Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12863 del 26/05/2010

Cassazione civile sez. I, 26/05/2010, (ud. 25/03/2010, dep. 26/05/2010), n.12863

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10984-2006 proposto da:

C.A.R. (c.f. (OMISSIS)), C.M.

C. (c.f. (OMISSIS)) elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA VALADIER 43, presso l’avvocato ROMANO GIOVANNI, che li

rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI (OMISSIS) (C.F. (OMISSIS)), in persona dei Sindaco

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA M. DIONIGI 57,

presso l’avvocato DE CURTIS CLAUDIA, rappresentato e difeso

dall’avvocato BONELLI ENRICO, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3107/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 10/11/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/03/2010 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA FIORETTI;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato GIOVANNI ROMANO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato ENRICO BONELLI che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 12.12.86, C.A.R. e C. M.C., premesso che il Comune di (OMISSIS) aveva, tempo addietro, proceduto all’occupazione di fondi in danno degli intestatari catastali I.N., D.C.R. e P.C. per la costruzione di una strada di congiungimento di (OMISSIS) all’edificio scolastico Scuola Media; che tali suoli erano, invece, di proprietà di essi esponenti; che, con atto notificato il 30.7.86, avevano comunicato al Comune di essere proprietari di detti suoli, diffidandolo a provvedere alla notifica degli atti del procedimento ad essi esponenti; che successivamente il C. aveva inutilmente chiesto al Comune copia di tutti gli atti e provvedimenti relativi al procedimento espropriativo; tutto ciò premesso convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Benevento il Comune di (OMISSIS), chiedendo che gli fosse ordinata l’esibizione di tutti gli atti e documenti relativi all’occupazione dei suoli e che, in caso negativo, previo espletamento di consulenza tecnica, fosse condannato al pagamento delle indennità di occupazione legittima, di quella illegittima ed al risarcimento dei danni per accessione invertita, oltre rivalutazione ed interessi.

Il Comune, costituendosi in giudizio, eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva, nonchè la prescrizione del diritto;

contestava, nel merito, la fondatezza della domanda,chiedendone il rigetto.

Il Tribunale adito condannava il Comune al pagamento, in favore degli attori, della complessiva somma di Euro 184.159,20, oltre interessi legali dal 5.10.93. Detta sentenza veniva impugnata dal Comune di (OMISSIS) dinanzi alla Corte d’Appello di Napoli, lamentando la mancata pronuncia del Tribunale sulla proposta eccezione di prescrizione, la nullità della espletata c.t.u. e l’eccessività delle somme riconosciute. Chiedeva, pertanto, che fosse dichiarata la prescrizione del diritto fatto valere, fosse disposta la rinnovazione della consulenza tecnica e fosse rideterminato il valore del fondo.

Il C. e la Ca. resistevano al proposto gravame, spiegando, altresì, appello incidentale, relativamente alla ritenuta sussistenza di una ipotesi di occupazione acquisitiva e non usurpativa. Lamentavano, inoltre, la esistenza di errori materiali nei calcoli posti a base della condanna del Comune, il mancato riconoscimento della rivalutazione monetaria, la omessa pronuncia sulla domanda di pagamento della indennità di occupazione legittima.

Chiedevano, pertanto, il rigetto dell’appello principale e la condanna del Comune al pagamento di quanto dovuto a seguito dell’accoglimento di quello incidentale.

La Corte adita rigettava la domanda di risarcimento danni, ritenendo il relativo diritto prescritto; accoglieva la domanda di pagamento della indennità di occupazione legittima, condannando il Comune al pagamento a favore del C. e della Ca. della somma di Euro 1.291,88, oltre interessi legali dalle singole scadenze annuali.

Avverso detta sentenza C.A.R. e C.M. C. hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi. Il Comune di (OMISSIS) ha resistito con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione del disposto dell’art. 2935 cod. civ., art. 2943 cod. civ., art. 2945 cod. civ. e art. 2947 cod. civ., nonchè omessa insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine alla ritenuta intervenuta prescrizione del diritto attoreo al risarcimento dei danni da occupazione usurpativa, costituente punto decisivo della controversia.

Con tale motivo i ricorrenti contestano la qualificazione giuridica dell’azione proposta, assumendo di non aver chiesto il risarcimento del danno per l’occupazione appropriativa, ma per l’occupazione usurpativa dei fondi di loro proprietà. A sostegno del loro assunto deducono che il Comune non aveva loro inviato alcuna comunicazione relativa al procedimento espropriativo dei fondi in questione, per cui erano stati costretti a notificare a detto ente atto di diffida stragiudiziale; solo in occasione della proposizione della domanda e dello svolgimento del giudizio erano venuti a conoscenza dell’attività procedimentale posta in essere dall’ente espropriante.

