Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12840 del 06/06/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 12840 Anno 2014
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: STALLA GIACOMO MARIA

SENTENZA
sul ricorso 22711-2008 proposto da:
ZAMPILLI O ZAMPELLI MARIA nella sua qualità di
Curatore Fallimentare della SYVEL SRL, elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZA CRATILO DI ATENE 32,
presso lo studio dell’avvocato VIZZONE DOMENICO,
rappresentata e difesa dall’avvocato FUSARO ANTONIO
GIOVANNI giusta procura speciale a margine del
922

ricorso;
– ricorrente contro

TARANTINO ANTONIO TRNNTN58S22H579X, GRANATA ANNA

Data pubblicazione: 06/06/2014

GRNNNA51S51I921R, TARANTINO MARIO TRNMRA30C05H5790,
TARANTINO PASQUALE TRNPQL56E18H579X, SPATARO ANNINA
SPTNNN30560H579F, TARANTINO DOMENICO
TRNDNC77A090002A, TARANTINO MARIA GIOVANNA
TRNMGV64A47H579G, elettivamente domiciliati in ROMA,

ANDREA CAMPOROTA, rappresentati e difesi dagli
avvocati LIMINA GIOVANNI, ZAGARESE GIOVANNI giusta
procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrenti nonchè contro

TARANTINO CLAUDIO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 661/2007 della CORTE D’APPELLO
di CATANZARO, depositata il 30/08/2007, R.G.N.
2270/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/04/2014 dal Consigliere Dott. GIACOMO
MARIA STALLA;
udito l’Avvocato ANTONIO FUSARO;
udito l’Avvocato GIOVANNI LIMINA anche per delega
dell’avvocato GIOVANNI ZAGARESE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso
per l’inammissibilità in subordine per il rigetto del
ricorso;

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V.LE G. MAZZINI 131, presso lo studio dell’avvocato

Ric.n.22711/08 rg. – Ud. del 9 aprile 2014.

Svolgimento del giudizio.

Nel gennaio 2001 la Syvel srl conveniva in giudizio, avanti al
tribunale di Rossano, i sigg. Tarantino, Spataro e Granata,
chiedendone la condanna – tra il resto – al pagamento della somma
di lire 1.256.535.758 a titolo di indennità ex articoli 1592 e

proprietà, da essa attrice condotto in locazione ad uso
commerciale (sala bowling; bar-ristorante) in forza di contratto
del 24 giugno ’95.
Nella costituzione in giudizio dei convenuti, che formulavano
domanda riconvenzionale di condanna degli attori al pagamento
delle somme necessarie a riportare l’immobile allo stato
antecedente e comunque ad uno stato idoneo ad un uso locativo
indifferenziato, interveniva sentenza con la quale il tribunale
adito respingeva tanto la domanda principale quanto la domanda
riconvenzionale.
Interposto appello dalla curatela Syvel srl, nel frattempo
dichiarata fallita, veniva emessa la sentenza n. 661 del 30 agosto
2007 con la quale la corte di appello di Catanzaro confermava,
nella parte qui rilevante, la sentenza di primo grado.
Avverso tale sentenza viene dalla curatela Syvel srl proposto
ricorso per cassazione sulla base di un unico ed articolato
motivo, al quale resistono con controricorso i Tarantino.
Motivi della decisione.
§ 1.1. La curatela Syvel srl deduce, ex articolo 360, l” co.nn.3)

e 5) cod.proc.civ., violazione e falsa applicazione degli articoli
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1593 cod.civ. per i miglioramenti apportati all’immobile di loro

Ric.n.22711/08 rg. – Ud. del 9 aprile 2014.

1592 e 1593 codice civile, nonché insufficiente e contraddittoria
motivazione su un punto decisivo della controversia.
Ciò perché la corte di appello, interpretando erroneamente la
volontà negoziale delle parti così come risultante dalla lettera
della clausola n.6 del contratto di locazione e, più in generale,

il consenso del locatore all’esecuzione dei miglioramenti in
oggetto ed al conseguente pagamento di un’indennità a favore del
conduttore.
§ 1.2 Il ricorso è infondato.

Per quanto concerne la doglianza di violazione o falsa
applicazione normativa, rileva che la corte di appello ha
correttamente disciplinato la fattispecie concreta alla luce delle
norme indicate e, in particolare, del disposto dell’articolo 1592
cod.civ., in base al quale, per regola generale e salvo diverso
accordo tra le parti,

“il conduttore non ha diritto ad indennità

per i miglioramenti apportati alla cosa locata”.

