Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12855 del 13/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 13/05/2021, (ud. 27/11/2020, dep. 13/05/2021), n.12855

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. ARMONE Giovanni Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 19333/2013 R.G. proposto da:

Assimoco Spa, rappresentata e difesa dall’Avv. Fabio Pace, presso il

quale è domiciliata in Milano Corso di Porta Romana n. 89/b, giusta

procura speciale a margine dei ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 5/31/13, depositata in data 24 gennaio 2013.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 27 novembre 2020

dal Cons. Giuseppe Fuochi Tinarelli.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Umberto De Augustinis, che ha concluso per

l’inammissibilità del ricorso e, in subordine, il rigetto.

Udito l’Avv. Ernesto De Sanctis su delega dell’Avv. Fabio Pace per la

contribuente che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Udito l’Avv. dello Stato Alfonso Peluso che ha concluso per il

rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Assimoco Spa chiedeva, con istanza del 12 maggio 2009, il rimborso della maggiore imposta versata per Irap per l’anno 2005 con la presentazione del Modello Unico del 2006 in data 31 ottobre 2006, in relazione all’errata qualificazione di alcune componenti reddituali, la cui esatta determinazione era stata rettificata con dichiarazione integrativa del 6 settembre 2008.

Avverso il silenzio opposto dall’Amministrazione finanziaria la società proponeva ricorso, deducendo la fondatezza della richiesta.

L’impugnazione, accolta dalla CTP di Milano, era rigettata dal giudice d’appello.

Assimoco Spa propone ricorso per cassazione con otto motivi, poi illustrato con memoria.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, per aver la CTR ritenuto la sentenza di primo grado viziata per omessa motivazione.

1.1. Il motivo è inammissibile.

Va rilevato, in primo luogo, che la censura appare estranea alla stessa ratio della sentenza che, nel dissentire dalla decisione di primo grado, ha compiuto una autonoma valutazione delle questioni in fatto e diritto e, dunque, costituisce l’unico oggetto suscettibile di doglianza con il ricorso per cassazione.

Giova anzi sottolineare, sul punto, che non appare neppure riconducibile all’ambito dell’art. 360 c.p.c. l’asserita divergenza tra statuizione di primo grado e sentenza d’appello che si risolva in una diversa valutazione in diritto ovvero sul materiale probatorio e non anche in un error in procedendo, qui assente.

2. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, per aver la CTR ritenuto l’istanza di rimborso fondata sulla dichiarazione integrativa e non sull’indebito maggior versamento effettuato.

2.1. Il terzo motivo denuncia ulteriormente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 53 Cost. per aver la CTR ritenuto l’istanza di rimborso fondata sulla dichiarazione integrativa e non sull’indebito maggior versamento effettuato, così ritenendo rilevante la sola situazione reddituale erroneamente rappresentata nel Modello Unico originariamente inviato, mentre essa costituisce mera dichiarazione di scienza emendabile.

2.2. Il quarto motivo denuncia ulteriormente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 167 c.p.c. per aver la CTR ritenuto l’istanza di rimborso fondata sulla dichiarazione integrativa e non sull’indebito maggior versamento effettuato, nonostante la non tempestiva contestazione, da parte dell’Ufficio, delle circostanze di fatto e di diritto dedotte dalla contribuente.

2.3. Il quinto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, contraddittoria motivazione circa il fatto controverso del fondamento dell’istanza di rimborso.

2.4. Il sesto motivo denuncia ulteriormente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omessa motivazione circa il fatto controverso del fondamento dell’istanza di rimborso.

3. I motivi dal secondo al sesto, in evidente rapporto di stretta connessione logica tra loro investendo una unitaria questione, possono essere esaminati unitariamente e sono tutti inammissibili.

3.1. Al di là di specifiche ragioni di inammissibilità – il quinto ed il sesto deducono una censura non più proponibile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ratione temporis applicabile (trattandosi di sentenza pubblicata in data 24 gennaio 2013 – o di manifesta infondatezza – – il quarto poichè, da un lato, l’applicazione dell’art. 115 c.p.c. nel processo tributario concerne esclusivamente il piano della prova del fatto non contestato e semprechè il giudice non sia in grado di escluderne l’esistenza (ex multis, Cass. n. 19806 del 23/07/2019, nonchè, con specifico riguardo ad una istanza di rimborso, Cass. n. 7127 del 13/03/2019), mentre, dall’altro lato, venendo in rilievo l’impugnazione del silenzio-rifiuto ad una istanza di rimborso, le argomentazioni con cui l’Ufficio nega la sussistenza di detti fatti, o la qualificazione ad essi attribuita, costituiscono mere difese, non soggette ad alcuna preclusione processuale (Cass. n. 1906 del 28/01/2020) – è dirimente che le doglianze non colgono la ratio della decisione impugnata.

