Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12842 del 26/06/2020

Cassazione civile sez. lav., 26/06/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 26/06/2020), n.12842

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 831/2016 proposto da:

S.G.L.T., L.T.C.,

L.A., L.S., quali eredi di L.G., tutti

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SABOTINO N. 12, presso lo

studio dell’avvocato GRAZIANO PUNGI’, rappresentati e difesi dagli

avvocati DOMENICO POERIO RITA CICIARELLO;

– ricorrenti –

contro

AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI CATANZARO, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CARLO POMA n. 2, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO ANNIBALE

LAROCCA, rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE IANNELLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 554/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata l’11/06/2015 R.G.N. 1026/2009.

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’Appello di Catanzaro, adita dagli attuali ricorrenti in qualità di eredi di L.G., ex medico condotto dipendente dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro, ha riformato la sentenza del Tribunale della stessa sede in punto di giurisdizione, dichiarandola anche per la parte del rapporto anteriore al 30 giugno 1998, ed ha rigettato nella sua interezza la domanda (già ritenuta infondata dal giudice di prime cure quanto al periodo successivo alla data sopra indicata), volta ad ottenere la condanna dell’Azienda al pagamento della somma di Euro 31.715,70, richiesta a titolo di Retribuzione Individuale di Anzianità;

2. la Corte territoriale ha motivato la decisione richiamando la giurisprudenza amministrativa e di questa Corte formatasi sul carattere onnicomprensivo del trattamento economico previsto dalla contrattazione collettiva succedutasi nel tempo in favore degli ex medici condotti che non avessero optato per il rapporto esclusivo con la ASL, mantenendo anche quello convenzionale per la medicina generale;

3. per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso S.G.L.T., L.T.C., L.A. e L.S. sulla base di tre motivi, ai quali l’Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. a seguito della fissazione dell’adunanza camerale i ricorrenti hanno notificato e depositato atto di rinuncia al ricorso ex art. 390 c.p.c., ed hanno rappresentato il sopravvenuto difetto di interesse alla prosecuzione dell’azione perchè, a loro dire, il diritto sarebbe stato riconosciuto dal Ministero della Salute con atto n. 33324 del 16/6/2017, al quale ha fatto seguito lo stanziamento, disposto con la Legge di Bilancio n. 205 del 2017, delle somme necessarie per ottemperare alla sentenza del Consiglio di Stato n. 2537/2004;

2. l’Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro ha depositato dichiarazione di non accettazione della rinuncia, rappresentando che, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, “la previsione della legge citata dalle controparti non comporta per la ASP di Catanzaro alcun riconoscimento e, quindi, cessazione della materia del contendere”;

3. deve essere dichiarata l’estinzione del processo ex art. 391 c.p.c., perchè la rinuncia al ricorso per cassazione produce effetti processuali anche in assenza di accettazione, in quanto tale atto, determinando il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, comporta il venir meno dell’interesse a contrastare l’impugnazione (cfr. fra le tante Cass. n. 11033/2019, Cass. n. 9611/2016, Cass. n. 3971/2015);

4. non può, invece, essere dichiarata l’intervenuta cessazione della materia del contendere, che comporta la perdita di efficacia della sentenza impugnata, perchè la stessa si determina solo qualora “le parti di una controversia danno atto, davanti al giudice dinanzi al quale essa pende, di avere raggiunto la sua composizione con un accordo negoziale, che con la sua efficacia e nella loro congiunta prospettazione rende non più necessario l’intervento della decisione del giudice investito della controversia, essendo venuto meno il bisogno di tutela giurisdizionale in ragione della sistemazione data alla lite dall’accordo” (Cass. S.U. n. 8980/2018);

5. si deve poi escludere che la L. n. 205 del 2017, art. 1, comma 456, costituisca una sorta di transazione normativa del contenzioso in atto (per un’ipotesi di tal tipo si rimanda a Cass. S.U. n. 19164/2017 che ha interpretato la L. n. 240 del 2010, art. 26, comma 3), sia perchè la disposizione non fa cenno ai giudizi pendenti, sia in quanto la stessa, come già affermato da questa Corte (Cass. nn. 14802 e 29625 del 2019), non ha nè riconosciuto il diritto degli ex medici condotti a percepire l’emolumento del quale qui si discute, nè impegnato le amministrazioni a liquidare l’indennità stessa con efficacia retroattiva, essendosi limitata a prevedere uno stanziamento di somme, da ripartire secondo criteri che il Ministero della Salute avrebbe dovuto individuare con finalità perequative e che, allo stato, non risultano precisati;

6. l’accettazione rileva, ex art. 391 c.p.c., comma 4, solo ai fini del regolamento delle spese ed impedisce alla Corte di condannare, ai sensi del comma 2 della norma richiamata, al pagamento delle stesse la parte che ha dato causa al processo;

7. nel caso di specie, peraltro, stante la facoltatività della condanna del rinunciante, il Collegio ritiene che debba essere disposta l’integrale compensazione, in ragione del comportamento processuale e della complessità delle questioni dedotte nel ricorso;

8. la disposta compensazione esime il Collegio dall’esaminare l’eccezione di tardività del controricorso, che rileva ai fini della quantificazione delle spese qualora le stesse vengano poste a carico del ricorrente (cfr. fra le tante Cass. n. 21105/2018);

9. non sussistono le condizioni processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, perchè la norma si applica nei soli casi, tipici, di rigetto dell’impugnazione e di dichiarazione di inammissibilità o di improcedibilità e, trattandosi di misura eccezionale lato sensu sanzionatoria non è suscettibile di interpretazione estensiva o analogica.

PQM

La Corte dichiara estinto il processo e compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2020

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