Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12838 del 22/05/2017

Cassazione civile, sez. VI, 22/05/2017, (ud. 12/04/2017, dep.22/05/2017),  n. 12838

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 29670/2016 R.G. proposto da:

S.S., rappresentata domicilio in Roma, piazza Cavour,

presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione;

– ricorrente –

contro

D.M.A.;

– intimato –

avverso il decreto della Corte d’appello di L’Aquila depositato il 6

ottobre 2016.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 aprile

2017 dal Consigliere MERCOLINO Guido.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che con decreto del 10 dicembre 2013 la Corte d’appello di L’Aquila rigettò il reclamo proposto avverso il decreto emesso il 13 giugno 2013, con cui il Tribunale per i minorenni di L’Aquila aveva disposto, ai sensi dell’art. 317 – bis c.c., il collocamento prevalente del minore D.M.F. presso la madre S.S., disciplinando i tempi e le modalità della presenza presso il padre D.M.A. e determinando l’assegno da quest’ultimo dovuto a titolo di contributo per il mantenimento del figlio;

che con ordinanza del 6 luglio 2015 il Presidente del Tribunale di Pescara rigettò le istanze di modificazione dei predetti provvedimenti proposte da entrambi i genitori del minore;

che i reclami da questi ultimi proposti sono stati rigettati dalla Corte d’appello di L’Aquila con il decreto indicato in epigrafe;

che avverso il predetto decreto la S. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi;

che il D.M. non ha svolto attività difensiva.

Considerato che con il primo motivo d’impugnazione la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 101 e 359 c.p.c. e dell’art. 24 Cost., e art. 111 Cost., commi 2 e 7, osservando che, nel rigettare le domande di rideterminazione dell’assegno di mantenimento e di riconoscimento degli arretrati e degli assegni familiari da lei proposte, il decreto impugnato ha ritenuto, contrariamente al vero, che le stesse non fossero state avanzate nel procedimento presupposto e che non fosse stato provato l’omesso o ritardato pagamento dell’assegno, senza consentirle di replicare alla memoria di costituzione depositata dal D.M. soltanto all’udienza dinanzi alla Corte d’appello;

che, nella parte in cui individua la causa del rigetto delle domande nella mancata proposizione delle stesse nell’ambito del procedimento promosso ai sensi dell’art. 317 – bis c.c., il motivo non attinge la ratio decidendi del decreto impugnato, il quale, al contrario, ha dato atto dell’avvenuto esame delle relative questioni nell’ambito del predetto procedimento, escludendo pertanto che le circostanze fatte valere dalla ricorrente fossero configurabili come fatti sopravvenuti, tali da giustificare la modificazione delle condizioni precedentemente stabilite;

che, infatti, la revisione delle statuizioni concernenti l’affidamento dei figli minori ed il contributo dovuto per il loro mantenimento presuppone la deduzione di circostanze sopravvenute che, in quanto idonee a determinare una modificazione della situazione di fatto tenuta presente ai fini della relativa pronuncia o ad alterare l’equilibrio tra le condizioni economiche dei genitori, facciano apparire inadeguato l’assetto risultante dal precedente provvedimento, avente efficacia di giudicato rebus sic stantibus, restando invece esclusa, in base alla regola generale secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile, la rilevanza di fatti pregressi e di ragioni giuridiche non addotte nel giudizio che vi ha dato luogo (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. 6^, 12/07/ 2016, n. 14175; Cass., Sez. 1^, 23/10/2007, n. 22249; 25/08/2005, n. 17320);

che l’esclusione della deducibilità delle predette circostanze comporta l’inammissibilità della censura riflettente la mancata concessione di un termine per replicare alla memoria di costituzione, non essendo configurabile un interesse della parte all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, e dovendo pertanto escludersi la possibilità di far valere la violazione di una norma processuale, ove la stessa, come nella specie, non abbia arrecato alcun concreto pregiudizio all’esercizio del diritto di difesa (cfr. Cass., Sez. 5^, 18/12/2014, n. 26831; Cass., Sez. 3^, 12/12/2014, n. 26157; Cass., Sez. lav., 19/03/2014, n. 6330);

che con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione o la falsa applicazione degli artt. 3 e 24 Cost. e art. 111 Cost., comma 6, e dell’art. 155 c.c., comma 4, nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, osservando che, nel rigettare le richieste da lei avanzate, la Corte di merito non ha tenuto conto della documentazione prodotta, e segnatamente delle note con cui essa aveva rivolto le medesime richieste al D.M.;

che con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 155 c.c. e dell’art. 132 c.p.c., n. 4, nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, sostenendo che, nel rigettare le richieste da lei proposte, il decreto impugnato non ha tenuto conto dell’inidoneità dell’importo dell’assegno a soddisfare i bisogni del minore, del divario reddituale esistente tra le parti e delle detrazioni fiscali di cui il D.M. ha beneficiato per carichi di famiglia;

che i due motivi, da esaminarsi congiuntamente, sono inammissibili, in quanto, sollecitando un nuovo apprezzamento in ordine alla valenza probatoria della documentazione prodotta ed alla sussistenza dei presupposti per la rideterminazione dell’assegno di mantenimento, implica una nuova valutazione dei fatti di causa, non consentita a questa Corte, alla quale non spetta il compito di riesaminare il merito della controversia, ma solo quello di controllare la correttezza giuridica della decisione adottata e la coerenza logica delle argomentazioni svolte a sostegno della stessa, nei limiti in cui le relative anomalie possono ancora essere denunciate con il ricorso per cassazione, alla stregua delle modifiche apportate all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134;

che per effetto di tali modifiche, infatti, il vizio di motivazione deducibile in sede di legittimità risulta circoscritto all’omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, da intendersi come totale omissione, e non già come semplice insufficienza o contraddittorietà, della motivazione in ordine ad un fatto storico, principale o secondario, idoneo a determinare direttamente l’esito del giudizio, la cui esistenza risulti dalla stessa sentenza o dagli atti processuali, con la conseguente esclusione della possibilità di far valere, quale motivo di ricorso, l’omessa o errata valutazione di elementi istruttori (cfr. Cass., Sez. lav., 9/07/2015, n. 14324; 3/07/ 2014, n. 15205; Cass., Sez. 6^, 16/07/2014, n. 16300);

che il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, senza che occorra provvedere al regolamento delle spese processuali, avuto riguardo alla mancata costituzione dell’intimato;

che, trattandosi di procedimento esente dal contributo unificato, non trova applicazione il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

 

dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 12 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2017

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