Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12862 del 21/06/2016


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Cassazione civile sez. VI, 21/06/2016, (ud. 26/01/2016, dep. 21/06/2016), n.12862

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Michela – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16851-2013 proposto da:

M.S., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA FOGLIANO 4/A, presso lo studio dell’avvocato MARCO

TACCHI VENTURI, che lo rappresenta e difende giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TIMAVO 3,

presso lo studio dell’avvocato MAURO LIVI, che la rappresenta e

difende giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2748/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata i122/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/01/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA FALASCHI;

udito l’Avvocato Marco Tacchi Venturi difensore del ricorrente che

si riporta agli scritti.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

Con atto di citazione notificato il 21 febbraio 2006 M.S. domandava alla Corte di appello di Roma la revocazione della sentenza n. 5059 del 2005 pronunciata, dallo stesso ufficio giudiziario, nella causa civile istaurata tra l’attore e la di lui moglie separata, C.G., al fine di ottenere la condanna della convenuta al rimborso delle somme sostenute per l’edificazione di un immobile su un terreno di proprietà esclusiva della C., lamentando un errore di fatto nella determinazione del quantum, in conseguenza dell’omessa valutazione del contenuto della relazione peritale prodotta dalla parte nel 1998 e contenente l’esposizione analitica dei costi di realizzazione del bene, essendosi limitati, tanto il giudice di prime cure quanto la Corte di appello, alla quantificazione attestata nella perizia risalente al 1887.

La Corte di merito, con sentenza n. 16851 del 2013, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso, risolvendosi la prospettazione dell’errore di fatto in una contestazione della valutazione giudiziale circa l’efficacia probatoria dei singoli mezzi istruttori acquisiti, insindacabile ai sensi del dell’art. 395 c.p.c., n. 4, in quanto privo dei caratteri richiesti dalla giurisprudenza per la configurabilità dell’errore di fatto.

Avverso la menzionata il medesimo M. ha presentato ricorso in cassazione, affidandolo ad un unico motivo di ricorso, con il quale ha censurato la violazione e falsa applicazione dell’art. 395 c.p.c., n. 4.

L’intimata C. ha resistito con controricorso.

Il consigliere relatore, nominato a norma dell’art. 377 c.p.c., ha depositato la relazione di cui all’art. 380 bis c.p.c., proponendo la reiezione del ricorso.

In prossimità dell’adunanza camerale parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

Vanno condivise e ribadite le argomentazioni e le conclusioni di cui alla relazione ex art. 380 bis c.p.c., che di seguito si riporta:

“Con l’unica censura dedotta il ricorrente si duole della violazione dell’art. 395 c.p.c., n. 4, per non avere la Corte di merito, chiamata a pronunciarsi in sede di revoca ione, operato il dovuto raffronto tra la sentenza impugnata egli atti e documenti di causa, dall’esame dei quali, sostiene il ricorrente, sarebbe emersa l’essenzialità e decisività dell’asserito errore di fatto in ordine alla quantificazione del rimborso ad egli spettante per i costi sostenuti nell’edificazione dell’immobile de quo.

Nello specifico, lamenta il ricorrente, il giudice di prime cure sarebbe incorso nel lamentato errore di fatto, per non aver valutato tutti gli atti di causa e in particolare la terza perizia prodotta, risalente al 1998, nella quale soltanto vi era un’indicazione analitica delle somme occorse per la realizzazione dell’immobile, limitandosi la perizia precedente, ossia quella risalente al 1987 ad esporre i costi di ultimazione e di manutenzione dell’edificio, contenente la voce “Debito C. per incremento patrimonio” che erroneamente il giudice ha ritenuto coincidere con il costo complessivo del suddetto bene.

Il motivo parrebbe manifestamente infondato.

Si osserva come, nella specie, contrariamente a quanto opinato dal ricorrente, il giudice non ha omesso di valutare le circostanze addotte dal M., nè ha escluso la decisività ed evidenza dell’errore di fatto, ma, piuttosto, ha escluso l’ammissibilità del ricorso, non potendo il vitto lamentato dal ricorrente qualificarsi come errore di fatto ex art. 395 c.p.c., n. 4. La Corte territoriale ha difatti ritenuto che l’errore prospettato dal ricorrente si risolvesse in una richiesta di rivalutazione delle risultanze probatorie in difformità alla valutazione dei primi due giudici, pervenuti al loro convincimento sulla base delle prove ritenute maggiormente attendibili e idonee ad attestare il valore complessivo dell’immobile, ragione per la quale sono stati esclusi i caratteri propri dell’errore di fatto.

Del resto, questa Corte ha affermato che, l’errore di fatto, quale motivo di revocazione della sentenza ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, deve consistere in una falsa percezione di quanto emerge dagli atti sottoposti al suo giudizio, concretantesi in un una svista materiale su circostante decisive, emergenti direttamente dagli atti con carattere di assoluta immediatezza e semplice e concreta rilevabilità, con esclusione di ogni apprezzamento in ordine alla valutazione in diritto delle risultanze processuali. Ne consegue che il vizio con il quale si imputa alla sentenza un’erronea valutazione delle prove raccolte è, di per sè, incompatibile con l’errore di fatto, essendo ascrivibile non già ad un errore di percezione, ma ad un preteso errore di giudizio (Cass. 26 settembre 2013 n. 22080).

Pertanto, la Corte di merito, ha fatto buon governo dei principi sopra esposti, riconoscendo che la pronuncia che sia frutto di un’attività valutativa del giudice è incompatibile con l’errore di fatto ed in tal senso ha precisato che i giudici del limito avevano riconosciuto i soli costi di costruzione, con esclusione di quelli di manutenzione e di gestione per evidenti ragioni.

A fronte di detti argomenti, il ricorrente assume il travisamento dei dati conoscitivi, contenendo le due perizie, quella del 1887 e quella del 1998, valori differenti in relazione ai costi di edificazione senza tuttavia chiarire le ragioni della maggiore congruità delle somme indicate nella seconda perizia, piuttosto che nella prima, limitandosi peraltro a riportare il testo delle consulenze solo per brani, con evidente difetto di autosufficienza”.

Gli argomenti e le proposte contenuti nella relazione di cui sopra sono condivisi dal Collegio e le critiche formulate dal ricorrente nella memoria illustrativa non hanno alcuna incidenza su dette conclusioni, giacchè ribadiscono difese che per le ragioni sopra esposte – sono state superate dalle argomentazioni predette e non rappresentano alcuna lacuna motivazionale, non apportando alcun ulteriore elemento di valutazione. In particolare, non risponde al vero l’assunto del dotta secondo cui la corte di merito avrebbe esaminato due sole perizie “non avvalendosi della terza”, in quanto la motivazione resa dal giudice del gravame rende palese la circostanza che siano state valutate tre perizie, concludendo per l’attendibilità di quella redatta nell’anno 1987 sulla base dell’accordo intervenuto nel 1976.

Conseguentemente il ricorso va respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte è tenuta a dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso;

condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione in favore dei resistenti che liquida in complessivi Euro 6.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie ed agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2016

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