Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12842 del 06/06/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 12842 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: AMENDOLA ADELAIDE

ORDINANZA
sul ricorso 3644-2012 proposto da:
MENEGONI MARIA MNGMRA28R67Z118Z) elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA R. PIRIA 9, presso lo studio dell’avvocato
SEGNALINI FRANCO, rappresentata e difesa dall’avvocato
SERRATORE GIANFRANCO, giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente contro
ITALCEMENTI SPA in persona del procuratore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA GIAMBATTISTA VICO 1, presso lo
studio dell’avvocato PROSPERI MANGILI LORENZO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato SANTINOLI PAOLO,
giusta mandato a margine del controricorso;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 06/06/2014

avverso la sentenza n. 5109/2010 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 3.12.2010, depositata il 02/02/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
07/05/2014 dal Consigliere Relatore Dott. ADELAIDE
AMENDOLA;

si riporta agli scritti.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA
DECISIONE
È stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente
comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti.
“Il relatore, cons. Adelaide Amendola
esaminati gli atti,
osserva:
1. Con ricorso notificato il 6 settembre 2004 Italcementi s.p.a.,
premesso che con contratto in deroga aveva concesso in affitto a
Maria Menegoni un appezzamento di terreno in agro di Pomezia, con
annessi comodi rurali; che, scaduto l’affitto 1’11 novembre 2001, essa
ne aveva invano chiesto la restituzione, convenne l’affittuaria innanzi al
Tribunale di Velletri, sez. spec. agraria, per ivi sentirla condannare al
rilascio del fondo e al pagamento della penale, contrattualmente
convenuta in euro 51,65 per ogni giorno di ritardo, a partire dalla data
della scadenza.
Costituitasi in giudizio, la convenuta contestò le avverse pretese,
sostenendo che il contratto sarebbe scaduto nel 2014. Chiese, in via
riconvenzionale, il pagamento dei miglioramenti apportati al predio.
2. Con sentenza del 12 giugno 2006 il giudice adito dichiarò risolto il
contratto in data 11 novembre 2003, condannando la resistente al

Ric. 2012 n. 03644 sez. M3 – ud. 07-05-2014
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udito per la controricorrente l’Avvocato Lorenzo Prosperi Mangili che

rilascio e al pagamento della penale dalla data della risoluzione, mentre
dichiarò improcedibile la domanda riconvenzionale.
Proposto gravame principale dalla Menegoni e incidentale da
Italcementi, la Corte d’appello di Roma, in data 2 febbraio 2011, in
accoglimento di quest’ultima impugnazione, ha condannato Maria

dall’il novembre 2001 fino alla restituzione dell’immobile.
Per la cassazione di detta pronuncia ricorre a questa Corte Maria
Menegoni, formulando tre motivi.
Resiste con controricorso Italcementi s.p.a.
3. Il ricorso è soggetto, in ragione della data della sentenza impugnata,
successiva al 4 luglio 2009, alla disciplina dettata dall’art. 360 bis,
inserito dall’art. 47, comma 1, lett. a) della legge 18 giugno 2009, n. 69.
Esso può pertanto essere trattato in camera di consiglio, in
applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ. per esservi
rigettato.
Queste le ragioni.
4. Nel primo motivo, denunciando violazione degli artt. 45 e 4 della
legge n. 203 del 1982, l’impugnante sostiene che, contrariamente a
quanto affermato dal giudice di merito, i contratti in deroga non si
rinnovano tacitamente per lo stesso periodo, ma per un periodo pari a
quello legislativamente previsto, e cioè a quindici anni.
Le censure non hanno pregio.
Valga anzitutto considerare che l’opinione secondo cui la mancata
disdetta del contratto ne aveva determinato la rinnovazione per un
periodo uguale a quello pattiziamente convenuto, accolta dal giudice di
prime cure, è stata disattesa dalla Corte territoriale, che ha ritenuto la
Menegoni detentrice sine titulo del fondo dalla data della prima
scadenza. La Curia capitolina si è invero mossa nella prospettiva,
Ric. 2012 n. 03644 sez. M3 – ud. 07-05-2014
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Menegoni al pagamento della indennità pattiziamente convenuta

