Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1284 del 22/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 22/01/2021, (ud. 07/10/2020, dep. 22/01/2021), n.1284

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. PIRARI Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4795-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

R.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ISAAC

NEWTON 6, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO ROSATI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALESSANDRO AMBRIFI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 181/2013 della COMM.TRIB.REG. del LAZIO ROMA,

depositata il 01/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/10/2020 dal Consigliere Dott. VALERIA PIRARI;

Avverso la sentenza n. 181/35/13 della Commissione tributaria

regionale del Lazio, depositata il 1 luglio 2013 e non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/10/2020 dalla Dott.ssa Valeria Pirari.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con due avvisi di accertamento emessi D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 39, comma 2, nei confronti di R.V., la Direzione provinciale I di Roma dell’Agenzia delle Entrate determinò induttivamente, ai sensi dell’art. 41, D.P.R. medesimo il reddito d’impresa della omonima ditta individuale, rispettivamente per gli anni 2003 e 2004, in quanto il contribuente, esercente attività di riparazione e commercio al dettaglio di apparecchi audio e video risultava avere omesso di presentare la dichiarazione dei redditi ai fini delle imposte dirette e IVA, pur avendo prodotto le comunicazioni annuali dei dati IVA con indicazioni delle operazioni attive e passive.

Impugnati dal contribuente i predetti avvisi con due distinti ricorsi, la Commissione tributaria provinciale di Roma, previa riunione dei due procedimenti rispettivamente iscritti ai nn. r.g. 17688/10 e 17690/10, accolse l’impugnazione con sentenza n. 458/47/11, avverso la quale la Direzione provinciale I di Roma propose gravame, che fu deciso dalla Commissione tributaria regionale del Lazio con la sentenza n. 181/35/13, depositata il 1 luglio 2013 e non notificata, con la quale dichiarò inammissibile l’appello e condannò l’Ufficio alle spese di lite.

2. Contro la predetta sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo. Il contribuente resiste con controricorso, che illustra anche con memorie ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo, si lamenta la nullità della sentenza o del procedimento per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto la C.T.R. aveva erroneamente dichiarato l’inammissibilità del ricorso sul presupposto della asserita manifesta contraddittorietà del gravame, dovuta alla non chiara individuazione della sentenza impugnata e dei motivi di doglianza, essendo stato il gravame riferito, nella parte descrittiva del processo, alla sentenza n. 458/47/20911 ed essendo stata richiamata, in quella motiva, altra sentenza, la n. 444/63/2010, della cui motivazione veniva lamentata la laconicità e insufficienza, benchè quella indicata originariamente fosse, seppure succintamente, motivata. Ad avviso dell’Ufficio, invece, l’appello era chiaramente indirizzato all’impugnazione della sentenza della Commissione tributaria provinciale n. 458/47/20911 e i motivi addotti erano riferibili senz’altro a quest’ultima.

2. Pregiudizialmente, deve dichiararsi la manifesta infondatezza dell’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione per tardività, sollevata dal contribuente nel controricorso.

Costituisce innanzitutto orientamento pacifico di questa Corte, quello secondo cui per i termini mensili o annuali, fra i quali è compreso quello di decadenza dall’impugnazione a norma dell’art. 155 c.p.c., comma 2, e art. 2963 c.c., comma 4, opera il sistema della computazione civile non ex numero, bensì ex nominatione dierum, nel senso che il decorso del tempo si ha, indipendentemente dall’effettivo numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del giorno corrispondente a quello del mese iniziale. Analogamente deve procedersi quando il termine di decadenza interferisca con il periodo di sospensione feriale che, nella specie, è quello di 46 giorni previsto dalla L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1 prima della modifica intervenuta con il D.L. 12 settembre 2014, n. 132, art. 16, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 10 novembre 2014, n. 162, che ha ridotto il periodo feriale, attualmente decorrente dal 1 al 31 agosto, in quanto, pur essendo la novella immediatamente applicabile e pur restando irrilevante la data di introduzione del giudizio, in attuazione del principio del tempus regit actum, ne è stabilita la decorrenza dall’anno 2015, in forza dello stesso art. 16, comma 1, D.L. citato (cfr. Cass., sez. 6-2, 17/01/2019, n. 1240), mentre il presente giudizio è stato introdotto antecedentemente (il ricorso è stato consegnato per la notifica il 17 febbraio 2014): in tal caso, infatti, al termine annuale di decadenza dal gravame (ora semestrale) di cui all’art. 327 c.p.c., comma 1, devono aggiungersi i 46 giorni di tale sospensione computati ex numeratione dierum, ai sensi del combinato disposto dell’art. 155 c.p.c., comma 1, e della L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1, comma 1, non dovendosi tenere conto dei giorni compresi tra il primo agosto e il 15 settembre di ciascun anno per effetto della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale (per tutte, Cass., sez. 6-1, 25/08/2020, n. 17640); Cass., sez. 5, 04/03/2015, n. 4310).

Considerato che, nella specie, la sentenza non è stata notificata, il termine di decadenza applicabile ratione temporis è quello semestrale previsto dall’art. 327 c.p.c. nella formulazione di cui alla L. n. 69 del 2008, art. 46 (che ha sostituito il precedente termine annuale), applicabile, ai sensi dell’art. 58, comma 1, ai giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore e quindi a decorrere dal 4 luglio 2009, come quello di specie, indipendentemente del momento dell’instaurazione di una successiva fase o di un successivo grado di giudizio, ed essendo (Cass., sez. 5, 27/07/2018, n. 19979; Cass., sez. 6-5, 21/06/2013, n. 15741).