La corte territoriale,
vagliato se

in particolare, ha correttamente

nella concretezza della fattispecie – fossero

ravvisabili i due presupposti dell’indennità previsti dalla legge.
Insiti, da un lato, nella attribuibilità ai lavori eseguiti nei
locali dalla società conduttrice del carattere obiettivo di
‘miglioramento’ ex articolo 1592 cod.civ.; e, dall’altro, nella
sussistenza del consenso della proprietà Tarantino, non già
all’esecuzione in sé considerata di tali lavori, bensì al /
riconoscimento alla conduttrice dell’indennità di legge.
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dal loro comportamento successivo alla stipulazione, aveva escluso

Ric.n.22711/08 rg. — Ud. del 9 aprile 2014.

Questo modo di procedere denota l’esatta individuazione della
fattispecie e la conforme sussunzione della stessa nelle norme
codicistiche di riferimento. Né, contrariamente a quanto esposto
nella doglianza in esame, risulta che il giudice di merito abbia
confuso la nozione di miglioramento con quella di addizione e,

addizione separabile o non separabile (equiparata

ex lege,

quest’ultima, al miglioramento). Vero è invece che, così come
prospettato dalla stessa società attrice, la corte territoriale ha
preso a riferimento la nozione legale di miglioramento (connotata
da sostrato obiettivo), salvo poi giungere alla conclusione del
difetto nella specie dei presupposti di riconoscimento
dell’indennità.
Nemmeno da questo punto di vista, pertanto, appare sostenibile
la critica di violazione o falsa applicazione delle menzionate
disposizioni codicistiche.
Per quanto concerne l’asserita carenza motivazionale, la corte
di appello ha ritenuto (sent.pagg.8-11) che il diritto
all’indennità dovesse qui escludersi sulla scorta di due parametri
interpretativi imprescindibili; costituiti sia dal tenore testuale
del contratto di locazione, sia dalla ricostruzione funzionale e
finalistica della volontà delle parti.
Sotto il primo aspetto (tenore testuale del contratto), la
corte di appello ha ritenuto che la clausola n.6 del contratto di
locazione escludesse il consenso al riconoscimento dell’indennità
per miglioramenti, poiché tale clausola dava testualmente atto
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all’interno di quest’ultima, le ulteriori ‘sottocategorief di

Ric.n.22711/08 rg. – Ud. del 9 aprile 2014.

che: – il locale veniva concesso in locazione dalla proprietà “non
perfettamente conforme all’uso”; – per tale ragione il conduttore
si obbligava a renderlo idoneo all’uso da lui prefissato

“a

propria cura e spese”; – per quanto concerneva, in particolare, la
pavimentazione (ricompresa nella esemplificazione delle opere da

superficie non pavimentata (piste di bowling) doveva essere messo
a disposizione dei proprietari; – alla scadenza della locazione il
conduttore doveva riconsegnare l’immobile nelle condizioni in cui
lo stesso si sarebbe trovato dopo le modifiche descritte ed in
ottimo stato di conservazione. Dalla considerazione del tenore
letterale del contratto, in definitiva, a detta della corte di
appello non soltanto non si desumeva alcun consenso espresso del
locatore, ex articolo 1592 cod.civ., all’indennità di
miglioramento (bensì soltanto l’autorizzazione all’esecuzione di
lavori funzionali al mero interesse della parte conduttrice), ma
sussistevano anche plurimi elementi per positivamente escludere
tale consenso.
Quanto al

secondo aspetto

(ricostruzione funzionale e

finalistica della volontà delle parti), ha ritenuto la corte
territoriale che l’oggetto della pattuizione in ordine
all’esecuzione dei lavori trovasse giustificazione non già nel
miglioramento oggettivo dell’immobile di proprietà dei concedenti,
bensì nel soddisfacimento dell’interesse della società conduttrice
a rendere tali locali confacenti all’uso convenuto in contratto(
(sala bowling). Uso del tutto peculiare e richiedente interventi
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realizzare), il materiale di rivestimento dell’eventuale

Ric.n.22711/08 rg. – Ud. del 9 aprile 2014.

