Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12851 del 10/06/2011

Cassazione civile sez. VI, 10/06/2011, (ud. 28/04/2011, dep. 10/06/2011), n.12851

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso iscritto al n. 11902 del Ruolo Generale degli affari

civili dell’anno 2010 da:

K.K., cittadino della (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in Roma, alla Via Tevere n. 46/A, presso l’avv. PALA

Giuseppe, che lo rappresenta e difende, per procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER LA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE DI TORINO, PROCURA GENERALE PRESSO LA CORTE D’APPELLO

DI TORINO;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari, Sezione Prima

Civile n. 328 del 2-19 marzo 2010.

Letta la memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 3,

presentata dal ricorrente e sentiti, per quest’ultimo, l’avv. G.

Pala, e il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr.

ZENO Immacolata, che ha chiesto dichiarare improponibile o in

subordine inammissibile il ricorso, ovvero di rigettarlo.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

Con la sentenza di cui in epigrafe, la Corte d’appello di Bari ha rigettato il reclamo di K.K. avverso la pronuncia del locale Tribunale, che aveva respinto la sua impugnazione del rigetto delle sue istanze per ottenere lo stato di rifugiato dalla Commissione territoriale per il riconoscimento e la protezione internazionale di Bari.

Entrambi i giudici del merito hanno negato la stato di rifugiato per il ricorrente, non avendo lo stesso dimostrato la sua situazione di pericolo di persecuzione, per la quale non è sufficiente la situazione notoria di guerra civile della Costa d’Avorio a giustificare il riconoscimento dello speciale stato personale richiesto, in difetto di una situazione persecutoria personale, che ponga in pericolo la vita dell’istante e ne imponga l’asilo in Italia.

Le dichiarazione generiche e inconferenti del ricorrente alla Commissione non sono state ritenute sufficienti al riconoscimento dello stato di rifugiato in quanto egli non ha neppure allegato le ragioni della sua fuga dal paese nel 2004, non indicando, al di fuori del notorio, elementi o fatti particolari, sui quali indagare, per riconoscergli lo stato di rifugiato.

La genericità su cui si è fondata la richiesta del K. ne ha determinato il rigetto.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso si articola in due motivi: a) violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, nn. 3, 4 e 5, anche per difetto assoluto di motivazione in ordine alla istanza del ricorrente di riconoscimento della posizione di rifugiato. In primo grado il tribunale aveva riconosciuto che la Costa d’Avorio versava in una situazione di mancato rispetto delle regole democratiche e di violazione delle libertà fondamentali, negando di potere provvedere al riconoscimento rifiutato in sede amministrativa per difetto di giurisdizione, ai sensi dell’art. 37 c.p.c., e tale capo della sentenza era stato reclamato, ma su tale questione è mancata ogni pronuncia della Corte d’appello che quindi ha violato le norme di cui sopra; b) violazione dell’art. 2 Cost., art. 10 Trattato CE, artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione alla Direttiva CE 29/4/04 n. 83 e all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, anche per difetto assoluto di motivazione circa un fatto controverso, in quanto l’affermazione della Corte di merito su un preteso miglioramento della situazione nella Costa d’Avorio non è esatta e comunque, per la decisione sullo stato di rifugiato, rileva la situazione esistente al momento dell’espatrio e non quella successiva. Essa è in contrasto con i rilievi delle organizzazioni internazionali sulla situazione ivoriana dovendosi negare che, per la normativa comunitaria, il ricorrente avesse dovuto dimostrare elementi specifici della sua situazione personale di perseguitato.

Il ricorso deve essere rigettato.

Il ricorrente lamenta una omessa pronuncia dal giudice di appello in ordine al suo reclamo avverso la statuizione del Tribunale che non si era pronunciato sulla sua situazione di rifugiato per difetto di giurisdizione; anche a non rilevare che la impugnazione è priva di autosufficienza in ordine alla deduzione su cui lamenta la mancata decisione della Corte di merito, la censura non colpisce l’unica ratio decidendi della Corte pugliese, che esclude il riconoscimento del richiamato stato, per non essersi allegate dall’istante le specifiche condizioni personali che lo possano qualificare come perseguitato, al quale quindi necessita la protezione.

Il contesto del paese di origine alla data in cui egli lo ha lasciato e l’eventuale situazione di guerra civile in corso all’epoca, da soli, non rendono possibile il riconoscimento dello statua risultando irrilevante l’affermazione del Tribunale sulle dette notorie vicende del paese d’origine del ricorrente oggetto di reclamo, dovendo lo stesso pronunciarsi solo sulla validità o nullità della decisione della Commissione impugnata dinanzi ad esso, in rapporto alle condizioni soggettive del reclamante e alla situazione oggettiva del paese da cui esso proveniva; il mancato chiarimento sulla condizione personale del ricorrente, neppure allegata in atti in questa sede, osta al riconoscimento negato nel merito (Cass. n. 26056/2010).

Il secondo motivo di ricorso è inammissibile, puntando sempre ed unicamente sullo stato del paese di provenienza invece che sulla situazione soggettiva del ricorrente, al quale la Corte di merito non ha potuto attribuire il riconoscimento, non avendo elementi di fatto allegati o dedotti sulla situazione personale da valutare nel contesto generale del paese di origine che, anche nel ricorso di cassazione, come in sede di merito, il ricorrente ritiene essere l’unico rilevante, mentre è palese nella disciplina sia interna che comunitaria, oltre che in rapporto alla previsione costituzionale di tutela dello stato di rifugiato, che lo stesso è comunque personale e può emergere solo dagli elementi almeno allegati, anche se non provati, dal richiedente, ovviamente valutati in rapporto al paese di origine dello stesso e alla situazione di quest’ultimo.

Il ricorso deve quindi rigettarsi e nulla deve disporsi per le spese, non essendosi costituiti gli intimati.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile della Cassazione, il 18 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2011

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