Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12844 del 21/06/2016

Cassazione civile sez. VI, 21/06/2016, (ud. 14/04/2016, dep. 21/06/2016), n.12844

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9986/2015 proposto da:

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE N. 76, presso lo studio dell’avvocato TOMMASO ACCONCIA,

che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI BORGOSATOLLO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2963/2014 del TRIBUNALE di BRESCIA, depositata

il 02/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIETTA SCRIMA.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1. C.A., premesso che in data 9 luglio 2011 gli era stato notificato verbale di contestazione e sequestro per aver lasciato in sosta su suolo pubblico un veicolo di sua proprietà, privo di copertura assicurativa per la responsabilità civile verso terzi, che era stata presentata da lui e dalla moglie, rispettivamente in data 17 e 18 luglio 2011, denuncia di furto di tale veicolo da parte di ignoti che avevano approfittato dell’assenza dei predetti, in quanto l’uno ristretto presso una casa circondariale e l’altra all’estero (ovvero a Genova, come dedotto in ricorso), che l’istanza di dissequestro era stata rigettata dal Comune, che il Giudice di pace di Brescia, con sentenza depositata il 22 febbraio 2012, in accoglimento del ricorso da lui proposto, aveva annullato il provvedimento di sequestro, che pertanto gli era stata riconsegnata la carta di circolazione ed aveva pagato Euro 1.399,99 per le spese di custodia del veicolo, conveniva in giudizio, dinanzi al Giudice di Pace di Brescia, il Comune di Borgosatollo e il Comando della Polizia locale di quel Comune, chiedendone la condanna all’integrale rimborso dell’importo già indicato.

Il giudice adito, con sentenza dell’11 aprile 2013 “respingeva la domanda attorea nei termini proposti e dichiarava dovuto per i fatti di cui è causa un indennizzo di 700,00 Euro”.

2. L’appello proposto dal C. avverso tale sentenza veniva rigettato dal Tribunale di Brescia, con sentenza pubblicata il 2 ottobre 2014.

3. Avverso la sentenza di secondo grado C.A. ha proposto ricorso per cassazione, basato su un unico motivo.

Il Comune di Borgosatollo non ha svolto attività difensiva in questa sede.

4. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in Camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto appare destinato ad essere dichiarato inammissibile.

5. Con l’unico motivo di ricorso, lamentando “violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione”, il ricorrente censura la sentenza impugnata per non aver il Tribunale accertato nè preso in esame il fatto che egli aveva presentato nel termine di dieci giorni istanza di dissequestro con allegata dichiarazione di assunzione in carico del predetto veicolo sicchè, a suo avviso, la decisione di affidare la custodia a soggetto terzo era stata arbitrariamente assunta dagli agenti della polizia locale.

5.1. Come è noto il D.L. 22 giugno 2012, n. 83 (“decreto sviluppo”), convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, ha introdotto, con l’art. 54, una duplice modifica alla disciplina del ricorso per cassazione e al catalogo dei motivi dell’impugnazione di legittimità.

La prima consiste in una nuova versione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in base alla quale una sentenza può essere impugnata per cassazione “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

La seconda consiste nell’esclusione della possibilità di ricorrere ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in caso di “sentenza d’appello che conferma la decisione di primo grado” (nell’uso corrente, cd.

“doppia conforme”).

Le Sezioni Unite della Corte, con le sentenze nn. 8054 e 8053 del 7/04/2014 hanno già rilevato, in motivazione, “la non felice collocazione topografica”, tra le norme preposte alla regolamentazione dell’appello, della disposizione di cui all’art. 348-

ter c.p.c., u.c., volta a regolamentare non il giudizio di appello, bensì le condizioni (e i limiti) di ricorribilità per cassazione avverso una sentenza d’appello, “che avrebbe avuto forse maggior senso prevedere come comma aggiuntivo all’art. 360 c.p.c.”.

Con l’inserimento, nel codice di rito, dell’art. 348-ter, commi 4 e 5, il catalogo dei vizi deducibili con il ricorso per cassazione è stato ridotto, per le sentenze d’appello che confermino la decisione di primo grado per le stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione appellata (“doppia conforme”), ai soli motivi previsti dell’art. 360 c.p.c., nn. 1, 2, 3 e 4, con esclusione, quindi, del motivo previsto al n. 5 (“per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”).

