Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12846 del 06/06/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 12846 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: BARRECA GIUSEPPINA LUCIANA

ORDINANZA
sul ricorso 17531-2012 proposto da:
REALE GILDA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRATILO
DI ATENE 31, presso lo studio dell’avvocato VIZZONE
DOMENICO, rappresentata e difesa dall’avvocato FUSARO
ANTONIO GIOVANNI, giusta mandato a margine del ricorso;
– ricorrente contro
CONVERSO LUCIANO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
VICOLO MAZZARINO 14/16, presso lo studio dell’avvocato
D’AGOSTINO ROSA MARIA, rappresentato e difeso dall’avvocato
FABBRICATORE TERESA, giusta mandato a margine del
controricorso;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 06/06/2014

avverso la sentenza n. 582/2011 della CORTE D’APPELLO di
CATANZARO del 24.5.2011, depositata il 23/01/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
07/05/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPINA LUCIANA
BARRECA;

delega avv. Teresa Fabbricatore) che si riporta agli scritti.
Premesso in fatto
E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
<<1. Con la sentenza impugnata la Corte d'Appello di Catanzaro ha dichiarato inammissibile l'appello poiché proposto avverso un'ordinanza emessa dal Tribunale di Catanzaro ai sensi dell'art. 665 cod. proc. civ.. - Il ricorso è proposto con due motivi. Resiste con controricorso l'intimato. Preliminarmente, vanno disattese le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate da quest'ultimo, atteso -quanto alla pretesa tardività dell'impugnazione- che il ricorso è stato trasmesso per la notificazione il 19 giugno 2012, quindi nei sessanta giorni dal 20 aprile 2012, data di notificazione della sentenza e —quanto alla pretesa invalidità della procura speciale- che questa risulta apposta a margine del ricorso, sicché non ne può essere revocata in dubbio la riferibilità al presente giudizio. 2. Col primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell'art. 360 n. 3 e n. 5 cod. proc. civ., la violazione di legge in relazione al combinato disposto degli artt. 112, 657 e 665 cod. proc. civ. - La ricorrente lamenta che il giudice d'appello avrebbe erroneamente qualificato come ordinanza di rilascio ex art. 665 cod. proc. civ., quella che avrebbe dovuto invece qualificare come sentenza, in ragione dei seguenti elementi: a) essere stato il provvedimento emesso in carenza dei presupposti di legge, perché relativo ad un contratto di locazione oramai risolto; b) essere stato convalidato lo sfratto nonostante l'opposizione dell'intimata, avendo il giudice disposto il mutamento di rito soltanto per determinare l'importo dei canoni; c) essere stato emessa l'ordinanza di rilascio in mancanza di apposita istanza di parte. 2.1. Il motivo è manifestamente infondato. - La Corte d'Appello ha rilevato che il Tribunale ha correttamente qualificato il provvedimento ed ha richiamato le norme degli artt. 665 e seg. cod. proc. civ.; che nel caso di specie vi è stata richiesta di parte <>;che manca nel caso di specie
«ogni possibilità di attribuire all’ordinanza in esame il valore di sentenza>>.
Gli elementi che la ricorrente adduce, onde censurare quest’ultima conclusione,
risultano del tutto inidonei allo scopo: a) l’avvenuta risoluzione del contratto di
locazione non è un dato accertato tra le parti, ma integra proprio quelle tra le
eccezioni della conduttrice, da intendersi riservate all’esito del giudizio a
cognizione piena; b) l’affermazione della ricorrente secondo cui con
l’ordinanza il giudice avrebbe oramai definitivamente deciso in merito a tali
eccezioni, tanto da avere rinviato al merito soltanto per la quantificazione dei
canoni dovuti, urta contro la struttura del procedimento speciale per convalida
di sfratto e contro i principi, più volte affermati dalla giurisprudenza, e
richiamati nel controricorso, in forza dei quali è da escludere che l’ordinanza di
convalida sia idonea al giudicato, trattandosi di pronuncia provvisoria, che
rimette alla decisione di merito la definizione del contrasto intorno alle
contrapposte ragioni delle parti e non è perciò idonea a pregiudicare le stesse in
via definitiva (cfr. Cass. 12474/99, nonché -sotto altro profilo- Cass. n.
15525/06); c) l’assunto della ricorrente, secondo cui non vi sarebbe stata
l’istanza di ordinanza di rilascio ex art. 665 cod. proc. civ. è smentito dalla
sentenza impugnata e contestato col controricorso.
Peraltro, con riguardo a tale ultima questione, è sufficiente ribadire che
l’illegittimità dell’ordinanza di rilascio ex art. 665 cod. proc. civ. perché emessa
in assenza di specifica istanza da parte del locatore, non può essere prospettata
con l’appello, bensì nel giudizio di primo grado a cognizione piena, unitamente
alle altre eccezioni, sollevate con l’opposizione allo sfratto (cfr. Cass. n.
15363/00).
Quanto invece alla questione decisa dalla Corte d’Appello, è sufficiente
richiamare il principio di diritto più volte espresso da questa Corte per il quale
anche dopo l’entrata in vigore della legge 27 luglio 1978 n. 392, che non ha
abrogato le norme del codice di rito sul procedimento per convalida di sfratto,
sia il provvedimento di convalida ex art. 663 cod. proc. civ., sia quello di
rilascio ex art. 665 cod. proc. civ., assumono forma e natura di ordinanze non
impugnabili, avverso le quali è ammissibile esclusivamente, nel primo caso,
l’opposizione tardiva di cui all’art.668 dello stesso codice, allorché l’intimato
provi di non aver avuto piena conoscenza dell’intimazione per irregolarità della
notifica, per caso fortuito o forza maggiore. Ove peraltro tali provvedimenti
siano stati emessi al di fuori delle condizioni previste dalla legge, assumono
natura sostanzialmente decisoria e di sentenza, sicché sono impugnabili con
l’appello (Cass. n. 9375/95 e numerose altre conformi successive).
Poiché nel caso di specie, non risulta affatto che l’ordinanza di rilascio sia stata
emessa al di fuori delle condizioni speciali di ammissibilità di cui all’art. 665
cod. proc. civ., va proposto il rigetto del primo motivo di ricorso.
3. Resta assorbito il secondo motivo di ricorso, relativo al merito della
controversia (specificamente alle eccezioni della conduttrice), su cui, essendo