Una volta acquisiti al giudizio detti atti, la Corte d’Appello avrebbe dovuto verificare sulla base dei dati di fatto se, nel caso di specie, ricorrevano tutte le condizioni individuate dalla giurisprudenza per qualificare la fattispecie quale occupazione acquisitiva, cosa che, invece, non avrebbe fatto, omettendo ogni motivazione al riguardo.

Se avesse provveduto a motivare sul punto, avrebbe constatato che nel caso in esame mancava una valida ed efficace dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, il che avrebbe comportato di qualificare l’azione proposta come occupazione usurpativa, di ritenere permanente l’illecito protrarsi della detenzione dell’immobile, con la conseguente inapplicabilità del criterio risarcitorio riduttivo, posto dal D.L. n. 333 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis, ed il riconoscimento di una tutela piena del diritto di proprietà violato. Inoltre, essendo, in tal caso, l’illecito permanente, non avrebbero potuto trovare applicazione nella fattispecie l’art. 2947 cod. civ. ( sulla prescrizione quinquennale del diritto fatto valere in giudizio dai ricorrenti), art. 2935 cod. civ., (sulla decorrenza della prescrizione) art. 2943 cod. civ. (sull’interruzione del termine prescrizionale).

In punto di fatto risulterebbe provato che l’attività espropriativa aveva preso l’avvio dalla Determinazione del Presidente della Cassa per opere straordinarie di pubblico interesse nell’Italia Meridionale (Cassa per il Mezzogiorno) n. 48639 del 14.6.1976 di approvazione, anche ai fini della dichiarazione di pubblica utilità, del progetto APD/11998 di costruzione strada di circumvallazione centro abitato del Comune di (OMISSIS); in virtù di detto provvedimento veniva assentita la concessione dell’opera al Comune di (OMISSIS), le operazioni di esproprio avrebbero dovuto essere iniziate entro tre mesi e portate a compimento entro cinque anni, i lavori dovevano essere iniziati entro sei mesi ed ultimati entro nove mesi dal verbale di consegna all’impresa. La consegna dei lavori era avvenuta all’impresa AGOSADOCASA in data 14.11.1977, sospesi in data 20.11.77 (addirittura prima della redazione dello stato di consistenza e l’emissione del provvedimento di autorizzazione all’occupazione d’urgenza), ripresi in data 1.6.78 ed ulteriormente sospesi in data 30.11.78 per la redazione di una perizia di variante. Essendosi la sospensione protratta per oltre un anno, la ditta appaltatrice chiedeva ed otteneva la rescissione del contratto (l’accettazione della rescissione da parte del Comune di (OMISSIS) era avvenuta con Delib. 19 aprile 1980 approvata dalla CASMEZ in data 26.2.1981).

In tale contesto si sarebbe inserito il collaudo parziale in corso d’opera, redatto dall’ing. S., che faceva risalire alla data dell’ultima sospensione il completamento delle opere appaltate e l’irreversibile trasformazione dei fondi.

I termini iniziali e finali per l’inizio della procedura espropriativa erano stati modificati con la determinazione CASMEZ n. 51632 del 26.10.77 e fissati per l’inizio in mesi 12 e per la ultimazione in mesi 48, entrambi decorrenti dal 26.7.1977; pertanto il termine ultimo per il perfezionamento della procedura veniva a coincidere con la data del 26.7.1981.

Con Delib. 5 dicembre 1979 la Casmez riapprovava, agli effetti della dichiarazione di pubblica utilità, il progetto per la costruzione della strada e fissava la data del 5.12.1981 quale nuovo termine finale per la conclusione del procedimento di espropriazione da effettuarsi entro due anni.

Con delib. 2 dicembre 1982 la CASMEZ riapprovava ai soli fini espropriativi il progetto ed individuava nella data del 31.12.1984 il nuovo termine finale di esproprio.

Il 20.5.1986 era redatto un nuovo progetto di variante ed in data 20.7.89, in base a contratto di affidamento n. 129 del 23.6.89, i lavori erano consegnati alla Associazione temporanea di imprese Siciliano-Iannella.

In data 28.11.1993 era stato redatto certificato di collaudo dal geom. L.M., in cui si attestava che i lavori appaltati erano stati ultimati in data 5.10.1993. La strada, infine, era stata definitivamente completata, materialmente rifinita e aperta al transito veicolare soltanto nel corso dell’anno 2002.