Va, peraltro, aggiunto, come già affermato da questa Corte, che “la soppressione del controllo di legittimità in caso di c.d. doppia conforme su questioni di fatto, risulta funzionale all’obiettivo dell’accelerazione dei tempi di definizione della controversia, immutate restando le garanzie costituzionali di base del diritto di azione”; “tale ratio è del tutto condivisibile e conforme al principio costituzionale di effettività della tutela del diritto mediante l’azione in giudizio, in quanto, conclamato essendo il carattere limitato delle risorse destinabili dall’ordinamento alla domanda di giustizia, sovente esasperata nell’attuale contesto storico, quella stessa effettività è garantita soltanto merce l’oculata e razionale gestione di quelle risorse e la loro attivazione con adeguato coinvolgimento dell’interessato” (Cass., ord., 11/12/2014, n. 26097).

Inoltre va sottolineato che solo il ricorso per cassazione per violazione di legge è assistito da garanzia costituzionale (art. 111 Cost.).

Deve poi precisarsi che le predette due novelle al codice di rito, pur introdotte dalla medesima fonte normativa, si differenziano quanto al discrimine temporale per l’efficacia della modifica legislativa e dei limiti alla ricorribilità in cassazione.

L’entrata in vigore della nuova versione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, è disciplinata dalla citata L. n. 134 del 2012, art. 54, comma 3, che così stabilisce: “la disposizione di cui al comma 1, lett. b) quella che ha modificato dell’art. 360, n. 5, si applica alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”, e, quindi, alle sentenze pubblicate a decorrere dall’11 settembre 2012.

L’esclusione dell’impugnazione, per il vizio previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, della sentenza “doppia conforme” è disciplinata, invece, dell’art. 54 cit., dal comma 2, a mente del quale la predetta modifica si applica “ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”.

Ne consegue che il discrimine temporale è sempre il trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della Legge di conversioNe del citato Decreto n. 134 (11 settembre 2012) ma diverso è l’atto processuale da prendere in considerazione ai fini della verifica del regime impugnatorio applicabile ratione temporis.

Per l’entrata in vigore del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ciò che rileva è la pubblicazione della sentenza impugnata; per l’esclusione della ricorribilità ex art. 360 c.p.c., n. 5, ciò che rileva è, invece, la data del deposito del ricorso, per i giudizi di gravame introdotti con ricorso, ovvero la data di richiesta della notificazione della citazione in appello, per il gravame introdotto con citazione (Cass., sez. un, 7/04/2014, nn. 8054 e 8053; Cass., sez. un., 22/05/2014, n. 11309; Cass. 22/12/2014, n. 27181, Cass. 10/03/2014, n. 5528; Cass., ord., 20/01/2015, n. 902).

Essendo stata la sentenza di primo grado pubblicata in data 11 aprile 2013, la richiesta di notifica dell’atto di appello non può che essere successiva a tale data e, pertanto, è applicabile, ratione temporis, l’art. 348-ter c.p.c., u.c., al ricorso in esame.

Ai sensi della norma appena richiamata, il ricorrente, per evitare la delibazione di inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, avrebbe dovuto indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrandone la diversità (cfr., da ultimo, Cass. 14416/2015; Cass. 10/03/2014, n. 5528), ma di tanto non si è espressamente fatto carico il ricorrente, con conseguente inammissibilità del ricorso.

6. Per completezza si evidenzia che il ricorso presenta un ulteriore profilo di inammissibilità, per difetto di autosufficienza e violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, non avendo il ricorrente riportato in ricorso il tenore letterale dell’istanza di dissequestro e della dichiarazione che si assume ad essa allegata, su cui si fonda l’unico motivo, nè ha precisato quando tale documentazione è stata prodotta nel giudizio di merito (Cass., sez. un., ord., 25.3.2010, n. 7161; Cass., ord., 29/03/2009, n. 2053 e 30/08/2015, n. 16134), pur avendo indicato tali atti tra gli allegati del ricorso”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio, preso atto che non sono state depositate memorie e rilevata la sussistenza di una ulteriore ragione di inammissibilità del ricorso, per mancato deposito dell’A.R. relativo al procedimento notificatorio del ricorso a mezzo del servizio postale, e, quindi, per mancata rituale instaurazione del contraddittorio (v., ex Cass., sez. un., 14 gennaio 2008, n. 627;

Cass. 24 giugno 2011, n. 13923; Cass. ord., 8 novembre 2012, n. 19387), ritiene di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella sopra riportata relazione.

2. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.

3. Non vi è luogo a provvedere per le spese, non avendo il Comune di Borgosatollo svolto attività difensiva in questa sede.

4. Pur essendo stato il ricorso per cassazione proposto dopo l’entrata in vigore del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 e nonostante la definizione in rito, negativa per il C., dell’impugnazione, il ricorrente, essendo stato ammesso al gratuito patrocinio, risulta esente dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-

bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 14 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2016

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