Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12841 del 22/06/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 12841 Anno 2015
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso 2844-2014 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

CALDAROLA ANGELO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLA MARSICA 19, presso lo studio dell’avvocato LUCIA
CAMPOREALE, rappresentato e difeso dall’avvocato LUIGI DI
RELLA giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 22/06/2015

avverso la sentenza n. 102/10/2013 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di BARI del 14/05/2013, depositata
P11/06/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
23/04/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI

udito l’Avvocato Pucciariello Pasquale difensore della ricorrente che si
riporta ai motivi;
udito l’Avvocato Camporeale Lucia (delega avvocato Luigi Di Rella)
difensore del controricorrente che si riporta ai motivi scritti.
In fatto e in diritto
L’Agenzia delle entrate notificava a Caldarola Angelo un avviso di liquidazione
per la ripresa a tassazione dell’imposta di registro in misura proporzionale
calcolata in relazione alla registrazione della sentenza resa dalla Corte di
appello di Bari che aveva disposto in favore del contribuente il trasferimento
della proprietà di un immobile ex art.2932 c.c.
Impugnato il provvedimento innanzi alla CTP di Bari, lo stesso veniva
annullato in relazione al mancato avveramento della condizione sospensiva
rappresentata dal pagamento del residuo prezzo alla quale era stato
condizionato il trasferimento del bene.
La CTR della Puglia, con la sentenza n.102/10/13, depositata l’ l l giugno 2013,
ha rigettato l’impugnazione, evidenziando che il trasferimento del bene
disposto giudizialmente era stato insuscettibile di esecuzione in relazione ad un
pregresso pignoramento immobiliare sul medesimo cespite inopponibile al
creditore procedente. Trovava pertanto applicazione l’art.27 dPR n.131/86, in
forza del quale gli atti sottoposti a condizione sospensiva erano soggetti a
imposta fissa, mentre l’imposta in misura proporzionale era dovuta solo in caso
di avveramento dell’evento futuro ed incerto. Aggiungeva che non vi era stata
alcun vizio di ultrapetizione e che la contribuente, avendo riacquistato il
medesimo bene in sede di aggiudicazione della vendita all’asta, aveva pagato
ogni imposta dovuta, risultando illegittima l’ulteriore richiesta sotto il profilo
della duplicazione di pagamento.
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico
motivo al quale ha resistito la parte contribuente. L’Agenzia ha poi depositato
memoria.
L’Agenzia deduce la violazione degli artt.20, 27 e 37 dPR n.131/86, artt.8 c.1
lett.a) e 10 Tariffa parte I. Aveva errato la CTR nell’escludere la tassazione in
misura proporzionale, vertendosi in ipotesi di condizione meramente potestativa
che, secondo l’art.27 cit., escludeva la quantificazione in misura fissa
dell’imposta di registro, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte.
La parte contribuente eccepiva preliminarmente la carenza di interesse
dell’Agenzia al ricorso per mancata impugnazione di una delle autonome
Ric. 2014 n. 02844 sez. MT – ud. 23-04-2015
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CONTI;

rationes decidendi sulle quali si era fondata la decisione. Ed invero, nessuna
censura era stata formulata dall’Agenzia rispetto al profilo connesso alla
duplicazione di imposta che, secondo la CTR, sarebbe derivato in ragione del
versamento da parte del contribuente delle imposte dovute in ragione del
trasferimento del bene successivo alla vendita all’asta.
Aggiungeva che la ricorrente aveva formulato in un’unica censura tre distinti
vizi, peraltro non risultando prospettata la violazione dell’art.27 c.3 dPR
n.131/86 nel giudizio di merito, al cui interno l’Agenzia aveva formulato
censure per violazione dell’ art.20 e 27 c.1 e 2 dPR n.131/1986. Evidenziava, in
ogni caso, l’infondatezza della censura esposta dall’Agenzia.
La preliminare eccezione di inammissibilità per mancata impugnazione di una
delle rationes decidendi poste a base della decisione impugnata è
manifestamente fondata.
Ed invero, la decisione della CTR si è fondata sui seguenti argomenti. Il primo
si è fondato sul fatto che la sentenza traslativa degli effetti del preliminare
rimasto inadempiuto era da considerare inutiliter data per l’esistenza di un
pignoramento immobiliare trascritto in epoca precedente alla domanda
giudiziale. Il secondo, strettamente correlato al primo, ha riguardato la natura di
condizione sospensiva del pagamento del prezzo al quale sarebbe seguito il
trasferimento e conseguentemente l’applicazione dell’art.27 dPR n.131/86. La
CTR, inoltre, rilevava che “in ogni caso” il contribuente aveva corrisposto tutte
le imposte di registro ipotecarie e catastali in occasione dell’aggiudicazione del
bene oggetto della sentenza e poi venduto all’astata. Circostanza che
“…rendeva illegittima la richiesta dell’Ufficio anche sotto il profilo della
duplicazione di pagamento”.
Orbene, tale ultima ragione giustificativa dell’illegittimità della pretesa fiscale,
costituente secondo il Collegio autonoma ratio decidendi idonea a sorreggere la
decisione assunta dalla CTR, non è stata oggetto di impugnazione da parte
dell’ufficio.
La superiore conclusione resiste alle contrarie prospettazioni esposte
dall’Agenzia in memoria, non rinvenendosi in alcun modo dall’esame del
motivo di ricorso, alcuna censura da parte della ricorrente rispetto alle ragioni
esposte dal giudice di appello con riferimento alla (ritenuta) illegittimità della
pretesa fiscale per l’avvenuto pagamento delle imposte relativa
all’aggiudicazione del bene oggetto di preliminare.
Ne consegue l’inammissibilità del ricorso avverso la sentenza ormai passata in
giudicato per la parte non impugnata.
Le spese seguono la soccombenza e si liquida in favore della parte
controricorrente nella misura specificata in dispositivo
PQM
La Corte, visti gli artt.375 e 380 bis c.p.c.
Rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese
processuali che liquida in favore della controricorrente in euro 600 00 per
compensi, oltre euro 100,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Così deciso il 23 aprile 2015 nella camera di consiglio della sesta sezion civile
in Roma.

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