Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12848 del 06/06/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 12848 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: BARRECA GIUSEPPINA LUCIANA

ORDINANZA
sul ricorso 19445-2012 proposto da:
BOSCUTTI LUCIANA (BSCLCN43C45L483R) elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14, presso lo studio
dell’avvocato PAFUNDI GABRIELE, rappresentata e difesa
dall’avvocato LUCCHESI GIANCARLO, giusta procura speciale a
margine del ricorso;
– ricorrente contro
DITTA GEOMETRIE E PARQUET DI MARCO ORSO,
CHITTARO BRUNO & C. SAS,
TOSONE ELISA,
EQUITALIA FVG SPA DI UDINE Agente della Riscossione della
provincia di Udine,
BELTRAME PAOLA,

Data pubblicazione: 06/06/2014

TM SRL;

intimate

avverso la sentenza n. 204/2012 del TRIBUNALE di UDINE del
23.1.2012, depositata il 17/02/2012;

07/05/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPINA LUCIANA
BARRECA.
Premesso in fatto.
E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
<< 1.- Con la sentenza impugnata il Tribunale di Udine ha rigettato l'opposizione agli atti esecutivi proposta da Luciana Boscutti nell'esecuzione immobiliare n. 178/06 R.G.E. del Tribunale di Udine, intrapresa nei suoi confronti da Marco Orso, quale titolare della ditta indicata in epigrafe, nella quale sono intervenuti i creditori Chittaro Bruno e C. s.a.s., Elisa Tosone, Paola Beltrame, Equitalia Udine s.p.a. e T.M. s.r.l. Il ricorso è proposto con quattro motivi. Gli intimati non si sono difesi. 1.1.- Col primo motivo è dedotta violazione di nonne di legge, specificamente dell'art. 629 cod. proc. civ., in tema di rinuncia agli atti esecutivi da parte del creditore procedente. La ricorrente censura l'affermazione della sentenza impugnata secondó cui la rinuncia del creditore procedente avrebbe avuto ad oggetto soltanto uno dei beni pignorati e non l'intero processo esecutivo. Precisa che <>.
Il motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366 n. 6 cod. proc. civ.,
poiché non riporta in ricorso il contenuto dell’atto di rinuncia o la parte di esso
su cui il motivo è fondato.
2.- Col secondo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione di nonne di
legge, specificamente dell’art. 181 disp. att. e 601 cod. proc. civ., perché la
sentenza impugnata avrebbe ritenuto corretto l’operato del giudice
dell’esecuzione, che, anziché procedere ad autonoma stima del bene pignorato,
con affidamento del compito ad un esperto, si è avvalso della stima effettuata
nel distinto giudizio di scioglimento della comunione, che aveva avuto ad
oggetto lo stesso bene, unitamente ad altri (facenti parte del compendio
ereditario, che in quel giudizio era stato diviso). Secondo la ricorrente, la
valutazione del bene, così desunta, sarebbe stata inadeguata, comunque
inferiore al valore di mercato, perché la stima relativa era stata compiuta a fini
diversi da quelli dell’esecuzione coattiva. In ogni caso, il processo esecutivo si
sarebbe svolto in violazione dell’art. 601 cod. proc. civ., poiché non sarebbe
stato sospeso in attesa della sentenza definitiva conclusiva del separato giudizio
di divisione.
Ric. 2012 n. 19445 sez. M3 – ud. 07-05-2014
-2-