Ric. 2012 n. 17531 sez. M3 – ud. 07-05-2014
-3-

«

sottratto il suo sindacato, in ragione dell’inammissibilità del gravame,
correttamente la Corte d’Appello ha omesso di pronunciarsi.»
La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai

difensori.
Non sono state presentate conclusioni scritte. Parte ricorrente ha

Ritenuto in diritto
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio,

il Collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella
relazione.
In merito alle deduzioni svolte nella memoria, occorre ribadire che il
principio di diritto evocato dalla ricorrente, espresso nella sentenza
Cass. n. 6267/83 e nelle altre successive conformi citate (C. 295/85;
3026/85; 4096/88; 9375/95; 2614/97; 4366/97; 11494/00; 17151/02),
in base al quale l’ordinanza di convalida dello sfratto per morosità
emessa nonostante l’opposizione dell’intimato, contenendo
implicitamente il rigetto della detta opposizione, ha valore di sentenza
suscettibile di impugnazione attraverso gli ordinari mezzi e, quindi, con
appello, trattandosi di provvedimento pronunciato in primo grado, è
inconferente in relazione al caso di specie; lo stesso, infatti, trova
applicazione esclusivamente alle ordinanze di convalida di sfratto, e,
pertanto, non anche alle ordinanze di rilascio con riserva delle
eccezioni.
Sull’impugnabilità delle ordinanze di rilascio ex art. 665 c.pc., va
rilevato che, per le ragioni espresse nella relazione, in particolare
quanto alla struttura del procedimento sommario nell’ambito del quale
viene adottata, tale provvedimento non è suscettibile di impugnazione
in quanto non risolve in via definitiva contestazioni intorno ai diritti
soggettivi e non è conseguentemente idoneo a passare in giudicato,
Ric. 2012 n. 17531 sez. M3 – ud. 07-05-2014
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depositato memoria.