Deducono i ricorrenti in particolare, in relazione all’iter amministrativo e dei lavori summenzionato, che la riapprovazione del progetto ovvero la rinnovazione delle dichiarazioni pure e semplici, non precedute dalla rinnovazione del procedimento amministrativo, dovrebbero essere qualificate come provvedimenti di mera proroga dei termini finali per il compimento delle espropriazioni e dei lavori, essendo intervenute a termini scaduti, per cui sarebbero inidonee, alla luce degli orientamenti giurisprudenziali della Suprema Corte, a configurare una nuova dichiarazione di pubblica utilità e ad attribuire all’espropriante il potere di incidere sulla proprietà privata.

Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione del disposto dell’art. 2935 cod. civ., art. 2943 cod. civ., art. 2945 cod. civ. e art. 2947 cod. civ. nonchè omessa insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine alla ritenuta intervenuta prescrizione del diritto attoreo al risarcimento dei danni da occupazione, ove ritenuta come acquisitiva, costituente punto decisivo della controversia.

I ricorrenti deducono, per il caso in cui la loro domanda debba qualificarsi come domanda di risarcimento danni da occupazione appropriati va, che la sentenza della Corte d’Appello dovrebbe ritenersi comunque errata per avere individuato la data di ultimazione dell’opera pubblica nel 30.11.78 e come dies a quo del decorso del termine di prescrizione la data del 26,7.1981, data di originaria scadenza del periodo di occupazione legittima; siccome il decreto prefettizio di autorizzazione alla occupazione d’urgenza non conteneva alcuna esplicita fissazione di termini – nè iniziali nè finali per il compimento delle operazioni di esproprio, la durata del periodo di occupazione legittima avrebbe dovuto essere individuata in quella di cinque anni legislativamente prevista dalla L. n. 865 del 1971; essendo stato il decreto prefettizio emanato in data 24.1.1978 il periodo di occupazione legittima sarebbe scaduto il 24,1.1983.

Conseguentemente il periodo di cinque anni per la prescrizione del diritto al risarcimento del danno al momento della proposizione della domanda giudiziale (12.12.86) non era ancora scaduto.

La Corte d’Appello, inoltre, avrebbe dovuto tener conto delle proroghe nel tempo (dal 1976 al 1983) disposte nelle determinazioni e deliberazioni della Cassa del Mezzogiorno di approvazione, anche agli effetti della pubblica utilità, del progetto (OMISSIS) per lavori di costruzione della strada di circonvallazione del centro abitato del Comune di (OMISSIS). Se lo avesse fatto, avrebbe rilevato che il dies a quo, sulla base di tale documentazione, avrebbe dovuto essere individuato nel 5.12.1981, per cui il termine quinquennale di prescrizione alla data dell’atto interrartivo, costituito dalla diffida inviata al Comune in data 31.7.1986, non era ancora decorso.

Ancora la sentenza impugnata sarebbe carente ed errata sotto il profilo motivazionale per avere affermato che la Delib. Casmez 5 dicembre 1979, n. 4604 che avrebbe rifissato il termine finale di esproprio al 5.12.1981, non si rinviene agli atti, avendo omesso di rilevare che di tale deliberazione da atto il c.t.u. nella relazione di consulenza tecnica.

Avrebbe, inoltre, errato la corte di merito nel ritenere che l’irreversibile trasformazione del fondo sia avvenuta il 30.11.78, fondando tale assunto sull’atto di collaudo dell’ing. S. del 30.9.1981.

Alle pagine 16 e 17 del supplemento di c.t.u., depositato il 22.1.98, risulterebbe che la irreversibile destinazione del bene ad opera pubblica si sarebbe verificata in data 5.10.1993, e, quindi, addirittura durante la pendenza del giudizio di primo grado, introdotto con la notifica dell’atto di citazione in data 12.12.1986.

Al 30.11.1978 la strada in questione non avrebbe potuto ritenersi ultimata, atteso che dal collaudo effettuato dall’ing. S. risulta che erano stati eseguiti soltanto lavori consistenti nel movimento di terreno, nella realizzazione di muretti di contenimento e di un tombino, mentre erano ancora mancanti la massicciata le cunette e la pavimentazione.