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

2.1. Col terzo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 617
cod. proc. civ., con riferimento alla decorrenza del termine per proporre
l’opposizione agli atti esecutivi. La ricorrente critica la sentenza che ha fissato
il dies a quo nella data del 6 luglio 2007, in cui venne emessa l’ordinanza di
vendita, con conseguente declaratoria di tardività dell’opposizione, qualificata
come opposizione agli atti esecutivi, proposta con ricorso dell’8 maggio 2008.
Secondo la ricorrente, ella avrebbe avuto contezza dell’ordinanza di vendita
soltanto in data 3 maggio 2008, quando avrebbe avuto accesso agli atti del
processo esecutivo, dopo la pronuncia dell’ordinanza con la quale era stata
rigettata la sua richiesta di sospensione del processo esecutivo, avanzata nel
presupposto del mancato esperimento del beneficium excussionis (di cui
appresso). Aggiunge che avrebbe dato la prova di aver avuto conoscenza di
fatto dell’ordinanza di vendita soltanto alla data predetta (3 maggio 2008).
3. I motivi, che vanno esaminati congiuntamente, non sono meritevoli di
accoglimento, essendo manifestamente infondato il terzo e, di conseguenza,
inammissibile il secondo.
E’ corretta la sentenza impugnata nella parte in cui ha qualificato come
opposizione agli atti esecutivi la doglianza dell’esecutata concernente il preteso
errore procedurale quanto alle modalità di stima del bene pignorato e, quindi,
l’erroneità della stima medesima. Peraltro, siffatta qualificazione
dell’opposizione come riconducibile all’art. 617 cod. proc. civ. nemmeno
risulta censurata.
Parimenti corretta è l’affermazione del giudice a quo secondo cui l’atto
impugnabile col rimedio dell’opposizione ex art. 617 cod. proc. civ. è, in tal
caso, l’ordinanza di vendita, nella quale sia confluita la valutazione che si
assume erronea e/o illegittima.
Infatti, anche l’atto interno ad una fase del processo esecutivo può essere
oggetto di un’opposizione esecutiva quando abbia potenzialità lesiva degli
interessi di una parte (cfr. Cass. S.U. n. 797/99, nonché, tra le altre, Cass. n.
16799/08); in particolare, l’ordinanza di autorizzazione alla vendita è
autonomamente opponibile per vizi suoi propri o di atti preparatori pregressi
(come nel caso in cui si lamenti, come lamenta l’odierna ricorrente,
l’incongruità del prezzo base ivi fissato sulla base della stima dell’esperto
nominato dal giudice dell’esecuzione).
Peraltro, se è vero che la parte opponente, in specie il debitore esecutato, che
non abbia avuto legale conoscenza dell’atto presupposto, può proporre
l’opposizione avverso l’atto successivo (cfr. Cass. n. 10099/09, n. 11597/10),
decorrendo, in tale caso, il termine per l’opposizione dalla conoscenza dell’atto
successivo che necessariamente presuppone l’atto viziato (cfr. Cass. n.
10841/01, n. 15222/05, n. 252/08 ed altre); va per contro ribadito che, in tale
eventualità, l’opponente, qualora assuma che l’atto presupposto degli altri (nella
specie, l’ordinanza dispositiva della vendita immobiliare), non gli sia stato
debitamente notificato, dovrà allegare e dimostrare quando è venuto a
conoscenza dell’atto presupposto nullo (cioè della sua mancata comunicazione
e, quindi, della relativa nullità) e di quelli conseguenti, ivi compreso l’ultimo
(cfr. Cass. n. 6487/10).
Nel caso di specie, non è contestato che l’ordinanza di vendita sia stata emessa
all’udienza dell’8 febbraio 2008 e che il ricorso che ha dato inizio al presente
giudizio sia stato proposto in data 8 maggio 2008.