3.2. La CTR, infatti, seppur ha valutato che l’istanza di rimborso traeva la sua origine dall’avvenuta presentazione della dichiarazione integrativa, che aveva, nella specifica vicenda, portato all’emersione dell’asserita erronea indicazione originaria ed ha, conformemente al dato normativo, valutato che essa era tardiva, non ha – tuttavia rigettato la domanda della contribuente per tale fatto.

Il giudice d’appello, infatti, dopo aver operato questa preliminare considerazione, ha proceduto ad esaminare il merito della richiesta di rimborso, con una compiuta disamina della documentazione prodotta (“l’esame della documentazione presentata (bilancio di verifica e conti di mastro) e di quella allegata alla memoria depositata dalla contribuente non si riesce a desumere che le rettifiche di valori in aumento e in diminuzione, non indicate dalla parte nella dichiarazione dei redditi originariamente presentata, fossero fiscalmente deducibili ai fini IRAP e dovessero quindi (o potessero) essere ricomprese nelle variazioni consentite. Ciò anche perchè il prospetto delle variazioni di valore allegato in atti è limitato ad alcuni titoli azionari e non comprende tutti quelli conteggiati dalla parte”), per concludere, quindi, che non vi fosse prova dell’asserito credito (“non si ritiene pertanto valida nella fattispecie l’applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, poichè l’eccesso di versamento rispetto al dovuto non era provato alla data dell’effettuazione del versamento stesso e non lo risulta tuttora”).

La tardiva presentazione della dichiarazione integrativa, dunque, ha assunto, nella decisione impugnata, rilievo solo argomentativo e descrittivo, privo di incidenza ai fini della statuizione di merito.

4. Il settimo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, dell’art. 2697 c.c., degli artt. 115 e 167 c.p.c. per non aver ritenuto provato il diritto al rimborso.

Nell’articolazione del motivo si denuncia altresì la violazione dell’art. 2697 c.c. per non aver la CTR riconosciuto provato il credito “quantomeno con riguardo ai titoli azionari a cui si riferisce il prospetto delle variazioni di valore”.

4.1. Il motivo è infondato ed ai limiti dell’inammissibile.

4.2. Quanto all’asserita violazione degli artt. 115 e 167 c.p.c. è sufficiente rinviare a quanto già precisato al punto 3.1. con riguardo al quinto motivo.

4.3. La dedotta violazione dell’art. 2697 c.c. è poi inammissibile poichè “è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece” – come nella vicenda in esame – “laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti” (Cass. n. 13395 del 29/05/2018; Cass. n. 18092 del 31/08/2020).

4.4. Per il resto, la censura attinge la motivazione e la stessa valutazione delle prove operata dal giudice di merito, in vista, peraltro, non di una prospettata carenza e insufficienza sul piano logico-argomentativo ma, in termini incisivi, di una revisione del giudizio di fatto, non consentita in sede di legittimità neppure nella vigenza dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo anteriore alla modifica introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), conv. con modif. nella L. n. 134 del 2012.

4.5. Parimenti inammissibile, infine, è la dedotta violazione dell’art. 2697 c.c. in relazione al mancato riconoscimento della prova sui titoli indicati nel prospetto.

La doglianza – che sembra prospettare che la CTR abbia ritenuto in parte provati i crediti e, ciononostante, abbia disatteso l’intera domanda – non coglie che la decisione ha escluso che vi fosse la prova del maggior credito per la totalità della richiesta, limitandosi a precisare, quale riscontro dell’inattendibilità della documentazione prodotta, che “Ciò anche perchè il prospetto delle variazioni di valore allegato in atti è limitato ad alcuni titoli azionari e non comprende tutti quelli conteggiati dalla parte”.

5. L’ottavo motivo denuncia, in via subordinata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, per aver la CTR ritenuto l’inefficacia della dichiarazione integrativa presentata dalla contribuente entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale.

5.1. Il motivo è inammissibile: la doglianza, infatti, come quelle di cui ai motivi 2-6, non coglie la ratio della decisione.

6. Il ricorso va pertanto rigettato.

Nulla per le spese dovendosi dichiarare l’inammissibilità del controricorso attesa la mancata produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento della relativa notifica.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2021

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