Avrebbe errato la Corte nell’affermare che la irreversibile trasformazione dei fondi alla data del 30.11.1978 sarebbe anche provata dalla documentazione fotografica allegata alla relazione di consulenza tecnica, atteso che detta documentazione fotografica risale per lo più al 1995 (epoca di redazione della C.T.U.) e non al 1978. Avrebbe errato la Corte, infine, nel non avere attribuito efficacia interruttiva alla diffida del 31.7.1986 sull’assunto che il termine prescrizionale a detta data era già spirato, essendo questa intervenuta quando il termine di cinque anni non era ancora decorso, dovendosi il dies a quo fissare in epoca successiva a quello considerato dal giudice a quo del 27.7.1981 Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione del disposto dell’art. 2935 cod. civ., art. 2943 cod. civ., art. 2945 cod. civ. e art. 1, prot. 1, addizionale CEDU, nonchè omessa insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine alla ritenuta intervenuta prescrizione del diritto attoreo al risarcimento dei danni da occupazione illegittima, costituente punto decisivo della controversia.

Deducono i ricorrenti che la Corte Europea dei diritti dell’uomo, interpretando l’art. 1 del protocollo addizionale n. 1 CEDU, avrebbe affermato che sia nel caso di occupazione acquisitiva che di occupazione usurpativa si controverte di atti illeciti della P.A. e che tali illeciti hanno in ogni caso carattere di illecito permanente, per cui, per un verso, non sarebbe applicabile la prescrizione quinquennale e, per altro verso, spetterebbe al proprietario l’integrale risarcimento del danno, corrispondente ad una effettiva restitutio in integrum.

Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano violazione e/o falsa applicazione del disposto degli artt. 115 e 116 c.p.c. anche con riferimento all’art. 2935 cod. civ., art. 2943 cod. civ., art. 2945 cod. civ. e art. 2947 cod. civ., nonchè omessa insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine alla ritenuta prescrizione del diritto attoreo al risarcimento dei danni da occupazione illegittima costituente punto decisivo della controversia.

Deducono i ricorrenti che il giudice a quo non avrebbe indicato le ragioni per le quali aveva inteso disattendere il ragionamento, i dati storici e le conclusioni del C.T.U., il quale, a seguito di specifica richiesta del giudice di primo grado, aveva precisato che l’irreversibile trasformazione dei fondi era intervenuta in data 5.10.1993. Inoltre il giudice a quo non avrebbe considerato che vi erano atti del Comune incompatibili con l’eccezione di prescrizione, per cui la stessa avrebbe dovuto ritenersi rinunciata. . Con i quattro motivi di ricorso i ricorrenti, in sintesi, censurano la sentenza impugnata: 1) per avere omesso l’esame della domanda di occupazione usurpativa da loro proposta, avendo erroneamente ritenuto che avessero invece proposto una domanda di occupazione acquisitiva;

2) per avere erroneamente ritenuto prescritto il diritto al risarcimento del danno dovuto per la irreversibile trasformazione del loro fondo con la realizzazione dell’opera pubblica.

Con riferimento alla prima questione la Corte d’Appello ha ritenuto che gli attori con l’atto introduttivo del giudizio avevano proposto una domanda di risarcimento danni da occupazione acquisitiva e non da occupazione usurpativa, osservando: “Milita in tale senso il riferimento della richiesta degli attuali appellanti al Comune, con atto notificato il 30.7.86, di notifica a loro nome degli atti della procedura, espressamente fatto nell’atto di citazione, nonchè il riferimento alla richiesta al Comune da parte del C. di copia degli atti della procedura espropriativa, pure riferita nell’atto introduttivo.

Non può, poi, tralasciarsi che in tutto il corso del giudizio di primo grado gli attori non hanno fatto mai riferimento ad una domanda diversa da quella di risarcimento danni da occupazione acquisitiva, neppure in occasione delle plurime operazioni di consulenza, quando una diversa prospettazione della domanda sarebbe stata quanto mai necessaria ai fini di una esatta determinazione della misura del risarcimento. Una prospettazione di tale genere risulta effettuata solo con la comparsa conclusionale di primo grado, ma essa, alla luce di quanto or ora detto non può non ritenersi dettata elusivamente dall’intento di contrastare la sollevata eccezione di prescrizione”.

Sulla base di queste considerazioni la corte di merito ha ritenuto inammissibile la domanda di risarcimento danni da occupazione usurpativa, in quanto nuova perchè proposta per la prima volta in appello.

Secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte l’interpretazione della domanda e l’individuazione del suo contenuto integrano un tipico accertamento di fatto riservato, come tale, al giudice di merito, mentre in sede di legittimità va solo effettuato il controllo della correttezza della motivazione che sorregge sul punto la decisione impugnata (cfr, per tutte, tra le molte, cass. n. 15603 del 2006).