Orbene, la sentenza impugnata è stata depositata il 1 luglio 2013, il termine per impugnare aveva scadenza al 1 gennaio 2014, cui devono aggiungersi 46 giorni, aventi scadenza al 15 febbraio 2014. Poichè quest’ultima data cadeva di sabato, il termine è stato prorogato al lunedì successivo, ossia al 17 febbraio 2014, con la conseguenza che, essendo stato il ricorso consegnato per la notifica il 17 febbraio, lo stesso deve reputarsi assolutamente tempestivo.

3. Venendo al merito, la censura è fondata.

Questa Corte ha già avuto modo di affermare che “in sede di giudizio tributario, la discordanza tra gli estremi della sentenza appellata come precisati nell’atto di impugnazione e i corrispondenti dati identificativi della sentenza prodotta in copia autentica dell’appellante non è di per sè significativa, potendo essere conseguenza di un mero errore materiale, e non comporta incertezza nell’oggetto del giudizio, qualora la corrispondenza tra la sentenza depositata e quella nei cui confronti è rivolta l’impugnazione sia confermata da una verifica della congruenza tra contenuto della sentenza in atti e motivi dell’appello. Infatti non costituisce requisito di validità dell’atto di impugnazione l’indicazione della sentenza impugnata nei suoi estremi numerici e di data (surrogabili da specificazioni relative al contenuto della sentenza, in collegamento con i motivi di gravame), mentre, ai fini dell’individuazione dell’oggetto del gravame, riveste un ruolo determinante la produzione del documento che incorpora le statuizioni contestate, tanto che il mancato deposito dello stesso da parte dell’appellante – quando non sia rinvenibile in atti altra copia della sentenza – determina l’improcedlbilità dell’appello. (Nella specie la discordanza riguardava l’esatto numero della sentenza impugnata che risultava regolarmente depositata in giudizio)” (cfr. Cass., sez. 5, 31/07/2007, n. 16921; Cass., sez. 5, 10/02/2012, n. 1935).

3.1 La C.T.R., nel dichiarare l’inammissibilità dell’appello, non ha fatto corretta applicazione del predetto principio.

E’ innanzitutto incontestato che in sede di gravame l’Ufficio, dopo avere correttamente chiesto, in premessa, la riforma della sentenza effettivamente impugnata, quella avente n. 458/47/11, e lo svolgimento del giudizio, aveva poi indicato altra sentenza della Commissione tributaria provinciale, quella avente n. 444/63/2010.

Dalla lettura combinata della sentenza n. 458/47/11 e dell’atto d’appello risulta purtuttavia inconfutabile che, nonostante la scorretta indicazione (peraltro in una sola parte dell’atto) dei riferimenti numerici del provvedimento oggetto di gravame, le questioni affrontate in quest’ultimo corrispondano esattamente alle censurèò proposte con il primo e di cui è stata investita la C.T.R., a dimostrazione del fatto che l’errore commesso non ha avuto alcuna ricaduta sostanziale sull’oggetto del giudizio d’appello.

La sentenza del giudice di prime cure, infatti, oltre ad avere indicato il numero dei procedimenti (17688/10 e 17990/10) di cui aveva disposto la riunione, descrive, in punto di fatto, la segnalazione riferita al Reddavide, con riguardo agli anni 2003 e 2004, la contestata omessa presentazione della dichiarazione dei redditi ai fini delle imposte dirette e ai fini Iva, la conseguente sussistenza dei presupposti della fattispecie di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 la determinazione induttiva dei redditi d’impresa per i due anni di riferimento mediante i due avvisi di accertamento, di cui viene data corretta indicazione numerica, e i motivi di doglianza del contribuente (ossia l’illegittimità e inammissibilità del metodo accertativo in ragione dell’avvenuta presentazione della dichiarazione dei redditi, come da ricevuta rilasciata dal servizio telematico avente prot. n. (OMISSIS) del 2/11/2004, e l’illegittimità per mancata instaurazione del contraddittorio), oltre ad analizzare compiutamente i documenti prodotti dalle parti a dimostrazione dell’invio telematico di atti, con spiegazione delle modalità di lettura del protocollo progressivo, e a valutare come maggiormente attendibile quello esibito dalla parte, piuttosto che quello dell’Ufficio.

Nell’atto dall’appello proposto dall’Ufficio, vengono invece indicati come motivi, per un verso, il difetto di una vera motivazione e la mancata verifica della effettiva presentazione della dichiarazione legittimante il compiuto accertamento e, per altro verso, le considerazioni sulle questioni riguardanti la trasmissione telematica e l’inesistenza nel sistema A.T. delle dichiarazioni, con richiamo alla comunicazione dati IVA predisposta dal contribuente ed espresso riferimento all'”Iva 2003, volume d’affari Euro 298.450,00, Iva 2004, volume d’affari Euro 493.955,00″, all’assenza di imposte liquidate e assolte, ai rilevati acquisti intracomunitari di merci non registrati e al calcolo della percentuale dei costi sui ricavi pari al 31,5%.

I richiami al metodo di accertamento eseguito, alle problematiche riguardanti la notifica della dichiarazione dei redditi, agli anni di imposta e ai precisi dati numerici del volume d’affari, contenuti nell’atto d’appello, consente di ritenere inconfutabile la riconducibilità degli stessi alla sentenza n. 458/47/11 impugnata e non ad altre, come risulta dall’avviso trascritto in ricorso, con conseguente fondatezza del motivo.

4. Per quanto detto, si ritiene che il ricorso debba trovare accoglimento, con rimessione della causa alla Commissione tributaria regionale del Lazio Roma, in diversa composizione, perchè si pronunci in conformità ai principi sopra espressi, oltre a statuire in ordine alle spese del giudizio.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio Roma, in diversa composizione, perchè si pronunci in conformità ai principi sopra espressi, oltre a statuire in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 7 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2021

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