di adattamento dei locali che rispondevano ad un’utilità assai
specifica; non riproducibile in successivi rapporti di locazione e
proprio per questo sostanzialmente estranea all’interesse dei
locatori.
L’interpretazione data al contratto dalla corte di appello

1362 seguenti cod.civ., proprio là dove coglie la specificità di
una situazione nella quale l’esecuzione delle opere veniva sì
autorizzata dalla proprietà, ma per un interesse precipuo della
società conduttrice e, dunque, in esclusivi termini di adeguamento
dei locali all’uso di sala bowling (senza oneri e spese per la
proprietà medesima). Ciò è stato ritenuto anche nella
considerazione di ulteriori elementi della fattispecie, insiti: nella distinzione contrattuale tra le opere in questione e quelle
che avrebbero comportato ‘modificazioni successive’, per le quali
le parti avevano previsto la necessità di una specifica
autorizzazione da parte dei locatori, con conseguente loro
assoggettamento (queste sì) al regime codicistico di cui
all’articolo 1592 cit.; – nella mancata ascrivibilità dei lavori,
se non per aspetti marginali, al miglioramento oggettivo
dell’immobile in vista del suo successivo utilizzo
indifferenziato; nell’incidenza degli oneri economici di
esecuzione di tali lavori nella determinazione pattizia (‘a
crescere’) del canone locativo; nella mancata predeterminazione
da parte dei locatori di un ‘tetto di spesa’ dei lavori/

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appare rispettosa dei criteri ermeneutici di cui agli articoli

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asseritamente rimborsabili ovvero oggetto di indennità di
miglioramento.
Conclude la corte di appello, in esito al vaglio complessivo di
tutti gli elementi interpretativi della volontà negoziale, che non
vi erano elementi

“per valutare come vessatorio o eccessivamente

dimostrato se vi sia un rapporto di adeguatezza tra 11 canone
pagato nel corso del rapporto e le condizioni iniziali
dell’immobile; non essendo comunque impugnato nè contestato il
contenuto del contratto a cui 11 conduttore vuole dare un senso
ben diverso da quello che non solo emerge come tale dal testo
della pattuizione nel suo momento genetico, ma che come tale è
stato riconosciuto dalle parti nel corso del rapporto”
(sent.pag.11).
In tale situazione – di lineare ed esauriente motivazione ricorre l’orientamento consolidato secondo il quale

“in tema di

interpretazione del contratto, il procedimento di qualificazione
giuridica consta di due fasi, delle quali la prima – consistente
nella ricerca e nella individuazione della comune volontà del
contraenti è un tipico accertamento di fatto riservato al
giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo per
vizi di motivazione in relazione ai canoni di ermeneutica
contrattuale di cui agli artt. 1362 e seguenti cod. civ., mentre
la seconda – concernente l’inquadramento della comune volontà,
come appurata, nello schema legale corrispondente – risolvendosi
nell’applicazione di norme giuridiche, può formare oggetto di
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oneroso per il conduttore il contratto sottoscritto, non essendo

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verifica e riscontro in sede di legittimità sia per quanto attiene
alla descrizione del modello tipico della fattispecie legale, sia
per quanto riguarda la rilevanza qualificante degli elementi di
• fatto così come accertati, sia infine con riferimento alla
individuazione delle implicazioni effettuali conseguenti alla

(Cass. n. 420 del 12/01/2006; in termini Cass. n. 12946 del
04/06/2007, ed altre).
Nel caso di specie, la censura si articola su un preteso errore
di merito nella ricostruzione della volontà negoziale (si è dunque
in presenza della ‘prima fase’ decisionale, come richiamata dalla
giurisprudenza su riportata).
Ne consegue che, proprio perché implicante un accertamento di
fatto, tale ricostruzione non può essere sindacata in sede di
legittimità, se non sotto il profilo della carenza motivazionale;
qui in concreto non riscontrabile per le esposte ragioni.
Ne segue il rigetto del ricorso, con condanna di parte
ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio
liquidate, come in dispositivo, ai sensi del DM Giustizia 20
luglio 2012 n.140.
Pqm

La Corte
rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di cassazione che liquida in euro 12.200,00, di cui euro

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sussistenza della fattispecie concreta nel paradigma normativo”

Ric.n.22711/08 rg. – Ud. del 9 aprile 2014.

200,00 per esborsi ed il resto per compenso professionale; oltre
accessori di legge.
Così deciso nella camera di consiglio della terza sezione civile

in data 9 aprile 2014.

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