Ric. 2012 n. 19445 sez. M3 – ud. 07-05-2014
-3-

L’assunto della ricorrente secondo cui avrebbe avuto conoscenza, peraltro di
fatto e non legale, dell’ordinanza di vendita soltanto in data 3 maggio 2008,
oltre a non essere riscontrato da alcun elemento allegato dalla stessa opponente
e ribadito in ricorso, è pure clamorosamente smentito dalla constatazione
contenuta nella sentenza impugnata secondo cui l’ordinanza di vendita dell’8
febbraio 2008 era stata già oggetto di altra, distinta, opposizione proposta dalla
stessa esecutata, Luciana Boscutti, con ricorso del 18 marzo 2008. A tutto ciò
nemmeno un cenno è fatto in ricorso.
Va quindi proposto il rigetto del terzo motivo.
3.1. Conseguentemente inammissibile per carenza d’interesse risulta essere il
secondo motivo, che riguarda il merito della stessa opposizione agli atti
esecutivi, che il Tribunale ha dichiarato inammissibile, con statuizione appena
ritenuta immune da qualsivoglia censura.
4. Col quarto motivo, la ricorrente lamenta omessa pronuncia su un “punto
decisivo della controversia”, specificamente sul mancato rispetto del beneficio
della preventiva escussione del patrimonio della Technedil s.a.s., società di cui
la Boscutti era accomandataria, e dei cui debiti la Boscutti avrebbe potuto
essere chiamata a rispondere soltanto dopo l’escussione del patrimonio sociale,
ai sensi dell’art. 2304 cod. proc. civ.
Il motivo presenta un duplice profilo di inammissibilità.
Per un verso, ed a prescindere dal fatto che il vizio di omessa pronuncia risulta
denunciato con riferimento ad un “fatto” e non ad una domanda, non risulta
affatto dal ricorso, né dalla sentenza, che il corrispondente motivo di
opposizione fosse stato proposto già dinanzi al giudice di merito e quindi che
questi sia incorso nel vizio di omessa pronuncia, che in tanto è configurabile in
quanto il ricorrente deduca e dimostri di aver proposto nei precedenti gradi la
domanda sulla quale il giudice a quo non si sarebbe affatto pronunciato.
Per altro verso, si sarebbe trattato comunque di motivo di opposizione
riconducibile alla norma dell’art. 615 cod. proc. civ. (cfr. Cass. n. 15036/05,
nonché di recente Cass. n: 23749/11, secondo cui l’opposizione del socio di
società di persone illimitatamente responsabile avverso il precetto notificatogli
dal creditore sociale sulla base del titolo esecutivo giudiziale formatosi nei
confronti della società, con la quale si fa valere la mancata osservanza dell’art.
2304 cod. civ., si configura come opposizione all’esecuzione, in quanto attiene
ad una condizione dell’azione esecutiva nei confronti del socio, e, quindi, al
diritto del creditore sociale di agire esecutivamente ai danni di quest’ultimo). Il
Tribunale di Udine avrebbe omesso di pronunciarsi su un’opposizione
all’esecuzione: quindi, il vizio della sentenza si sarebbe dovuto far valere con
l’appello ai sensi dell’art. 616 cod. proc. civ., nel testo attualmente vigente,
essendo stata la sentenza impugnata pubblicata il 17 febbraio 2012 (cfr. Cass.
ord. n. 17321/11, secondo cui le sentenze che abbiano deciso opposizioni
all’esecuzione pubblicate prima del primo marzo 2006, restano esclusivamente
appellabili; per quelle, invece, pubblicate successivamente a tale data e fino al 4
luglio 2009, non è più ammissibile l’appello, in forza dell’ultimo periodo
dell’art. 616 cod. proc. civ., introdotto dalla legge 24 febbraio 2006, n. 52, con
la conseguenza dell’esclusiva ricorribilità per cassazione ai sensi dell’art. 111,
settimo comma, Cost.; le sentenze, infine, in cui il giudizio di primo grado sia
ancora pendente al 4 luglio 2009, e siano quindi pubblicate successivamente a
tale data, tornano ad essere appellabili, essendo stato soppresso l’ultimo periodo

Ric. 2012 n. 19445 sez. M3 – ud. 07-05-2014
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dell’art. 616 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 49, secondo comma, della legge 18
giugno 2009, n. 69; principio affermato ai sensi dell’art. 360 bis, n. 1, cod. proc.
civ.).
In conclusione si propone che il ricorso sia rigettato.>>.

La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai
difensori.

Ritenuto in diritto.
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio,
il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella
relazione.
Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato.
Poiché gli intimati non si sono difesi, non vi è luogo a provvedere sulle
spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, il giorno 7 maggio 2014, nella camera di
consiglio della sesta sezione civile — 3 della Corte suprema di
cassazione.

Non sono state presentate conclusioni scritte.

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