mentre l’esigenza di un suo tempestivo e necessario controllo viene
soddisfatta mediante riscontro della legittimità della pretesa fatta valere
nella successiva fase di merito (cfr. Cass. n. 16630/08 che, sia pure con
riferimento al rimedio del ricorso straordinario per cassazione, ha
affermato che <<... l' ordinaika di rilascio con riserva delle ecceioni di cui dell'immobile possono essere rimessi in discussione tutti i fatti che si assume siano stati trascurati dal giudice dell'ordinarka >>.,cfr. anche Cass. nn. 5088/96,
6664/97, 12474/99, n. 20905/04).
Poiché il Giudice nell’ordinanza di rilascio avrebbe, secondo la
ricorrente, rigettato le eccezioni da lei sollevate ed avrebbe riservato
alla fase di merito soltanto la determinazione dei canoni dovuti, la
stessa ricorrente sostiene che “il Tribunale è vincolato a un
accertamento circoscritto alla determinazione dei canoni
eventualmente dovuti dal conduttore”.
L’assunto è privo di pregio: l’ordinanza di rilascio non è equiparabile
ad una sentenza e, pertanto, quanto in essa affermato non assume
carattere di irrevocabilità né, come detto, è idoneo al giudicato;
l’odierna ricorrente potrà, pertanto, nella fase di merito, riproporre le
eccezioni fatte valere nella fase sommaria, la cui risoluzione peraltro è,
per legge, riservata al merito; eventualmente, potrà provvedere anche
ad emendare ovvero a modificare domande ed eccezioni.
Al riguardo, giova sottolineare che, avendo superato un precedente,
parzialmente contrario, orientamento, la giurisprudenza di questa
Corte è oggi nel senso che nel procedimento per convalida di (licenza
o) sfratto, l’opposizione dell’intimato dà luogo alla trasformazione in
un processo di cognizione, destinato a svolgersi nelle forme di cui
all’art. 447-bis cod. proc. civ., con la conseguenza che, non essendo
Ric. 2012 n. 17531 sez. M3 – ud. 07-05-2014
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all’art. 665 cod. proc. civ., … non definisce la causa, perché nel giudkio sul rilascio

previsti specifici contenuti degli atti introduttivi del giudizio, il thema
decidendum risulta cristallizzato solo in virtù della combinazione degli
atti della fase sommaria e delle memorie integrative di cui all’art. 426
cod. proc. civ., potendo, pertanto, l’originario intimante, in occasione
di tale incombente, non solo emendare le sue domande, ma anche

dalla controparte (così, da ultimo, Cass. n. 12247/13); spettando,
peraltro, analoghi poteri all’originario intimato, quanto alle eccezioni e
alle domande riconvenzionali.
L’eventuale omessa pronuncia su domande od eccezioni, risultanti
dalla combinazione degli atti della fase sommaria e delle memorie
integrative, potrà pertanto essere fatta valere proponendo appello
avverso la sentenza che chiude la fase di merito.
Il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in
favore del resistente, delle spese del giudizio di cassazione,
complessivamente liquidate in € 5.200,00, di cui € 200,00 per esbori,
oltre rimborso spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il giorno 7 maggio 2014, nella camera di
consiglio della sesta sezione civile — 3 della Corte suprema di
cassazione.

modificarle, soprattutto se in evidente dipendenza dalle difese svolte

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