Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12838 del 26/05/2010

Cassazione civile sez. trib., 26/05/2010, (ud. 01/04/2010, dep. 26/05/2010), n.12838

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

cui domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Co.Ge. Atim in liquidazione, con sede in (OMISSIS), in persona del

liquidatore R.M., rappresentata e difesa per procura a

margine del controricorso dall’Avvocato prof. Muscarà Salvatore,

elettivamente domiciliata presso i suo studio in Catania, via

Cervignano n. 32;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 10 della Commissione tributaria regionale

della Sicilia Sezione distaccata di Siracusa, depositata il

27.2.2006:

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 1

aprile 2010 dal consigliere relatore dott. Mario Bertuzzi;

Viste le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. SEPE Ennio Attilio, che ha chiesto il rigetto del

ricorso principale e di quello incidentale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 17.5.2006. l’Agenzia delle Entrate ricorre, sulla base di un unico motivo, per la cassazione della sentenza n. 10 del 27.2.2006 con cui la Commissione tributaria regionale della Sicilia Sezione distaccata di Siracusa aveva respinto il suo appello per la riforma della pronuncia di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dalla s.r.l. Costruzioni Generali Atim avverso il silenzio rifiuto serbato dall’Ufficio sulla propria istanza di rimborso irpeg relativa all’annualità 1993, ritenendo il giudice di secondo grado fondata la domanda della contribuente in quanto, avendo la stessa indicato il proprio credito nella dichiarazione dei redditi, esso si era consolidato sia per effetto del riconoscimento esplicito operato dall’Amministrazione in sede di procedura del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis che in ragione del mancato esercizio nei termini di legge del potere di rettifica.

La società intimata si è costituita con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale, affidato ad un solo motivo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente si dispone la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ. in quanto proposti avverso la medesima sentenza.

L’unico motivo del ricorso dell’Agenzia delle Entrate denunzia “Violazione e/o falsa applicatone degli art. 24 Cost.; del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 19 e 23; D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 39 e 43;

D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 36 bis e 43; con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3” censurando la sentenza impugnata per avere affermato che il credilo vantato dalla contribuente era stato riconosciuto dall’Ufficio, senza considerare che il potere del Centro di Servizi di liquidare la dichiarazione all’esito del controllo meramente formale dei dati in essa riportati non preclude nè il successivo accertamento ordinario nè la possibilità di ripetizione delle somme indebitamente rimborsate. Si assume, inoltre, che la Commissione regionale è incorsa in errore per avere dichiarato definitivo il credilo per effetto del mancato disconoscimento da parte dell’Ufficio, dal momento che l’Amministrazione consentì sempre la possibilità di contestare la fondatezza della pretesa nella forma del diniego espresso o tacito al rimborso, aggiungendo che una soluzione diversa si porrebbe in aperto contrasto con il principio costituzionale del diritto di difesa, tenuto conto che nel caso di specie, il credito era del tutto inesistente per avere la società beneficiato della esenzione all’irpeg in virtù delle agevolazioni territoriali previste per il Mezzogiorno. I mezzo appare inammissibile.

Tale conclusione si impone in quanto le censure formulate dall’Agenzia delle Entrate non investono direttamente, sollevando critiche specifiche volle dimostrarne l’erroneità dal punto di vista dell’applicazione delle norme di diritto, l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui “Nel caso in esame il credito della società si è consolidato … per il riconoscimento esplicito dell’Amministrazione, che ha liquidato le somme dovute ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis” affermazione che costituisce, all’evidenza, un’argomentazione che nell’impianto motivazionale della decisone, assume un molo decisivo ai fini della conclusione da essa accolta.

Giova comunque aggiungere, in ordine alla questione di diritto sollevata dal motivo, che l’interpretazione ricostruttiva delle disposizioni di legge in materia fatta propria dall’Ufficio si pone in netto contrasto con l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte, che il Collegio condivide, secondo cui, in tema di imposte sui redditi, qualora il contribuente abbia evidenziato nella dichiarazione un credito d’imposta, non occorre, da parte sua. al fine di ottenerne il rimborso, alcun altro adempimento (quale, in particolare, l’istanza del D.P.R. 29 settembre 1973. n. 602, ex art. 38, estranea alla fattispecie anzidetta) ma deve solo attendere che l’amministrazione finanziaria eserciti, sui dati esposti in dichiarazione, il potere – dovere di controllo secondo la procedura di liquidazione delle imposte, prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis. ovvero, ricorrendone i presupposti, secondo lo strumento della rettifica della dichiarazione, con la conseguenza che, una volta che il credito si sia consolidato attraverso un riconoscimento esplicito in sede di liquidazione, ovvero per effetto di un riconoscimento implicito derivatile dal mancato esercizio nei termini del potere di rettifica, l’amministrazione è tenuta ad eseguire il rimborso e il relativo credito del contribuente è soggetto alla ordinaria prescrizione decennale, decorrente dal riconoscimento del credito stesso (Cass. n. 1154 del 2008; Cass. n. 3718 del 2005; Cass. 11830/02).

Il ricorso principale va pertanto respinto.

L’unico motivo del ricorso incidentale presentato dalla società contribuente denunzia violazione dell’art. 92 cod. proc. civ. e vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, lamentando che la Commissione regionale abbia compensato le spese del secondo grado di giudizio senza indicare i motivi di tale statuizione, nonostante la ritenuta fondatezza della domanda della società. Il motivo è infondato.

Al giudizio dì quo non risulta infatti applicabile la L. 28 dicembre 2005, n. 263, che. modificando l’art. 92 cod. proc. civ. ha introdotto l’obbligo dei giudice di indicare i motivi della compensazione delle spese di lite, disposizione che è entrata in vigore a partire dal 1 marzo 2006 ed è applicabile ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ne consegue che trovando applicazione la disciplina anteriore, che non imponeva alcuna motivazione, la statuizione impugnata che ha compensato le spese per giusti motivo senza ulteriore specificazione delle ragioni non appare censurabile in sede di legittimità, potendo il sindacato della Corte esercitarsi solo nei caso in cui la relativa statuizione sia accompagnata da ragioni palesemente o macroscopicamente illogiche, tali da inficiare, per la loro inconsistenza o evidente erroneità, lo stesso processo formativo della volontà decisionale espressa sul punto dal giudice di merito (Cass. n. 3218 del 2008; Cass. n. 15882 del 2007). Anche il ricorso principale va pertanto respinto.

Attesa la reciproca soccombeva, le spese del giudizio di legittimità si dichiarano interamente compensate.

PQM

Riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi. Compensa le spese di giudizio.

Così deciso in Roma, il 1 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2010

 

 

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