La su riportata motivazione non merita censure, atteso che appare sufficiente al fine di chiarire le ragioni della decisione ed immune da vizi logici ed errori giuridici.

Con il ricorso per cassazione i ricorrenti, al fine di dimostrare di avere proposto una domanda qualificabile come acquisizione usurpativa, pretendono, peraltro, l’esame di una serie di atti, tra i quali la dichiarazione di pubblica utilità, denunciandone la invalidità ed inefficacia, senza che la validità ed efficacia di tale atto sia stata mai contestata espressamente nel giudizio di merito.

Non risulta, infatti, che la invalidità ed inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità sia stata denunciata con l’atto introduttivo del giudizio, indicandola quale elemento costitutivo della pretesa risarcitoria degli attuali ricorrenti; anzi il fatto che questi abbiano in primo grado formulato la loro domanda, ponendo quale base della loro richiesta la occupazione acquisitiva del loro fondo, senza modificare detta domanda, quando tutti gli atti della procedura espropriativa erano stati acquisiti al giudizio ed erano a loro disposizione, porta sicuramente ad escludere la effettuazione di una tempestiva contestazione della legittimità di detto atto.

La denuncia della invalidità ed inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità effettuata con il ricorso per cassazione, pertanto, non può essere presa in considerazione, trattandosi di eccezione nuova, che richiede accertamenti riservati al giudice di merito (l’esame degli atti della procedura espropriativa), e, come tale, inammissibile, perchè sollevata per la prima volta,in sede di legittimità Pertanto, la censura riguardante la qualificazione della domanda giuridica devesi ritenere infondata.

Fondata è, invece, quella relativa ala prescrizione del diritto al risarcimento del danno. La corte d’Appello ha accertato che la irreversibile trasformazione del fondo, per cui è causa, si è verificata il 30.11.1978, durante il periodo di occupazione legittima, terminato il 26.7.81; conseguentemente ha ritenuto che il termine di prescrizione quinquennale de diritto al risarcimento del danno dovesse essere computato a partire da questa ultima data ed ha affermato che, quando gli attuali ricorrenti hanno proposto il 13.12.1986 la domanda intesa ad ottenere il risarcimento del danno per la irreversibile trasformazione del loro fondo con la realizzazione dell’opera pubblica, il loro diritto era ormai prescritto, essendosi la prescrizione verificata in data 26.7.1986..

Con il ricorso per cassazione i ricorrenti contestano la data di decorrenza della prescrizione, assumendo, tra l’altro, che il giudice di merito, nel prendere in considerazione il dies a quo, di cui sopra, sarebbe incorso nella violazione dell’art. 1 del primo protocollo addizionale alla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo nella interpretazione che ne ha dato la CEDU con riferimento alla acquisizione da parte della P.A. dei beni di privati in conseguenza della irreversibile trasformazione dei loro fondi con la realizzazione dell’opera pubblica.

In considerazione degli orientamenti giurisprudenziali espressi dalla CEDU questa Suprema Corte ha formulato il principio secondo cui, in mancanza di regole sufficientemente chiare, accessibili, prevedibili, non possono porsi a carico del proprietario di un immobile irreversibilmente trasformato dalla pubblica amministrazione in assenza di decreto di esproprio le conseguenze derivanti dalla connotazione dell’istituto dell’occupazione appropriativa come illecito istantaneo ad effetti permanenti, sicchè il termine quinquennale della prescrizione, per le azioni risarcitorie del danno da occupazione appropriativa anteriori all’entrata in vigore della L. n. 458 del 1988, che contiene il primo riconoscimento dell’istituto, può iniziare a decorrere solamente dalla data dell’entrata in vigore di quest’ultima (3.11.88) (cfr. in tal senso cass. n. 20543 del 2008;

cass. n. 22407 del 2008).

Alla luce di questo orientamento giurisprudenziale, che il collegio condivide ed al quale intende dare continuità, devesi ritenere che gli attuali ricorrenti hanno proposto la loro azione risarcitoria addirittura prima che il termine di prescrizione potesse iniziare a decorrere.

L’accoglimento di tale censura comporta la cassazione sul punto della sentenza impugnata ed il rinvio della causa alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione, che provvederà a liquidare anche le spese del giudizio di legittimità, e che per il giudizio di uniformerà al principio di diritto sopra enunciato.

PQM

La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 25 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2010

 

 

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