Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12860 del 06/06/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 12860 Anno 2014
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ha pronunciato la seguente

v

ORDINANZA
sul ricorso 2135-2012 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 0636691001, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

MAGNONI TEODOSIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CONCA D’ORO 348, presso lo studio dell’avvocato DI MUZIO
MARIA LAURA, che lo rappresenta e difende giusta procura in calce
al controricorso;
– controricorrente –

3ct

Data pubblicazione: 06/06/2014

avverso la sentenza n. 356/38/2010 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di ROMA del 20/10/2010, depositata
il 25/11/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
17/04/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

udito l’Avvocato Marco Milillo (delega avvocato Di Muzio Maria
Laura) difensore del controricorrente che si riporta agli scritti.

Ric. 2012 n. 02135 sez. MT – ud. 17-04-2014
-2-

CARACCIOLO;

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

Osserva:
La CTR di Roma ha respinto l’appello dell’Agenzia -appello proposto contro la
sentenza n.211/01/2008 della CTP di Viterbo che aveva accolto il ricorso del
contribuente Magnoni Teodosio- ed ha così confermato l’avviso di accertamento per
IVA-IRPEF-IRAP ed addizionali relative al periodo di imposta 2002, fondato sulla
applicazione dei coefficienti presuntivi di reddito di cui all’art.3 legge n.549/1995 e
DPCM 29.1.1996, come modificato dal DPCM 27.3.1997.
La predetta CTR —dato atto che l’applicazione del metodo parametrico è fonte di una
presunzione semplice- ha motivato la decisione evidenziando che nel caso di specie
detta presunzione appariva del tutto solitaria, non essendo state svolte indagini
attinenti alla committenza del contribuente (che aveva protestato l’inapplicabilità del
metodo alla sua specifica attività di scultore di opere in ferro destinate all’arredo
urbano, perciò svolta esclusivamente su commesse dello Stato e di Enti pubblici)
ovvero al tipo di commesse da quest’ultimo espletate, nel mentre il contribuente
aveva addotto difese fondate su argomenti del tutto logici, anche alla luce della
notoria modalità di svolgimento delle commesse pubbliche, che comportano
comunque redditi predeterminati e documentati, spesso molto posticipati rispetto alle
forti spese sostenute.
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo.
La parte contribuente si è difesa con controricorso.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente
della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi dell’art.375 cpc.

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letti gli atti depositati

Ed invero, con il motivo di ricorso (incentrato sul vizio di insufficiente motivazione
della sentenza) la parte ricorrente si duole del fatto che il giudicante abbia ritenuto
che l’accertamento era basato sul solo scostamento dal risultato parametrico (mentre
invece l’accertamento era suffragato anche da ulteriori elementi quali l’incoerenza
del reddito dichiarato rispetto ai costi e la mancata prova da parte del contribuente di

ultime, il giudicante aveva fondato il proprio convincimento su allegazioni prive di
riscontro, ed in specie sull’assunto secondo cui il contribuente svolgesse attività nei
soli confronti di committenti pubblici, da cui aveva fatto derivare argomenti
apodittici in ordine alle modalità di svolgimento delle gare pubbliche
Il motivo appare inammissibilmente formulato.
Ai fini di dare soluzione alla questione controversa occorre muovere
dall’insegnamento contenuto nella nota pronuncia di Cass. Sez. U, Sentenza n.
26635 del 18/12/2009 (poi ribadita da numerose altre successive) secondo il quale:
“La procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei
parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui
gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del
reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sé considerati – meri strumenti di
ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in
esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità
dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare,
senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che
giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere
applicati gli “standards” o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di
tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel
rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione
dell’applicabilità in concreto dello “standard” prescelto e con le ragioni per le quali
sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. L’esito del
contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il

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idonee e documentate giustificazioni in sede precontenziosa). In difetto di queste

giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli “standards” al caso
concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal
contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del
procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a
presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede

questo suo comportamento, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola
base dell’applicazione degli “standards”, dando conto dell’impossibilità di costituire il
contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può
valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito”.
Alla luce di questi principi, occorre rilevare che il giudicante (che pure aveva preso
atto dell’avvenuta integrazione del contraddittorio preprocessuale, in occasione del
quale la parte contribuente aveva protestato l’inapplicabilità del procedimento
parametrico per il fatto che l’attività esercitata —già dianzi descritta- era stata svolta
con esclusivo riguardo alla committenza di enti pubblici) ha dato puntuale e ben
argomentato conto dei motivi di preferenza attribuita alle ragioni presuntive indicate
dall’una e dall’altra parte in ordine alla concreta applicabilità del metodo
parametrico, non senza eludere la questione concernente l’elevato ammontare dei
costi rispetto al reddito dichiarato, rispetto alla quale pure è stato dal giudicante
motivata la ragione del proprio convincimento.
Ciò posto, risulta dagli argomenti dedotti a sostegno del motivo di impugnazione che
la parte ricorrente non si limita a chiedere a questa Corte un controllo circa la
coerenza o la sufficienza dell’iter argomentativo utilizzato dal giudice del merito ma
chiede —invece- la rinnovazione del giudizio comparativo —già adeguatamente
espletato dal giudice di appello- in ordine al materiale probatorio dedotto in atti, con
inammissibile istanza di sovrapposizione del giudizio di questa Corte ai poteri propri
ed esclusivi del giudice del merito.
Ed infatti è ius receptum che:”Il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito
dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., non equivale alla revisione del “ragionamento

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amministrativa, restando inerte. In tal caso, però, egli assume le conseguenze di

decisorio”, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice del merito ad una
determinata soluzione della questione esaminata, posto che una simile revisione, in
realtà, non sarebbe altro che un giudizio di fatto e si risolverebbe sostanzialmente in
una sua nuova formulazione, contrariamente alla funzione assegnata dall’ordinamento
al giudice di legittimità; ne consegue che risulta del tutto estranea all’ambito del vizio

giudizio di merito attraverso l’autonoma, propria valutazione delle risultanze degli atti
di causa. Nè, ugualmente, la stessa Corte realizzerebbe il controllo sulla motivazione
che le è demandato, ma inevitabilmente compirebbe un (non consentito) giudizio di
merito, se – confrontando la sentenza con le risultanze istruttorie – prendesse di
ufficio in considerazione un fatto probatorio diverso o ulteriore rispetto a quelli
assunti dal giudice del merito a fondamento della sua decisione, accogliendo il
ricorso “sub specie” di omesso esame di un punto decisivo” (Cass. Sez. L, Sentenza
n. 3161 del 05/03/2002).
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
inammissibilità.
Roma, 15 ottobre 2013

ritenuto inoltre:
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di lite
di questo grado, liquidate in € 3.200,00 oltre accessori di legge ed oltre € 100,00 per
esborsi.

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di motivazione ogni possibilità per la Corte di Cassazione di procedere ad un nuovo

Così deciso in Roma il 17 aprile 2014

Il Presi ente

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