.L. n. 236 del 2002, art. 7 convertito nella L. n. 284 del 2002.
Sostiene che le proroghe legislative dei termini di durata dell’occupazione d’urgenza non operano senza un provvedimento applicativo dell’amministrazione, eccependo l’illegittimità costituzionale delle leggi di proroga, ove interpretate nel senso che operino automaticamente senza mediazione di un provvedimento amministrativo.
2. Il ricorso principale è infondato.
Va innanzitutto rilevato che i termini di efficacia dei decreti di occupazione d’urgenza emanati per la realizzazione degli interventi di cui al titolo 8^ della L. 14 maggio 1981, n. 219, sono stati più volte prorogati fino al 31 dicembre 2003, con la L. n. 284 del 2002.
E la giurisprudenza di questa corte ha riconosciuto che le leggi di proroga “hanno differito automaticamente – per la durata volta a volta indicata – la scadenza dei periodi di occupazione temporanea, originariamente determinata in concreto dall’autorità amministrativa, che fossero in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni legislative medesime; a differenza di quanto disposto dalle leggi di proroga del termine massimo di durata delle occupazioni d’urgenza, ai cui alla L. n. 860 del 1971, art. 20 che hanno, invece, attribuito alla p.a. il potere di prorogare il termine delle concrete occupazioni entro nuovi limiti temporali da esse fissati, con conseguente necessità, in queste ultime ipotesi, di specifici provvedimenti amministrativi di proroga” (Cass., sez. 1, 23 febbraio 1995, n. 2062, m. 490660, Cass., sez. 1, 10 febbraio 2004, n. 2471, m. 570012, Cass., sez. 1, 9 febbraio 2009, n. 3225, n. 606530).
Quanto alla questione di legittimità di queste proroghe, la Corte costituzionale ha già chiarito che le proroghe legislative anche reiterate delle occupazioni d’urgenza, pur determinando ritardi e remore nella procedura espropriativa “non possono reputarsi tali da compromettere i diritti del proprietario garantiti dall’art. 42 Cost., comma 2, nè da comprimere ingiustificatamente la tutela spettantegli (ex art. 42 Cost., comma 3, e art. 24 Cost.) in ordine al conseguimento dell’indennità di esproprio o del risarcimento del danno, tenuto anche conto che la normativa denunciata non esclude che il periodo di proroga dia titolo ad indennizzo” (C. cost., n. 163/1994).
Risulta pertanto infondato il terzo motivo del ricorso.
Infondati sono anche: i primi due motivi del ricorso.
La L. n. 219 del 1981, art. 84 ter prevede infatti che possono essere espropriate anche aree sulle quali insistono fabbricati da demolire per esigenze urbanistiche. Ne consegue che l’occupazione di tali aree non eccede i poteri ablativi della pubblica amministrazione e può essere contestata solo con l’impugnazione del provvedimento amministrativo dinanzi al giudice amministrativo, non certo con un’azione di risarcimento danni da fatto illecito dinanzi al giudice ordinario (Cass., sez. un., 22 luglio 1993, n. 8185, m. 483253).
Il rigetto del ricorso principale assorbe entrambi i ricorsi incidentali, essendo condizionato quello del Consorzio CO.RE.CA. e non avendo comunque interesse a una pronuncia sul proprio ricorso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
PQM
La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale, dichiara assorbiti i ricorsi incidentali e condanna il ricorrente principale al rimborso delle spese in favore dei resistenti, liquidandole in complessivi Euro 1.200,00 di cui Euro 1.000,00 per onorari, per ciascuna delle parti resistenti, oltre spese generali e accessori come per legge e spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 25 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2010