Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12858 del 22/05/2017
Cassazione civile, sez. VI, 22/05/2017, (ud. 11/04/2017, dep.22/05/2017), n. 12858
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 28378/2015 proposto da:
BANCA MONTE PASCHI SIENA SPA, in persona del legale rappresentante,
elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE ARNALDO DA BRESCIA 9,
presso lo studio dell’avvocato MASSIMO MANNOCCHI, che la rappresenta
e difende;
– ricorrente –
contro
STUDIO MEDICINA NUCLEARE SRL, in persona dell’Amministratore Unico,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VINCENZO AMBROSIO 4, presso
lo studio dell’avvocato ALESSANDRO BELLOMI, che la rappresenta e
difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4864/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 27/08/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata dell’11/04/2017 dal Consigliere Dott. MASSIMO FALABELLA;
dato atto che il Collegio ha autorizzato la redazione del
provvedimento in forma semplificata, giusta decreto 14 settembre
2016, n. 136/2016 del Primo Presidente.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La Corte osserva quanto segue.
Il Tribunale di Roma, nell’anno 2007, dichiarava la nullità della citazione con cui Studio di Medicina Nucleare s.r.l. agiva in giudizio per ottenere da Banca Toscana s.p.a., oggi Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., la restituzione di somme con riferimento a un rapporto di conto corrente su cui, a dire dell’attrice, erano stati conteggiati interessi ultralegali e usurari, interessi capitalizzati trimestralmente e commissioni di massimo scoperto non dovute.
Proposta impugnazione, la Corte di appello di Roma pronunciava una prima sentenza, non definitiva, con cui – affermata, in riforma della pronuncia di prime cure, la legittimazione processuale della società appellante – dichiarava la nullità dei contratti intercorsi tra le parti con riferimento alle clausole relative agli interessi e alla commissione di massimo scoperto e riconosceva, inoltre, l’illegittimità dell’applicazione, al rapporto di conto corrente, della capitalizzazione trimestrale degli interessi e della predetta commissione. Con riferimento a tale sentenza era proposta riserva di impugnazione. Successivamente, con pronuncia pubblicata il 27 agosto 2015, la Corte capitolina, a seguito dell’esperimento di consulenza tecnica d’ufficio, condannava la banca al pagamento, in favore della società appellante, della somma di Euro 54.876,49, oltre interessi.
Tale sentenza è oggetto del ricorso per cassazione proposto dalla Banca Monte dei Paschi di Siena, il quale si fonda su tre motivi. Resiste con controricorso Studio di Medicina Nucleare s.r.l.. Sono statèdepositate memorie.
Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 154 del 1992, art. 5, violazione dell’art. 1284 c.c., nonchè violazione degli artt. 1362 segg. e dell’art. 1326 c.c.. Lamenta in sostanza la ricorrente che la Corte di merito aveva mancato di attribuire rilievo alle lettere di affidamento documentate in atti e risalenti agli anni tra il 1993 e il 1996: lettere che, diversamente da quanto aveva ritenuto il giudice del gravame, non costituivano comunicazioni unilaterali della banca (con specifico riguardo al saggio di interesse), quanto, piuttosto, l’accettazione, da parte della controricorrente, delle condizioni di affidamento già proposte dall’istituto di credito: sicchè, ad avviso dell’istante, in ragione della predetta documentazione doveva darsi atto che con riferimento al nominato tasso di interesse era stato concluso un vero e proprio contratto.
Il secondo motivo lamenta violazione dell’art. 2697 c.c., in combinato disposto con l’art. 115 c.p.c.. Rileva la ricorrente che la società correntista aveva riconosciuto essa stessa, nel corso dell’intero processo, la stipula dei contratti in questione.
Col terzo motivo la sentenza è censurata per violazione degli artt. 1321, 1325, 1326, 1362 e 1363 c.c.. Sostiene la ricorrente che con riferimento alle comunicazioni intercorse la Corte di Roma era incorsa in un travisamento, posto che l’esame della documentazione prodotta imponeva di ritenere raggiunto un vero e proprio accordo delle parti in ordine alle condizioni contrattuali ivi indicate. Pertanto, gli scritti richiamati erano – ad avviso della ricorrente – rappresentativi della comune intenzione delle parti di vincolarsi vicendevolmente; più nello specifico, essi davano ragione dell’intenzione della controricorrente di accettare le condizioni di affidamento proposte dalla banca.
Avendo il relatore individuato una ipotesi di manifesta infondatezza del ricorso, si è fatto luogo alla fissazione dell’adunanza della Corte per la trattazione della causa in Camera di consiglio.
Il Collegio, a norma dell’art. 380 bis c.p.c., comma 3, ritiene che non si ravvisi una evidenza decisoria tale da permettere la definizione del ricorso presso la c.d. sezione filtro, sicchè esso deve essere avviato alla discussione in pubblica udienza presso la sezione tabellarmente competente.
PQM
La Corte rimette la causa alla pubblica udienza della 1^ sezione civile.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 11 aprile 2017.
Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2017