conforme al tenore letterale dei patti in deroga stipulati tra le parti, che
il termine di scadenza apposto al contratto avesse carattere essenziale,
di talché, al suo maturare, il rapporto sarebbe cessato
automaticamente, senza necessità di disdetta.
Ne deriva che le critiche svolte nel mezzo sono eccentriche rispetto

disposto dell’art. 4 della legge n. 203 del 1982, che disciplina la
rinnovazione tacita del contratto conforme al modello legale, laddove
quello concluso tra le parti, era, pacificamente, in deroga.
A ciò aggiungasi, da un lato, che l’assunto dell’automatica
trasformazione del contratto in deroga in contratto di durata legale
non ha alcuna base normativa; e, dall’altro, che la giurisprudenza di
questa Corte costantemente ammette la possibilità per le parti di
derogare, con l’assistenza delle organizzazioni professionali di
categoria, al disposto dell’art. 4 della legge n. 203 del 1982, che prevede
la disdetta quale mezzo per impedire la rinnovazione tacita del
contratto di affitto (confr. Cass. civ. 15 marzo 2007, n. 5983; Cass. civ.
29 marzo 2006, n. 7232).

5. Del pari destituite di ogni fondamento sono le critiche formulate nel
secondo mezzo. Con esse l’impugnante, lamentando violazione
dell’art. 46 della legge n. 203 del 1982, contesta la dichiarazione di
improcedibilità della domanda riconvenzionale, per mancato
esperimento del tentativo di conciliazione, deducendo che dei
miglioramenti si era espressamente parlato, nel momento in cui era
stato esperito quello propedeutico al presente giudizio.
È sufficiente ricordare, a confutazione di tali rilievi, che, a norma
dell’art. 46 della legge n. 203 del 1982, chi intende proporre in giudkio una
domanda relativa a una controversia in materia di contratti agrari è tenuto a darne
preventivamente comunica ione, mediante lettera raccomandata con avviso di
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alla ratio decidendi della sentenza impugnata, posto che esse evocano il

ricevimento, all’altra parte e all’ispettorato provinciale dell’agricoltura competente
per territorio (primo comma); e che, in tal caso, il capo dell’ispettorato, entro
venti giorni dalla comunicazione di cui al comma precedente, convoca le parti ed i
rappresentanti delle associazioni professionak di categoria da esse indicati per
esperire il tentativo di condliazione della vertenza (secondo comma).

formalizzato, che non può certo essere surrogato da una chiacchiera
sull’uno o l’altro punto controverso scambiata tra le parti in occasione
di un tentativo attivato in vista di una specifica e diversa finalità quale,
nella fattispecie, la domanda di rilascio del predio per scadenza del
contratto avanzata dal concedente.

6. Infine l’ultimo motivo di ricorso, con il quale l’impugnante,
denunciando violazione dell’art. 1384 cod. civ., lamenta l’eccessività
della penale, in relazione all’estensione de/fondo, alle coltivazioni praticate e
alle condizioni economiche dell’una e dell’altra parte, prospetta una questione
non trattata nella sentenza impugnata, e quindi nuova, senza
minimamente ottemperare agli oneri imposti dal principio di
autosufficienza del ricorso per cassazione.
Si ricorda, in proposito, che la giurisprudenza di questa Corte, pur
ammettendo che la domanda di riduzione della penale pattiziamente
convenuta possa essere proposta per la prima volta in appello e che
anzi il giudice possa provvedervi anche d’ufficio, esige, in ogni caso,
che siano state dedotte e dimostrate dalle parti le circostanze rilevanti
al fine di formulare il giudizio di manifesta eccessività della stessa
(confr. Cass. civ. 14 ottobre 2011, n. 21297).
Il ricorso appare pertanto destinato al rigetto”.
A seguito della discussione svoltasi in camera di consiglio, il collegio ha
condiviso le argomentazioni in fatto e in diritto esposte nella relazione
e la proposta di decisione nella stessa formulata.
Ric. 2012 n. 03644 sez. M3 – ud. 07-05-2014
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Trattasi, come è evidente, di un procedimento estremamente

Al rigetto della impugnazione segue la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese di giudizio nella misura di cui al dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle
spese di giudizio, liquidate in complessivi euro 3.400,00 (di cui euro

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 7 maggio
2014.

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